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Autore: SilviAngel    06/11/2013    1 recensioni
Null'altro che l'ennesimo incubo di John, anche se questa volta né la guerra né la Caduta ne sono i protagonisti.
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccolo delirio nato non so bene come...
Buona lettura.

INCUBI NELLA CONTEA

 
John, incapace di comprendere come e perché, si era ritrovato improvvisamente catapultato in un’enorme grotta, per nulla buia o umida ma traboccante della luce riflessa da altissime montagne d’oro e dolci colline di altri materiali preziosi che ne occupavano lo spazio fin quasi al soffitto.
Il dottore, dopo essersi guardato attorno pieno di meraviglia, provò a muovere un passo davanti a sé e si sentì affondare pericolosamente. Era una strana sensazione, simile a quella avvertita quando si cammina a piedi nudi sulla sabbia o su piccoli sassolini, pensò l’uomo, abbassando lo sguardo e liberando un terrificante grido.
 
I suoi piedi non c’erano più.
O meglio erano ancora lì, solo che erano molto diversi da come avrebbero dovuto essere e da come ricordava fossero fino a poco prima.
John non era mai stato considerato un uomo alto e aveva sempre avuto piedi più piccoli della media maschile, ora invece si ritrovava con due estremità che avrebbero potuto rivaleggiare con le scarpe di un clown e per di più completamente bitorzoluti e coperti da una peluria decisamente eccessiva.
Purtroppo i suoi piedi non erano l’unica cosa assurda che la vista e l’intelletto gli suggerivano di prendere in considerazione. Anche il suo abbigliamento non era quello abituale e, anzi, se ne discostava parecchio. Certo, lui non aveva lo stile, la classe e il conto in banca per vestirsi come Sherlock, ma aveva sempre avuto un aspetto ugualmente rispettabile, forse addirittura prevedibile.
Al momento invece indossava degli strambi pantaloni che arrivavano poco sotto il ginocchio, una giacca in velluto rosso scuro e sotto di essa si intravedeva un panciotto di un color verde muschio che addirittura Mycroft avrebbe occhieggiato con fastidio malcelato o evidente disgusto.
 
Perso in simili congetture, John non si accorse della piccola moneta che ruzzolò giù da una delle montagne dorate, preludio di ciò che di lì a breve sarebbe successo.
Improvvisamente un profondo e vibrante brontolio prese a rimbalzare tra le pareti e il pavimento – se così lo si poteva definire – iniziò a muoversi aprendosi in piccoli ma profondi gorghi nei quali oggetti e monili vari presero a precipitare rapidi.
Spaventato il medico cercò di spostarsi dalla zona in cui si trovava, sperando di trovare un rifugio sicuro addossandosi alla vicina parete.
Tale speranza gli venne negata perché, a pochi metri da dove si trovava, iniziò a emergere una strana superficie irregolare con riflessi di un blu quasi metallico e, d’un tratto, nel bel mezzo di questa nuova stramberia, il dottore intravide una rotondità che di scatto si aprì rivelando ciò che non poteva essere altro che un occhio da rettile.
La pupilla lunga e sottile, nera come la notte, era circondata da una luminosa iride azzurro chiaro che rendeva l’insieme inquietante e al tempo stesso calmante, come se l’ex militare la sentisse inconsapevolmente conosciuta.
Gli scossoni continuarono nello stupore misto a terrore del medico fino a che, dall’oro emerse l’intera testa di una mastodontica bestia che John era più che sicuro di non aver mai visto.
Il collo si piegò per permettere al mostro di osservare nel miglior modo possibile la piccola creatura e inclinando il capo, dopo averla studiata attentamente, le fauci si socchiusero a malapena, rilasciando un sospiro da troppi anni trattenuto, e una voce profonda e calda si fece sentire.
“Cosa sei?”
“Io, io sono un uomo. Tu piuttosto che cosa diavolo sei?” rispose con un coraggio che non credeva più di possedere e con un’impostazione che riconobbe essere quella del soldato.
“Io mi chiamo Sherlmaug e sono il temibile drago investigativo che vive nella montagna e precisamente nella vetta n. 221B e posso con assoluta certezza dirti che tu non sei un uomo” concluse avvicinandosi ancora per poterlo analizzare anche attraverso l’odore.
John avvertì un potente risucchio causato dall’inspirazione della creatura e vincendo la propria paura parlò ancora “Io mi chiamo John e fino a poco fa ero davvero un uomo, ma ora ammetto che non ne sono più così convinto, il mio corpo sembra essere cambiato e”
“Informazioni inutili e noiose” lo interruppe il drago “cosa ci fai qui? Cosa ci fai in casa mia? Non sto cercando coinquilini al momento”
“Non lo so. Ricordo di essere rientrato a casa stanco dal turno all’ambulatorio e di essermi messo a letto dopo una rapida doccia e una tazza di te. Pochi minuto dopo il mio compagno mi ha raggiunto e mi sono addormentato”
“Quindi, presupponendo che tu stia dicendo la verità, questo dovrebbe essere un sogno”
“Se così fosse, perché mai dovrei sognare un drago con gli occhi e la voce del mio ragazzo che sonnecchia sotto montagne di oro e, per di più, ridurre me stesso a questa buffa forma?”
“Queste sono risposte impossibili da dedurre anche per me” puntualizzò il drago, senza allontanare il muso “Se non hai risposta al perché ti trovi qui, penso proprio che dovrò mangiarti”
“Cosa? No! Non puoi mangiarmi”
“E per quale motivo non dovrei?” obiettò il drago giungendo quasi a sfiorare il panciotto con le narici.
“Perché penso di non essere molto buono, sai, ho già superato i quarant’anni e la mia carne sarà di certo dura e” la voce gli morì in gola nell’attimo in cui una chiosa di denti lunghi quanto il suo braccio e forse più taglienti dei suoi bisturi si palesò dinnanzi a lui “Beh, suppongo che la durezza della mia carne non sarebbe assolutamente un problema per te, ma forse il gusto sì. Ecco forse quello potrebbe non essere piacevole, guarda che piedi enormi, di sicuro puzzeranno da morire”
Il drago lo annusò nuovamente “Mi piace il tuo odore e puoi stare tranquillo, io mangio di rado e solo per necessità, quindi non mi importa molto di sapore, consistenza o aroma. Sono costretto a eliminarti, sei entrato nella mia casa, hai portato scompiglio e perciò non posso permetterti di”
“Se vuoi me ne vado, tolgo il disturbo in un attimo e potrai tornare alla vita di prima”
“Non potrei mai tornare alla mia vita di prima. Tu hai dissolto la quiete del prima, trasformandola nel caos del poi e, anche se è solo un sogno, mi rincresce, ma dovrò ucciderti”
Sul finire della frase, la testa del drago era arretrata di quanto necessario a permettere alla bocca di spalancarsi e subito dopo il collo era scattato in avanti con l’intento di azzannare il medico e farne un sol boccone.
 
John istintivamente tentò di proteggersi incrociando le braccia davanti al viso e, incapace di controllarsi, urlò per la seconda volta, aprendo subito dopo gli occhi e ritrovandosi fortunatamente nella penombra del suo appartamento.
Era rannicchiato quasi in posizione fetale in quella che era diventata la sua metà del letto di Sherlock e distendendo con attenzione gambe e braccia, si voltò sulla schiena.
Con il respiro corto e ancora affannato, voltò immediatamente il capo e sospirò di sollievo alla vista delle spalle nude – e del tutto umane – del suo compagno che si sollevavano e si abbassavano lente. Senza riflettere un secondo di più, si spostò tra le lenzuola fredde e, avvolgendo con forza le braccia attorno al torso del moro, affondò il viso tra le scapole del consulente.
Sherlock espirò sereno, ma con un tono colorato da una lontana nota di preoccupazione, domandò “Afghanistan?”
“No”
“La mia morte?”
“No”
“E allora cosa ti ha spaventato al punto tale da farti avere questa reazione? Non che mi dispiaccia, sia chiaro”
“Non ricordo” tergiversò il maggiore, sperando ingenuamente che l’altro desistesse dal continuare a chiedere.
“John” lo chiamò, tentando di convincerlo a confessare. 
“Eri diventato un drago e volevi mangiarmi”
Lo sbuffo di una risata riverberò tra la cassa toracica e le braccia del dottore.
“E perché mai avrei voluto mangiarti?”
“Perché ti avevo svegliato o forse perché avevo movimentato la tua vita, assurdo se ci pensi, dato che da sempre è vero il contrario”
“Non credere che tu non abbia destabilizzato profondamente il mio mondo, John” lo contraddisse rigirandosi nell’abbraccio e ricambiando la stretta “Forse l’irruenza con cui io sono entrato nel tuo è più palese ed evidente, ma i tuoi metodi sono ugualmente forti anche se meno visibili. Sei l’unico a non esserti reso conto di quanto io sia cambiato da quando hai fatto il tuo ingresso nel laboratorio del Bart’s?”
“Oh, beh, non so che dire. Ti amo?” sorrise il medico sollevando il volto e cercando, grazie alla poca luce che proveniva dalla finestra, gli occhi chiari del suo compagno, prima di continuare “E questo non è tutto sai? Io mi ero trasformato in un”
“Lasciami indovinare, un Mezzuomo forse?”
“Come fai ogni volta a sapere”
“John promettimi una cosa”
“Tutto quello che vuoi”
“Non addormentarti più davanti al DVD de Lo Hobbit”
“Ma mi piace e non vedo l’ora che esca la seconda parte”
“Lo so e ho già prenotato i biglietti per la première, ma ti prego basta, sono due settimane che non fai altro che vedere quel film”
“Su avanti dillo” lo pungolò John avendo notato un tono astioso nella sua voce.
“Che cosa vuoi che dica? Che non voglio più vederti fare gli occhi dolci alla TV ogni volta che inquadrano quel nano? Ecco, l’ho detto”
“Quale nano? Sai ce ne sono parecchi” continuò a stuzzicarlo.
“Quel Thorin” sibilò Sherlock.
“Ma cosa me ne faccio di un principe nano quando ho tra le braccia un consulente gigante?” sorridendo il medico si sporse in avanti e, dopo avergli rubato un bacio, si accoccolò sul suo petto, pronto a tornare nel mondo dei sogni godendosi le lente carezze del suo personalissimo drago.
   
 
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