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Autore: leedskiss    06/11/2013    1 recensioni
[1984/1985] [writer!Harry/ photographer!Louis]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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post scriptum
(capitolo I)

 

piccola premessa;
Questo capitolo è un capitolo introduttivo, vi introduco semplicemente nella vita quotidiana di Harry, è qualcosa di molto leggero e nulla di impegnativo.
Potrà risultare banale, e forse anche il resto della storia (se riuscirò nell'impresa di finire almeno una fanfiction) lo sarà, non sono io che devo giudicare.
Spero soltanto che una decina di persone lo leggano, e vorrei sapere se secondo voi dovrei continuare a scrivere questa "storia".
E' una sorta di "episodio pilota" ahah, vi avverto, nonostante tutto l'amore per la scrittura non ho riletto e quindi per eventuali errori segnalatemeli tranquillamente!
Buona (si spera) lettura ;)
 
 


Quando sono al buio è tutto più facile, la mia mente è libera di pensare e di poter arrivare in luoghi e tempi mai visti e mai sentiti. Alla luce invece tutti possono vedermi, possono decifrare il mio sguardo, il mio comportamento e anche i miei sentimenti, anche se sono una persona difficile da inquadrare: quando pensate di avermi capito vi stupirò con qualcosa che non avreste mai pensato potessi fare o dire.
Per me è tutto un giro di parole, l’importante è saper parlare e trovare le parole giuste, perché anche con le parole giuste si può far sembrare una tragedia qualcosa di pressoché facile e superabile.
Non ci sono mezze misure: o si sa usare le parole o no, o tutto è una passeggiata o tutto è tragedia.
Siamo noi a scrivere la nostra storia, e io ero sul letto, al buio e pensavo alla mia di storia: a come articolarla, agli sviluppi passati e quelli futuri. Stavo pensando a come renderla una storia degna di essere raccontata e ricordata, ma quando il soggetto non è nessuno di interessante bisogna trovare le parole giuste per raccontare una storia banale.
“Harry, scendi…a tavola!” urlò mio padre e io un po’ assonnato mi stropicciai gli occhi e decisi di scendere con tutta calma.
Una volta scese le scale mi trovai nel salone e notai che la lampadina stava quasi per spegnersi, così lo feci notare con lo sguardo a mio padre che mi rispose con un “vai a prendere il tacchino in cucina.”
Alzai le spalle, perché ero ormai abituato a mio padre e al suo disinteresse nei miei confronti, o almeno se gli interessavano le mie faccende non lo dava molto a vedere, diciamo che non lo dava a vedere e basta.
Avevo sempre amato le mattonelle del pavimento della cucina: erano per metà laccate con vernice blu e per l’altra metà erano fatte di cotto…risultava quindi un bel contrasto.
Presi il tacchino dal frigorifero e mi soffermai con lo sguardo sul calendario su cui c’era la tipica donna con il grembiule a quadri bianchi e rossi, poi fissai il mese: “Dicembre 1984”.
Mancavano circa una decina di giorni a Natale, e poco più di un mese e mezzo al mio compleanno.
Arrivai finalmente in sala da pranzo e avevo terminato l’impresa del giorno, mi sedetti e iniziammo a mangiare.
Solo dopo un po’ intravidi mia sorella Gemma entrare dalla porta principale di casa, battendo i piedi per non portare la neve in casa.
Appena la vidi spostai lo sguardo sul viso di mio padre che ci era quasi abituato ai suoi continui ritardi da quando usciva con James Combell.
“Togliti le scarpe e il giaccone e vieni a tavola, Gem.” Disse mia madre che stranamente era silenziosa, forse perché quella sera non aveva nulla da raccontare.
Vidi mia sorella salire le scale e tornare cinque minuti dopo con le sue solite pantofole viola con una specie di nuvoletta bianca sopra.
“Allora…è successo qualcosa di interessante Harry?” mi chiese mia madre mettendomi della purea di patate nel piatto accanto al tacchino.
“Nulla, solita storia a scuola…con l’arrivo dell’inverno diventa sempre più noiosa.” Dissi.
“Ma hai solo diciassette anni, Har! Dovresti provare a fare qualcos’altro oltre andare a scuola e rinchiuderti in camera quando sei in casa!” ribatté e in effetti aveva anche ragione.
Fissai mia madre e capii che era seria e le risposi “Lo so, stavo pensando…fra poco è Natale…” iniziai un po’ incerto.
“e vi ricordo che fra poco sarà anche il mio compleanno…e la cosa che desidero di più è una macchina da scrivere.” Terminai tirando un sospiro.
I miei genitori si guardarono per un attimo e poi sorrisero, ma non dissero nulla: l’ho interpretai come un ‘vedremo’ che era sempre meglio di nulla.
Terminata la cena salii in camera mia, blu mare che faceva contrasto con la tastiera del letto beige.
Presi la mia cartella di cuoio scuro ed estrassi i libri che sistemai nella libreria di legno accanto al cassettone.
Mi ritrovai a pensare, di nuovo, sempre alle stesse cose, sempre allo stesso modo.
Volevo evadere da questa monotonia, dal continuo casa-scuola, dalla mia vita e dai miei spazi che ormai mi stavano stretti.
Dopo un po’ spensi la luce e mi abbandonai ad un sogno più che realistico.
Naturalmente non ricordai nulla al mio risveglio.

 
Sapete non ho mai sognato di essere uno scrittore famoso, uno di quelli che tutti conoscono: io volevo semplicemente condividere la mia storia, i miei pensieri, le mie fissazioni, tutto ciò che mi frulla in testa. Voglio mettere tutto su carta, tutto per iscritto, come se avessi paura che la mia storia potesse essere dimenticata prima di essere stata vissuta appieno. Ricordo che quando ho studiato l'Iliade la professoressa ci spiegò che gli eroi andavano in guerra per affermare il loro coraggio e per ottenere la gloria eterna. Io non volevo fare nessuna delle due cose, ma nonostante ciò mi sentii vicino agli eroi omerici quel giorno a scuola. La mia vita è tutto un post scriptum: troppe cose che ho dimenticato di dire e fare e che faccio in ritardo, sperando che il risultato possa essere comunque accettabile. Non ho mai capito se questa versione, quella della mia vita, mi piacesse o meno, forse l'accettavo come la realtà delle cose.
La verità era che pensavo troppo e parlavo poco, qualità che alcuni avrebbero di certo apprezzato ritenendomi saggio, ma non sono una di quelle persone. Sono una di quelle persone che si svegliano pigramente, che vanno a scuola senza fare troppe proteste anche se preferirebbero restare a letto altri cinque anni. La realtà mi spaventa, ma non so nemmeno cosa sia la realtà visto che non mi espongo, non mi affaccio dalla finestra del mondo che mi sembra gigantesco.

"Harry sei ancora sveglio?" mi chiese Gemma avvicinandosi in punta di piedi vicino al letto. Come risposta le fornii un grugnito e mi girai dall'altra parte del letto. Avevo un bel rapporto con mia sorella, ma probabilmente in quel momento l'avevano mandata i miei genitori, sempre così preoccupati per il povero Harry, come se avessi una malattia terminale o cosa. Probabilmente Gemma sepeva che ero ancora sveglio, sentendo il mio respiro irregolare, ma capiva sempre quando doveva insistere e quando no e io l'amavo per questo. Quando pensai se ne fosse andata si riavvicinò e mi disse "ricordati che giovedì è il compleanno di Kim." e poi se ne andò davvero, accompagnando la porta dolcemente. Kim, io e Kim, ehm avevamo una storia complicata.
Non penso di essermi scocciata di lei, penso forse anche di amarla dopo due anni, ma il nostro rapporto non è più lo stesso e anche lei lo sta notando e io sono così insensibile da non far nulla per farla sentire meglio. Penso che dovrei prima sentirmi meglio io e dopo avtei pensato a Kim. Appena avrei trovato la soluzione ai miei problemi l'avrei di certo condivisa con lei, passando ad un livello superiore nella nostra storica relazione. Gli occhi mi si fecero pesanti, diventò sempre più difficile sopportare la luce che diventava poco a poco più sfocata e lontana, e sprofondai in un sonno profondo. La mattina seguente mi svegliai presto, come al solito per abitudine, altrimenti mia madre mi avrebbe buttato un secchio d'acqua in testa. Mia madre non è il tipo di mamma che arriva in camera tua e ti sussurra all'orecchio 'Harry svegliati devi andare a scuola.', ma comunque l'adoravo perché sapeva quando essere dolce e quando doveva farsi i fatti suoi. Io e mio padre invece abbiamo una relazione complicata, meglio non dire nulla. Mi avvicinai al bagno e presi un asciugamano, poi mi abbandonai ad una doccia bollente.
"Harry c'è Liaam!" gridò mia madre dal piano di sotto. Non le risposi, tanto non mi avrebbe sentito. Uscii subito dalla doccia e vidi Liam appoggiato alla porta della mia camera.
"Harry" mi salutò abbozzando un sorriso.
"Ehi Payne, mi vesto e sono da te...perché non approfitti e prendi qualcosa da mangiare in cucina?" gli chiesi prima di chiudermi in camera mia e vestirmi. Mi asciugai i capelli velocemente e indossai un maglione arancione a righine, dei jeans e mi avviai scalzo verso la cucina dove vidi Liam che mangiava un biscotto. "Quanto ci hai messo?" "Andiamo, che facciamo tardi!" dissi facendogli segno di andare.
Salutai velocemente la mamma, e presi la cartella di cuoio e scappammo a scuola. L'entrata della scuola era grandissima e posai tutto nell'armadietto. I libri mi caddero a terra, a prenderli ci fu un ragazzo nuovo.
"Ti sono caduti i libri." mi disse grattandosi il capo coperto da una chioma bionda.
"Grazie mille...tu sei?" gli chiesi prendendo i libri dalle sue mani e riponendoli nell'armadietto e lo chiusi.
"Niall, e tu sei Harry?" mi chiese ridacchiando.
"E come lo sai?" chiesi preoccupato.
"Sul tuo libro c'è scritto Harry, a meno che non ti piaccia un ragazzo di nome Harry, Harry dovrebbe essere il tuo nome."
Mi resi conto che la mia domanda era alquanto stupida e così sorrisi.
"Giusto, sei piuttosto perspicace!" dissi buttandola sul ridere.
"Adesso ho la lezione di biologia, ci vediamo a mensa?" Solo in quel momento notai proprio davanti alla presidenza una bacheca che era piena di annunci. "Harry?" sentii la voce di Niall riportarmi alla realtà e annuì e gli risposi con un 'sì' secco.
Sentii la campanella suonare e cercai di ricordare dove fosse l'aula di letteratura inglese. L'ora passò velocemente pensando ad altro e prendendo appunti. "Dovrei cercare un lavoretto per permettermi la macchina da scrivere." soffiai a Zayn mentre il professore scriveva qualcosa sulla lavagna.
"Allora fai sul serio...cioé vuoi davvero diventare uno scrittore? La macchina costa tantissimo."
 Ci pensai un attimo e mi osservai attorno: nella mia classe c'era chi voleva fare il dottore, chi voleva essere un imprenditore, e poi c'ero io che volevo fare un lavoro strano, che quasi nessuno voleva fare.
"Sì...hai presente quando hai qualcosa dentro che davanti ad una situazione ti fa capire che strada prendere? Ecco, quello è ciò che sento dentro quando mi domando se la scrittura sia soltanto una banale passione passeggera."
Lui abbozzò un sorriso e continuammo a seguire la lezione. Dopo pranzo andai con Niall e Zayn davanti la bacheca: c'erano centinaia di annunci con fogli colorati. Io scelsi di leggere quello con carta bianca e piastricciata.
Diceva "per un lavoretto part-time chiedere a Louis Tomlinson."

 Di quelle centinaia di annunci scelsi proprio quello, il meno invitante, ma quello che mi avrebbe cambiato la vita.

@warmhar :)

 
  
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