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Autore: Shainareth    07/11/2013    4 recensioni
Quarto capitolo della serie Amnesia, che non può assolutamente essere compreso senza aver prima concluso la lettura della breve long Amnesia - Passato.
Il fatto che lei avesse accorciato le distanze rese in qualche modo nervoso Tobe, che avvertì un giustificabile senso di disagio. Distolse lo sguardo e lo riportò sull’asse di legno che stava piallando. «Dovresti odiarmi, non essere qui ad attaccar bottone», le fece notare con voce priva di spessore. «Per colpa mia, hai rischiato di morire.»
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Garu, Pucca, Tobe
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Amnesia'
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AMNESIA - FRATELLI




Concentrato com’era sul lavoro che stava facendo, non si accorse subito del suo arrivo. Continuò perciò a segare le assi di legno e a misurarne la lunghezza sotto gli occhi della ragazza che lo osservava con parecchia curiosità, studiandone i lineamenti e i movimenti. Nei primi, pensò lei, Tobe non assomigliava granché a Garu; nei secondi, però, sembrava esserci davvero qualcosa che li accomunasse, e questo le fece uno strano effetto.
   A furia di sentirsi i suoi occhi addosso, il giovane avvertì finalmente la sua presenza e quando si volse nella sua direzione arrestò il proprio lavoro, inarcando un sopracciglio ma fissandola senza mostrare reale stupore. Dopotutto, pur non essendo un ninja né un guerriero, Pucca era sempre stata sorprendentemente abile nell’avvicinarsi a lui e a Garu senza che loro riuscissero ad accorgersene.
   Lei gli rivolse un sorriso e sollevò una mano a mezz’aria, agitandola con fare allegro, proprio come avrebbe fatto una bambina. «Ehilà!»
   «Che ci fai qui?» le domandò Tobe, passandosi il dorso di un polso sulla fronte madida di sudore, nonostante il freddo di gennaio. Durante il viaggio che li aveva riportati a Sooga, Garu gli aveva raccontato che, uscendo dal coma, Pucca aveva miracolosamente ripreso a parlare. Fu per questo che non lo meravigliò sentire la sua voce.
   «Sono venuta a ricambiare il saluto del mese scorso», gli spiegò la ragazza, avvicinandosi a lui. «Quella mattina sei andato via così in fretta che non sono riuscita a farlo.»
   Il fatto che lei avesse accorciato le distanze rese in qualche modo nervoso Tobe, che avvertì un giustificabile senso di disagio. Distolse lo sguardo e lo riportò sull’asse di legno che stava piallando. «Dovresti odiarmi, non essere qui ad attaccar bottone», le fece notare con voce priva di spessore. «Per colpa mia, hai rischiato di morire.»
   «Mah», ribatté inaspettatamente Pucca, continuando a guardarlo. «A dire il vero, sono stata io a scivolare goffamente nel precipizio.» Tobe corrucciò le sopracciglia scure, non trovandosi molto d’accordo con lei. O meglio, quella di Pucca non era una bugia, perché in effetti era davvero scivolata da sola nel crepaccio. Restava però il fatto che lui aveva peggiorato le cose. «E poi dovevo ringraziarti per esser corso a chiamare aiuto, quella volta.»
   «Se ti avessi aiutato prima, non saresti caduta.»
   «Sì, ma siccome non me lo ricordo e adesso sto bene, preferisco pensare ad altro.»
   Il ninja arrestò nuovamente ogni movimento, ma tenne ancora gli occhi fissi sul proprio lavoro. Pucca lo stava prendendo in giro? Già Garu aveva deciso di non covare troppo rancore nei suoi confronti, ma che anche lei volesse sorvolare sulla faccenda senza neanche dargli un pugno… Almeno Garu si era sfogato sul momento, subito dopo l’incidente.
   Tobe sbirciò nella sua direzione e trovò ad accoglierlo un sorriso. Essendo stato educato sin dall’infanzia ad inseguire la vendetta in ogni circostanza, la cosa lo turbò ulteriormente. «Siete strani», fu tutto ciò che borbottò allora.
      Pucca rise. «È qui che vivi?», gli chiese, iniziando a guardarsi attorno. Si trovavano in una radura, poco lontano da Sooga, in cui si ergeva una costruzione in legno fatiscente. Era il posto in cui Tobe aveva vissuto negli anni trascorsi al villaggio, quand’era stato guidato sempre e solo da sentimenti negativi nei confronti del proprio fratellastro. «Non so, mi immaginavo una facciata più sontuosa, alta e scura», fantasticò lei, ripescando inconsapevolmente un vago ricordo nella propria memoria danneggiata. Era stato proprio seguendo quello che era riuscita a raggiungere la radura.
   «Ovviamente è così che sarà», la informò il giovane con un certo orgoglio, mettendo via la tavola che aveva appena finito di lavorare e apprestandosi a sceglierne un’altra.
   «Sarà dura, visto il modo in cui è ridotto questo posto», osservò l’altra. «Perché non ti fai aiutare?»
   Se avesse avuto ancora con sé il proprio seguito di ninja, Tobe avrebbe senz’altro lasciato fare il grosso del lavoro a loro – sperando che lo eseguissero in modo quanto meno passabile. Tuttavia, dopo che lui aveva lasciato il villaggio più di sette anni prima, di loro non aveva più avuto notizie. Si era chiesto più volte che fine avessero fatto, ma non era voluto tornare indietro né mettersi in contatto con loro, poiché sentiva di dover spezzare ogni legame con Sooga, almeno fintanto che non avesse messo ordine fra i propri pensieri. Ma gli erano mancati e, adesso che era di nuovo al villaggio, la sua mente tornava spesso a quei ragazzi che lo avevano visto come il migliore dei leader, nonostante tutti i suoi difetti.
   «Preferisco farlo da solo», rispose distrattamente. Non era propriamente una bugia, anche perché credeva di meritarsela tutta, quella solitudine. Oltretutto, a chi avrebbe potuto chiedere una mano? A Garu? Forse lui lo avrebbe aiutato davvero, forse no. Tobe non era ancora sicuro che potessero davvero cominciare a trattarsi come fratelli, visto che per colpa sua non erano mai stati neanche amici. Anzi.
   «Garu mi ha raccontato tutto», cambiò d’un tratto discorso Pucca, riportandolo con i piedi per terra. «Sia di quello che accadde quel giorno, sia del viaggio che avete fatto insieme la scorsa settimana.»
   E quindi in realtà era venuta sin lì per fargli la predica riguardo al suo pessimo comportamento passato? Fu questo che si domandò Tobe, tornando nervosamente a muovere la pialla su una delle tavole di legno con cui aveva intenzione di ricostruire la propria capanna.
   «Diventeremo fratelli», fu invece quello che si sentì dire un attimo dopo, con leggerezza.
   Per poco non si piallò un ginocchio. Alzò nuovamente lo sguardo su Pucca, mostrando stavolta due occhi allibiti. «Che?» gracchiò, confuso.
   «Quando sposerò Garu, intendo», fu più chiara lei, dondolandosi sui talloni con fare allegro.
   Tobe la fissò con evidente perplessità in volto, convincendosi che il suo povero fratellino fosse davvero sfortunato a ritrovarsi intrallazzato con una donna tanto decisa ad incastrarlo. O forse, come al solito, valutavano la questione da due punti di vista assai diversi, se non addirittura opposti?
   «E questo sarebbe un bene o un male?» volle sapere il ninja.
   Pucca scrollò le spalle. «Per me o per te?»
   Lui inarcò un sopracciglio e, senza che potesse evitarlo, si lasciò scappare il primo sorriso della giornata, sia pure sarcastico. «Sicuramente per me sarà un male», affermò, scuotendo il capo e tornando al lavoro. «Se ti raccontassi tutti i guai che mi facevi passare…»
   La ragazza rise, accucciandosi sui talloni per osservare meglio quello che stava facendo. «Te li meritavi?»
   «Tutti quanti», le assicurò l’altro. Ma poi, non del tutto convinto di ciò che aveva appena detto, aggrottò la fronte e si inumidì le labbra con la punta della lingua. «Anzi no. A volte mi facevi vedere i sorci verdi anche quando non facevo nulla.»
   La sentì ridere di nuovo. «Cosa pensi di fare, adesso?»
   «Non infastidirò più il tuo fidanzatino, se è questo che ti preoccupa», ci tenne a farle sapere, non ritenendo necessario metterla al corrente della parola data a suo padre poco prima di dirgli addio. Dopotutto, avrebbe potuto considerarlo un voto che lo avrebbe forse aiutato ad espiare le proprie colpe. «Ho solo deciso di tornare a vivere qui, in modo onesto.»
   «Ti conviene farlo, se non vuoi vedertela di nuovo con me», fu l’affermazione che colse di sorpresa entrambi i giovani. Si volsero nella direzione da cui avevano sentito provenire quella voce e videro Garu che, le mani nelle tasche dei pantaloni, li stava osservando chissà da quanto. A dirla tutta, il giovane si era messo sulle tracce di Pucca non appena al Goh-Rong gli avevano detto che lei si era allontanata per fare un giro nei dintorni del villaggio. Perciò, come colto da un sesto senso, Garu si era diretto quasi subito lì dove sorgeva ancora la capanna malridotta in cui Tobe aveva vissuto anni addietro insieme ai suoi scagnozzi.
   La ragazza fece scorrere lo sguardo dall’uno all’altro, rimanendo religiosamente in silenzio. Fu perciò Tobe a riprendere parola, rispondendo a quella provocazione. «Sono diventato molto più forte, potrei sculacciarti in qualsiasi momento, se solo lo volessi.»
   Garu corrucciò la fronte, imbarazzato, più che infastidito, da quel trattamento infantile – soprattutto ora che sapeva della loro parentela. «Provaci e giuro che ti prendo a calci nel…»
   «Vi va una scodella di noodles?» s’intromise a quel punto Pucca, censurando di proposito l’ultima parola dell’amato e tornando ad alzarsi in piedi.
   «Se è gratis…» accettò Tobe, iniziando inaspettatamente a provare simpatia nei suoi confronti. «Ma vorrei portare avanti il lavoro, prima che faccia buio.»
   «Allora ti diamo una mano, così faremo in fretta», stabilì lei, stupendoli entrambi e guardandosi attorno per trovare qualcosa da fare per rendersi utile.
   «Perché mai dovremmo aiutarlo?» obiettò Garu, contrariato.
   «Perché se non lo facciamo, Tobe non avrà un posto caldo in cui dormire», iniziò allora a spiegargli la ragazza, attingendo a piene mani dalla propria riserva di catastrofiche fantasie tipicamente femminili. «Si ammalerà di broncopolmonite e finirà in ospedale.» Tobe non poté fare a meno di fissarla con un certo fastidio. «E per evitargli una ricaduta, saremo costretti ad ospitarlo a casa mia o a casa tua. Vuoi che viva con me? O che ci regga la candela durante i nostri incontri romantici?»
   I due giovani rimasero in silenzio per qualche istante. Poi, mentre il maggiore prendeva a sogghignare alle spalle del proprio fratello, Garu arrossì e bofonchiò nella sua direzione: «Lo faccio solo per lei, sia chiaro.»
   «Ovviamente», lo prese in giro l’altro, cominciando a credere che, dopotutto, non si sarebbe davvero sentito troppo solo, con quei due fra i piedi.












Alla fine ho deciso di postarla subito perché ho già pronta anche l'altra shot di cui parlavo ieri sera, in calce all'ultimo capitolo di Amnesia - Passato. Penso che d'ora in poi le cose saranno più tranquille per tutti, ma non per questo più semplici. Ricominciare da zero a relazionarsi con una persona con cui hai sempre avuto un rapporto parecchio conflittuale non è propriamente facile, anzi. Però, volendo essere ottimisti, mai dire mai. E poi c'è Pucca che, con la sua positività, riesce a smorzare la tensione fra i due fratelli. Sarebbe divertente assistere ad ogni loro teatrino.
Un bacio e a presto!
Shainareth





  
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