Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: The Chemist    07/11/2013    11 recensioni
Perché lo giuro, il nostro amore superera la classe sociale, superera il denaro, e supererà anche l'oceano dopo tutto questo.
Rich!Louis | Poor!Harry | Larry | Elounor | Accenni Diall |1905.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1

20 Marzo 1905

Benvenuti a St Austell

 

 

«Stento a crederci – chiuse il giornale dal colore poco più chiaro del colore del salmone con netta violenza – il prodotto interno lordo di Londra è diminiuto del due per cento!» Louis si lasciò scappare un profondo sbuffo, mentre metteva a sistemarsi sulla poltrona comoda accanto al tavolo apparecchiato per una ricca colazione. Ultimo giorno di viaggio, e sarebbe finalmente approdato con la nave a Liverpool. Ma l'avventura del suo lunghissimo viaggio dall'America al Regno Unito non era finita lì: un altro lungo periodo di tempo doveva essere speso in un'elegantissima macchina dai vetri oscurati per farsì che l'uomo più ricco di New York arrivasse sano e salvo nel nord della Cornovaglia. E con lui, v'era la sua più stimata fidanzata, Eleanor Calder, nonché la sua promessa sposa. Era di fronte a lui, sorseggiando con cura la sua tazza di té, badando accuratamente a tenere il mignolo ben alto. Le sue dita erano magre ed eleganti, ornate da un bellissimo guanto color panna.

Truccata leggermente, e pettinata da un bellissimo chignon con ciocche castane che scendevano giù per le tempie fino a toccare agiatamente le spalle e il collo. La pelle chiara splendeva dallo scollo a barca del suo vestito – costato la bellezza di milleduecento dollari, e sborsati personalmente da Louis Tomlinson – e lì, solo, luccicava un bellissimo diamante che portava sul suo lunghissimo collo. Un semplice regalo di fidanzamento – disse Louis la prima volta, con totale nonchalance, nel momento in cui glielo fece vedere – «Non c'è cosa che io non possa darti, Eleanor – continuò – Se tu mi chiedessi la Luna, io sarei in grado di procurartela» e lì, in quella suite, dalle pareti decorate dai quadri di Michelangelo e Leonardo DaVinci, da quel tavolo in cui loro stavano celebrando il loro fidanzamento in completa solitudine con del vino da novecento e ottanta bigliettoni verdi, a riempire i loro calici, la baciò.

«Lou, non per nulla ci stiamo dirigendo verso il paese che non vede mai il Sole», sputò queste parole con disgusto, «il solo pensiero di vedere il pizzo del mio vestito bagnato dalle sporche acque del Regno Unito mi dà ribrezzo».

Le labbra sottili di Louis, contornate da una leggera distesa di barba, si curvarono in un sorriso. A quel punto, anch'egli innalzò la tazza colma di caffè bollente e la portò alla bocca per assaporarne il gusto. Ah! Il buon gusto del caffè puramente americano!, pensò, ben presto potrò dire arrivederci a questo ben di Dio. «Suvvia, Eleanor, la mia sopportazione nei confronti degli Inglesi è pari al minimo, ma faremo il possibile per far sembrare questi sette mesi più belli di quanto ci possiamo aspettare».

«Louis Tomlinson, io ancora non comprendo come io sia dovuta venire con te. È mio padre colui che s'occupa dei beni familiari interni ed esterni al luogo in cui viviamo, e con onesta sincerità io in questa Terra non sono granché d'aiuto», posò adagiamente la tazza con i filamenti d'oro per tutta la circonferenza laddove si posano le labbra graziose di una elegante donna come Eleanor Calder, «siamo trentaquattro giorni lontani da casa. Come pretendi che io non abbia il coraggio di ingoiare una pillola di cianuro entro i primi quindici giorni in compagnia degli Inglesi?»

«Andiamo, Eleanor – sbuffò – ci sarà da divertirsi, nonostante tutto, si fidi di me, mia sposa».

«Immagino che tu mi offrirai una splendida vacanza in Italia, dopo questa sofferenza – si asciugò le labbra accuratamente per poi riporre il fazzoletto, con le iniziali EJC cucite con estrema precisione sulla stoffa, sulla tavola – ora con permesso, vado a vestirmi, ormai siamo arrivati». Si appoggiò le mani sulle cosce, e si alzò. Varcando l'uscio, si sentì ancora la sua voce dire «Andiamo, Lucy, devi stringermi il corpetto».

 

La sirena della nave rimbombò quasi per mezza Liverpool per annunciare l'arrivo della nave da New York, dopo trentaquattro giorni di viaggio, quello che voleva sentire Louis, era un semplice pavimento sotto i suoi piedi, che non fosse stato, chiaramente, il parquet della suite della nave o il legname dell'abete rosso che si trovava sul ponte, luogo in cui, la maggior parte delle volte il capitano ha chiesto Louis di tornare nella sua cabina per evitare spiacevoli inconvenienti, siccome non fosse stato poi così sicuro. «Non mi va di fumare davanti a tutti o nella sala fumatori, preferisco farlo qui in completa solitudine se non vi dispiace» e continuò a guardare oltre l'orizzonte azzurro, il quale colore era quasi irriconoscibile per il Sole calato ormai da un pezzo.

«Gradite una tazza di cognac prima di approdare?» la voce del suo cordiale servitore nonché facchino, guardia del corpo e uomo d'estrema fiducia, si sentiva liscia per la camera nella quale mancava Eleanor. Erano passate poco meno di due ore, e ancora non sembrava essersi fatta viva, da quando s'era congedata col “vado a vestirmi”.

«Grazie», annuì, mentre fissava fuori dalla finestra della cabina. George, il quale nome, Louis non riuscì mai a pronunciarlo correttamente, siccome il suo fidato servitore è stato battezzato con una pronuncia alla francese anziché all'inglese, versò il liquore nel calice, per poi passarlo con gentilezza al suo umile uomo. Lo sguardo di Tomlinson ancora non si era distolto dalla distesa d'acqua e dalla landa che si vedeva in pochissima lontananza. «Ah, Liverpool... Ah, la Cornovaglia». Prese con sicurezza il calice alla sua destra, e iniziò a sorseggiare.

«Sapete, molte persone mi hanno detto che la Cornovaglia è uno splendido posto... Peccato per il maltempo».

«George, il maltempo è il simbolo dell'Angleterre – si lasciò scappare un motteggio verso la lingua francese – se per questo, molte voci dicono che le ragazze siano particolarmente carine».

«Che mi dite della signorina Eleanor? Pare ai miei occhi un'incantevole ragazza, non vi va a genio?»

Le sopracciglia di Louis si inarcarono. Lo innervosì il tono di voce che usò George nel chiedere su di ella.

«Assolutamente – lanciò uno sguardo ghiacciato verso gli occhi verdi ornati dalle sopracciglia ormai bianche, simbolo dell'età avanzata, poi ritornò a guardare al di fuori della finestra – Eleanor è la mia fidanzata nonché promessa sposa... Non potrei mai e poi mai lasciarmela scappare, non pensi anche tu?» Sorseggiò ancora una volta, lasciando che il cognac si impregnasse nelle vie più strette della sua bocca. Lui amava Eleanor. A modo suo, ma l'amava. Prima del fidanzamento c'erano state sicuramente altre piccole avventure, delle quali lei era perfettamente consapevole. Non diede molto a vedere il suo dispiacere, ma lui se ne accorse alla perfezione. Finché un giorno, a letto, lei non gli fece vedere le sue più gradi doti. Si può dire che Louis Tomlinson si fosse innamorato di Eleanor solamente per il modo in cui lei si padroneggiava d'egli nei momenti più privati della giornata, ma andando avanti col tempo, anche lui capì che ella era una ragazza di classe, elegante, magnifica... Tutto ciò che una donna doveva avere per rimanere accanto a Louis tutta la vita.

«Chiaramente». Fu l'unica risposta da parte di George, quando Louis si spinse addosso a lui, per lasciargli il calice non troppo pieno di cognac nelle mani. S'avviò anch'egli all'uscita per poi «E comunque, per me, le più belle sono le italiane» dire. Un'occhiolino, e sparì altrove.

 

Louis colpì con forza sulla porta di mogano finché non gli lo invitarono ad entrare. Aprì con nonchalance, e vide Eleanor seduta davanti a uno dei tanti specchi che caratterizzavano la stanza. Lì, aveva tutto l'occorrente per la sua bellezza esteriore. La loro camera da letto era appunto, composta da una innumerevole dose di specchi. Davanti al letto a baldacchino, all'angolo del letto, due appesi a entrambi i lati del letto, e molti altri. Louis s'avvicinò verso la sua bella, per lasciarle un casto bacio sulle labbra. Sorrise, poi si lasciò scivolare la giacca dello smoking sul letto, e uscì dalla porta verso il terrazzo, che era sul lato in cui Louis dormì per trentatré notti. Sfilò una sigaretta dal suo pacchetto d'acciaio, e l'accese con un fiammifero, che teneva sul tavolo di quella terrazza. Eleanor si avvicinò, Louis riuscì a sentirla grazie ai suoi tacchi che battevano contro il parquet, e l'abbracciò da dietro. Louis non si mosse, tenne la sua posizione esattamente come in precedenza. Si limitò solamente ad alzare e abbassare il braccio in modo da portare la sigaretta alle labbra. «La prima cosa che voglio fare quando prenderemo terra sarà andare in un buon negozio di vestiti. Ho da comperare qualcosa».

«Eleanor, non penso sia il tempo migliore per fare compere». Si voltò, ma lei rimase incollata al suo petto. Louis alzò il suo volto con l'indice destro per poi «Appena arriveremo in Cornovaglia potrai andare a fare compere con Lucy» affermare. Eleanor incarcò le sopracciglia in segno di disapprovazione. Spalancò la bocca sorpresa.

«Mi stai impedendo di occuparmi del mio bene interiore? – disse disgustata – Louis, non puoi scherzare. Lo sai quanto io desideri comprare nuovi abiti e accessori».

«Ne sono al corrente, ma non abbiamo tempo – tirò alla sigaretta, e rilasciò il fumo, giusto sul volto della bella Eleanor, la quale si scosse e si voltò dall'altro lato – non preferiresti anche tu prendere quella macchina, arrivare in Cornovaglia e fare ciò che tu voglia?» Sorrise. «Io sì».

«Ma avevi detto...» E ancora una volta, l'indice destro di Louis si andò a posare sulle labbra candide di Eleanor. «Avevo detto – ripeté lui – che se abbiamo qualche giorno di tempo, in questi sette mesi ti porto in Italia». Gli occhi della ragazza s'illuminarono. Non v'era Paese che più l'affascinava se non l'Italia.

«Pensavo l'avresti fatto alla fine dei sette mesi» sorrise, stampandogli un bacio sulla bocca.

«Invece lo voglio fare prima, perché io non vedo null'altro che l'ora di tornare in America».

Il sole pallido riusciva a scaldare leggermente le pelli dei due sul terrazzo, e faceva brillare l'acqua limpida di Liverpool verso l'orizzonte. I gabbiani che volavano e si facevano sentire, erano segno che ormai, era questione di minuti ad avere la terra ferma sotto i piedi. Louis riusciva a vedere quel bel tempo splendere in cielo, ma non si aspettava lo stesso dalla Cornovaglia. Era più che convinto di riuscire a trovare nient'altro che pioggia, freddo e umidità, nonostante la buona stagione era alle porte. Neppur la parola Sud accanto alla parola Inghilterra riusciva a confortarlo. Sicuramente, era felice di non dover visitare una delle città della Scozia. Il problema dell'acqua e dell'umidità si sarebbe quadruplicato, e portarci Eleanor non sarebbe stata affatto una buona idea.

Una mano leggera si sentì battere contro la porta di legno di mogano. Non fu insistente. Eleanor sorrise, quando «Vado ad aprire io» disse, per poi girare sui tacchi e avviarsi dall'altra parte della stanza. «Oh Lucy! Dimmi». A quel punto Louis sentì udire la voce matura e bassa della signora.

«Signorina Eleanor, il capitano mi ha detto di avviarvi verso l'uscita perchè ormai siamo a buon punto. I bagagli sono già stati portati altrove e verranno caricati dalla macchina che vi porterà in Cornovaglia... Oh... Sento di dimenticarmi qualcosa» Annuì Lucy all'esterno della stanza. «Il Signor Tomlinson? Potrei parlare con lui?»

A quel punto Louis gettò la sigaretta in mare e rientrò, chiudendo la porta che affacciava al grande terrazzo. «Sono qui» mormorò lui. Eleanor a quel punto si ritirò, e lasciò passare Louis davanti alla soglia. «Mi è stato raccomandato di presentarvi immediatamente all'ingresso del vostro albergo, in modo tale da decidere sul da farsi» Prese fiato ancora una volta. «Scusatemi signor Tomlinson, se parlo così di fretta, ma ho molto da sbrigare...»

«Vai avanti, Lucy, per favore». Disse Louis quasi in esasperazione. Ciò che non gli erano mai piaciute, erano esattamente le troppe parole che potevano uscire da una bocca umana. Lui amava il silenzio, la pace e la tranquillità. Amava le parole solamente quando andava a letto con una ragazza. Amava sentire le suppliche.

«Io prenderò un altro taxi per arrivare al vostro albergo, e viaggerò con parte dei vostri bagagli».

«Va bene Lucy, grazie». Va Louis per chiudere la porta, quando la mano con l'indice sorretto da Lucy, si alzò.

«Dovrei accompagnarvi verso l'uscita!»

 

La brezza mattutina di Liverpool si scagliava con violenza contro le duemila e cento persone che scesero dal Mauretania, compresi Louis e Eleanor che stavano scendendo con estrema eleganza a braccetto, dall'uscita della prima classe. Si potevano udire le più grandi urla e i più grandi apprezzamenti su Liverpool in quel momento.

Camminavano adagiamente quando George comparve davanti a loro, pronto per scortare Louis e la sua fidanzata all'automobile. «Vi prego, Signore, seguitemi» tentò di annunciare con voce roca nonostante il grande chiasso.

Lo sguardo di Louis si scostò verso una giovane coppia: lui era sicuramente della prima classe, mentre lei era vestita poco più con degli stracci. Si stavano abbracciando e baciando calorosamente davanti a tutta la popolazione di Liverpool che adorava la grandezza del Mauretania in quel momento. Continuava a camminare, ma il suo sguardo non si tendeva altrove. Notò solamente dopo, quando il giovane ragazzo, iniziò ad accarezzare la testa di una bambina che si trovava nascosta tra la gonna della madre, che erano sposati. Bionda, treccine che toccavano il collo, e un misero pupazzo che teneva in mano. Un senso di disgusto provò nel vedere quella scena. «Povertà – si lasciò scappare accanto all'orecchio di Eleanor – non c'è punizione peggiore». La testa di Eleanor si scostò e i due sguardi vennero a contatto. A quel punto si fermarono accanto alla macchina che l'avrebbe presto portati a St Austell con un viaggio della bellezza di cinque ore e mezza.

«Hai detto qualcosa?» Chiese lei con tutta calma.

Louis le rispose con un sorriso, prima di aprire la porta, tenderle la mano, e farla salire.

S'avviò anche lui alla porta della macchina e si posizionò accanto a Eleanor, pronto per il viaggio. «E non c'è nulla più brutto di mischiare ricchezza con povertà» annunciò Louis laconico. Eleanor a quel punto, arricciò le labbra.

«Non pensavo avessi la brutta abitudine di parlare da solo» Sorrise. Louis si tolse la giacca, per rimanere in camicia bianca, e bretelle.

«Mia cara Eleanor – evocò il nome con enfasi – non c'è nulla più bello di essere reali» Sorrise di gusto. «E noi siamo reali, noi possiamo permetterci quel che noi desideriamo»

«Non capisco cosa c'entri questo discorso. Louis, sono stanca, ho passato trentaquattro giorni dentro una nave, per quanto possa essere lussuosa e i beni non mi siano mancati, sono alquanto spossata. Vorrei evitare certi argomenti, a maggior ragione se vengono esposti in un modo così... – balbettò – confuso».

«Hai ragione cara Eleanor», sputò quasi per zittirla «ma devi capire quanto può essere spregevole il gesto di un reale avvicinarsi a un... – iniziò a balbettare anch'egli – povero» A quel punto rise, appoggiando la testa a sinistra, accanto al finestrino. «Intendo dire, noi abbiamo il destino ormai segnato quando nasciamo in una situazione del genere. Soldi, viaggi, feste, conti in banca, e chi ne ha più ne metta, giusto? È ormai tutto scritto, ciò che dobbiamo fare nella vita, dal momento in cui vediamo la luce la prima volta, fino al momento in cui vediamo quella luce spegnersi. Io non capisco perché bisognerebbe rovinarsi tutto questo Paradiso correndo dietro a un povero. Un povero vive alla giornata, non vive di beni, vive di ciò che trova al momento. La nostra famiglia potrebbe tramandare un sacco di denaro, loro, il massimo che possono tramandare è un orribile cappello o, se sono fortunati, un braccialetto».

«Non posso che darti ragione, Louis» Eleanor appoggiò la sua mano sulla gamba di Louis, vestita da un pantalone grigio «Penso che senza tutto questo io sarei davvero completamente persa».

A quel punto Louis non rispose. Un altro sorriso, che svanì pochi secondi dopo. Capiva che Eleanor non metteva il suo impegno per affrontare un discorso simile, quindi non avrebbe insistito ancor di più.

 

Il viaggio fu monotono, e noioso. Ogni tanto si poteva sentire Eleanor lamentare. «Perché ci fermiamo?», «Tra quanto saremo lì?», «Sono stufa, ho bisogno di camminare», «Louis, dimmi che ora è», e ogni qualvolta, si ritrovava a scoprire il suo orologio da taschino, per rimembrarle che non erano passati molti minuti da quando gliel'avesse detto la prima volta. «George?» Si sentì la voce acuta di Louis. George rispose, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada. «Il giornale?»

La mano di George si tese verso la sua destra, dove il giornale dai fogli colorati di salmone era collocato. L'aveva comperato prima di iniziare a guidare verso la Cornovaglia. Strinse il rotolo di fogli in un pugno, e lo passò al Signor Tomlinson che era impaziente di leggere le novità che Financial Times narrava quel giorno.

Lo sfogliò galante. Non lesse quasi nessuno degli argomenti che v'erano riportati, ma diede solamente un'occhiata volante su tutte le colonne.

«Ci siamo, ormai, Signori», disse George, svoltando in una stradina sterrata, per poi ritrovarsi a guidare verso un enorme edificio che poteva essere comparato a un castello per tanto grande che era. V'era il giardino dinnanzi ad esso, ed era ornato da bellissime fontane e piantagioni di qualsiasi tipo. I fiori erano ormai sbocciati grazie alla Primavera. Ma come si aspettavano Louis e Eleanor, il tempo non era dei migliori.

George fermò la macchina, «Benvenuti a St Austell» mormorò alzando le sopracciglia, e andò ad aprire con eleganza la porta, per poi afferrare la mano di Eleanor in modo da aiutarla a scendere. Ella spalancò agli occhi nel vedere il posto in cui lei avrebbe alloggiato per i prossimi sette mesi. Louis arrivò dietro di lei, appoggiando le mani su i suoi avambracci. «Possiamo dire qualsiasi cosa, ma questo posto è splendido» s'azzardò a dire, lasciando che l'alito della bocca di Louis elettrizzò il corpo di Eleanor appena s'andò a scontrare sul suo collo. Un leggero bacio si posò sulle labbra di Louis, quando poi, vennero disturbati da un grugnito. Gli occhi azzurri andarono subito incontro allo sguardo che si era aggiunto tra i due. «Scusatemi – disse quasi impaurito – non volevo affatto disturbarvi, Signori, ma avrei da prendere i vostri bagagli» Louis non aprì bocca, ci pensò George.

«Oh, qui, ragazzo» George agitò la mano, in modo tale da farsi raggiungere.

Il ragazzo si piegò in un leggero inchino. «Con permesso», fece, per poi andarsene. Era un ragazzo riccio, altezza quasi quanto Louis, spalle larghe, gambe esili, occhi verdi e penetranti.

«Inglesi» disse con disgusto, quasi accertandosi che il ragazzo lo sentisse. Entrarono nell'ingresso con nonchalance ed eleganza, a braccetto. Il via-vai di George e il ragazzo iniziarono a infastidire – e non poco – Louis, quando si rivolse all'addetto dell'ingresso con schiettezza. «Tomlinson?» fece una donna dai capelli rossi. Louis annuì.

«Harry? Oh, Harry?» Ripeté il suo nome, finché il riccio scosse lo sguardo su di lei. «Accompagna i nostri signori americani alla loro suite per favore?» A quel punto il ragazzo dai capelli ricci aprì la bocca, lasciando sparpargliare la sua voce bassa e roca per tutto l'ingresso.

«Oh... Ehm, Signori, potreste seguirmi?»

Un'occhiata reciproca si scambiarono Eleanor e Louis, quasi incapaci di comprendere cosa ci sia da essere timidi con loro due. Il potere della ricchezza faceva quest'effetto? O erano semplicemente gli occhi azzurri e freddi di Louis e il suo sguardo minaccioso verso gli Inglesi a rendere nervoso il ragazzo? Sorrisero, e si misero in cammino verso il loro alloggio che era poco più lontano dall'ingresso dell'albergo. Harry si fermò accanto alla porta aperta, facendo cenno ai due di entrare. «Se avete bisogno, io sono sempre qui. Lavoro qui come facchino e cameriere»

«Grazie» sputò Louis irritato dalla troppa presenza di quel ragazzo «Ora puoi andare». Il ragazzo si piegò nuovamente in un inchino, e chiuse la porta, lasciando Eleanor e Louis da soli. Louis si portò alle labbre l'ennesima sigaretta della giornata. Aprì la finestra, e lasciò andare il fumo al di fuori delle mura. Con la coda dell'occhio seguì Eleanor che cercava di disfare le valigie. «Non pensi che a quello ci dovrebbe pensare Lucy?» Chiese Louis con prepotenza.

«Si dà il caso che Lucy – si fermò con la voce, sfacciata – non ci sia al momento. E io ho bisogno di cambiarmi».

Le labbra di Louis si curvarono in un sorriso ancora una volta. «A me piaci particolarmente senza abiti, sai, dolcezza?» Si avvicinò a Eleanor, avvolgendo il braccio destro sulla sua schiena. Stampò un bacio sulle sue labbra colorate da un rossetto color argilla. Il bacio si allungò, aprendo entrambe le bocche e facendo scontrare le lingue. Il sapore di Louis sapeva di sigaretta, e questo disgustava Eleanor assai. La portata delle labbra fini di Tomlinson si spostarono verso la scollatura, per poi abbassarla leggermente, lasciando la ragazza priva di indumenti sulla parte superiore del corpo. Gettò la sigaretta sul pavimento, il quale era coperto da un immenso strato di tappeti persiani. Il fumo non cessò subito di propagarsi, e Louis portò le sue labbra attorno alle nudità della ragazza, la quale si lasciò scappare un gemito.

Qualcuno bussò alla porta, Louis rispose irato «Chi è?»

«Lucy – si sentì la sua voce quasi tremare – dovrei sistemare i vostri bagagli»

«Lucy, siamo alquanto...» Eleanor si rimise a vestirsi, interrompendo le parole del fidanzato.

«V... Vieni pure, Lucy» I tacchi di Eleanor si sentivano battere sul tappeto con leggerezza. Aprì la porta, nel momento in cui Louis raccolse la sigaretta da terra. «Stavo giusto... cercando qualcosa da mettermi, ma sono molto impacciata in questo genere di cose»

Louis uscì dalla stanza, sbattendo la porta con violenza. Il fatto di essere stato rifiutato, dopo quasi due giorni che non aveva rapporti con la sua ragazza lo mandava in isteria. L'ultima cosa che Eleanor si doveva permettere, era rifiutare un rapporto. Non gliel'avrebbe perdonata, affatto. Stava già pensando a come fargliela pagare. Louis Tomlinson aveva anche il coraggio di metterle le mani addosso, non si faceva scrupoli. Era lui a comandare, era lui a dirigere il gioco della loro relazione, era lui a guidare il matrimonio che a breve si sarebbe svolto.

Si ritrovò ancora una volta nell'ingresso, quando vide il ricciolino sorridere a un ragazzo biondo. «Oh, hey, Harry – lo indicò – giusto?» Il ragazzo curvò le sopracciglia, sussurrò un qualcosa di incomprensibile al biondo, e si avvicinò. «Sì, Signore?»

«Gradirei un bicchiere di brandy» chiese sfacciato, lasciando un ultimo tiro alla sigaretta, per poi buttarla ancora accesa nel cortile dell'albergo. «Il più buono che avete, se è possibile»

«Subito» Harry fece un cenno al ragazzo biondo di raggiungerlo, per poi scomparire dietro una porta. Ritornò pochi minuti dopo, con un vassoio e il suo bicchiere riempito di brandy. «Desidera prenderlo al tavolo?»

«Lo prenderò qui – prese il bicchiere dal vassoio – ho da ammirare questo spettacolo di tempo, il Sole che splende in cielo» Ironizzò il ragazzo dagli occhi azzurri. Non vi era nessun Sole che splendeva in cielo. Sorseggiò il suo bicchiere di liquore, mentre Harry se ne andò via, con aria offesa.

 

* * *

 

Il direttore dell'albergo, Paul Yankes, offrì la possibilità a Louis e Eleanor si aggiungersi per l'ora del té alle cinque del pomeriggio. Erano a digiuno dalla mattina in cui hanno avuto l'ultimo pasto nella nave, Eleanor, accettò senza pensarci due volte, anche Louis accettò, ma solamente perché la sua fidanzata aveva fatto il passo avanti verso l'invito. Paul li scortò verso la sala da pranzo. «Le dispiace se accompagno io la sua fidanzata, signor Tomlinson?» fece Paul con chiarezza. Louis annuì, e sorridendo, Eleanor passò il suo braccio attorno a quello di Yankes. La sala era enorme, ma i due non rimasero stupiti da tanta lussuosità: erano abituati a tanto, erano abituati ad essere trattati da reali, erano abituati agli inchini che il personale riservava loro dalla loro nascita. Paul lasciò che Eleanor si sedesse, mentre si teneva la gonna con eleganza. Louis si sedette solo quando l'altro uomo si accomodò.

Lo sguardo di Louis si andò a posare sulla campanella che era ferma sul tavolo, che venne poi innalzata da Yankes. La suonò, e il ragazzo dai capelli ricci arrivò dopo una manciata di secondi. «Del té per i signori?» Fece. Harry annuì, per poi inchinarsi l'ennesima volta, e avvicinarsi all'enorme buffet al centro-sinistra della sala. Su un vassoio ci posò la teiera, delle tazze d'orate, e nell'altro, posizionò quantità e tipi diversi di dolciumi, a partire da ciambelle, pasticcini, e brioches. Si avvicinò al tavolo con leggerezza, quando posò il tutto, per poi servire il té nelle tazze. «Quanti, di zucchero, signorina?» Fa Harry con voce roca rivolgendosi a Eleanor.

«Due» e due cucchiaini di zucchero si sciolsero nel suo té.

«Per voi, signori?»

«Due anche per noi» Fece Louis. E altri due cucchiaini si sciolsero nel té di Tomlinson.

Harry se ne andò, lasciando i signori da soli, in compagnia di Paul Yankes, il quale iniziò a parlare per primo. «Che cosa vi porta fino a St Austell?»

«Un'intera lista di nomi alla quale la mia famiglia ha deciso di prestare quantità abnormi di denaro – disse portando la tazza di té alle labbra – in modo tale da agevolare le... Spese, sa, non penso sia un buon periodo questo»

«Ah, no. Non lo è» Affermò Yankes «E mi dà ribrezzo il fatto che si siano dovuti scomodare due persone americane e subirsi un mese di viaggio per noi Inglesi»

«Trentaquattro giorni per la precisione» Precisò Eleanor spazientita al sol discorso.

«Esatto, signorina. E mi dà ribrezzo ancor di più il fatto che si sia scomodata una ragazza bella e di classe come lei»

Si sentì nient'altro che un grugnito di Louis, in quel silenzio imbarazzante da parte di Eleanor. L'ultima cosa che ella voleva era un signore dalla barba, sopracciglia e capelli bianchi. E non poteva non ammettere che lei aveva occhi solamente per Louis William Tomlinson.

Eleanor si alzò, tenendo con cura la gonna del suo vestito. «Con permesso» disse, per poi avvicinarsi al collo di Louis «Andrò a cambiarmi per poi fare delle compere, penso di esserci per cena»

Le sopracciglia di Louis diventarono una curva unica. «Pensi?» Quasi balbettò.

«A presto» Disse, per poi lasciare la sala.

 

«L'hai baciata?» Chiese Harry sorpreso per tutto il discorso che il suo amico biondo gli stava riservando su una ragazza che il riccio non aveva mai avuto l'occasione di incontrare.

«Oh no» si limitò a rispondere negativamente il biondo, lasciando intravedere il suo volto triste «ma vorrei molto... Posso giurarti che Demetria è perfetta»

«Lo credo, Niall» Harry tirò dalla sigaretta, per poi lasciar appoggiare la sua schiena contro il muro dell'albergo. Niall e Harry si erano presi una cortissima pausa dall'enorme lavoro che si sarebbe dovuto venire a creare da lì ai quei sette mesi, in presenza dei ricconi con la puzza sott'al naso, nomignolo personalmente dato dal ricciolino.

«Guarda che ti ho visto fissare il biondino, non crederti» Fece Niall guardando l'amico sottecchi. Una gomitata si spinse contro il suo stomaco.

«Ma che dici?» Arricciò la bocca, quasi infastidito dalla sfacciataggine che Niall assumeva ogni volta. «Pensi davvero che se dovessi mettermi con qualcuno lo farei con un riccone che quando vomita, vomita bigliettoni?» Rise «Per sta volta passo, Horan» Incrociò le braccia al petto «E poi... Hai visto la fidanzata?» Chiese lasciando sentire un certo ribrezzo nel tono. E proprio alla loro destra, passò Eleanor Calder con un grazioso vestito color beige, in compagnia di Lucy. Il vestito non era il solito con la gonna enorme, ma era semplice, carino, e piccolo. Sicuramente, per i pareri di Harry, solo i dieci centimetri quadri di quella stoffa dovrebbero essere costati più dell'abitazione in cui tutt'ora Harry e Niall vivevano. Eleanor si girò verso gli occhi di Harry, quando sentì che il loro discorso girava attorno ad ella. Una smorfia da parte della ragazza, e poi si voltò di nuovo verso Lucy, per poi avviarsi verso la macchina che l'avrebbe portati in centrocittà.

«Non puoi mentire... È una bellissima ragazza» Commentò Niall.

«Non l'ho mai fatto. Ma non ci penserei neanche morto a toccarla»

«Tu non toccheresti nessuna ragazza, devo ricordarti che sei gay?»

Harry sbuffò.

«Penso di ricordarmi alla perfezione della mia sessualità, grazie Niall – sbottò – magari lo vorresti urlare al mondo? Così posso dire addio alla mia testa a partire da... Oggi?»

«La fai davvero tragica»

«Sono realista»

«Ci scommetto dieci sterline che stanotte scoperanno»

Gli occhi di Harry si aprirono a forma di pallone. Perché era così dannatamente maleducato?

«Io non capisco, cosa dovrebbe importarmene?»

 

La cena era tranquilla. Harry non fece a meno di notare che vide Eleanor con un vestito diverso per ogni comparsa, mentre lui, era vestito nello stesso modo dalla mattina. Oltre ai due, erano presente anche i loro umili servitori, ovviamente. Paul Yankes aveva deciso di sedersi a tavola con loro. Sicuramente vuole provarci con la riccona, pensò Harry.

Quando sentì la campanella suonare, allora s'avvicinò. «Cosa vorreste per cena? Abbiamo del...» Harry non riuscì a finire la frase che la voce di Louis risultò in mezzo.

«Prenderemo carne d'agnello con salsa piccante per due, se non ti dispiace» Harry fece per appuntarsi tutto sul pezzo di carta che teneva stretto a sé. «E dell'ottimo vino, magari italiano» Il riccio annuì.

Dopo una decina di minuti, portò a servire il pasto ai due, compreso di Paul, il quale richiamò l'attenzione del riccio. «Sì, Signore?»

«Vorrei chiederti di aumentare leggermente il passo. Non so se hai capito, ma questi due signori vengono dall'America per pararci il culo. Sii più amichevole, e soprattutto servi più in fretta – lanciò un'occhiata minacciosa – sempre se tieni alla tua paga giornaliera».

Uno strappo al cuore sentì Harry udendo quelle parole. Stava facendo il possibile per mantenersi al servizio di Louis e la sua fidanzata, non voleva affatto giocarsi la paga giornaliera perché Paul voleva le cose fatte in fretta. Quelle cinque sterline che gli venivano donate alla fine della serata erano tutto per lui. Come ogni povero, lui cercava di sopravvivere. E cercava di farlo insieme a Niall. Niall, alla fine, lavorava in una panetteria al centrocittà e non sempre aveva da lavorare, ma non poteva chiedere al signor Yankes di assumere anche il suo amico. Ci furono stati problemi in passato per le innumerevoli visite che il biondo faceva a Harry mentre lavorava, ma alla fine arrivarono alla conclusione di lasciarlo pure parlare con Harry durante il suo periodo lavorativo che iniziava al sorgere del Sole, alla sera inoltrata. Però sì, era felice. Aveva tutto ciò che poteva considerare per dire “sono felice” e lui lo era. Di amici ne aveva, non era solo. Aveva avuto fidanzati, di nascosto, ovviamente. Quando scoprì la sua omosessualità, pochi anni addietro, andò in panico. Non era una cosa molto accettata né prima, né ora, alcuni erano addirittura stati condannati all'impiccagione, o al carcere in cui non avevano neanche l'idea di sfamarti. Questo spaventava a morte Harry. Fin ora, era stata dura riuscire a nascondere le sue innumerevoli scappatelle con i ragazzi, ma era contento che i suoi amici non avessero fatto parola con nessun altro. Era un segreto, alla fine. Ogni notte, quando s'inginocchiava accanto al letto per pregare, ringraziava Dio, per avere ancora dell'ossigeno nei polmoni, del sangue nelle vene, un lavoro, e degli amici i quali danno la motivazione a Harry di continuare a vivere.

L'unica cosa di cui aveva bisogno era amore, ma non lo rincorreva, né lo aspettava. Appena arrivava, l'avrebbe sicuramente accettato, perché lui è consapevole che non vi è niente di più splendido che l'amore per una persona.

Continuava a dirsi di essere felice, ma a volte non poteva trattenere le lacrime. Proprio come in questo momento.

Chiuso nel bagno dell'albergo, era in ginocchio accanto alla tazza del gabinetto. Lacrime che gli striavano le guance, occhi rossi, e saliva impastata con rigurgito. Alla porta continuavano a bussare, ma lui non degnava nessuna risposta. «Riccio sono io, Niall, tutto bene? Chiedono di te» Altre voci dalla cucina si potevano sentire e molte erano «Harry? Dove cazzo è Harry?», «Allora biondo, cosa sta facendo quel ragazzo là dentro?», «Ha deciso di cadere nella tazza del cesso? Fatelo muovere!»

Harry si asciguò la bocca con il polso, per poi tossire. Si avviò verso il lavandino e si lavò le mani, insieme al volto. «Arrivo» mormorò.







Helloooo. Se siete arrivati a leggere questo, vi dico GRAZIE.
Eccomi qui... Ho scritto questa nuova fan fiction solamente perché devo dire, When Danger Meets Innocence (che potete trovare qui http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2078637&i=1) non mi ispira granché, ma siccome mi hanno supplicato di continuarla, la continuerò.
Quella che volevo davvero creare fino ad oggi, era QUESTA. Spero che vi piaccia, ho messo anima e corpo per scrivere questo primo capitolo e continuerò a metterceli per scrivere i prossimi fino a che non finirò. Comunque, spero recensirete in molti, e che questa FF prenda una buona piega...

Per chi mi voglia seguire qui trovate Twitter: https://twitter.com/dontleavemehaz e qui Facebook https://www.facebook.com/chazymad.

Vi chiedo in ginocchio di dirmi che ve ne pare come primo capitolo, perché sono davvero motivata ad andare avanti, e le vostre parole sarebbero una spinta in più.
...E poi, non fa mai male avere delle critiche, che siano positive o negative!

Ora basta con le chiacchere... A presto!

The Chemist

 

   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: The Chemist