Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
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Autore: _EucliffeRedHot_    07/11/2013    2 recensioni
Il tetto era silenzioso. Tutto intorno lo era. Nemmeno il vento osava danzare in questa pace irreale.
Alzai lo sguardo ammirando il cielo azzurro immenso.
«Non posso essere la Neve che proteggerà la famiglia. Essa è pura e fredda. Ed io non sono nè l'una nè l'altra. Se viene contaminata con il sangue, la macchia non andrà più via. Si scioglierà diventando di un bellissimo liquido cremisi.»
Sentivo gli occhi del bambino fissarmi intensamente.
Tornai lo sguardo su di lui.
«Sarò una parte della famiglia, ma non uno dei guardiani. Resterò al fianco di Tsuna finchè lui avrà bisogno di me.»
Genere: Avventura, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kyoya Hibari, Nuovo Personaggio, Reborn, Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Ciao" pensieri
«Ciao» parlare
***
 
{ Quando tutto il mio mondo cambiò


 
Nero. Vedevo tutto nero. Come se fossi immersa nell'oblio. 
Sentivo qualcosa però. Sembrava un debole gemito o un folle schiamazzo.
Cos'era ?
Volevo saperlo. Forse sarei potuta uscire da questa tetra oscurità.
Dovunque mi girassi non vedevo altro che lunghe distese di fitto buio.
Dov'ero ?
Perchè ero qui ?

Urlavo. Ma uscivano solo grida silenziose.
Dov'era la mia voce ?
Chiusi gli occhi e mi raggomitolai su me stessa.
Faceva freddo. Così freddo. Come se la
Morte mi stesse augurando un ironico viaggio di cattivo gusto verso l'inferno.
Poi lo udii di nuovo.
Delle voci. No, grida.

Chi è che gridava ?
E perchè ?

Una di quelle voci sembrava così dolce e gentile anche se aveva un tocco di paura.
Di chi era quella voce ?
Aprii gli occhi, ma li strinsi subito.
Perchè c'era tanta luce ?
Era calda e accogliente. 
Poi una mano si fece vedere. Quella mano mi dava un senso di protezione. Come se io dovessi afferrarla per mandare via le cose cattive.
Immediatamente allungai la mano, cercando freneticamente di afferrarla.
Volevo andare via da li, dall'oscurità agghiacciante.
Quando le nostre mani si toccarono venni tirata velocemente dentro la luce.
Chiusi gli occhi per l'impatto che ero sicura sarebbe arrivato.
Ma non arrivò niente.
Aprì gli occhi lentamente per paura di essere accecata come prima.
Appena vidi quello che avevo di fronte, i miei occhi si allargarono per lo shock.
Ero in un medio salotto normale.
Le mura erano di colore bianco puro macchiate da schizzi di sangue che ancora gocciolavano verso il basso.
Il divano che prima doveva essere di un bel color pesca, era ora pienamente inzuppato di rubino.
Il pavimento sembrava un lago pieno di rosso.
E al centro tre persone completamente rivestite di porpora. Come se fosse una seconda pelle.
Il cremisi fluiva dalle ferite da taglio, fatte probabilmente da un coltello.
I tagli non sembravano fatti da un esperto.
Erano più tagli da furia ceca, magari anche
follia.
C'era un uomo disteso, sul pavimento, con gli occhi aperti e vuoti e l'espressione facciale piena di terrore.
Non sembrava avere più di una mezza età. Con i capelli neri e qualche ciuffo bianco. Era quello con più ferite.
Poi una donna in ginocchio con la testa appoggiata davanti al divano. Con gli occhi chiusi, dove però si potevano ancora vedere le tracce di lacrime amare segnate sugli zigomi. Le braccia sollevate sopra il sofà come una muta richiesta di aiuto.
Aveva corti capelli mori e sembrava non più di quarantacinque anni.
Le sue ferite erano soprattutto sulla schiena.
L'ultimo invece è quello che mi ha fatto affondare il cuore, come
se una parte di me fosse morta in quell'istante.
Sembrava un ragazzo non più dei vent'anni, con ciuffi di capelli mori con leggeri riflessi rossicci.
Era appoggiato al lato del divano con le gambe stese e le braccia piegate in grembo.
Il leggero filo di luce che filtrava dalla finestra con le tende chiazzate di vermiglio e che baciava la sua sagoma lo faceva sembrare un angelo.
Cosa più strana è che il ragazzo aveva un leggero
sorriso che abbelliva il suo volto angelico.
Le sue ferite non erano da coltello.
Erano più lividi intorno al collo, i polsi e le caviglie. Come se fosse stato strozzato e legato.
Mi avvicinai lentamente verso la splendida creatura che risiedeva davanti a me allungando un braccio per toccarlo, ma prima che potessi raggiungerlo qualcosa mi afferrò.
Guardai con paura la mano attorno al mio polso e lentamente i miei occhi danzarono per il piccolo corpo in piedi alla mia sinistra.
Era una bambina.
Non sembrava più grande dei nove anni.
Però la cosa che mi fece stritolare il cuore dalla paura era che questa bambina era ricoperta di sangue con un folle sorriso sul suo volto.
Cosa che mi terrorizzava ancora di più erano gli occhi. Avevano un nascosto divertimento sadico in loro.

«Non dovresti svegliare il fratellone. Sta dormendo così bene, non è vero sorellona ?
»
Guardai con la coda dell'occhio il ragazzo e poi mi rivolsi di nuovo alla bambina.
«H-Hai ragione..»
Il sorriso della bambina si allargò e iniziò a correre facendomi girare su me stessa.
«Sorellona mi piaci! Perchè non giochiamo ? Giochiamo ad uccidere il cattivo! Ti faccio vedere!»
La bambina lasciò il mio polso e corse vicino al corpo della donna. Si chinò e allungò la mano per prendere qualcosa dal suo grembo.
Quando si raddrizzò notai con spavento che nella sua piccola mano c'era un coltello da cucina tutto coperto di rosso.
Iniziando a ridere con pazzia salì sopra l'uomo e iniziò ad accoltellarlo più volte.
Non riuscivo a parlare. Era come se la mia gola si fosse disidratata del tutto.
Senza fermarsi la bambina mi guardò con il suo solito sorriso squilibrato.

«Perchè non vieni a giocare sorellona ? E' facile! Dopotutto l'hai già fatto no ? Ti è piaciuto ? E' stato divertente ? Hey, perchè non mi rispondi, sorellona Alice ?»
Guardai la bambina senza vita nei miei occhi. Chi era ? Come sapeva il mio nome ?
"Ti è piaciuto ?" " E' stato divertente ?"
Che cosa ?
"Dopotutto l'hai già fatto, no ?"
Io.. l'ho già fatto ? Cosa intendeva ?
La bambina mi guardò sogghignando sempre con il coltello che andava su e giù per lo stomaco dell'uomo.
Quell'uomo.. sembrava familiare.
Era com-
spalancai gli occhi con riconoscimento.
Era.. mio
padre!
Ora ricordavo. Ero io. Ero stata io che avevo fatto tutto questo.
Guardai la bambina con malcelata curiosità.
"Allora lei er-"
La bambina sorrise ancora di più fermando il suo malato gioco.
Si alzò dal corpo martoriato dell'uomo, camminando verso di me con il coltello da cui gocciolava, dalla punta verso il pavimento, del sangue.
Rimasi li in attesa della sua prossima mossa.
Quando si fermò, di qualche metro davanti a me, la guardai intensamente.

«Si, sorellona. Io sono te. La stessa che quel giorno perse la sua purezza infantile ed entrò in un mondo nero fatto di dolore e atrocità. Ma non importa, giusto ? Soprattutto da quando hanno fatto male al fratellone. Dimmi.. ti piaceva il loro sangue sulle mani guardando sempre di più come la vita veniva risucchiata via da quelle iridi ? Il suono delle urla, dei singhiozzi, delle preghiere mute non ti faceva battere il sangue nelle vene per l'eccitazione ? Per me è stato così.. divertente!»
Sempre con il suo sorriso psicopatico, si portò il coltello alle labbra leccando un po' di sangue.
«Ti sei divertita, sorellona ?»
L'ultima cosa che vidi fu il sorriso folle sulle labbra dell'altra me.
E mentre mi lasciavo cullare dal buio eterno potevo ancora sentire le pazze risate dell'
altra Alice rimbombarmi nella testa.

 
***

Mi svegliai di soprassalto con il cuore martellante nel petto e i capelli tutti appiccicati al viso.
Mi portai lentamente a sedere cercando di riorganizzarmi le idee.
"Era quel sogno, ancora."
Erano passati alcuni anni e quel maledetto giorno ancora mi assillava.
Sospirai stancamente portando il mio sguardo sulla piccola sveglia rossa sopra il comodino.
7:20.
Buono. Ero in tempo per aiutare la zia in negozio.
Mi alzai dal letto rabbrividendo leggermente quando i miei piedi toccarono il pavimento freddo.
Camminai pesantemente verso la porta del bagno, chiudendola con un sonore tonfo.
Mi spogliai del pigiama e con calma entrai nel box doccia.
L'acqua calda mi rilassò i nervi togliendomi i residui di quell'incubo.
Quando ebbi finito, uscii afferrando rapidamente l'accappatoio.
Davanti allo specchio iniziai ad asciugarmi i lunghi capelli neri con il phon.
Guardando il mio riflesso, cominciai a pensare alla me stessa più piccola del sogno.
Persa nei miei pensieri, non mi accorsi dello sbattere ripetutamente fuori dalla porta.
Quando una mano mi afferrò la spalla, velocemente mi girai per spezzare il braccio allo sconosciuto.
Appena notai il volto di mia zia, mi rilassai leggermente.

«Ho bussato molte volte. Perchè non hai risposto ?»
«Scusa, non ti avevo sentito.»
Lei mi guardò con sospetto.
«Beh, quando hai finito scendi giù e aiutami a mettere in ordine prima che apra il negozio.»
«Certo, zia.»
Quando uscii chiudendosi la porta alle spalle, lasciai la tensioni scendere dalle mie spalle.
Non riuscivo a sopportare di parlare con lei. Non che non mi piacesse. Era gestibile, solo che aveva dannatamente paura di me.
Dal giorno in cui avevo ucciso i miei genitori è sempre stata all'erta.
Essendo senza più famiglia, Il giudice decise che avrei dovuto vivere con un parente fino alla maggiore età.
Naturalmente nessuno mise in dubbio che fosse stata una bambina ad uccidere due persone tre volte la sua taglia.
Era solo impossibile!
Non dissi mai la verità. Altrimenti mi sarei ritrovata per tutta la vita dietro le sbarre.
Inventai una balla su come dei ladri uccisero i miei perchè non avevamo "niente di valore".
Non era stato difficile mentire.

Chi potrebbe resistere ad una piccola bambina senza famiglia ?
Così i servizi sociali mi portarono dall'unica parente che abitava abbastanza vicino a dove abitavo prima.
Zia Nicole, però, ha sempre avuto un sospetti su di me.
Anche dopo dieci anni da quell'evento.
Ormai, con il tempo, iniziavo anche a dimenticarmi dei volti dei miei vecchi genitori. Il volto del mio fratellone.
Era una cosa piuttosto triste.
Tirandomi fuori dalle mie riflessioni uscii dal bagno, marciando verso l'armadio di legno.
Lo aprii e tirai fuori dei vecchi jeans sbiaditi e una maglia nera.
Indossai poi delle scarpe da ginnastica e mi legai i capelli in una coda bassa.
Iniziando a scendere le scale, varcai la porta per l'entrata del negozio.
C'erano fiori ovunque, di tutti i tipi e colori.
E il profumo era davvero buono.
Notai mia zia inginocchiata davanti a delle margherite.
Mi avvicinai e la chiamai lentamente.
Lei si girò di scatto guardandomi con gli occhi spaventati.
Velocemente tornò di nuovo al normale facendomi un sorriso nervoso.

«Alice, mi hai fatto paura. La prossima volta avvertimi prima.»
Annuii con la testa.
Iniziai a portare piccoli vasi di lillà vicino a delle rose color sangue.

Sangue.
"Ah, dannazione. Smettila di pensarci." Mi rimproverai.
Facendo questo avanti e indietro più volte, finalmente la zia cambiò il cartello appeso alla vetrata della porta con un: APERTO.
Successivamente la lasciai sola per andare in cucina a farmi qualche fetta biscottata con la marmellata per colazione.
Dopo aver finito e bere anche un po' di spremuta all'arancia, tornai in negozio per vedere se la zia aveva bisogno di me.
Lei scosse la testa, così ritornai su in camera per cambiare il letto che era pieno di sudore. 
Quando ebbi finito ci salii portando il computer portatile con me.
Iniziai a leggere il manga Katekyo Hitman Reborn.
Per fortuna che in questi giorni non c'era scuola.
Avrei avuto più tempo per leggere e riposarmi.
Dopo qualche ora, sentii il mio stomaco ringhiare furiosamente.
Sbattei le palpebre e guardai la sveglia.
12:59.

Spalancai gli occhi.
Era quasi l'una del pomeriggio ?

E il pranzo ? Perchè la zia non mi ha chiamato ?
Tolsi il computer da dosso di me e lo lasciai sul letto, corsi giù per le scale ed entrai in cucina.
Silenzio. Non c'era nessuno. I piatti sporchi però erano nel lavello.
"Così la zia ha mangiato senza di me, eh ?"
Stavo per andare in negozio, quando con la coda dell'occhio notai un piccolo foglietto bianco sopra il tavolo.

 
Alice
sono andata in centro perchè oggi iniziano i saldi.
Non verrà sicuramente nessuno, così ho chiuso il negozio.
Ho mangiato anche velocemente prima di scappare.
Mi dispiace se non sono riuscita a dirtelo,
ma sono sicura che appena avrai avuto fame saresti scesa.
Non dare fuoco  alla casa, mi raccomando.
Ci vediamo stasera.
Zia Nicole.

Guardai il fogliettino senza espressione prima di stropicciarlo e buttarlo nel bidone della spazzatura.
"Tsk.. ma quali saldi.."
Mi dava dannatamente fastidio il fatto che mi ignorasse per la troppa paura e scappasse alla prima occasione.
In casa eravamo solo io e lei.
Zia Nicole non ha mai avuto figli e suo marito è morto in un incidente in macchina quattro anni fa.
Odio profondamente la sua gentilezza di cortesia.
Lo fa solo perchè ha paura che le possa fare del male.
"Dio, perchè dovrei anche solo sprecare il mio tempo per lei.."
Era proprio come i miei genitori.
Un falso e disgustoso essere umano.
"Quanto vorrei andarmene.."
Un altro ringhio del mio stomaco ruppe il silenzio.
Lo massaggiai leggermente e andai ad aprire il frigo.
Portai fuori un po' di avanzi di ieri sera e mi precipitai ai fornelli per scaldarli.
Dopo qualche minuto presi posto su una sedia davanti al tavolo e iniziai a mangiare.
Quando ebbi finito, portai le pentole e i piatti nel lavello per lavarli.

«Quella stupida zia non aveva nemmeno voglia di lavare i piatti che aveva sporcato..» brontolai quando finii di asciugare l'ultima pentola rimasta.
Mi asciugai le mani su un fazzoletto per poi buttarlo nell'immondizia.
Salii le scale per ritornai in camera a leggere il mio manga preferito.
Tutto il pomeriggio passò così.
Ma non mi lamentavo.
Mi piaceva la tranquillità.
Tutto si fermò quando un forte tonfo si sentì dal piano di sotto.
Immediatamente in piedi presi la mia mazza da baseball, che si trovava dentro al mio armadio, e scesi di sotto.
Il rumore si era intensificato dentro la cucina.
Lentamente aprì la porta per ritrovare mia zia con uno sconosciuto in atteggiamenti ambigui.
"Davvero.. alla sua età pensa ancora a scopare ? Ed io che pensavo fosse un ladro.."
Sospirai internamente per poi ritornare in camera e mettere le cuffie con la musica ad alto volume.

"Così non posso sentire le loro luride porcate."
E ritornai di nuovo a leggere.
Ero talmente interessata alla lettura che non mi accorsi nemmeno che fossero le ventitre di sera passate.

 
***
 
Sbadigliai e mi strofinai gli occhi pesanti. Guardai stancamente l'ora nel computer.
00:20.
Spalancai gli occhi. Era davvero tardi!
Tolsi le cuffie e ascoltai attentamente.
Nessun suono, rumore o gemito.
Bene. Devono essersi finalmente stancati.
Guardai di nuovo l'ora.

«Cazzo, quando sono nel mio mondo non mi accorgo proprio del tempo che passa.. Ho saltato anche la cena..»
Poi fissai l'immagine di Tsuna.
«Ah, mi piacerebbe essere in quel mondo pieno di combattimenti, mafia e amici veri.. Essere amico di Tsuna, Gokudera, Yamamoto, quei figaccioni di Hibari e Mukuro, la piccola Chrome, Reborn e tutti gli altri..»
Sospirai tristemente.
"Peccato che sarà sempre solo un sogno.."
Spensi il portatile e lo appoggiai alla scrivania.
Mi cambiai di abiti, mettendo il mio morbidissimo pigiama grigio con le nuvole.
Sciolsi la coda e saltai sotto le coperte.
L'ultimo pensiero prima che il buio mi inghiottisse, fu l'immagine della decima generazione della Famiglia Vongola.


-.-.-.-.-.--.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-..-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-..-.-.-
Hey
Guys! ^^
Sono finalmente tornata con una nuova storia!
Speriamo che l'ispirazione non mi abbandoni a metà dell'opera.
Come sempre spero che vi piaccia e qualche consiglio o critica è sempre ben accetta.
Quindi recensite, recensite e recensite! ;D
Al prossimo capitolo!
_EucliffeRedHot_
 
  
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