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Autore: JunJun    08/11/2013    3 recensioni
[post-episodio 9x03] [Destiel]
Dean, suo malgrado, ha dovuto cacciare Castiel dal bunker. Poco tempo dopo, nel tentativo di salvarlo dai suoi fratelli, finisce intrappolato con lui in un mondo perverso e privo di qualsiasi logica.
Nel frattempo, uno strano angelo invita Sam ad un pigiama party…
Genere: Azione, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Ottava stagione, Nel futuro
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Note noiose dell'autrice:
Non sono per nulla buona a scrivere e manco di allenamento, per cui, in questa fanfic, ho cercato di compensare ideando una trama simpatica(*). Per metterla in moto, ho bisogno di gettare le basi in questo e nel prossimo capitolo, che quindi saranno corti e un po' diversi da tutto il resto.Aw, spero di non annoiarvi. :(



(*) La simpatia è misurata in sofferenza, ovviamente.


* * *

Sam Winchester avanzò fra la rada boscaglia della vallata.
Il sole tiepido del tardo pomeriggio era nascosto da una coltre immobile di nubi color pastello, che rendevano l’atmosfera intorno a lui quasi fiabesca.
I rametti secchi scricchiolavano sotto gli anfibi di Sam, e una strana umidità gli si appiccicava addosso.
Il giovane continuò a camminare finché non raggiunse la riva deserta di un enorme lago in cui non ricordava di essere mai stato, e fu in quel momento che si accorse di stare sognando.
Nel sogno, un uomo apparve su un molo abbandonato a poche decine di metri da lui.
L’angelo (perché Sam in qualche modo sapeva che si trattava di un angelo) gli dava le spalle, forse perché non si era accorto della sua presenza. Sam lo vide sollevare al cielo una coppa dorata che reggeva fra le mani, e poi versarne il contenuto nel lago.  Si trattava di un liquido denso e verdastro, e non appena le acque cristalline entrarono in contatto con esso, divennero rosse.
 “Sei giusto, tu che sei e che eri, tu, il Santo, per aver così giudicato,” proferì l’angelo. “Hanno sparso il sangue dei santi e dei profeti, e tu hai dato loro a bere del sangue; essi ne son degn-” Un frastuono orribile fece sobbalzare Sam, che si schiantò a terra.  Aprì gli occhi e scattò a sedere, per poi ricadere sul sedile passeggero dell’Impala. La musica assordante gli stava perforando il cervello.
Dean, alla guida dell’auto, ghignò per un attimo nella sua direzione, prima di tornare a concentrarsi sulla strada.
“Buongiorno, principessa,” gridò, per sovrastare il volume indecente della radio. “Siamo quasi arrivati, quindi vedi di darti una mossa!”
“Apocalisse, capitolo 16,” esclamò d’istinto Sam, sconvolto.
“No, Thunderstruck, AC/DC,” lo corresse Dean.
Sam spense la radio con uno scatto nervoso.  Possibile che suo fratello si divertisse ancora a fare quegli scherzi idioti?
“Volevo dire, credo di aver sognato un versetto dell’Apocalisse...”
“E’ terribile, per fortuna era solo un sogno e non ci siamo mai ritrovati in mezzo a quella roba per davvero,” osservò piatto Dean.
“Era la parte in cui gli angeli versano i calici dell’ira divina sulla Terra…” continuò Sam, ignorandolo. “Ero insieme a quello che trasformava le acque in sangue. Era un tizio strano… avevo l’impressione di conoscerlo.”
“Ah, sì?” mugugnò Dean, sospettoso. “E com’era?”
“Mah… non l’ho visto in faccia, era di spalle… aveva… capelli corti, una giacca di pelle nera, una felpa grigia col cappuccio… Chiedo scusa,” dichiarò all’improvviso Sam, la voce del tutto atona. “Colpa mia. Non succederà più.”
A Dean prese quasi un colpo; rischiò persino di andare fuori strada. “Zeke…?” esclamò. Non si era ancora abituato alle improvvise sortite dell’angelo. Sortite che gli aveva già ripetutamente chiesto di evitare. “…che diavolo…”
“No, nessun diavolo,” sentenziò l’angelo. “Stavo saldando le sinapsi neuronali di Sam. Era un’operazione estremamente delicata. Mi sono distratto, così lui è entrato in me.”
“Sì, ora quest’immagine mi perseguiterà per tutto il resto della mia vita,” scherzò Dean inarcando le sopracciglia, anche se non c’era un briciolo di divertimento nella sua voce.  Sospirò. “Aspetta, durante l’Apocalisse andavi davvero in giro a trasformare l’acqua in sangue?”
“Ordini,” ammise Ezekiel.
“Beh non farlo mai più,” ordinò Dean. “Intendo, lasciare che Sam guardi i tuoi ricordi. La situazione è già abbastanza problematica così com’è.”
“Ne sono consapevole,” asserì l’angelo.  “…e, ovviamente, aveva in mano una grossa coppa dorata,” concluse Sam.
“Mi verrà un esaurimento,” osservò Dean.
“Dean, mi stai ascoltando?”
“Ne riparliamo più tardi, Sammy. Siamo arrivati,”tagliò corto lui, iniziando la manovra di parcheggio.
 

Henderson, nel Nevada, era una città nota perlopiù per il suo essere parte dell’area urbana di Las Vegas; da qualche tempo, però, era diventata sinistramente conosciuta per essere il terreno di caccia preferito di un serial killer particolarmente spietato: negli ultimi giorni, il numero di ritrovamenti di cadaveri squarciati era salito a cinque.
Sam e Dean avevano iniziato ad interessarsi del caso dopo aver letto sul giornale che accanto alle vittime, tutte ammazzate in modo estremamente violento e creativo, erano stati rinvenuti dei simboli esoterici, tracciati con il loro stesso sangue. Sam e Kevin erano riusciti ad intercettare alcuni files contenenti i referti della scientifica,  ed avevano scoperto che il sangue non era stato steso o pennellato: per quanto sembrasse impossibile, la scientifica ammetteva che era semplicemente fluito via dal cadavere di sua spontanea volontà.
Poche ore dopo quella scoperta, mentre Sam, seduto sul lungo tavolo della sala del bunker, si era tuffato nella ricerca del significato di quei simboli di sangue, Dean aveva passato gran parte del tempo a fissare la pianta della città di Henderson, chiedendosi che senso aveva soffocare una povera casalinga di mezz’età nel tentativo di farle ingoiare il proprio rene. Aveva potuto permettersi questo lusso in virtù del fatto che il suo lavoro si era rivelato molto più semplice del previsto: gli ci erano voluti pochissimi minuti per realizzare che i puntini rossi che rappresentavano il luogo in cui erano stati ritrovati i cadaveri formavano i vertici di un perfetto pentacolo.
“Figli di puttana,” aveva mugugnato Dean. Probabilmente avevano ucciso gente a caso solo perché si era trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. “Forse è una specie di rituale demoniaco?”
Per un attimo, Dean aveva pensato di andare da Crowley, per chiedergli se ne sapeva qualcosa.  Ma Sam aveva interrotto i suoi pensieri.
Qafsiel!” aveva esclamato di colpo.
“Salute, Sammy.”
“No. Dean, è il nome  dell’essere rappresentato dal primo simbolo apparso, quello dell’unica vittima di cui esistono foto pubbliche… visto che è l’unica ritrovata in mezzo ad una piazza.”
“Intendi dire il senzatetto a cui hanno strappato il cuore?”.
“Già.”
Il biondo aveva chiuso di scatto il suo portatile. “E’ stranamente familiare”.
“E’ una forma antica del nome di Cas,” aveva risposto Sam, il più cautamente possibile.  “Ma quel simbolo oggi è conosciuto soprattuttoper essere l’ideogramma del pianeta Saturno,” aveva poi continuato, in tono rassicurante. “In effetti, anche gli altri simboli sono molto più noti per rappresentare-”
“Questi sono i fottuti angeli, e stanno ancora cercando Cas,” aveva ruggito di colpo Dean, sbattendo un pugno sul tavolo.
Sam sospirò. Non si era neanche preoccupato di aggiungere altro. “Vado a preparare la roba,” aveva detto semplicemente, allontanandosi dalla sua postazione.
Dean era rimasto immobile al suo posto, fissando la cartina della città con sguardo a metà fra l’omicida e il disperato.
“Dean, non è a Henderson.”
La voce pigra di Kevin, proveniente dal divano lì vicino, gli aveva restituito un po’ di colore sulla faccia. Dean non si era accorto che il ragazzo fosse lì. “Ho tracciato il suo cellulare, è spento da giorni, ma è ancora a Sacramento, in California,” aveva poi precisato il ragazzo. Da dove era seduto, Dean non riusciva a vederlo, ma sentiva il ticchettio rapido dei tasti del suo portatile.

“Tu continua a tenerlo sott’occhio,” aveva puntualizzato Dean. “Se muove il culo da lì, dimmelo immediatamente.”
Kevin  aveva fatto un grugnito di assenso. “Non avresti dovuto lasciarlo andare,” aveva poi osservato, facendo cessare il ticchettio.
Dean non aveva risposto.
In effetti, che cosa avrebbe dovuto rispondere?
Era ovvio che Castiel non avrebbe dovuto allontanarsi dal bunker. Così come era ovvio che, quel maledetto giorno, dopo aver sentito la frase “Senti, amico, non puoi restare,” l’ex-angelo, passato il primo momento di sorpresa, avesse inclinato leggermente la testa da un lato, scrutando senza alcun ritegno gli occhi di Dean come se gli stesse facendo una delle sue fottute animoscopie.
Angelo o umano, era ancora Castiel, dopotutto.
Era stata in quell’occasione che Dean si era reso conto di quanto scure e stanche erano diventate le iridi di Castiel dopo la caduta: erano passati solo pochi giorni, ma lui sembrava invecchiato di anni.
Dopo quelle che a Dean era sembrate ore, Castiel aveva distolto lo sguardo, appoggiato silenziosamente sul tavolo il burrito che ancora aveva fra le mani, si era alzato ed aveva preso la strada della porta.
Così, senza dire nulla. Le labbra di Dean si erano schiuse in un sussurro di sorpresa.
Perché Castiel non aveva protestato?
Gli aveva davvero letto nel pensiero? Aveva capito che si trattava della salvezza di suo fratello?
E comunque sia, voleva davvero andarsene così?
Ma certo che sì, si era risposto Dean. In fondo, Castiel era sempre stato un figlio di puttana. Probabilmente, secondo lui era normale che Dean non lo volesse con loro: era un mero essere umano, inutile, aveva portato di nuovo il pianeta sull’orlo del disastro e per di più attirava guai.
Sì, probabilmente Castiel si era convinto che Dean lo considerasse solo un peso, e fu per questo motivo che Dean aveva quasi urlato il suo nome. Fu per questo motivo che si era mosso dal tavolo ed aveva raggiunto l’ex-angelo, gli aveva afferrato un braccio e gli aveva detto aspetta amico mio, non voglio cacciarti, fermo, ora chiamiamo Garth, ti troviamo un posto sicuro in cui stare. Castiel si era limitato ad abbassare lo sguardo esausto sulla mano di Dean, e lui l’aveva rapidamente tolta da lì.
Chissà come, Dean era riuscito almeno a ficcargli in mano uno dei suoi cellulari. Castiel l’aveva osservato stancamente, e se lo era infilato in tasca. Poi aveva fatto un cenno di saluto, ed era andato.
E’ per il bene di Sammy,” aveva iniziato a ripetersi Dean da quel momento. “E’ per il bene di Sammy.”


 

  
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