Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: My name is Freedom    08/11/2013    0 recensioni
Fuori piove, la finestra di lato al tavolo è bagnata e appannata, si intravede a malapena il paesaggio autunnale che mi fa da sfondo. Strappo come di routine i fogli e li poggio nel cassetto sotto al tavolo, sapendo che il giorno successivo li avrei bruciati.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

"Ero solo, solo con me stesso, l'unica cosa che mi faceva compagnia era il vento a muovere i miei capelli. Lacrime salate percorrevano veloci le mie guance. I miei vestiti erano strappati, avevo le braccia piene di graffi e mi limitavo a barcollare lungo l'autostrada. Il fumo dell'auto appena schiantata era alle mie spalle e questa era a metà tra il ponte e il vuoto. Dopo qualche metro percorso faticosamente mi accasciai a terra e cercai di elaborare, ma la mia testa era occupata da tutt'altri pensieri. Lui. Dov'era?
Ora ricordo solo che lui era nell'auto con me prima dello schianto, io guidavo, mentre lui rideva alle mie battute, mettendo in bella mostra le sue fantastiche fossette che poco dopo gli sono state strappate via e il suo sorriso è diventato grida... paura... terrore.
E' stata colpa mia. Tutta colpa mia. E' finito in acqua e da quel giorno non l'ho più visto, più sentito, più toccato. Del mio Harry rimane solo un bel ricordo, quegli occhi verdi che bruciavano nei miei, quei tatuaggi che gridavano la sua storia, la nostra storia, quella collana che simboleggiava la nostra libertà, mai avuta realmente, ma a lui piaceva così tanto pensare che la gente non ha pregiudizi, a volte sembrava davvero un bambino, mi abbracciava, mi saltava in braccio, mi baciava, senza paura, davanti a tutti e io mi infastidivo perché sapevo che le parole della gente lo avrebbero ferito, più di un mio "stai fermo, smettila!", sapevo che le persone sono cattive, che giudicano, sempre. Loro non si fanno scrupoli di fare del male, lo fanno e basta e questo Harry sembrava non capirlo. Ogni volta che lo respingevo non mi parlava per ore, ma poi facevamo pace e io amavo fare pace con lui. Ci avrei litigato ogni giorno per poterlo calmare ogni notte.
Ma ora non ci sarà più nulla di tutto ciò, Harry oramai.. se n'è andato."

E' la prima volta che lo scrivo e che me ne capacito; le indagini continuano, ma il suo corpo non è mai stato ritrovato.
Sono stanco, sono infinitamente stanco di tutto, di rispondere alle mille domande che mi pongono su quella sera, di dover specificare cosa era lui per me, di mettermi obbligatoriamente a nudo davanti a persona mai viste e conosciute, dei miei genitori che continuano a pregarmi di tornare a casa, di non poter sfogarmi con Harry, di non essere più calmato dalla sua voce, delle persone che lo hanno fatto star male e che ora fanno star male me. Già, sì, sono stanco degli essere umani, stanco di essere uno di loro.
Scrivo di fretta sul mio diario, le lacrime bagnano il foglio, gli occhi mi bruciano terribilmente, la nausea, che da quel giorno mi accompagna ogni ora, sta aumentando. Le mie braccia riportano ancora tutti i segni dell'incidente, proprio come il corpo pieno di lividi.

"Ricordo ogni cosa di quella sera. Era il nostro anniversario ed eravamo andati a cena fuori. Ricordo il suo modo di giocare continuamente con l'anello che gli avevo regalato due anni prima, lo faceva sempre quando era nervoso o agitato; come i suoi occhi si fissavano sui miei e, nei momenti dove nessuno parlava, il suo sorriso scoppiava sul suo volto, scoprendo le fossette che lo facevano sembrare un dolcissimo bambino ingenuo. Ricordo anche come la cameriera ci provava spudoratamente e lui, sapendo che ero geloso, mi prendeva la mano sopra al tavolo e mi fissava, non curandosi di darle attenzioni. L'agitazione che avevo ogni volta che dovevamo vederci o passare la notte insieme, che iniziava il mattino appena sveglio, fino a quando il mio blu non trovava il suo verde, facendo calmare i miei nervi. Quel colore mi dava sicurezza, nonostante ero io il più grande tra i due e sarei dovuto essere io a proteggere lui, i suoi occhi mi facevano sentire calmo, in armonia con qualsiasi cosa mi circondasse, mi rilassavano, anche quando, a seconda del suo umore, cambiavano tonalità, diventando più chiari quando era felice e più scuri quando era arrabbiato o triste, come ad esempio quelle volte che tornava a casa piangendo perché qualcuno lo aveva insultato di essere gay, ricordo come correva subito ad abbracciarmi, vedendomi preoccupato e diceva "Io non mi vergogno di te!", e i suoi occhi mi dicevano esattamente ciò che lui affermava, solo dopo aver ricevuto un mio bacio riprendevano il colore smeraldo che li caratterizzava. Ricordo quando per la prima volta mi disse "Ti amo Boo." le sue mani e le sue gambe tremavano e la sua voce... la sua voce era come spezzata dall'emozione, era un soffio che accarezzava il mio orecchio, come se lo avessi dovuto sentire solo io, nonostante la casa era vuota e nessuno avrebbe ugualmente sentito."

Le lacrime mi ostacolano, non riesco più a scrivere.
La casa è piena di fazzoletti e buchi sulle pareti, dovuti ai pugni che la rabbia mi porta a fare. Sul pavimento c'è del sangue, quello che la sera prima è colato dal mio braccio dopo essermi tagliato involontariamente, o forse no, con il ferma carta. Questo è lo stesso appartamento dove prima abitava anche Harry, gli stessi mobili che quotidianamente puliva con cura, facendo attenzione a non rovinare le foto poggiate sopra di essi, gli stessi quadri che con attenzione aveva dipinto, dove in ognuno di essi c'è  una frase o un oggetto che caratterizzava la nostra storia.
E' passato un mese, quarantadue giorni per l'esattezza e ogni ora che passa vorrei raggiungere il mio piccolo Hazza.  Non esco più di casa, se non per andare in centrale e tornare rigorosamente a piedi, poiché non prendo più alcun tipo di automobile, ne taxi, ne autobus.

"Sento ancora il suono dell'ambulanza avanzare e il vento soffiare forte sul mio viso, mentre corro per non farmi raggiungere. Volevo scappare, fuggire, tornare da lui. Non ho più rivisto neanche i miei genitori, lo hanno saputo per massaggio, le parole erano "Ho avuto un incidente!" e lì è tutto finito, non mi hanno mai più sentito, sono sparito per chiunque. Ogni notte, dopo essermi sfogato contro il muro, scrivo migliaia di fogli, aspetto ventiquattro ore e poi li brucio, come per dimenticare ciò che ho vissuto e ciò che ho provato."

Fuori piove, la finestra di lato al tavolo è bagnata e appannata, si intravede a malapena il paesaggio autunnale che mi fa da sfondo. Strappo come di routine i fogli e li poggio nel cassetto sotto al tavolo, sapendo che il giorno successivo li avrei bruciati. Chiudo il quaderno, mi alzo e raggiungo la camera da letto, davanti alla porta, sopra al comò, c'è un grande specchio che mi ritrae, la mia figure è molto trascurata, la barba in un mese si è allungata e i capelli non sono più molto curati, il fisico è secco, forse anche troppo, le guance sono scavate, gli occhi da azzurri sono diventati opachi, spenti.
I flash di tutte le sere passate in quella stanza con Harry mi tormentano. Le sue braccia intorno al mio collo. Le sue gambe intrecciate alle mie. I nostri respiri. I suoi occhi, quel verde che si intreccia con il mio blu, il prato che si mescola con il cielo.
Mi sdraio sul letto e, mentre il soffitto diventa sempre più interessante, i miei occhi si chiudono in preda al sonno.

Harry è lì, davanti a me, il mio sguardo lo percorre dalla testa ai piedi, sembra tutto così reale, così vero. Sento il suo tocco e io stesso posso sentire la sua pelle liscia.
"Io non ti abbandono!" Le sue fossette. Sono lì. Belle come un mese fa. Porta ancora gli stessi abiti della sera dell'incidente, sono strappati e sporchi come i suoi capelli che non perdono ugualmente il loro fascino. Il riccio si avvicina e con il pollice della mano raccoglie una lacrima dal mio volto: "non piangere amore, sono qui per te!". Lascia un dolce bacio sulle mie labbra senza però chiudere gli occhi che non smettono di perdersi nei miei. Il sogno sembra davvero troppo reale per considerarsi tale, le mie mani lo toccano e scivolano sul suo corpo freneticamente e lo abbraccio, ogni volta più forte, per paura che sia sempre l'ultimo contatto che potrei avere, ma nello stesso tempo ho il terrore che possa svanire tra le mie stesse braccia e abbandonarmi di nuovo, per la seconda volta.
"Stai calmo, sono vivo!" Sussurra prima di scomparire.

La notte è così fredda, le mie mani stringono le coperte, cercando di calmare gli attacchi di panico provocati dal sogno. E' strano, non ricordo bene cosa è successo, solo una frase: sono vivo.
Mi alzo e raggiungo la scrivania. Accendo il PC,cerco l'icona di Google e digito: "Incidente ponte Doncaster". Nessuna novità, gli articoli riportano sempre le stesse notizie: il più piccolo tra i due ragazzi che erano nell'auto è scomparso, nessuna traccia del cadavere, il maggiore ne è uscito illeso.
In pochi secondi mi vesto ed esco. Direzione: il ponte. Le gambe mi tremano alla vista dei guard rail ancora spaccati dall'urto della mia auto, mi sale il panico, ma questa volta sono più motivato a non perdere il controllo. Il fiume che scorre sotto è calmo e ghiacciato, conseguenza del clima molto rigido. Mi siedo sull'asfalto con i piedi che dondolano nel vuoto e penso, a quello successe durante lo schianto, per la prima volta da quel giorno cercai di fare mente locale su cosa fosse davvero successo durante l'incidente. Il vetro frantumato, i sforzi fatti per raggiungere la parte sicura dell'auto e scendere. I ricordi sono sfocati, solo una cosa mi resta impressa alla perfezione. Harry non era lì, subito dopo il colpo sono svenuto e fino ad all'ora era al mio fianco, al mio risveglio, era sparito.
La polizia aveva stimato che tentando di scendere, fosse caduto nel fiume sottostante al ponte, dato che la sua portiera era dal lato dove l'auto era sospesa nel vuoto.
Harry era davvero morto? Perché il suo corpo non è mai stato ritrovato? Perché quel sogno?

"Ciao!"
Una figura alle mie spalle mi riporta alla realtà, non riesco a vederlo bene a causa della poca luce, ma la sua ombra e i suoi lineamenti mi ricordano qualcuno di familiare, qualcuno che assomiglia vagamente a.. Harry.
"Chi sei?" continua dicendo: "Che ci fai qua? Non vorrai mica buttarti?!"
Allunga una mano per presentarsi e prima che iniziasse a dire le prime lettere del suo nome, il mio cuore perde un battito. Quel tatuaggio. I can't change.
"Harry!" sussurro a bassa voce, mentre un lacrima scivola sul mio viso.
"Come fai a conoscermi? Perché stai piangendo? "
Lui non si ricorda di me.
"Ti conosco?"
Insiste, ma non rispondo, mi limito a fissare il vuoto, sperando che questo sia solo un'altro dei mille incubi fatti su di lui. Si siede accanto a me e mi sorprende, quando con il pollice della mano asciuga le lacrime che fasciano il mio volto. Come nel sogno.
"Perché non mi rispondi?"
Sorride, sta prendendo il mio comportamento come uno stupido gioco? La visione delle sue fossette mi fa calmare, quasi non ricordavo quanto fossero mozzafiato.
"Che ti è successo?"
Riesco a sussurrare lentamente, distogliendo lo sguardo dal suo.
"Perché non ti ricordi di me?" Continuo.
"Non ricordo nulla, solo qualche flash di un presunto incidente avvenuto su questo ponte qualche settimana fa. Ci conoscevamo? Non immagini quanto possa essere frustrante non ricordarsi un bel niente, nemmeno di questi due occhi azzurri assolutamente difficili da dimenticare."
Sorride, facendomi l'occhiolino. Quello non poteva essere che lui, Harry era solito prendere tutto positivamente, anche una perdita di memoria era un buon pretesto per scherzare.
"Sono Louis!"
Cerco di sorridere.
"Posso chiederti che rapporto avevamo prima dell'incidente?"
Evito la domanda, chiedendo: "Chi ti ha detto dell'incidente?" La mia voce è ancora molto bassa, non so se essere felice di averlo ritrovato, o triste per la sua mancanza di memoria.
"Qualcosa ricordo, i miei genitori, o almeno questo sostengono di essere, me lo hanno detto e hanno anche aggiunto che c'era qualcun altro alla guida, ma non mi hanno mai voluto dire chi fosse, nonostante le mie continue richieste."
"Ero io."
Sussurro, quasi non volessi farglielo sentire.
I suoi genitori non hanno mai accettato il fatto che il loro figlio fosse omosessuale e di conseguenza mi hanno sempre visto come il ragazzo che lo ha portato sulla cattiva strada.
"Davvero?"
I suoi occhi diventano lucidi.
"Scusa!"
"Come mai la macchina ha sbandato?"
Chiede curioso, nella sua voce non c'è un filo di rabbia, anzi, con mio grande stupore, mi prende la mano tra le sue come per darmi conforto e farmi tranquillizzare. Continuo a fissare il vuoto.
"Stavamo ridendo, ti stavo guardando e non ho notato la macchina che ci stava venendo contro, quando me ne sono accorto, era troppo tardi, ho sterzato e siamo finiti contro il guard rail, il passeggero dell'altra auto ha proseguito senza neanche fermarsi, credo fosse ubriaco."
"Eravamo amici?"
Questa volta non ho altri argomenti per cambiare discorso, eppure mi sento così in colpa di dovergli ricordare chi è realmente, ma è forse un segreto? Un incidente non può mica cambiare i tuoi gusti o la tua essenza, no?
Mille domande mi frullano per la testa e ci sto impiegando forse troppo tempo a rispondere, quando la sua mano si toglie dalla mia e sale sulla gamba, fermandosi sulla coscia. Sorride, guardando i miei tatuaggi e poi i suoi, notando che tutti si completano a vicenda, due pezzi di puzzle che si uniscono alla perfezione, senza di uno, l'altro è solo un piccolo e insignificante frammento di cartone, ma insieme è un magnifico disegno, un'opera d'arte a tutti gli effetti.
"Siamo Gay!"
Mi guarda negli occhi e lo urla quasi, sembra sollevato dopo averlo fatto, mai era riuscito ad affermarlo ad alta voce. Rimango zitto, fermo a fissarlo, fino a quando non si avvicina e mi stampa un lungo bacio sulle labbra.

La notte sta quasi terminando, il sole sta per sorgere e il sonno inizia a farsi sentire.
"Andiamo a dormire?"
Chiedo.
"Dove?"
Scherza, credo, stringendo subito dopo un occhiolino maliziosamente.
"A casa nostra?"
Ovviamente non sa neanche dell'esistenza di quella casa, non ricorda nulla, eppure, annuisce.
Alle sette del mattino, al contrario di tutti, andiamo a dormire. Harry si sente a suo agio, è come se si fosse ricordato ogni cosa appena varcata la porta.
Si rannicchia contro di me, una volta entrato nel letto, come faceva ogni sera e, per la prima volta dopo tanto tempo, torno a dormire tranquillo.
D'altra parte siamo di nuovo noi, io e lui, Harry e Louis, Hazza e Boo.

L'indomani mi alzo prima di lui, vado in cucina e prendo gli ultimi fogli scritti il giorno precedente, un accendino ed esco fuori.
La carta sta bruciando e, quando sono sicuro che anche la più piccola virgola sia diventata cenere, torno in casa e preparo una tazza di the, la stessa che per tre anni ha accompagnato il risveglio del mio amato Harry.

 

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: My name is Freedom