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Autore: grenade_    10/11/2013    2 recensioni
Trenta minuti, si ripeteva Harry. Trenta minuti e sarebbe stato libero di andare a sfogarsi liberamente nella sua solitudine.
Trenta minuti. Trenta minuti e Louis gli sarebbe corso incontro, continuando ad insistere per convincerlo che lo amava
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ON-AIR

Il pennellino si spalmò ancora contro la guancia di Harry, a cancellare le impurità del suo viso. A muoverlo su e giù per la faccia del riccio era una ragazza minuta, magrolina e dai lunghi capelli biondi, di una serietà e professionalità quasi incredibile. Le ragazze a cui lui era abituato rapportarsi erano di solito ragazzine urlanti, eccitate, commosse il più delle volte, quindi non c’era da stupirsi che una situazione così “normale” lo ponesse in lieve disagio.
«Tieni il volto alto» ringhiò la truccatrice, dal tono leggermente annoiato, e ad Harry non rimaneva che obbedire in silenzio, permettere per l’ennesima volta che il suo viso venisse ricoperto da fondotinta e cipria, che nonostante rendessero la sua pelle liscia e perfetta, limitavano i movimenti facciali al minimo indispensabile.
Nella stessa stanza, a lati opposti dal suo, i suoi compagni di band ricevevano lo stesso trattamento. Liam era tranquillo, come sempre, e dall’espressione estasiata che Zayn teneva stampata in faccia, essere trattato come un bambolotto non gli dispiaceva affatto, mentre Niall stava a lamentarsi ogni cinque secondi, affermando che se il suo stomaco non avesse ricevuto del cibo in quell’esatto momento, gli sarebbe toccato mangiare il pennello.
Fuori dall’edificio, il delirio. Migliaia e migliaia di ragazze appostate davanti alle porte di ingresso, a sperare e perseverare per una foto, un saluto o anche solo un sorriso del loro idolo. Perché di quell’intervista in diretta alle ore 15.00 del 9 novembre era a conoscenza tutta Londra, ed Harry era più che certo che ogni ragazza si trovasse proprio lì, a dodici piani di distanza da lui, ad accalcarsi l’una sull’altra e lottare contro i divieti imposti dalle guardie, che non permettevano l’ingresso nell’immobile a nessuno, per “questioni di sicurezza”, così avevano detto i manager.
La band e tutti i suoi collaboratori erano stati scortati segretamente in un’entrata secondaria, e così nessuna aveva notato gli One Direction entrare nell’alto edificio della BBC. Loro però l’avevano notata la massa di fans pronte ad aspettarli, così come avevano notato i numerosissimi cartelloni tra le loro mani, le foto, diverse frasi che riuscivano sempre a fargli spuntare un sorriso.
Loro le adoravano. Gli erano grati più di qualsiasi altra cosa, amavano incontrarle e sorridergli, a tutte loro, stringerle in un abbraccio e immortalare il momento in una fotografia, consapevoli che ciò che per loro era quotidiano e normale, per ogni ragazza significava la realizzazione di un sogno, una giornata che non avrebbero dimenticato. E a Liam, Harry, Louis, Zayn e Niall piaceva vedere i sorrisi delle loro fan, asciugare le loro lacrime di commozione, regalargli mille sorrisi e abbracci, perché nessuno meglio di loro avrebbe potuto farne tesoro.
Era per questo che non aver avuto nemmeno la possibilità di incontrarle e scambiarci qualche parola aveva infastidito la band, ma se la redazione gli aveva promesso che ci sarebbe stata l’occasione di vederle in seguito all’intervista, allora non era poi così grave.
«Voltati un po’ verso destra.»
Harry fece come gli veniva chiesto, e la prima cosa che i suoi occhi incontrarono fu la figura di Louis, i cui piedi dondolavano nel vuoto, irrimediabilmente basso nonostante i suoi quasi ventidue anni. Dondolava i piedi avanti e indietro, e con le dita delineava disegni immaginari sul bracciolo della poltrona. Teneva il volto alto, e gli occhi chiusi.
Harry si permise quindi di osservarlo, adesso che le sue iridi cristalline non glielo impedivano: il mento alto, gli occhi ben serrati, il naso inspiegabilmente tenuto all’insù, e il suo petto che si rialzava e si abbassava, in una melodia silenziosa che il più piccolo amava. D’altronde non c’era davvero qualcosa che lui non amasse di Louis, ogni dettaglio del suo viso e della sua persona sembrava perfetto o forse lo era, e come ogni volta che lo guardava Harry sentì il cuore aumentare di battito, scalpitare così insistentemente che temeva potesse uscirgli dal petto. Forse per la barba accennata, o per le sue labbra sottili, appena inumidite dal tocco leggero della lingua.
Fortuna che la truccatrice finì il suo lavoro abbastanza in tempo da consentire ad Harry di voltarsi, o gli occhi di Louis l’avrebbero trovato. Solo in quel momento la ragazza si lasciò andare ad un sorriso, poi sparì insieme alle altre, e i cinque ragazzi si ritrovarono assaliti dallo staff.
«In onda tra cinque minuti» li informò un assistente, e Karen, la loro manager, respirò profondamente e li fece riunire tutti e cinque davanti a lei, ad impartire gli stessi ed inutili consigli/ordini.
«Siate naturali quando rispondete alle domande, e se sostenete che non sia opportuno rispondere a una certa domanda, cambiate argomento con una battuta, o uno scherzo, ma non siate indiscreti. Ricordate che tutti gli obbiettivi sono puntati su di voi, e il minimo sbaglio è fatale. Per cui non cadete troppo nel personale né siate troppo superficiali, semplicemente mantenete il taglio da boyband, siamo intesi?»
I cinque ragazzi annuirono accondiscendenti come da routine, e ancora vennero guidati verso un lungo corridoio illuminato, sino all’ultima stanza in fondo, dove ad aspettarli c’era Nick Grimshaw, il radiofonista.
«Styles!» gli andò incontro quello, «Lasciati stritolare, carogna!»
«Grimmy!» Harry lasciò che l’amico gli allacciasse le braccia al collo, «Stringi un altro po’ e mi ammazzi».
Rise, ma quando l’altro si staccò, non sembrava affatto divertito. «Te lo meriteresti, visto che non ti sei dato la pena di farti sentire in cinque mesi!» gli schiaffeggiò l’avambraccio, esibendo un’espressione profondamente offesa.
«Siamo stati in tour Nick, non ho così tanto tempo da perdere.» replicò il riccio, andando a massaggiarsi la parte lesa. «E poi mi hai fatto male» si lamentò.
«Che fragilino, Harold» lo derise l’amico, scatenando la risata di entrambi.
Nick Grimshaw non era il tipo di amico da forti dimostrazioni d’affetto, per lui un insulto poteva contare più di un “ti voglio bene”, non era né discreto né abbastanza affidabile, ma Harry gli voleva bene. Lo conosceva da qualche anno, e col passare del tempo aveva imparato ad apprezzare le manie di protagonismo, l’eccentricità e il forte spirito competitivo.
«Ti sei tolto quel rosa osceno, finalmente!» cantilenò Niall, andando a salutarlo.
«Osceno sarà il tuo biondo tinto, Horan.» gli rivolse una smorfia l’interessato, stringendolo poi con un braccio attorno alle spalle esili. Fece lo stesso con Liam, il saluto con Zayn fu molto più distaccato, poi tornò da Harry.
Scambiarono qualche brevissima parola e poi i cinque presero posto, e Nick si sedette al centro davanti a loro, in modo da poterli osservare tutti.
«Un minuto alla diretta.» li avvertì lo stesso assistente di prima.
Ma Harry non ascoltava. I suoi occhi avevano appena incontrato quelli di Louis, freddi e glaciali, solo che Louis non lo guardava. No, lui guardava Nick. Lo guardava con disprezzo, odio forse, ma Harry lo sapeva che non avrebbe finto di essergli amico, perché tra lui e Nick non correva certo buon sangue. Non era un caso che nemmeno Grimshaw gli si fosse avvicinato per salutarlo, e Louis, orgoglioso com’era, nemmeno ci pensava o era interessato. Mantenne infatti un profilo altezzoso, per niente intenzionato ad abbassarsi ai livelli di Nick, che non perdeva occasione per punzecchiarlo. Lo avrebbe ignorato, per la prima volta si sarebbe comportato in modo maturo.
«Tomlinson spero tu non abbia il ciclo anche questa volta, caro»
Esisteva suono più irritante della voce di Nick Grimshaw? Louis pensava di no. D’altronde, non pensava nemmeno esistesse una persona più insopportabile. Tutto, a partire dalla sua voce, il suo sorriso serafico e il suo ammiccare era così odioso, che a Louis pareva impossibile pensare ci fosse qualcosa di positivo, in quel ragazzo. Ma l’aspetto più odioso, senza dubbio, era il suo attaccamento ossessivo ad Harry. Al suo Harry. Gli stava sempre così appiccicato, e Louis avrebbe voluto mandarlo via a calci, ma si tratteneva dal farlo. Non voleva essere geloso, ma soprattutto non voleva che Harry pensasse lo fosse, perché solo Dio sapeva quanto se ne sarebbe preso gioco.
Gli mancavano i suoi occhi, quelle iridi così chiare che sembravano smeraldi, e poi il suo speciale sorriso carico di fossette, persino il tono roco della sua voce. Sarebbe corso da lui a baciarlo proprio in quel momento, se solo non fossero stati circondati da telecamere e dagli occhi impiccioni di Grimshaw. O se fosse sicuro che Harry non avrebbe reagito male. C’erano state fin troppe incomprensioni nell’ultimo mese, e litigi, discussioni, e adesso persino guardarlo in viso lo metteva in soggezione, lo rendeva insicuro. E Louis odiava essere insicuro, soprattutto se l’argomento trattato era Harry Styles.
Louis sorrise, falso. «Non ti ho ancora tirato un pugno, direi che sto bene.»
«Gentile e delicato come al solito, Tomlinson.»
«In onda tra 5, 4, 3, 2, 1...»
Nick si ricompose e Louis approfittò di quel piccolo lasso di tempo per incenerirlo con un’occhiataccia, mentre Harry osservava la scena da perfetto spettatore, come sempre. Abbassò lo sguardo, poi la lucetta rossa illuminò la scritta “ON AIR” e le telecamere cominciarono a registrare.

 
ON-AIR

«Buongiorno Londra, qui con voi il vostro amatissimo Grimmy, pronto a tenervi compagnia per le prossime due ore!» Un breve motivo polifonico e poi la parola ritorna a Nick, che si sistema i capelli con tocco abile; «Le sentite? Le sentite queste urla?» indirizzò velocemente il microfono verso l’unica finestra aperta della stanza, e quasi in contemporaneo un sorriso sincero spuntò sulle labbra dei cinque, che stavano ad ascoltare «Sono le urla delle Directioners, signore e signori, e qui in studio con me c’è il motivo di quelle grida. Oggi la BBC radio ha l’onore di ospitare la boyband più famosa del momento, gli One Direction! Diamo un caloroso benvenuto a Harry, Liam, Niall, Zayn e Louis!».
Nick azionò un pulsante sulla sua speciale postazione, e un coro di applausi invase l’abitacolo, solo quando si affievolì Liam «Buon pomeriggio anche a te, Nick, e a tutti gli spettatori» disse, sorridente.
Nonostante Louis lo odiasse, non poteva non ammettere che Nick fosse davvero bravo nel suo lavoro. In ambito lavorativo cambiava totalmente di personalità, e se Louis non lo conoscesse, magari gli sarebbe sembrato simpatico. Riusciva a mettere a proprio agio chiunque fosse l’ospite della giornata, e a divertire sia l’ospite che gli spettatori e lo staff nella stanza adiacente, che manipolava l’intervista e regolava i parametri d’ascolto.
Ma anche lui era bravo nel suo lavoro, non erano forse la boyband più famosa del momento?
I primi trenta minuti dell’intervista si svolsero tra domande riguardanti la carriera, la vita in tour e l’uscita del prossimo album. Domande semplici come “qual è stata la vostra tappa preferita?” o “la canzone che favorite?”, oppure “com’è restare lontani da casa per così tanto tempo?”, a cui la band aveva risposto a turno. Chi in modo eccitato come Niall, chi in maniera sobria come Liam e Harry, leggermente distaccata come Zayn e Louis. Poi Nick aveva deciso di passare a domande un po’ diverse, ovvero quelle poste dalle fans su twitter.
La band aveva cercato il consenso di Karen tra lo staff, e lei aveva fatto un segno di approvazione, per cui «Perché no, cominciamo» aveva asserito Niall.
Nick si era messo il tablet sulle gambe e aveva cominciato a scorrere con l’indice, fin quando non aveva alzato lo sguardo su di Liam. «La prima domanda è per Payne» annunciò, attirando l’attenzione dell’interessato. «Kate chiede: “Credi ritornerai mai ai tuoi vecchi ricci? Ci mancano così tanto”»
Liam ridacchiò e aggrottò la fronte a pensarci, poi rispose. «Non lo so, forse più in là, ma per adesso sono stanco di cambiare taglio di capelli, per cui terrò questo per un po’.»
La prossima domanda fu per Niall, e l’irlandese alzò gli occhi al cielo per l’ennesima fan che gli chiedeva conferma di una possibile relazione tra lui e Demi Lovato. Poi fu il turno di Zayn, il quale fu molto felice di parlare del suo fidanzamento con Perrie.
«Tocca a te, Styles».
Harry annuì e puntò gli occhi dritti su Grimshaw, in attesa della fatidica domanda. Aveva imparato a temere le domande delle fans, perché il più delle volte ricadevano fin troppo nel personale, e Karen aveva espressamente proibito di rispondere a domande troppo private. Ma se lo fosse stata, come avrebbe potuto sviare l’argomento? Pensa Harry, pensa.
«Allora Harry... La domanda di Jenna è: “Hai intenzione di fare qualche altro tatuaggio, in futuro?”»
Harry tirò un sospiro di sollievo così pesante che pensò fosse stato udito in tutto lo studio, poi sorrise. «A dire il vero non lo so, dipende dalle occasioni.» spiegò.
«Che genere di occasioni?» indagò l’altro.
«Beh un tatuaggio è una cosa importante, non è svegliarsi un mattino e dire “d’accordo, oggi faccio un tatuaggio”, dev’essere qualcosa di significativo, non un disegno per decorarti la pelle.»
«E i tuoi tatuaggi ce l’hanno un significato, Harry?»
«Sì.»
«E qual è?»
Maledetto Nick Grimshaw. Ecco cosa significava cadere troppo nel personale, e nessuno era più esperto di lui in questo. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Quei tatuaggi un significato ce l’avevano (o almeno una buona parte), avevano persino una comune musa ispiratrice, ed era presente in quella stessa stanza, e i suoi occhi sembravano volergli perforare la pelle. Non poteva certo ammettere che quei tatuaggi erano dedicati a Louis, che rappresentavano la loro segreta unione, o sarebbero stati guai grossi quelli in cui si sarebbe cacciato. Ma non poteva nemmeno fare scena muta, quelle telecamere glielo impedivano assolutamente.
Ci pensò Louis a risollevare la situazione. «Andiamo Nick, ti pare che tatuarsi due rondini sul petto abbia senso?» scherzò. «E la cosa più scandalosa è che non era nemmeno ubriaco, il che dimostra quanto alto sia il suo livello di stabilità mentale, non ti sembra?»
Le risate dei componenti della band riempirono l’abitacolo, e Harry si sentì più leggero, ora che non aveva più da rispondere a quella domanda. Quindi rise anche lui, e quando la situazione si fu stabilizzata, Nick puntò a Louis.
«Bene, Tomlinson, abbiamo una domanda anche per te.» gli sorrise.
«Sono pronto.» ricambiò lui.
«Allora, questa viene da Melanie, che chiede: “qual è il tuo rapporto con Eleanor?”»
Entrambi, nello stesso momento, si sentirono mancare. Louis perché non sapeva proprio come rispondere, Harry perché proprio quella risposta non voleva sentirla. Odiava l’argomento “Eleanor Calder”, e si chiese in un secondo momento se la scelta di Nick non fosse avvenuta di proposito, per suscitare situazioni imbarazzanti. Il sorriso che ostentava ne era la conferma.
«E’ la mia ragazza.» minimizzò il cantante, provocando le risatine degli altri e il sorriso sforzato di Harry, che preferiva osservare il muro davanti a sé che chi parlava.
«Louis...» lo riprese il radiofonista «Mi pare ovvio che sia la tua ragazza. Come mi pare ovvio che la domanda non intendeva certo quello, altrimenti Melanie non se la sarebbe posta, non ti sembra? imitò il suo tono.
E Louis lo odiò. Come lo aveva odiato dall’inizio dell’intervista. Comunque si fece coraggio e gli sorrise, poi inclinò la testa di lato, sospirando. «A dire il vero un po’ oscillante, in questo periodo.»
Oscillante? Harry fissò gli occhi sul volto di Louis, a captare qualsiasi parola uscisse dalla sua bocca. Oscillante? si ripeté. Cosa significava “oscillante”? Se fosse toccato ad Harry rispondere, allora avrebbe detto che il rapporto tra Louis e Eleanor era praticamente inesistente, perché dannazione, Louis amava lui, non lei! Non aveva mai amato Eleanor, gli era affezionato solo come amico, e avrebbe voluto urlarlo al mondo, perché a tenerselo per sé non ce la faceva più. Non riusciva più a fingere indifferenza, far credere che la cosa non lo toccasse, perché lui soffriva. In silenzio, ma soffriva. E nessuno poteva saperlo tranne lui, o forse Louis. Sì, Louis lo sapeva. Quante notti lo aveva stretto a sé e trattenuto le lacrime, lo aveva cullato tra le sue braccia sino a farlo addormentare?
Louis sapeva. Louis ricambiava. Ma Louis non era coraggioso abbastanza da ammetterlo, né ne aveva il permesso.
Inesistente. Ecco com’era il rapporto tra lui e Eleanor. Inesistente se non davanti alle telecamere, perché era quello il compito di Eleanor, nascondere l’evidenza. L’evidenza era che Louis non avrebbe potuto amare nessuno oltre Harry, il suo Harry, ma non poteva permettersi di sbandierarlo.
Così quando «Oscillante in che senso?» chiese Nick, lui «Problemi di coppia.» rispose, con un sorriso; «La lontananza non fa bene a nessuno dei due, né di certo alla nostra relazione.»
«Quindi mi stai dicendo che i vostri problemi nascono dalla distanza, Louis?»
Nick sapeva. Louis lo deduceva dallo sguardo fin troppo eloquente, il tono saccente, di chi aspetta solo una conferma delle proprie idee. D’altronde era anche possibile che Harry gliene avesse parlato, era suo amico.
Harry. Harry teneva lo sguardo fisso verso terra, incapace di guardarlo in faccia. Louis avrebbe tanto voluto che lo facesse, perché aveva così tanto bisogno dei suoi occhi che gli sembrava insostenibile farne a meno.
Ma era su Nick che doveva concentrarsi. E «Sì, proprio così.» affermò.
«D’accordo, Louis.» finse un sorriso «Adesso una piccola pausa, tornerò presto qui con gli One Direction, restate sintonizzati!»

 
ON-AIR

Quando la luce rossa venne spenta, tutti sospirarono di sollievo. «Allora, a qualcuno va uno spuntino?» propose Grimshaw, e Niall fu il primo ad annuire fomentato, seguito da Zayn che approvò con una smorfia. Liam approfittò di quella pausa per chiedere informazioni sull’andamento dell’intervista a Karen, e Harry si alzò apatico dalla sua postazione, deciso a sparire dalla vista di Louis almeno per quei pochi minuti.
Non voleva saperne niente. Né di lui, né di Eleanor, di nulla. Il suo unico desiderio, l’unica cosa che aveva chiesto a Louis, era la sincerità, e ancora una volta lui non era stato capace di soddisfare la sua pretesa. Menzogne su menzogne, ecco cos’erano quelle di Louis, ed Harry era stanco di aspettare che lui si svegliasse, che finalmente accettasse quello che era e di amarlo. Harry aveva bisogno del suo amore ma anche di certezze, e Louis non sapeva dargliele. Ormai era da un anno che gli faceva promesse, gli garantiva che presto sarebbero potuti essere liberi di stare insieme, e lui vi si era ancorato con tutte le sue forze, ma quanto poteva crederci a questo punto? Louis non sarebbe cambiato, era questa la verità. Non avrebbe mai rinunciato alla sua vita per il suo amore, mentre Harry era disposto a farlo anche subito.
Gli aveva dato tempo, ma si era tristemente accorto che aveva dannatamente sbagliato a dargli fiducia. Eppure lo amava, lo amava così tanto...
«Harry.»
La sua voce lo fece trasalire, e quando si voltò Louis era lì, bellissimo come sempre, che lo guardava.
Come gli erano mancati quegli occhi. Avrebbe voluto piangere, ma non poteva farlo.
«E’ già finita la pausa?» chiese quindi ingenuo, per mascherare l’emozione.
«No, volevo solo parlare con te.»
«Non abbiamo niente di cui parlare.»
Sì, sì che ce l’avevano, Louis pensava. Ed era stufo, stufo che ogni volta fosse sempre la stessa storia. Ma Harry era così permaloso, e tendeva ad arrabbiarsi sin troppo spesso. Non aveva capito che l’unico che Louis amasse era lui, nessun’altra persona. Ma Harry aveva bisogno di certezze, e non sapeva coglierle.
Louis sospirò. «Harry basta, possibile che tu non capisca che sono costretto a fingere?»
Il tono esasperante nella sua voce lo infastidì. «Tu non sei costretto, Lou!» ringhiò «Tu hai semplicemente paura. Paura che se ammetti di amarmi allora nessuno ti terrà più in considerazione.»
Paura. Forse Harry aveva ragione. Lui aveva paura? Non si poteva dire che avesse lo stesso coraggio di Harry. Era sicuro che Harry sarebbe stato sempre pronto per lui, ma Louis lo era? No, sussurrò triste nella sua mente.
«Harry, io...» sibilò, ma effettivamente le parole gli morivano in gola. Cosa poteva dire, ormai? Era sempre così patetico. Non ne era all’altezza, no. Non meritava il suo amore né Harry meritava quella sofferenza, merito solo della sua codardia, ma non voleva lasciarlo andare. Non lo avrebbe fatto.
«No, non dire niente.» prese parola il più piccolo, dandogli le spalle. «Dici sempre le stesse cose, fai sempre le stesse promesse, e non mantieni mai la parola, per cui no, non voglio sentire niente.»
«Harry, tu devi ascoltarmi.» il più grande afferrò saldamente il suo bicipite.
«NO!» lo interruppe l’altro, strattonandosi «Louis non voglio sentire nulla, cosa non capisci di questa fottuta frase? Niente, hai capito?»
Niente. Lui non voleva saperne niente. Non voleva saperne niente delle sue scuse, o anche di lui? No, Harry lo amava, di questo Louis era certo. Ma allora perché lo respingeva adesso? Louis aveva bisogno di lui. Aveva bisogno delle sue braccia più di qualsiasi altra cosa, e non poteva accettare un rifiuto.
Ma non fiatava. Louis non diceva una sola parola, né cercava i suoi occhi. Sapeva di essere in torto, ne era fin troppo consapevole, e non aveva il coraggio di pretendere ancora fiducia. Lui la tradiva costantemente la sua fiducia, come poteva volerne ancora? Era inconcepibile.
«Non fai che deludermi, Lou.» sussurrò il riccio, con un filo di voce a malapena udibile. Si allontanò fugacemente e gli tenne ancora le spalle, ma prima di dirigersi nuovamente verso lo studio, trovò le parole per un’ultima frase. «Non sono nemmeno più sicuro che mi ami.»
Andò via, lasciando Louis a riflettere su quelle parole, che echeggiavano terribilmente nella sua testa.
Non sono nemmeno più sicuro che mi ami.
Non era forse sua la colpa? Era lui che continuava a deluderlo di volta in volta. Ed Harry era stato fin troppo paziente, fin troppo clemente, ma adesso sentiva di essere arrivato al limite. Lui non era abbastanza. Non era abbastanza per Harry, che meritava una persona che lo amasse più di qualsiasi altra cosa, e che lo ponesse in cima a tutto. In cima al suo orgoglio soprattutto, perché Harry non sopportava di amarlo in segreto, ma Louis aveva paura di farlo pubblicamente.
Cosa si sarebbe pensato? Cosa si sarebbe detto?
Ecco qual era il vero problema: Louis pensava troppo al giudizio delle persone. Non capiva che il vero giudizio di cui sarebbe dovuto importargli era quello di Harry, della persona che amava, e dei suoi amici, che lo avevano accettato ormai da tempo. Della sua famiglia, nessuno più.
Harry era deluso. E Louis non poteva che dargli ragione.
 
Tornò in studio che sembrava uno zombie. Riprese posto sul suo sgabello e aspettò che la diretta riprendesse passando il suo tempo al cellulare. Liam gli chiese più volte cosa fosse successo, Zayn sospirò solamente, Niall recitò un triste addio all’angolo buffet, e Louis entrò forse un minuto dopo, anche lui apatico. Harry non lo guardò nemmeno.
Aveva esagerato? Probabilmente no. La sua sfuriata aveva tutte le ragioni possibili. Eppure bastava osservarlo perché la voglia di andare lì a stringerlo invadesse Harry, di baciarlo e ripetergli quanto lo amasse. Ma non poteva.
Anche Nick tornò alla sua postazione, e fece giusto in tempo a ingurgitare l’ultimo pezzo di ciambella, perché la scritta tornò ad illuminarsi di rosso, così come le telecamere ripresero a filmare.


ON-AIR

«Qui che vi parla Nick Grimshaw, in speciale compagnia degli One Direction. I ragazzi sono ancora qui, e continueremo con le domande da twitter.»
Trenta minuti, si ripeteva Harry. Trenta minuti e sarebbe stato libero di andare a sfogarsi liberamente nella sua solitudine.
Trenta minuti. Trenta minuti e Louis gli sarebbe corso incontro, continuando ad insistere per convincerlo che lo amava.
«Una domanda per voi tutti, ragazzi» Grimshaw attirò l’attenzione dei cinque. «Qual è la cosa che vorreste dire a qualcuno, ma non l’avete mai fatto?»
Doveva averlo fatto di proposito. C’era tensione tra di loro e Nick lo sapeva, e Harry era sicuro quella domanda se la fosse inventata, giusto per sentire due particolari risposte.
Fu Zayn il primo a parlare. «Probabilmente ringrazierei mia madre di avermi convinto a fare l’audizione per X Factor, perché altrimenti non sarei qui.» sorrise.
«Sì, forse io ringrazierei la mia famiglia di avermi convinto a riprovare l’audizione, non gli ho mai davvero detto quanto mi è servito.» aggiunse Liam.
«Io invece voglio ringraziare voi, ragazzi, perché in questi tre anni siete diventati la mia seconda famiglia.» Niall fu il più dolce, che suscitò gli “aw” inteneriti dei presenti e diversi sorrisi.
«Io...» la voce di Harry si fece spazio tra le altre «Io vorrei dire che mai mi sarei aspettato un successo e una dedizione così grandi, e vorrei ringraziare non solo i miei compagni di band ma anche tutte le fans, chi ci supporta e chi ci sta dietro, chi lavora su di noi, perché posso assicurare che non è facile stare dietro a una boyband. Quindi grazie.» aveva sorriso.
Nick aveva ricambiato quel sorriso e poi si era infine rivolto a Louis. «Beh, Tomlinson, non hai nulla da dire?» lo incitò.
Louis restò senza dir nulla per un po’, fin quando una piccola idea gli balenò in testa.
Quello che voleva fare era rischioso, molto rischioso, ma lui sentiva che era l’unica cosa giusta da dire, l’unica che volesse dire. E che molto probabilmente quello era il momento giusto in cui farlo, perché anche Nick gli sorrideva, come a sostenerlo discretamente.
Louis deglutì, il cuore finitogli praticamente in gola, poi alzò lo sguardo e guardò Harry.
Lui lo osservava, pendeva dalle sue labbra, e aveva paura, una dannatissima paura di quello che avrebbe potuto dire. Ma era anche impaziente, dannatamente impaziente, perché sentiva che quello che avrebbe parlato sarebbe stato il vero Louis, e non la sua versione stereotipata.
Gli occhi cristallini del più grande vennero ad incatenarsi a quelli splendenti del più piccolo.
«Vorrei dire che non sono orgoglioso di me stesso.» esordì «Ho fatto molte cose di cui mi sono pentito e mi pento ancora, e la mia è quasi diventata un’abitudine, quella di pensare solo a me stesso.»
Sospirò, e dovette calmarsi un attimo, perché altrimenti il cuore gli sarebbe uscito dal petto. «Poco fa, quando non eravamo in onda, Harry mi ha detto che l’ho deluso.» accennò un triste sorriso «In realtà io lo deludo sempre, perché...» si fermò «Perché non sono la persona che lui merita. Non lo sono mai stato, non lo sarò mai, ma so una cosa: io voglio essere quella persona.»
Il silenzio nello studio era assordante. Nessuno osava fiatare, aprire bocca, nemmeno per respirare. Sembrava tutti fossero entrati in uno stato di apnea, e la loro attenzione era rivolta espressamente a Louis, al suo discorso.
Harry era come stregato. I suoi occhi, le sue espressioni, le sue parole, lo tenevano legato. Temeva, temeva fin troppo ciò che avrebbe detto se avesse continuato a parlare, ma voleva, voleva che lo dicesse, perché aveva aspettato per troppo tempo quel momento.
Louis si sentiva motivato. Sapeva di aver intrapreso la strada giusta per una buona volta, e forse finalmente stava rendendo fiero Harry. Forse lo avrebbe convinto.
Gli sorrise.
«Non voglio più nascondermi, non voglio più nascondere nulla. Non è giusto farlo né io lo voglio, perché né tu né io ci riusciamo più, e mi dispiace tantissimo di averlo capito soltanto adesso. Quindi... mi perdoni?»
Harry sentiva le lacrime pungere agli angoli degli occhi. Sapeva che presto sarebbe scoppiato a piangere, ma questa volta non lo avrebbe fatto contro ad un cuscino già umido. Questa volta le sue lacrime avrebbero avuto un altro valore, ben diverso e sicuramente più valido degli altri.
E non poteva fare a meno di guardarlo e sentirsi sopraffatto: sopraffatto dall’emozione, e dalla voglia di andare lì a baciarlo. Perché sì, lui lo avrebbe perdonato sempre, e non poteva non farlo adesso, che aveva finalmente dimostrato di meritare la sua fiducia. Dimostrato di amarlo, più di sé stesso e più del mondo.
E forse lo sarebbero stati, la coppia libera su cui tanto fantasticavano. Forse finalmente sarebbero riusciti ad amarsi senza costrizioni o vincoli, e nessuno più di loro se lo meritava.
Perciò «Certo» sorrise il riccio, e fu come liberarsi di un peso enorme che lo opprimeva.
Un peso che opprimeva entrambi, e pesava sulle loro vite come un macigno. Ma adesso era stato rimosso, frantumato, e non c’era motivo che non li spingesse a sorridere.
Erano liberi.
«Qui il vostro Grimmy, in compagnia degli One Direction. E anche oggi le nostre quotidiane due ore sono terminate, quindi non mi rimane che dichiare l’intervista conclusa. Alla prossima, gente!»

 
 
off-air
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Ciao! :) Eccomi tornata con una piccola one-shot a tema Larry. 
Il titolo che ho scelto è "off-air", perché sono dell'idea che quello che noi conosciamo, è solo quello che viene mostrato nelle interviste, durante la diretta, quindi il mio cervello da shipper ha pensato: "e il dietro le quinte?"
Ecco quindi l'origine di questa one shot, che si è dimostrata molto più lunga di quanto pensassi. Ma sono abbastanza fiera del risultato, e spero vivamente possiate esserlo anche voi. 
Mi dileguo, adios.
ps. l'idea del "dietro le quinte" mi è stata suggerita, io l'ho solo approfondita e elaborata.
Mi sembrava giusto dirlo, tutto qua.


  
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