Titolo : You
don’t have to go it alone.
Fandom: Glee
Personaggi/Pairing(s): Noah
Puckerman/Quinn Fabray
Avvertimenti: flashfic, fluff
(SI, AVETE LETTO BENE) what if
(I guess, visto che non me li hanno mai dati come si deve.)
Note: i
personaggi hanno la sfortuna di non essere
miei. Nessuno mi paga per scrivere questa roba, molti lo farebbero per
farmi
smettere
La
parte che piace più a Puck è il dopo, quando
Quinn è
sdraiata accanto a lui, sorridente, le dita intrecciate sotto il
cuscino e
quell’espressione soddisfatta.
Il
più delle volte comincia a parlare di Yale, del corso
d’arte che sta frequentando, di quanto è bello il
suo nuovo professore – e Puck
pensa che lo faccia apposta per farlo ingelosire, perché poi
finiscono a
baciarsi, avvinghiati, e Quinn ride sempre, tutte le volte.
Ogni
tanto lascia parlare lui. Di come vanno le cose a
Los Angeles, delle pseudo sceneggiature che sta scrivendo, dei suoi
nuovi amici
e delle feste a cui viene invitato, e Puck prova davvero a farla
ingelosire, è
solo che Quinn finisce sempre a ridere di lui, dicendogli scherzando -
o forse
non troppo – che gli taglierebbe l’apparato
riproduttivo, se solo credesse a
qualcosa del genere.
Ci
sono altre volte invece – rare volte – in cui Quinn
decide di parlare di Beth.
Di
come sarebbero potuti essere, in quel momento, con una
bimba di cinque anni che corre per casa, i capelli biondi e il sorriso
furbo
del padre.
E
allora Puck se la stringe un po’ più forte al
petto e
le dice che non hanno sbagliato, che Beth sta bene, che tutto si
è risolto nel
migliore dei modi.
Che,
forse, a Beth non avrebbe fatto bene avere due
genitori ai poli opposti dell’America che si vedono solo
durante il fine
settimana. E Quinn gli crede, o almeno fa finta, perché Puck
la bacia e il
peggio è passato.
Lui
si alza, va in cucina e prepara i pancake, e Quinn
ogni volta quando arriva gli ripete che no, non può cucinare
nudo.
E
lui ride, facendola arrossire, dicendole che momenti
prima non si sarebbe lamentata della sua nudità,
così Quinn gli tira una sberla
sulla testa e poi lo bacia, gettandosi immediatamente sul piatto di
bacon che
lui le ha preparato.
Fanno
colazione in silenzio, osservando la stanza e
sentendo già in bocca il sapore amaro dei saluti. Dovrebbero
esserci abituati,
ormai, è solo che quando entrano in aeroporto, Puck con il
suo biglietto
stretto nel pugno, Quinn non riesce a trattenere le lacrime.
Gli
si butta al collo e lui dondola un po’, mascherando
gli occhi lucidi con una risata tronfia. Le scosta i capelli dal viso,
e la
bacia – leggerissimo come non sapeva di poter fare
– sulle labbra.
“CI
rivediamo tra due settimane. Ti ho già preso il
biglietto”
Quinn
annuisce e gli poggia la fronte sulla sua, fino a
che una voce meccanica non chiama il suo volo.
Puck
le sorride e le stringe una mano, prima di
allontanarsi.
Qualche
ora dopo, Quinn è in camera sua, la testa
poggiata su quel vecchio libro di storia che non riuscirà
mai a studiare come
si deve. La sua mente è altrove.
Il
telefono vibra facendola sobbalzare.
Da
Noah : Ti amo.
E
Quinn sorride. Perché adesso sa di non essere più
sola.