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Autore: The Pursuit of Happyness    11/11/2013    0 recensioni
E così si addormentò con la mano appoggiata alla finestra lo sguardo rivolto verso l'alto e illuminata dalla fievola luce di quel disco bianco tanto lontano.
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Affacciata a quella finestra non riuscivo a vedere la luna. Così la immaginai. La vedevo bella piena come la faccia di un bambino e bianca come il latte. Immaginavo che avesse degli strani riflessi e che fosse imponente, piazzata col suo bagliore nel mezzo del cielo scuro come petrolio. Poi una voce soave mi distrasse dai pensieri impetuosi della mia immaginazione. Mi girai e vidi una giovane infermiera, deve essere nuova pensai. Mi disse di sedermi nel letto scomodo e anonimo per non affaticarmi e mi annunzio che da lì a poco sarebbe passato il medico. Obbedi di malavoglia e mi sedetti sul bordo del letto, buttando in dietro la testa fino ad appoggiarla sulle scapole. I pochi capelli rossi che mi rimanevano erano deboli e scendevano ricci e opachi lungo la schiena. Mi fissai sul bianco spento del soffitto e persi la percezione del tempo. Quando il medico entrò nella mia stanza mi alzai di scatto, quasi spaventata. Mi chiese come stavo, e io risposi farfugliando e componendo frasi sconnesse. Finita la visita e appurata la situazione di stallo della leucemia che mi affliggeva rimasi a rimuginare su l'ultima frase che mi aveva detto il dottore "vedrai che andrà tutto bene". Ma tutto bene cosa? Anche fossi sopravvissuta come avrei fatto dopo? In cosa potevamo sperare? Noi giovani intendo. In un mondo dove, tramite i tg, si sentiva solo di guerre morti e quant'altro, mi chiedo come potevamo confidare nella giustizia e nella pace. Era qualcosa di osceno chiederci di sperare, chiederci di mentire a noi stessi. Mi soffermai davanti allo specchio appeso di fianco alla porta del bagno a contemplare la mia immagine. Vedevo un copro stanco e pallido, un viso con due occhi verdi smeraldo che ormai brillavano ben poco e con delle lentiggini spruzzate sugli zigomi scarni. Ormai potevo quasi vedermi la morte addosso, nonostante la positività dei medici, ma non ne avevo paura. Pensavo che se era quello il destino che Dio mi aveva affidato non potevo fare altrimenti, anche se vedersi strappare alla vita a soli 15 anni ogni tanto all'inizio faceva un po male. Poi ci fai anche l'abitudine, ti abitui a tutto: agli aghi, alle siringhe, agli svenimenti, ai medici e alle infermiere, allo stomaco chiuso, al cibo schifoso dell'ospedale, alle camere spoglie e agli orari di visita. Decisi di andare in bagno e prepararmi, perché tra poco sarebbero arrivati mamma e papà a salutarmi. Mi lavai, adeguatamente alle mie forze, e indossai una vestaglia da notte pulita, mi pettinai e nell'attesa mi misi a letto a leggere un libro che mi aveva regalato mio cugino. Dopo poco arrivarono e notai subito che erano più felici del solito, nei loro falsi sorrisi si era accesa una piccola luce di speranza, che si rifletteva nei loro occhi. Subito mi dissero pieni di entusiasmo che l'equip di medici era sicuro che sarei guarita nell'arco di poco e sentì come uno strano peso sollevarsi dal mio stomaco. L'ora passò tra chiacchiere e risate, più leggere delle altre sere. Passato l'orario uscirono e mia madre mi chiese come sempre se ero sicura di non volere che dormisse li con me, come consentiva la legge, ma come al solito risposi che doveva riposare bene e che alla mattina ci saremmo riviste. Mio padre mi diede un bacio leggere e sparirono nella luce al neon del corridoio del reparto. Controllai che nessuna infermiera fosse pronta a balzare in camera mia e come tutte le sere mi affaccia alla finestra nella speranza di vedere la luna, che fin da quando ero piccola mi dava un senso di pace. Sorrisi all'idea che sarei guarita e provai a ricordare il tempo lontano in cui avevo una vita normale, così mi addormentai sulla sedia con le mano appoggiata al vetro della finestra e lo sguardo rivolto verso l'alto illuminata solo dalla fievola luce di quel disco bianco tanto lontano da me.
   
 
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