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Autore: RadioPotter    12/11/2013    0 recensioni
La battaglia di Hogwarts vista dagli occhi di Tonks, il suo timore di perdere Remus e il suo amore talmente forte da spingerla a combattere al suo fianco.
Genere: Guerra, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Un futuro migliore
di LunaLovegoodHP
 
«Vado a combattere» disse con tono deciso Tonks, fissando la madre con gli occhi pieni di disperazione e convinzione. La giovane voleva, doveva combattere. Doveva proteggere suo marito. Non era suo dovere veramente, ma secondo lei doveva farlo. Doveva proteggere suo marito dal male. Doveva proteggerlo da quei Mangiamorte che attaccavano Hogwarts in cui Remus stava combattendo.
La madre, Andromeda, chinò lentamente il capo e le passò il piccolo Teddy, perché Tonks lo vedesse un’ultima volta.
«Piccolo, vado a cercare papà. Vado a vedere come sta, ma tornerò. Lo giuro, tornerò. Tu non preoccuparti, non piangere, la nonna sarà con te. Ti amo piccolo, ti amerò sempre, ma ora devo andare, davvero.» sussurrò Tonks guardando il piccolo Teddy che, con i capelli blu e gli enormi occhioni azzurri, la guardava e le sorrideva, ciucciando il suo piccolo pollice.
Per non far notare alla madre che stava per piangere, Tonks si girò, passò il piccolo Teddy a sua nonna e si mise il mantello per uscire. 
Andromeda le toccò leggermente la spalla e Tonks si girò. Aveva gli occhi gonfi e il naso rosso, ma aveva comunque una gran determinazione negli occhi.
«Bada a te, Dora» le disse dolcemente Andromeda e Tonks la abbracciò velocemente e si smaterializzò, per andare ad Hogsmeade.

«Che ci fai qui, Tonks? Dovevi stare con Teddy e tua madre a casa, non dovevi venire qui!» le disse Harry, guardandola preoccupato, ma Tonks scosse la testa e lo guardò con aria determinata.
«Non potevo stare a casa con loro; mi sarei sentita inutile, sapendo che mio marito combatte per me e per mio figlio.» gli rispose la donna e, aggiustandosi il mantello, scappò velocemente, uscendo dall’edificio e dirigendosi verso Hogwarts, verso il suo destino, verso suo marito. 

«Dora, che ci fai qui?» le chiese stupito Remus, fissandola negli occhi, tenendole il viso tra le mani. Tonks abbassò d’impulso lo sguardo, per poi rialzarlo subito e baciare il marito dolcemente, con il timore di poterlo perdere.
«Sono venuta a combattere insieme a te» gli rispose la giovane donna e una lacrima le rigò il viso.
Remus scosse la testa allontanando la moglie da sé; non poteva permetterle di combattere, però non sarebbe mai riuscito a convincerla a non farlo. Aveva paura per lei, ma a lei non importava, perché lei voleva stare con lui, in quel momento e sempre.
«Dora, il tuo posto è accanto a nostro figlio ora. Non puoi permetterti di lasciarlo orfano. Non puoi.» le disse con tono deciso, alzando la voce, forse anche un po’ troppo, ma senza rimorso. «Non puoi combattere solo perché è un tuo capriccio!» aggiunse Remus e lei scosse agitata la testa, stringendo la bacchetta, fino a che la pelle che la toccava divenne bianca e i suoi capelli dal grigio-topo passarono al viola.
«Il mio posto è qui e non è solo un capriccio, ma se non vuoi che protegga il tuo stupido sedere me ne vado ad aiutare gli altri, ma non puoi impedirmi di combattere!» gli rispose Tonks digrignando i denti e guardandolo furiosa.
«No, rimani qui con me, ti prego...» le sussurrò lui. Lo abbracciò e poi si allontanò dalla stretta e lo prese per mano, per andare a combattere.

Passavano secondi, minuti, ore, ma non succedeva nulla. Morti e feriti ovunque, sangue e incantesimi che volavano ovunque, ma Tonks e Lupin erano ancora fianco a fianco a combattere, mentre il numero dei Mangiamorte sembrava essere infinito. Lupin e Tonks si guardarono negli occhi sorridenti e lanciarono ancora un altro incantesimo.
All’improvviso si sentirono le parole imperdonabili; una luce verde volò accanto a Tonks e un corpo pesante cadde a terra e quando lei si girò, con tristezza, le sue preoccupazioni divennero realtà. A terra c’era suo marito, il suo amato Remus John Lupin, il padre di suo figlio, del piccolo Ted Remus Lupin. Lui era morto. Non c’era più. L’ultima persona che si aspettava di vedere morta si trovava di fronte a lei, a terra, immobile, con la pace negli occhi. Tonks chiuse gli occhi e posò la bacchetta a terra; non le importava più nulla e iniziò a piangere. Cadde sul corpo freddo e immobile, che prima apparteneva a suo marito e lo abbracciò, piangendo e lanciando urla di dolore. Aveva perso la persona che amava più di ogni cosa al mondo. Nella sua testa c’era un miscuglio di sentimenti e le lacrime, le urla e i baci sulle labbra fredde di suo marito erano l’unico modo che aveva per esprimerli.
Un’altra luce verde volò in aria e nell’ultimo istante di vita Tonks riuscì a stringere la mano di Remus e a guardare chi l’aveva uccisa. Era Bellatrix. Bellatrix l’aveva uccisa. Sua zia, Bellatrix Lestrange, quella che l’aveva chiamata traditrice, che se ne stava lì con un sorrisetto di trionfo sulle labbra. Ma, in fondo, cosa gliene importava, se poteva stare con il suo amato marito per l’eternità?
All’altare si erano detti: “Finché morte non ci separi”, ma quel vero, profondo amore, non fu separato neanche dalla morte.

«Durante la battaglia i morti furono portati nella Sala Grande e il numero di essi era vicino ai cinquanta.
Tra loro ci furono due persone magnifiche: Remus e Ninfadora Lupin, due persone che erano appena diventate genitori e già erano stati colpiti dalla morte. Durante la battaglia morì anche un ragazzo giovane a cui era stato impedito di combattere, ma che era andato lo stesso e si era trovato la morte di fronte, era il giovane Colin Canon. Un’altra persona che molti possono ricordare, che rideva tutto il tempo e faceva ridere gli altri, era il giovane Fred Weasley, il fratello gemello di George Weasley, che morì tra le braccia di suo fratello maggiore Percy Weasley. Tra gli altri morti ci sono...» diceva il giornale che il giovane Teddy stava leggendo.
Una lacrima gli rigò il viso giovane e il ragazzo chiuse il giornale, per non vedere più quelle cose. Non aveva mai compreso perché i genitori lo avessero lasciato solo, anche se la nonna Andromeda gli aveva dato la risposta.
«Teddy, i tuoi genitori morirono per permetterti un futuro migliore. Un futuro senza dolore, senza battaglie, senza morte» gli aveva detto la nonna, appena il bambino aveva compiuto undici anni e ritenendolo abbastanza grande per sapere la verità.
«Che futuro migliore è, nonna, se loro non sono qui con me?» le aveva chiesto quel giorno il bambino e la nonna, dandogli delle leggere pacche alla schiena, lo cacciò dal divano e lo portò in camera, per farlo dormire e per non dover rispondere a quella domanda, che il ragazzo decise di non fare mai più.
   
 
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