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Autore: sve_chan    12/11/2013    5 recensioni
E' notte fonda e una ragazza sta tornando di corsa a casa. I suoi genitori la stanno aspettando ormai da tempo e lei sa che non saranno affatto contenti di vederla rincasare a quell'ora. Eppure, quando giunge in prossimità della sua villa, nota che tutte le luci sono spente e che un misterioso ragazzino dagli occhi di rubino la sta osservando, famelico, dal davanzale della camera dei genitori. Sarà solo un'allucinazione causata dalla birra o c'è veramente qualcuno o qualcosa nascosto nell'abitazione? E di chi sono gli strani passi incessanti che sente in corridoio?
Prima one shot horror scritta in un momento di rabbia per una verifica andata male, spero che l'apprezzerete, perché ci ho lavorato sopra un bel po'. ^^
Genere: Dark, Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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La ragazza camminava di corsa lungo il marciapiede deserto del quartiere residenziale, dando, di tanto in tanto, occhiate preoccupate al suo orologio digitale di plastica rosa. Sapeva che quella volta l'aveva combinata grossa, i suoi genitori l'aspettavano a casa per le undici e invece era già l'una di notte e lei era ancora in giro. ''Non è colpa mia se George era talmente ubriaco che l'ho dovuto riportare a casa di peso!'' pensò indispettita, mentre cercava disperatamente una scusa plausibile che non implicasse il fatto che il suo ragazzo e i suoi amici si fossero sfondati di vodka per l'ennesima volta; ma non le veniva in mente niente in grado di smuovere il carattere fermo e autoritario di sua madre. Si era quasi rassegnata all'idea che sarebbe rimasta segregata in casa per i prossimi tre mesi quando, arrivata nei pressi della sua abitazione, notò che tutte le sue luci erano spente. La giovane tirò un sospiro di sollievo, dovevano essersi addormentati, forse non tutto era perduto! Ad un certo punto però qualcosa di insolito catturò la sua attenzione: la finestra della camera dei suoi, infatti, era spalancata e qualcuno la stava osservando dal davanzale. Non era qualcuno che conosceva, pareva invece un ragazzino dagli occhi color cremisi, che brillavano nell'oscurità. A quella vista le si gelò il sangue nelle vene, per caso le erano entrati dei ladri in casa? Sforzò allora la vista per tentare di vedere meglio quel misterioso individuo, ma quello in un istante era scomparso, come una visione. ''Questo è l'alcol che mi fa brutti scherzi!'' si disse, benché quella sera avesse bevuto solo due bicchieri di birra, fatto che l'aveva tenuta abbastanza lucida per tutta la serata. Affrettando il passo in pochi minuti giunse sotto il loggiato di legno della casa, ma non trovò alcun segno di effrazione. Così, tranquillizzata, entrò di soppiatto nella villetta. Dentro regnava un silenzio irreale che le fece venire i brividi, era un silenzio inquietante ed insolito per lei, abituata com'era al rumoroso russare di suo padre e al continuo sgocciolare del rubinetto rotto in cucina. La ragazza si sfilò i tacchi e, in punta di piedi, salì al piano superiore. Giunta di sopra, si rese conto che anche lì il silenzio la faceva da padrone, non si sentiva nemmeno il rumore dei respiri della sua famiglia. ''Che siano fuori casa?'' si chiese confusa. ''Ma che dico?! Probabilmente sarà la birra che mi ha offuscato i sensi.''. Arrivata in camera sua si buttò sul letto, era troppo stanca per andare in bagno a lavarsi e cambiarsi, quindi chiuse gli occhi e lasciò che il sonno la trascinasse nelle sue spire di irrealtà. Ad un certo punto un rumore la fece svegliare di soprassalto, era il suono di passi lenti, pesanti, ritmati, che avanzavano verso la sua stanza. < Scusa papà...ma George era ubriaco e non mi ha potuta accompagnare...così sono dovuta tornare a casa a piedi... > mugugnò lei con la voce impastata dal sonno non appena i passi si fermarono a poca distanza dal letto. La ragazza teneva le palpebre serrate e il volto rivolto verso il muro, in questo modo non riuscì a vedere se in camera sua ci fosse veramente suo padre. La giovane attese la risposta dell'uomo, che però non arrivò. < Papà, mi hai sentita? > chiese a voce un po' più alta, ma di nuovo non ricevette alcuna risposta. < Papà! > esclamò infine, aprendo gli occhi e girando di scatto la testa. La camera era vuota. La ragazza sbuffò, ripromettendosi che non avrebbe mai più bevuto birra, viste tutte le allucinazioni che le stava provocando. Ad un certo punto i passi ricominciarono, inesorabili come prima, ma questa volta erano nel corridoio, diretti verso la cameretta di suo fratello di soli tre anni. La giovane si alzò in tutta fretta, col cuore in gola; non sapeva perché, ma quel rumore la stava iniziando a inquietare. Così, cercando di farsi sentire il meno possibile, si affacciò fuori dalla stanza. Il corridoio era deserto, ma i passi si udivano ancora, ormai erano dentro la camera del bambino. La ragazza uscì sul disimpegno, nella penombra non riusciva a vedere bene e in ogni anfratto buio scorgeva ogni tipo di demone e mostro, pronti ad attaccarla. 'Adesso basta! Questo non è un film horror!'' si disse, muovendo timorosamente qualche passo verso la cameretta. E fu in quel momento che la vide: giaceva inerme poco fuori dalla stanza, su quella che a prima vista pareva una grande macchia scura sul pavimento, illuminata dalla livida luce lunare, che faceva risplendere la fede d'argento posta sull'anulare. La ragazza emise un grido strozzato, era la mano di sua madre. Era paralizzata dall'orrore e dalla paura, chiuse gli occhi con forza più volte, pensando che si trattasse di un'altra illusione, ma ogni volta che li riapriva quella era ancora lì, pallida e immobile. Dal nulla i passi ricominciarono, di nuovo, ma adesso erano più leggeri e delicati, come quelli di un bambino. Il suo cervello le stava sbraitando di scappare, che qualsiasi cosa che stava per uscire da lì era malvagia; ma le sue gambe non volevano proprio saperne di muoversi. Il rumore intanto stava diventando sempre più forte, finché qualcuno non uscì dalla stanza. Non era nient'altro che un bambino di tre anni, con i capelli biondi arruffati e un pigiama con i personaggi dei suoi cartoni animati preferiti. In mano stringeva il peluche di un cagnolino, il cui pelo candido era macchiato di sangue, che gocciava lento sul pavimento. Il piccolo aveva gli occhi vuoti, sbarrati e sconvolti, che guardavano la sorella senza alcuna emozione. < Fratellino, ti hanno fatto del male? > chiese la ragazza preoccupatissima, ma senza riuscire ad avvicinarsi a lui. Il bambino non rispose, si mise lentamente le mani sul petto, dove uno squarcio sanguinolento, che lei non aveva notato, gli attraversava il corpicino da parte a parte, fino a terminare in un buco all'altezza del cuore, da cui si intravedeva l'organo dilaniato che batteva con una lentezza esasperante. Il piccolo alzò le mani macchiate di quel liquido scarlatto e le osservò con la solita curiosità infantile, che in quel contesto, però, aveva un che di terribilmente agghiacciante; quindi puntò lo sguardo nuovamente sulla sorella e, con voce neutra, le disse: < Scappa. >. La giovane si portò le mani alla bocca per non urlare, mentre le lacrime le invadevano gli occhi, chi aveva potuto fare questo al suo adorato fratellino?! La testa prese a girarle vorticosamente, lo stomaco si contrasse, nauseato dalla vista di tutto quel sangue, e il respiro si fece d'un tratto affannoso. Con uno sforzo che le parve immenso avanzò verso di lui, proprio nel momento in cui questo cadeva in avanti, ormai privo di vita. < Mike! - lo chiamò lei- Mamma! Papà! Che sta succedendo?! >. La ragazza iniziò a singhiozzare e stava per raggiungere il cadavere, quando qualcosa non la bloccò di nuovo. Una figura stava uscendo a quattro zampe dalla camera. Era un ragazzino scheletrico vestito di stracci e di un pallore spaventoso. Aveva il corpo e i vestiti macchiati di sangue fresco e i capelli color pece, che gli celavano il volto. Procedeva a carponi, come un animale, e la giovane poté notare, nella semioscurità, che aveva le unghie affilatissime e un coltellaccio da macellaio sporco. L'individuo non la degnò di uno sguardo, camminò invece fino al corpicino di Mike, si piegò sopra di lui e leccò gli con gusto una manina sporca di sangue, prima di morderla con foga. la ragazza sussultò e la bile le inondò la bocca, mentre, mordendosi le labbra, muoveva un silenzioso passo indietro, verso le scale. Nell' indietreggiare, però, calpestò inavvertitamente una trave debole del parquet, che scricchiolò sinistra sotto il suo peso. A quel suono il ragazzo alzò la testa e la guardò: aveva gli occhi senza pupilla, totalmente rossi, come il sangue che grondava dalla bocca con i denti appuntiti, distesa in un sorriso famelico. Lei cacciò un urlo raggelante e, disperata, corse verso le scale, nella vana speranza di riuscire a scappare. Quello invece fece una risatina da brividi e compì un salto incredibile verso la sua preda, che perse l'equilibrio. La giovane, che era ormai all'inizio della rampa di scale, cadde rovinosamente e iniziò a rotolare, mentre i gradini le colpivano, efferati, ogni parte del corpo. Quando finalmente atterrò sul morbido tappeto del piano inferiore aveva le gambe rotte e varie ferite profonde, ma era ancora viva e cosciente. Nonostante la vista annebbiata, riuscì comunque a vedere il carnefice che scendeva le scale e le piombava addosso, schiacciandola con il suo peso. Aveva un odore acre di carne cruda e metallo. Il ragazzo si specchiò negli occhi di lei, che erano una maschera di terrore puro, quindi le passò la lingua sul collo. < Bene, bene, bene...avevo proprio voglia di un dolce dessert per chiudere al meglio la serata... > disse lui, con la voce ridotta ad un sussurro soddisfatto, prima di morderle con gusto la gola e strapparle via un pezzo di carne, con la stessa ferocia di un leone.

   
 
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