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Autore: Judith Phoenix    13/11/2013    1 recensioni
Mi dissero che mi trovarono in una cavità nella roccia ricoperta di muschio e licheni, protetta dal vento e dalla pioggia, come addormentata. [...] Ho visto con gli anni passare, ho visto i miei genitori morire e gli umani abbattere gli alberi, bruciarli e uccidere la mia casa.
Fu allora che la Madre diede vita a creature mostruose, che si nascondevano nelle ombre e si nutrivano di membra umane.
Io mi ritrovai a guardare come un numero infinito di umani, decennio dopo decennio morivano mentre la loro paura dei boschi aumentava e la Madre continuava a creare quelle creature sempre più decisa a punire gli umani per il loro affronto. Ma più faceva ciò più gli umani erano decisi a sterminare la nostra casa.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le tre Grazie

L'origine del male


Non ho memoria della mia vita prima che i miei genitori mi trovassero e mi adottassero. Ricordo solo la foresta e il morbido humus su cui Mevise e Dun mi trovarono. Mi dissero che mi trovarono in una cavità nella roccia ricoperta di muschio e licheni, protetta dal vento e dalla pioggia, come addormentata. Mi dissero che nessuno era mai venuto a reclamarmi come carne della loro carne. Mi dissero che ero completamente catatonica per i primi mesi, come se aspettassi qualcuno o qualcosa. Mevise e Dun mi presero con loro.
Avevo sempre avuto la coscienza che ero diversa. I miei genitori non mi ripudiarono quando dissi loro che sentivo delle voci, nè cambiarono il loro atteggiamente verso di me. Se possibile diventarono più affettivi e attenti. Non sapevo se fosse dovuto al bisogno di dare il proprio amore a qualcuno o perchè non volevano che la gente sapesse della loro figlia adottiva fuori dal comune.
Poco tempo dopo mi raccontarono del mio ritrovamento. Mi riportarono nel bosco in cui mi avevano trovata e lì incontrai la Madre. Ella si presentò a me fiera e potente, mi insegnò e mi mostrò. Mi chiamò Sorella, perchè io ero la cura alla sua solitudine.          
Ritornai dai miei genitori con la consapevolezza di non essere umana.
Mi abbracciarono e tornammo a casa.
Ho visto con gli anni passare, ho visto i miei genitori morire e gli umani abbattere gli alberi, bruciarli e uccidere la mia casa.
Fu allora che la Madre diede vita a creature mostruose, che si nascondevano nelle ombre e si nutrivano di membra umane.
Io mi ritrovai a guardare come un numero infinito di umani, decennio dopo decennio morivano mentre la loro paura dei boschi aumentava e la Madre continuava a creare quelle creature sempre più decisa a punire gli umani per il loro affronto. Ma più faceva ciò più gli umani erano decisi a sterminare la nostra casa.
 
“Madre!” La chiamai mentre altre sue creature nascevano dalle zone più oscure della foresta e gli alberi venivano tagliati dagli umani. “Fermati Madre! Non pensi che il numero delle creature sia già grande? Non pensi che sarebbe ora di smettere di dare loro la vita? Non vedi che creature esse siano? Li hai creati dalle ombre, Madre! Dalle ombre! Noi siamo creature di Luce, noi combattiamo le Ombre!” Mi fermai per guardare ogni cambiamento nella foresta e vedendone nessuno ricominciai a parlare. “Non ignorarmi: sai che ho ragione. Non dimenticare il nostro ruolo.”
Questa volta la Madre sembrò destarsi.
“Il nostro ruolo?!” Tuonò una voce dalla foresta. “Cosa ne sai tu del nostro ruolo? Noi siamo state create dalla Terra e la terra dobbiamo proteggere! Non quei parassiti che ne distruggono e ne deturpano la vita!”
“Mostrati,” mormorai.
“Non provare a darmi ordini, Sorella. Non provare a mettermi bastoni tra le ruote o te ne pentirai.”
Il mio cuore di agitò di rabbia e la foresta si agitò con me. “Mostrati,” sussurrai.
La Madre comparì davanti a me, fiera, intimidatoria, regale. “Beh?” fece.
Alzai lo sguardo da terra e non appena lo posi su di lei, quella indietreggiò. “Non sfidarmi, Kyotii. Ritira le tue creature e lascia le cure degli umani a me. Lascia che sia io a prenderme cura per te. Porta le tue creature neonate e vecchie nella foresta a Nord, ritornale alla Terra e poi torna quando il tuo cuore avrà placato il dolore della perdita e il tremore dell’ira. Torna quando sarai pronta a diventare Madre, ancora una volta.”
Kyotii indietreggiò come se l’avessi colpita in viso.
“Tu...tu vuoi fami uccidere le mie creature? Tu vuoi farmi uccidere i miei figli?! Come osi? Chi ti credi di essere, Drede? Chi ti ha dato il potere di decidere del destino della mia creazione? Mi stai esiliando? Mi stai mandando via? Questa è la mia casa! Questa è la mia foresta e io la proteggo! E tu? Tu cosa fai mentre gli umani la uccidono e la distruggono? Parli con gli uccelli? Loro non ci salveranno!”
Kyotii non si accorse nemmeno della foresta attorno a lei. Non ne ebbe il tempo. Le rocce si spostarono, e rami si allontanarono e anche gli alberi sembravano ritirarsi. Sotto i suoi piedi, solo terra arida e secca.
“Guarda sotto i tuoi piedi, Kyotii. La foresta ti accoglierà di nuovo quando l’Oscurità ti avrà abbandonata.”
Mi girai e lasciai che le fronde degli alberi celassero le sue grida agli umani.
Le creature di Kyotii si allontanarono con la loro padrona, attraversando l’oscurità e portandosela via.
Gli umani abbandonarono la foresta per la notte portandosi via i loro strumenti di distruzione. Non tornarono per molte e molte lune. Mi diedero il tempo di far rivivere gli alberi caduti e rinforzare quelli già esistenti.
E guardando a Nord vidi che Kyotii non aveva ancora abbandonato le sue creature. E ancora vi viveva assieme, nelle tenebre, lasciando che i loro sussurri le riempissero la mente e abbandonando quelli della Foresta e della Terra.
La Terra mi parlò allora, e mi chiamò a Nord, da Kyotii. Non volevo lasciare la Foresta non protetta mentre io vagavo a Nord. Così cantai, cantai a lungo e ininterrottamente pregando la madre per qualcosa che già aveva fatto in precedenza.
Gli umani furono attratti dal mio canto come lo erano stati millenni prima da quello della Foresta e della Madre e la terza Guardiana nacque dall’acqua.
Come Kyotii nacque dal legno di un ulivo, cresciuta per millenni fino ad assumere una forma elegante nelle sue pieghe e definitiva nei suoi cambiamenti, e come me dalla roccia, protetta dalla vita che cresceva nell’oscurità e dalla culla finale della terra , Heibe nacque da una goccia di rugiada che pendeva da una foglia di ciliegio, sospesa in un momento di luce e meraviglia.
La chiamai la Figlia e la consegnai agli umani perchè capisse i loro cuori e li amasse come io li amavo.
Quando tronò alla foresta io la incontrai e la istruii e la Figlia rimase nella foresta, mentre io vagavo verso Nord.
Fu un viaggio lungo e quando giunsi, portai con me il calore delle terre del Sud.
Il giaccio si sciolse un poco e alcuni fiori nacquero da rami secchi.
Kyotii mi accolse su un lago ghiacciato, ricoperto di neve e pieno di vita. Indossava una pelliccia di orso e rabbrividii vedendola. Era diversa, così diversa che era difficile riconoscere la stessa entità che mi aveva dato luce.
“Drede,” sussurrò, gli occhi freddi come il ghiacciò e le labbra viola per il freddo.
“Kyotii,” dissi guardandola con rimpianto. “Come hai potuto?”
“E tutta colpa tua, Drede. Per colpa tua io ho questa vita! Per colpa tua io ho freddo!”
“Io non ho freddo,” le feci notare. Avevo una veste che avevo fatto con le tele di ragno, con le braccia scoperte e i piedi nudi.
Gli occhi di Kyotii si spalancarono in una silenziosa domanda.
“Il tuo cuore è freddo. Se tu avessi ditrutto le creature come ti avevo detto di fare, col tempo non avresti sentito il freddo, perchè la tua anima ti avrebbe tenuta al caldo. Ma tu le hai nutrite, le hai accudite e proprio come una madre, sei diventata schiava dei tuoi figli. Mi dispiace Kyotii, ma questa sarà la tua vita d’ora in poi.”
“No, ti prego Sorella, no.”
“Allora distruggi le creature.”
“No, non questo. Chiedimi tutto tranne questo, sono i miei figli, Sorella! Non posso uccidere i miei figli!”
Cadde ai miei piedi, ma non mi toccò.
“Non sono tuoi figli, Kyotii. Sono mostri.”
Il suo sguardò scattò in alto. “No, basta! Io li ho creati e non li ditruggerò!”
“Molto bene,” dissi piegando la testa in resa. “Sia come vuoi.”
La terra muggì e da sotto il lago un muro di roccia si alzò portando con sè Kyotii. Il lago rimase sotto di me, mentre le creature e la loro madre erano reclusi in quella terra fredda.
Il vento si alzò e mi portò con sè adagiandomi sopra la parete. Allo stesso momento alzò anche Kyotii che lanciò un urlo che radunò le creature alla base.
“La roccia si eroderà nel momento in cui le creature smetteranno di esistere. Addio Madre, mi dispiace”
“Drede!” urlò.
Per molto ancora ricorderò quell’urlo e il dolore che portava e infliggeva.
Ritornai da Heibe e insieme ricostruimmo ciò che gli uomini ci avevano tolto. La foresta però recava ancora il ricordo delle creature di Kyotii e anche gli umani, per molto tempo, evitarono questi luoghi lasciando la foresta nella tranquillità più totale.
Poi il tempo passò e la memoria degli umani si affievolì e ricominciarono a visitare la foresta. Questa volta non la dannegiarono come avevano fatto in precedenza e noi li proteggemmo dagli animali e li riparammo dal freddo.
 
   
 
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