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Autore: Naruto89    13/11/2013    1 recensioni
Un cavaliere, coperto da una sciarpa e un lungo manto, si aggira per il continente alla ricerca di una strega, o una principessa. La sciarpa e il manto gli servono per mascherare gli effetti di una potente maledizione che gli ha deturpato il corpo. La strega, o la principessa, è l'unica persona in grado di sciogliere l'anatema.
Una one-shot/divertissement con un finale a sorpresa!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La maledizione

La vecchia casa di legno era consumata dalle fiamme. Il Cavaliere mascherato tossì. Il fumo gli si infilò nella gola e nelle narici, e gli fece lacrimare gli occhi. Lingue di fuoco si staccarono dalle pareti e si allungarono verso di lui, dotate di vita propria.
La pelle, sotto al pesante mantello marrone, gli era diventata incandescente. La bocca, coperta da una sciarpa blu che gli nascondeva il volto, secca e impastata. Usare i suoi incantesimi d'acqua era fuori questione.
Per un attimo, il Cavaliere pensò di disfarsi di tutti i vestiti. No, non poteva.
Strinse l'elsa ben salda tra i suoi guanti di maglia e spostò nuovamente lo sguardo sul lupo. Si era alzato sulle due zampe e il muso sfiorava il soffitto.
Aveva il pelo grigio e uniforme, tutto scompigliato. Gli occhi, piccoli e neri, erano un tutt'uno di iride e pupilla. Ogni volta che il Cavaliere li incontrava, rabbrividiva.
Le zanne, poi, erano lunghe come un suo braccio.
Il lupo ringhiò, sommesso, e in un attimo scattò verso il Cavaliere.
Vide la bestia piombargli addosso e fu tentato di tranciarlo a metà, all'altezza del ventre rimasto scoperto. No, si disse. Se lo faccio, addio ricompensa.
Fintò l'affondo. Poi, utilizzò uno strano lazo rosa e gommoso, si aggrappò a una delle travi del soffitto e si tirò da una parte.
Evitò per un soffio le fauci del lupo, che si ritrovò a masticare il terreno.
Nel guardarsi indietro, il Cavaliere non si accorse che la trave non era in grado di reggere il suo peso. Questa si spezzò e gli piombò dritta dritta sulla testa.
Il Cavaliere barcollò per qualche secondo, incerto. Poi, riuscì a rimettere a fuoco la scena e vide il lupo avventarsi verso di lui.
Piegò le gambe in modo quasi innaturale, arrivando a toccare terra con il sedere, e si proiettò a sua volta contro la bestia.
La spada, una bella lama medievale tutta grigia e a doppio taglio, si scontrò con i denti di diamante della creatura, con un rumore sordo e metallico.
Il Cavaliere provò a spingerla giù per la gola del mostro, ma quella s'incagliò nelle sue zanne. Pezzi di legno infuocato caddero dal soffitto e anche il pavimento prese fuoco.
Il Cavaliere si aggrappò alla spada e saltò sullo stomaco del lupo, ancora in piedi. Spinse su di esso con tutta la forza che aveva in corpo, e recuperò l'arma.
Appena la spada si staccò, lui roteò all'indietro e si lanciò verso il muro dietro di sé. Piegò ancora una volta le gambe a quella strana maniera e si gettò nuovamente contro il proprio nemico. Tirò un fendente alla gola del mostro.
Il lupo balzò all'indietro ed evitò il colpo mortale. Ringhiando, atterrò sulle quattro zampe.
Lui e il Cavaliere cominciarono a girare lentamente per la casa, senza perdersi un attimo di vista.
Mi sta sfidando all'ultimo colpo, mi sta sfidando all'ultimo colpo, mi sta sfidando all'ultimo colpo, si ripeté il Cavaliere. Ah, ma chi diavolo me l'ha fatto fare!
Poi, nello stesso momento, i due avversari pestarono forte il pavimento in legno e si lanciarono decisi l'uno contro l'altro. Il lupo saltò e il Cavaliere sollevò la spada.
Al terzo passo, inciampò in una delle tavole mezze divelte del parquet, fece un volo di paio di metri e atterrò lungo disteso con lo stomaco contro terra.
Sentì un peso spingere contro la mano che teneva la spada e alzò lo sguardo, pronto al peggio. Ma il lupo s'era gettato diretto diretto con la gola sulla lama. Il Cavaliere lo teneva lassù, ben dritto, come uno spiedino.
Si era spento in silenzio, senza colpo ferire.
Il Cavaliere, con le ultime forze rimaste, gettò il lupo a terra, gli posò un piede sul petto e si riprese la propria arma.
Si guardò intorno: per quella catapecchia non c'era più nulla da fare. Ancora pochi minuti, e ci avrebbe lasciato la pelle anche lui.
Il Cavaliere mascherato sospirò e si caricò l'enorme animale sulle spalle. Le sue gambe, lunghe, magrissime e molto flessibili, si piegarono al solito, strano modo sotto il peso della bestia. Così, arrancando e oscillando un poco, il Cavaliere trascinò il lupo fuori dalla casetta di legno.
Davanti alla costruzione, in una piccola insenatura circondata dall'acqua del fiume, il Cavaliere mascherato gettò l'animale da una parte e si lasciò cadere con il volto rivolto alle stelle.
Era una notte serena, senza l'ombra di una nuvola.
Il vento placido della sera rinfrescò un poco il Cavaliere. Il suo petto s'alzò e s'abbassò regolare. Era stanco e senza fiato. Ma il suo compito non era ancora terminato.
La spada sempre salda tra le mani, si trascinò verso il lupo, si alzò sulle ginocchia e gli squartò il ventre. Fece molta attenzione a non scendere troppo in profondità.
La pelle coriacea e la cassa toracica si aprirono come burro. Schizzi sanguinolenti volarono a destra e a manca.
Il Cavaliere si fermò un attimo, prese il respiro e sospirò a fondo. Si pulì gli occhi sporchi di sangue, posò l'arma e tirò fuori a mani nude le budella dalla carcassa del lupo.
Dopo aver scavato un po', arrivò finalmente all'enorme sacca bianchiccia dello stomaco. Là dentro, qualcosa mosse.
Il Cavaliere, allora, riprese la spada e aprì a metà anche quel sacco di cuoio bianco. Un visino rotondo e un paio di occhioni azzurri azzurri gli si parò davanti.
Poi, sgomitando un po', ne uscì una bambina dai capelli biondi stretti in due treccine, un paniere di vimini sotto braccio e vestita di una mantellina rossa.
Una volta fuori, porse la mano alla nonna e aiutò anche lei a venire fuori da lì.
- Ah, non ci credo! - esclamò il Cavaliere. - Una vecchia e una bambina! Perché tutte a me!?
- Ohi! Che vuoi dire, scusa? Che abbiamo di male, io e la nonnina? - lo apostrofò la bimba, con voce squillante. Quindi si riassettò un pochettino, si alzò in piedi e osservò il suo salvatore. - Comunque, sei stato veramente figo!
- Signorinella, quante volte ti ho detto di non usare certe parole? - intervenne la nonna. Era una donna avanti con gli anni, con i capelli ricci, corti e bianchi simili a zucchero filato. - E ringrazia il signor cavaliere come si deve!
Ma il Cavaliere non le stette già più a sentire.
Le mani sul capo, fece i cento passi nello spiazzo davanti alla casa ormai del tutto consumata dalle fiamme. - Perché? Perché!? Perché tutte a me!?
La bambina lo raggiunse trotterellando e lo afferrò per un lembo del mantello. - Ehi, signor cavaliere, tutto bene? Che c'è che non va?
- Sono anni che vado in cerca di una principessa da salvare e, dannazione!, sono riuscito soltanto a racimolare vecchie e mocciosi! Pensa che uno l'ho dovuto andare a prendere su pianta di fagioli, di fagioli!, dove viveva un gigante! Ma come diavolo c'è arrivato lassù, dico io! Per non parlare poi di quei due, i due fratellini, quelli che sono andati a mangiare la casa di marzapane della strega... ma me li becco tutti io o è la vostra generazione a essere nata di sghimbescio, mi domando? - Il Cavaliere si fermò un secondo. Sembrò notare la bimba solo in quel momento. - Comunque, tu chi sei?
- Io sono *****, però tutti mi chiamano Cappuccetto Rosso, per via della mia mantellina! - Tutta orgogliosa, fece una mezza giravolta per mostrare al Cavaliere la mantella rossa. - Me l'ha cucita la mia mamma, lo sai?
- E la tua mamma è una principessa, per caso?
Cappuccetto Rosso inarcò le sopracciglia e ci pensò un po' su. - Mmh, no. Direi proprio di no, mi spiace. Perché? A che ti serve una principessa?
Il Cavaliere squadrò la bambina al di là della sciarpa che gli copriva il volto. - Perché solo il bacio di una principessa può sciogliere la maledizione che mi affligge, - spiegò, quindi, con tono tetro e misterioso.
- Una maledizione!? - chiese Cappuccetto, gli occhi sgranati dalla sorpresa. - Accipicchia! E' per questo che vai in giro mas... mas... masrecato?
- Esattamente, - confermò il Cavaliere, con fare teatrale. - Il mio corpo è stato sfigurato in maniera ignobile e ora sono due anni che vado in giro, in queste condizioni, alla ricerca della leggenda che fa per me.
- Ha detto 'leggenda', signor cavaliere? - intervenne Nonna, pulendosi gli occhiali dalle lenti tonde nel grembiule lercio di sangue e succhi gastrici. - Allora, al paese dove vive la mia figliola dovrebbe esserci ciò che fa al caso suo. Giusto, *****?
- Accipicchia, certo! - esclamò Cappuccetto Rosso. - La Gilda dei Cacciatori di Leggende!
- La Gilda dei Cacciatori di Leggende? E che cos'è?
- Faccio prima a farti vedere! Su, vieni!
Cappuccetto si attaccò al mantello del Cavaliere e lo trascinò lungo la sottile striscia di terra che collegava quella che un tempo era la casa della nonna alla terraferma, e si addentrava nella foresta nera. La vecchia signora si accodò ai due, le mani dietro la schiena e un sorriso sereno in volto.
Alcune ore dopo, alle prime luci del mattino, lo strano gruppetto arrivò all'altra estremità della foresta.
Il terreno si ricoprì ben presto di ciottoli, gli alberi e le piante sparirono pian piano e le prime case spuntarono all'orizzonte.
Cubica, dalle mura bianche e il tetto rosso a spioventi, quella della mamma di Cappuccetto Rosso era la prima del villaggio. - Tesoro, ma che ti è successo? - esclamò Mamma, una signora dai grandi occhi azzurri e i lunghi capelli corvini. - E tu, mamma, che ci fai qui?
Cappuccetto raccontò brevemente la loro ultima avventura e presentò il Cavaliere che aveva salvato loro la vita.
- Ah, ma siete tutti sporchi! Venite dentro e fatevi un bagno, avanti.
- No, mamma! - intervenne Cappuccetto Rosso. - Prima devo portare il signor cavaliere alla Gilda dei Cacciatori di Leggende! - E, senza neanche lasciare alla madre il tempo di rispondere, afferrò il Cavaliere mascherato per il mantello e se lo trascinò nuovamente dietro.
Dopo il primo, sparuto gruppetto di case, si aprì il villaggio vero e proprio.
La strada principale, tutta acciottolata, era costeggiata da una sfilza impressionante di alberghi e botteghe. Mostravano tutte il simbolo della propria gilda.
Stivali, martelli, scalpelli, letti e coperte erano raffigurati su insegne di legno che ondeggiavano al vento leggero leggero di quella mattina primaverile.
Giunti in fondo alla via principale, c'era una grossa commenda.
Era un palazzo più lungo che alto, dalle mura di pietra grigia e con porte e finestre di legno. Il tetto, sostenuto da travi di quercia, era in paglia.
Subito sopra l'enorme portone, su una lunga lastra di legno, c'era una scritta tutta arzigogolata e ornata d'immagini di orchi, draghi e unicorni: Gilda dei Cacciatori di Leggende.
Ignorando gli uomini in armatura che parlavano e sbevazzavano da grossi boccali di birra subito di fronte all'entrata, Cappuccetto Rosso spinse la porta di legno ed entrò.
Dentro, la costruzione si diramava su due piani.
Al primo, sulla destra, c'era il bancone del bar, in marmo e legno. Dietro di esso, per tutta la sua lunghezza, si trovava una grossa mensola a muro riempita di alcolici che il Cavaliere non aveva nemmeno mai sentito nominare.
In mezzo alla sala, da cui partivano le due rampe di scale incrociate che portavano agli uffici e alle stanze del secondo piano, c'erano tavoli di legno rotondi e sedie apparentemente fragili, ma occupate da omaccioni grossi e armati.
Sulla sinistra, infine, l'ampia bacheca con le missioni.
- Solo una regola, - bisbigliò Cappuccetto Rosso alle orecchie del Cavaliere, dopo averlo fatto abbassare. - Se non fai parte della gilda, puoi prendere solo le missioni non occupate. I membri hanno la pre... la pre... la predecenza. Chiaro?
Il Cavaliere mascherato annuì, e lui e Cappuccetto raggiunsero la bacheca. - Ehi, la missione della principessa dai capelli turchesi c'è ancora? - chiese un esserino basso, dal naso pronunciato e un copricapo rosso allungato all'indietro.
- No, lo sai, - gli rispose un altro, grosso, pelato e con una lunga barba blu. - Tutte le missioni sui draghi sono di Giorgio e Michele.
- Sì, figurati! Sono in Oriente per l'anno del Dragone. Chi li vede più, quei due!
- Allora, vorrà dire che me la prendo io, - chiuse la questione il tizio dalla barba blu.
- Non così in fretta, - continuò l'altro. - Sarà tua solo se indovinerai il mio nome. Hai tre tentativi!
- Qui ti conoscono tutti, Tremotino. Non ha più senso questo gioco.
Il tizio dal copricapo rosso, Tremotino, sbuffò. - Ah, che palle! Va bene, ho capito, è tutta tua.
Ma il Cavaliere mascherato si infilò tra i due. - Avete parlato di una ragazza dai capelli turchesi? Ho sentito bene? - Parlò in fretta, passando lo sguardo da uno all'altro.
- Sì, e allora? - chiese quello dalla barba blu, osservandolo di traverso.
Il Cavaliere si abbassò al livello dell'uomo dalla barba blu. Si avvicinò così tanto al suo volto da far notare, oltre la sciarpa, i suoi grandi occhi, azzurri e sporgenti. - Devo avere quella missione. E' una questione di vita o di morte!
L'altro ricambiò lo sguardo, con fare minaccioso. - A che gilda appartieni, ragazzo?
- A... a nessuna, a dire il vero. - Il Cavaliere mascherato respirò a fondo. - Però, devo avere quella missione. A qualsiasi costo.
Qualsiasi costo, eh? - L'uomo sfilò la sua mazza ferrata dalla cintura di cuoio che gli cingeva la vita e cominciò a farla roteare. - Facciamo così. - Un sorriso minaccioso gli solcò il viso. - Puoi avere la missione solo se mi batti in duello.
Il Cavaliere strinse il pugno guantato fino a far scricchiolare la maglia di metallo. Il sudore gli colò dalla fronte, lungo il collo. - Dimmi dove e quando.
- Qua fuori. Adesso.
I due si guardarono per un lungo momento, poi l'omaccione prese e uscì dalla sede della Gilda dei Cacciatori di Leggende.
Il Cavaliere mascherato fece per seguirlo ma Cappuccetto Rosso lo tirò da una parte. - Accipicchia! Ma che ti è saltato in mente, signor cavaliere? Nessuno ha mai sfidato Barbablù! Quello ci fa paura a tutti, qui al paese!
- La principessa dai capelli blu! E' lei!
- Lei chi, signor cavaliere?
- La strega che mi ha lanciato la maledizione!
- Ma una principessa non può essere una strega!
- Questo lo dici tu, signorinella! - E, detto questo, anche il Cavaliere uscì dal capannone.
Davanti alla sede della Gilda si era già radunata una bella folla. Barbablù continuò a roteare la propria mazza, andando su e giù per la strada principale. - Ti sei deciso a venire, allora! - apostrofò il Cavaliere non appena lo vide. - Pensavo fossi già scappato.
Il Cavaliere snudò la spada dal fodero che teneva dietro la schiena. Abbozzò un sorriso, dietro la sciarpa blu che gli copriva il volto sfigurato. - Non ci contare troppo.
Con un balzo, il Cavaliere raggiunse il proprio avversario e le due armi cozzarono sulle loro teste.
Il Cavaliere si ritirò un poco e affondò a destra, poi in basso, a sinistra, a destra, in alto, in basso, a sinistra ma Barbablù parò ogni singolo colpo.
Il Cavaliere mascherato saltò all'indietro, si piegò sulle sue gambe innaturali e balzò alle spalle del suo avversario. Barbablù si voltò ma un lazo rosa, rugoso e un po' gommoso gli bloccò il braccio armato e un getto d'acqua lo colpì sul volto.
Il Cavaliere, allora, gli puntò immediatamente la spada alla gola. Barbablù, appena recuperò la vista, deglutì. - Va bene, va bene, - disse, con finta noncuranza. - Diciamo che hai il permesso di accompagnarmi nella missione. D'accordo? - E una luce minacciosa gli illuminò per un attimo lo sguardo.
Il Cavaliere lo squadrò un po'. - D'accordo, - rispose, infine. Piantata la spada per terra, i due si strinsero la mano.
- Allora, ci vediamo domani davanti a casa mia! - intervenne Cappuccetto Rosso. - Così partiamo tutti insieme!
- Come, tutti insieme!? - domandò il Cavaliere con voce strozzata. - Tu non vai da nessuna parte!
- Invece sì! - tagliò corto la bambina. - E ora vieni, che devo andare a casa a lavarmi! Puzzo da far chi... chi... chifo! - Afferrò una volta di più il mantello del Cavaliere e lo trascinò per tutta la via principale. La folla dei curiosi si disperse pian piano.
La casa di Cappuccetto Rosso era piccola ma confortevole. Tutta in legno, al piano di sotto aveva la cucina e il camino. Sopra, invece, c'erano le stanze per la bambina, la mamma e, quando veniva a far loro visita, anche la nonna.
Sulla destra si trovavano le stufe e il grosso camino dentro cui la mamma preparava da mangiare, mentre sulla sinistra c'era il tavolo, quattro sedie e un grosso mobile con le stoviglie. Infine, in un angolo, la conca dove lavare i piatti.
Cappuccetto Rosso prese veloce un cambio di vestiti al piano superiore e uscì dalla porta in fondo al primo piano. Là fuori, insieme alla latrina, c'era la vasca per il bagno.
Non appena la bambina ebbe finito, si misero tutti e quattro a tavola. Mangiarono uno stufato di carne, cereali e patate bollite in un brodo di verdure. Poi, anche il Cavaliere andò a lavarsi.
La conca per il bagno era nel bel mezzo di un praticello privato. Era di metallo e grande abbastanza per farci entrare un cavallo. L'acqua veniva riscaldata da un braciere perenne alimentato da un paio di pietre focaie magiche.
Il Cavaliere mascherato si svestì e, dopo essersi assicurato che nessuno potesse vederlo, si immerse nell'acqua calda fino alla punta della testa.
Prese una delle pietre calcaree sul fondo della tinozza e lavò via tutta la sporcizia e la stanchezza degli ultimi giorni.
Si accarezzò quel corpo deforme e bitorzoluto. Si stava quasi abituando al fatto che fosse suo, che quello lì fosse proprio lui.
Quando finì e rientrò in casa, scoprì che Cappuccetto Rosso si era già chiusa in camera per 'preparare il cestino del pranzo'. Chissà che diamine ha in mente, quella bambina!
Sopraffatto dal sonno, salutò la mamma e la nonna, e si mise in un angolo della sala da pranzo. Appoggiata la spada accanto a sé, dormì d'un sonno senza sogni. Da quando era stato trasformato, non ne faceva più.
Il giorno dopo, Cappuccetto Rosso dovette chiamarlo quattro o cinque volte prima che riuscisse a svegliarsi. La bambina, il cestino di vimini stretto sotto il braccio, era pronta a partire.
Il Cavaliere si alzò, si stropicciò i grandi occhi sporgenti e uscì di casa con Cappuccetto.
Là fuori, nel gelo delle prime ore del mattino, Barbablù se ne stava mezzo nudo a roteare la propria mazza ferrata. - Ah, alla buon ora, - disse, appena li vide. - Allora, andiamo?
Senza dire una parola e senza manco degnarlo di uno sguardo, Cappuccetto Rosso tirò dritto verso la foresta al confine nord-orientale del villaggio.
Barbablù e il Cavaliere mascherato seguirono la bambina e, appena alzarono gli occhi al cielo, la videro.
Una torre così alta da essere visibile ben oltre gli alberi del bosco. Costruita in pietre bianchissime che risplendevano alla luce del sole, sembrava fragile come lo stelo d'un fiore.
Al posto della corolla, però, c'era un piccolo rigonfiamento con un'apertura a finestra e un tettuccio a punta, in pietra azzurra.
E' lassù, pensò il Cavaliere. E un brivido gli percorse la schiena. Non seppe dire s'era piacere, soddisfazione, o terrore.
Il gruppetto si addentrò nella foresta e si ritrovò ben presto al buio. Dalle fronde degli alberi non passava un solo raggio di sole.
Cappuccetto Rosso frugò un po' nel suo cestino e ne tirò fuori un panino dalla forma allungata. Gli spuntò la punta e la sfregò contro la manica della sua mantellina. Questi si accese e un fuocherello arzillo illuminò il percorso.
Gli alberi del bosco erano cresciuti così vicini gli uni agli altri che il Cavaliere e Barbablù dovettero più volte mettersi di traverso e stringersi forte nelle spalle per riuscire a passare attraverso alcuni anfratti.
Attorno a loro, il silenzio. La foresta era disabitata. Né uomini né animali parevano averci mai messo piede.
Il gruppetto spuntò dall'altra parte del bosco e si ritrovò davanti una sfilza di zanne alte quanto il Cavaliere e grosse come Barbablù.
Un odore di zolfo lì investi, sentirono un click come di pietre che sfregano le une contro le altre e videro una fiammata formarsi in fondo a quella caverna d'ossa e di carne.
Cappuccetto Rosso si aggrappò con tutte le forze alla prima figura che trovò vicino a sé e si gettò a destra delle fiamme. Un odore di legno bruciato si alzò nell'aria.
- Ehi, bambina, che diavolo fai? - ringhiò Barbablù.
Cappuccetto gli risalì lungo la schiena e si issò sulle sue spalle. - Combattiamo! Su!
Barbablù scosse la testa, sbuffò e strinse forte il pugno sulla sua mazza ferrata. - E combattiamo, allora.
Barbablù, Cappuccetto ancora sulle spalle, si gettò contro il drago e infilò i denti della mazza in mezzo a due scaglie rosso-violacee. Fece forza con le gambe contro il corpo del mostro e riuscì a farne saltare via una che, da sola, era più grossa della bambina.
Il dragone girò il muso allungato, con due narici che parevano due ciminiere e due enormi occhi giallo-neri, e aprì la bocca. Ne uscì un'altra zaffata di zolfo.
Barbablù saltò all'indietro e Cappuccetto trasse dal suo paniere due panini al latte ricoperti di puntini neri. Li lanciò sulla lingua del drago.
Quello cominciò a starnutire e due fiammate alte un paio di metri gli uscirono dalle nari. Lacrime appiccicose come rugiada gli colarono dagli occhi. - Panini al pepe! - spiegò, soddisfatta, Cappuccetto Rosso.
Ma il drago si mosse all'improvviso per il dolore e colpì Barbablù in pieno stomaco con la sua coda enorme e dura come diamante.
L'uomo volò svariati metri più indietro, perse di mano la mazza ferrata, e atterrò poco distante dalla porta della torre.
Cappuccetto Rosso perse la presa e si ritrovò catapultata in aria. Appena cominciò a ridiscendere, il drago spalancò le fauci e attese paziente che la bambina gli ricadesse dritta dritta in fondo alla gola.
Un paio di braccia lunghe, molli e ricoperte da un mantello ruvido e usurato raccattarono Cappuccetto Rosso al volo.
Il Cavaliere atterrò, piegando le gambe al solito modo ben poco naturale. Posò la bambina per terra e si voltò verso il drago.
- Mi sa proprio che a te ci devo pensare io, - disse, poi. - In fondo, sono un rettile anch'io. - E lasciò cadere a terra il mantello, la sciarpa e gli altri vestiti.
Dalle zampe palmate partivano un paio di gambe lunghe, sottili e flessibili ricoperte di pelle verdastra e bitorzoluta. Il ventre ampio era bianchissimo e un po' rugoso, le braccia tanto sottili e mollicce quanto le gambe. Le mani palmate stringevano con forza l'elsa della grande spada di metallo grigio.
Gli occhi azzurri uscivano un poco dalle orbite, sulla testa calva e viscida. Al posto del naso si trovavano due piccole aperture allungate appena sopra la bocca enorme. Un gozzo biancastro conteneva la lingua rosa, gommosa e bagnaticcia.
Una mosca passò lenta tra i due rettili e il Cavaliere rospo la ingoiò in un sol boccone.
- Accipicchia, ma sei un rospone fantastico! - esclamò Cappuccetto Rosso. - Presto, presto, prendimi sulle spalle!
- Perché mai dovrei...?
- Tu fallo, Cavaliere rospo! Ho un piano!
Il Cavaliere sospirò, si issò la bambina sulle spalle e ascoltò con la sua testa senza orecchie che cosa intendesse fare. Sorrise. Era un buon piano.
Il drago ringhiò e fece uscire due fili di fumo dalle narici. Aprì la bocca e una lingua di fuoco si diresse veloce verso il Cavaliere e Cappuccetto Rosso.
Il Cavaliere rospo saltò con le sue gambe lunghissime, evitò la fiammata e si lanciò sul corpo del dragone.
Il mostro girò il muso, continuando a sputare fiamme. Il prato di fronte alla torre andò completamente abbrustolito.
- Ora! - gridò Cappuccetto Rosso. Il Cavaliere chiuse gli occhi, prese un bel respiro ed evocò la propria magia nella bocca.
Il getto d'acqua e quello di fuoco si scontrarono a mezz'aria, alzarono un vapore fitto fitto e azzerarono la visibilità.
Cappuccetto lanciò altri panini, che scoppiarono in volo e illuminarono il corpo del dragone. Il Cavaliere rospo vide immediatamente la chiazza rosa carne in mezzo alle scaglie violacee, sul fianco destro.
Si girò a mezz'aria e utilizzò la forza propulsiva di un nuovo getto d'acqua per catapultarsi verso il drago.
Atterrato sul corpo dell'animale, piantò la propria spada dritta dritta nell'apertura creata da Barbablù.
Il dragone lanciò un urlo tremendo, si scosse e si agitò terribilmente, mettendo a dura prova la resistenza del Cavaliere.
Appena si aprì una ferita abbastanza larga, Cappuccetto Rosso tirò fuori dal cestino uno dei panini allungati. Lo accese con un fiammifero e lo lanciò dentro.
L'esplosione travolse lei e il Cavaliere rospo in pieno, e li fece volare contro gli alberi della foresta.
Riaprirono gli occhi a fatica. Il fumo sembrava aver coperto tutta la vallata. Vicino a loro, pezzi di carne e scaglie affumicate conficcati nell'erba e nelle piante.
- Incredibile! - esclamò il Cavaliere. - Ha funzionato!
- Certo! Mica faccio le cose a caso, io! Quando ci ha acc... acc... accattato la prima volta, ho sentito un odore, tipo quando la mamma tira fuori le uova dalla cantina dopo che se l'è dimenticate dall'anno scorso, no? E un rumore, tipo quando la nonna accende il fuoco con le pietre. - Il Cavaliere annuì. - Ecco! Allora ho pensato: 'Acchipicchia! Stai a vedere che il drago crea il fuoco usando lo zolfo che ha nella pancia e sfregando qualcosa, tipo una pietra focaia, che ha nella gola!' E lo zolfo, accipicchia, s'inden... s'inden... s'indencia facilmente!
- Sei veramente... - cominciò il Cavaliere, con un sorriso rospesco in volto. Poi la nebbia si diradò e si guardò un po' intorno. - Ehi, ma dov'è Barbablù? - Un urlo di ragazza si alzò dall'ultimo piano della torre.
- La principessa! - esclamò Cappuccetto.
- La strega! - corresse il Cavaliere rospo.
Si alzò di scatto e recuperò, una volta di più, la bambina. Se la mise sulle spalle e raggiunse di corsa l'entrata della torre. Era una porticina di legno e metallo, mezza divelta e un po' sgangherata.
- Così non ce la facciamo mica in tempo! Salta!
- Fin lassù!?
- Fin lassù!
Il Cavaliere chiuse gli occhi, sospirò, e li riaprì. Lanciò un'occhiata alla finestra dell'ultimo piano. - Ah, e va bene!
Piegò le gambe, fino a che non sentì i muscoli e tutti i tessuti del proprio corpo tirare per lo sforzo. Era la prima volta che tentava un salto del genere.
Si lasciò andare e l'aria gli sferzò il volto a una velocità supersonica. Cappuccetto Rosso dovette avvinghiarsi con le unghie all'amico per non cadere di sotto.
Con un ultimo sforzo, utilizzò il proprio corpo largo e dalle zampe palmate per vincere la spinta, e si fermò a mezz'aria. Quindi, atterrò sul davanzale della finestra in pietra bianca e blu.
Il Cavaliere e Cappuccetto guardarono dentro. Barbablù teneva la principessa per un braccio e le puntava la mazza ferrata alla gola.
Aveva sul volto un sorriso sadico. Le annusò il collo. - Tu ora verrai con me, di sotto, e ci rimarrai finché non lo dirò io, - disse, e la trascinò verso la botola aperta alle loro spalle.
Cappuccetto Rosso saltò giù dalle spalle del Cavaliere. Il rumore dei suoi passettini sul pavimento di pietra richiamarono l'attenzione di Barbablù.
- Ehi, ma voi che... AAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!!!!!!!!!! - Un urlo sovrumano si alzò dalla gola dell'uomo alla vista del Cavaliere rospo.
Lasciò cadere la mazza a terra e barcollò all'indietro.
Cappuccetto si precipitò alle sue spalle, si chinò sulle quattro zampe e lo fece inciampare nel suo corpicino. Quello precipitò di sotto, dritto dritto nella botola che aveva aperto lui stesso.
Vi fu un tonfo, poi più nulla.
Cappuccetto Rosso si alzò e si spolverò il vestito. Chiuse la botola a chiave e si presentò subito alla principessa.
Era una ragazza dal viso delicato, color panna, con un nasino piccolo piccolo e un po' a punta, le labbra sottili e due occhi neri e allungati. I capelli, mossi e turchesi, le ricadevano lungo tutto il vestito blu notte.
Chissà per quanto tempo aveva vissuto lassù, tutta sola, in quella stanza di pietre bianchissime, si domandò Cappuccetto. Là non c'era altro che uno specchio, una conca per la toilette e un grande letto a baldacchino, con coperte blu e azzurre.
- Mi spieghi perché diavolo ti sei andata a ficcare su questa dannata torre, Fata? - esordì il Cavaliere, tra l'irritato e lo sconcertato.
- Volevo vedere quanto tempo ci avresti messo a trovarmi, scemotto! Anni! Sono anni che ti aspetto! Spero che tu sappia farti perdonare, eh!
- Ah, io dovrei farmi perdonare!? Sono dovuto andare in giro conciato così per tutto questo tempo, per colpa tua!
- Almeno impari a non farmi arrabbiare, sciocchino!
- Mpf. Ora vedi di farmi tornare normale.
- Certo, certo.
La principessa si avvicinò con passo vellutato, come se fluttuasse, al Cavaliere. Gli posò le mani sulle spalle, si tirò su fino in punta di piedi e sfiorò le labbra del rospo con le proprie.
Il Cavaliere sentì i muscoli irrigidirsi, braccia e gambe rimpicciolirsi. Aveva riacquistato le sue vecchie sembianze di burattino di legno.

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Buonasera (o buongiorno, a seconda di quando leggete) a tutti,
benché sino a ora abbia pubblicato soltanto fanfic, il mio grande sogno è quello di diventare un autore pubblicato, come credo per molti degli scrittori del sito. Ho scritto questo racconto fantasy per un concorso che, ahimé, non è andato come speravo! Però mi interessava comunque avere un parere sul racconto (i concorsi ufficiali, ovviamente, ti dicono solo se hai vinto o meno...) e ho pensato e ripensato più volte se postarlo su EFP o meno. Alla fine, forse anche perché nei giorni scorsi (in nave, sul mare che si estendeva di fronte a me: un'esperienza unica, ve lo assicuro!) ho cominciato una nuova storia, questa volta lunga, sempre di genere fantasy (epic/heroic fantasy, per l'esattezza), mi sono deciso a pubblicarlo. E' un divertissement, qualcosa che - nei miei piani - dovrebbe coniugare una descrizione realistica di questo mondo e dei combattimenti con una certa leggerezza di fondo, tra richiami all'immaginario popolare e un finale a sorpresa. Spero solo che vi piaccia e spero, spero, spero che commentiate numerosi, fosse anche solo per elencarmi tutti i difetti del racconto e barrarlo con una bella bandierina rossa!
Grazie in anticipo, se non altro per essere arrivati sino a qui nella lettura,

il vostro autore

   
 
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