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Autore: frances bruise    13/11/2013    0 recensioni
Questo è un monologo, ossia un lungo discorso - discorso? Beh, non è che si possa chiamare proprio così - di un personaggio in particolare: Caroline Forbes.
Mi sono interessata al personaggio di Caroline, perché ci tenevo a non renderlo il solito personaggio piatto. Lei sembrerebbe essere la tipica oca bionda, ma la realtà è che non è così, neanche lontanamente. Per questo motivo, ho deciso di sviluppare il suo punto di vista.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PUNTO DI VISTA DI CAROLINE FORBES.


Caroline Forbes.
Cheerleader, membro del Comitato Studentesco, biondina tutta sorridente, con un corteo di ragazzi al seguito.
Fino ai miei diciassette anni, ero rimasta la Caroline Forbes che si atteneva alle aspettative di tutti: sorridevo, scherzavo coi ragazzi, facevo l'oca giuliva. Forse su tutto questo si era sempre basata la mia popolarità al Liceo di Mystic Falls, e tutti mi conoscevo perché ero la "biondina tutto pepe" cui piacevano solo il rosa, i ragazzi e i balli scolastici.
E non era forse vero?
Ma io non sono più la Caroline Forbes, la Barbie alla ricerca dei Ken di turno. Se posso essere sincera, è stata la conoscenza di Elena - sì, la mia migliore amica Elena - a stravolgere completamente la mia vita: lei aveva conosciuto un ragazzo, al liceo, che si chiamava Stefan Salvatore. Un bel ragazzo, non c'è che dire, ma con un segreto inconfessabile.
Era un vampiro.
Lo ignoravo, ovviamente, e mi ero fidata ciecamente di suo fratello maggiore, Damon Salvatore. Di Damon mi erano sempre piaciuti gli occhi, così azzurri e così in contrasto col resto del suo aspetto: Damon aveva i capelli corvini, dello stesso colore di una notte senza stelle. Indossava solo abiti neri, e - nell'insieme - aveva un aspetto prettamente tenebroso.
Poi c'erano gli occhi azzurri che, in un certo senso, facevano da fari nella notte buia e senza luna. Forse questo mi aveva colpito di lui, fatto sta che mi ero fidata e che lui si era approfittato di me in tutti i sensi.
E' buffo da dire, ma ero divenuta il suo "buffet personale": si serviva di me per nutrirsi, e poi mi cancellava la memoria per farmelo dimenticare.
Era una creatura crudele e senza scrupoli. Un vero e proprio stronzo.
Comunque, devo ringraziare Elena, se adesso sono ciò che sono.
Elena è stata la mia chiave per raggiungere un regno di perenni tenebre. Ma non è certo colpa sua!
Al cuore non si comanda, come si suol dire. E, come diceva quell'idiota di Pascal: "Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce".
 
La seconda persona che devo ringraziare, si fa per dire, è Katherine Pierce.
E' stata lei a tramutarmi nel mostro che sono ora, per vendicarsi su Elena e sui due fratelli Salvatore. Lei ha spezzato la mia vita per vendetta, e - tanto per aggiungere del dramma alla tragedia greca - per me è stato difficilissimo abituarmi alla vita da vampiro: i primi tempi, le mie percezioni eravano divenute acutissime (avrei potuto udire il pianto di un neonato a chilometri di distanza), e non ero riuscita a controllare la... sete.
Avevo ucciso un uomo. Un uomo, perdio!
Se sono riuscita a cavarmela, in quel periodo, non è stato certo grazie al mio spirito di sopravvivenza: è stato grazie a Stefan, che mi ha insegnato come nutrirmi del sangue umano senza privare i poveri esseri mortali della loro amatissima linfa vitale. E, così, paradossalmente, ce la feci.
 
Con la mia vita da vampiro, arrivarono i problemi sentimentali.
Sto parlando, precisamente, di una lunga schiera di problemi non proprio indifferenti. Ma procedo con ordine.
Il primo ragazzo per cui avessi avuto un interesse serio, era Matt Donovan: lui era l'ex ragazzo di Elena, ma non per questo mi fu impedito di frequentarlo regolarmente. Quando ero ancora umana, non era stato un problema, dato che eravamo entrambi mortali. L'unico problema, a quanto mi era sembrato, era stato sua madre.
Sua madre, che aveva ancora la testa da un'altra parte - precisamente, era ancora fissata col ricordo di Elena - e che non mi accettava affatto. Non mi riteneva all'altezza della mia amica, e non si preoccupava neanche di nascondermelo. Comunque, non era presente nella sua vita di suo figlio e - quindi - nulla ci aveva impedito di frequentarci.
Quando ero diventata un vampiro e lo avevo confidato a Matt, lui si era rifiutato di frequentarmi: un vampiro aveva ucciso sua sorella Vicky, e si rifiutava categoricamente di frequentarne un altro. Tuttavia, col tempo, ero riuscita a fargli accettare la mia natura.
Ero divenuta una vampira stabile, che non si dava agli eccessi, perfettamente capace di nutrirsi senza fare del male agli altri. E, per un po', la nostra relazione fu florida.
Ma, poi, arrivò Tyler.
 
Tyler incarnava la maledizione del licantropo, che aveva ereditato da suo zio Mason.
Ero presente, quando aveva completato la sua trasformazione: chissà che diamine era preso a Matt, tanto da spingerlo a provocare Tyler e a determinare - successivamente - la morte di una ragazza. Con la morte di quest'ultima, Tyler completò la transizione e divenne un licantropo a tutti gli effetti.
Se potessi descrivere Tyler, in quel periodo, potrei dire che era spaventato a morte: non avevamo la più pallida idea di cosa comprendesse la trasformazione in lupo nelle notti di luna piena e, dopo che avemmo visto un video realizzato da Mason Lockwood, eravamo ancor pù terrorizzati.
Ero stata molto vicina a Tyler, in quel periodo, e lo avevo aiutato con la sua trasformazione. Era stato lo spettacolo più atroce cui avessi mai assistito: Tyler era contratto dal dolore, le sue ossa si muovevano indipendentemente ed io avevo assistito a tutto ciò, incapace di fare qualcosa. Non potevo fare nulla per poterlo aiutare, per poter scemare il suo dolore, avevo solo potuto stargli vicino. Punto.
Dopo la sua trasformazione, avevo deciso che lo avrei aiutato in ogni notte di luna piena e - tra di noi - si era consolidato un rapporto destinato a non essere mai distrutto.
Ciò, agli occhi di Matt, era parso un tradimento nei suoi confronti, nonostante non ci fosse mai stato nulla tra me e Tyler.
E poi Tyler se ne era andato, per non essermi d'impiccio, e tra me e Matt era finita definitivamente.
Eppure, tra me e Tyler non era affatto finita lì.
Io e Tyler avemmo una relazione.
Una relazione piuttosto fisica, c'è da dire. Eppure, il primo problema per la nostra relazione fu esattamente della stessa natura di quello che avevo avuto con Matt: sua madre, Carol Lockwood, non apprezzava particolarmente la nostra relazione e, in più, la disgustava il fatto che ero una vampira. Mi aveva perfino fatto torturare da mio padre, per poi scoprire da parte di Tyler che anche suo figlio era un essere soprannaturale e rinunciare alle maniere forti. In seguito a questa scoperta, sia mia madre - lo sceriffo - che la madre di Tyler tentarono di coprire la nostra vera natura di fronte a tutto il Consiglio di Mystic Falls.
 
La nostra relazione venne sconvolta da un enorme cambiamento: Klaus, uno dei Vampiri Originari, era intenzionato a creare un suo esercito privato di ibridi (ossia, esseri a metà tra il vampiro e il licantropo) e ad un certo punto si era servito di Tyler per renderlo un ibrido a tutti gli effetti. Per farlo, gli aveva dato il proprio sangue, poi lo aveva ucciso e lo aveva reso un ibrido per mezzo del sangue di Elena, la doppelganger di Katherine Pierce.
Dire che ero rimasta scioccata è dire poco. Non avrei mai potuto immaginare l'esistenza di un essere tanto perfido, da essere capace di ogni malignità. Perché Klaus non si fermava proprio di fronte a nulla, pur di raggiungere i propri scopi; e, sfortunatamente, sembrava essere malato di quella malattia che gli psicologi chiamano "megalomania", la passione per le grandiosità. Klaus voleva un esercito di ibridi per essere il capo del mondo intero. Un progetto folle che solo un pazzo avrebbe potuto accarezzare. Ed io credevo davvero che Klaus fosse un pazzo mitomane.
Dopo aver tramutato Tyler in un ibrido, lo aveva reso il suo schiavetto personale. E, da qui, avevamo scoperto l'esistenza di un potere che andava ben oltre la semplice volontà individuale: l'asservimento. Tyler si sentiva grato nei confronti di Klaus perché l'aveva liberato dall'opprimente maledizione del licantropo, ed era disposto a fare qualunque cosa lui gli dicesse di fare.
Perfino mordere me, quando sapeva benissimo che il morso di un licantropo è fatale per un vampiro.
Così, Tyler mi aveva morso ed io - come la povera Rose prima di me - ero destinata a morire.
 
Se ci ripenso, avrei preferito morire.
Ma allora non immaginavo certo ciò che sarebbe successo in seguito al gesto di Tyler, che nel frattempo era scappato per andare a sciogliere il vincolo di asservimento.
Sfortunatamente, l'unico in grado di salvare un vampiro morso da un licantropo era proprio Klaus. Me lo ritrovai di fronte quella stessa sera, mentre me ne stavo nel mio letto, in fin di vita; e non potevo crederci che fosse davvero lì, davanti a me. Del resto, chi glielo faceva fare?
Ma ciò che non potrò mai dimenticare furono le sue parole. Le parole più belle che un uomo potesse rivolgere ad una donna, o che - più in generale - un uomo potesse rivolgere al mondo intero.
Klaus mi chiese se volessi continuare a vivere nelle spoglie di un vampiro. Ed io, inizialmente, quasi lo guardai incredula: che domanda era, quella?
Ma, poi, aveva continuato, elencandomi tutti i lati positivi di essere... eterni.
Avrei potuto essere in qualsiasi posto, con qualsiasi persona avessi desiderato; avrei potuto ascoltare la musica, in ogni secolo. Avrei potuto vedere gli altri invecchiare, le stagioni e gli anni passare; le foglie imbrunite cadere dagli alberi e sentirmi comunque eterna. Il suo discorso, che avrebbe potuto essere scambiato per un monologo, quasi mi aveva commosso.
Poi mi aveva rivolto nuovamente la domanda: "sei sicura di voler continuare a vivere?".
E io gli avevo detto di sì.
 
Non sapevo quanto grandi sarebbero stati i miei sentimenti per Klaus.
Tanto meno potevo sapere quanto grande potesse essere la sua compassione nei miei confronti: sotto le spoglie di un essere crudele, perfido, megalomane, mitomane, sadico... Beh, sotto quelle spoglie si nascondeva l'animo di un artista, di un apprezzatore della buona musica, di un uomo... romantico.
Romantico perché il suo modo di vedere le cose lasciava spesso ad occhi aperti e sognanti, e - per quei momenti in cui lo si sentiva parlare dell'arte e del mondo - si smetteva di vederlo come un mostro privo di sentimenti e di umanità. O, almeno, io lo vedevo così.
Non sapevo perché, ma - quando parlava con me - lui non era un mostro, era semplicemente un uomo. L'umanità di Klaus mi piaceva, anche se ero ben lungi dall'ammetterlo di fronte al mondo intero: per tutti i miei amici, Klaus era il nemico; per me, avrebbe dovuto essere quello che aveva asservito il mio ragazzo. Invece, non riuscivo proprio a vederlo solo in quel modo.
Quando ero con lui, tendevo a fargli credere che lo considerassi come tutti lo consideravano: un mostro.
Ma non era così, per niente.
 
Tirando le somme, potrei quasi definire con certezza cos'è Klaus per me.
Klaus, l'essenza di Klaus, è una rosa.
Una bella rosa profumata, rossa come la passione e bella. Davvero tanto bella.
Peccato che ci siano così tante spine sul suo gambo.
Davvero, troppe spine...
   
 
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