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Autore: bieberlicious    14/11/2013    1 recensioni
La bambina -avvolta in un lenzuolo- le fu appoggiata tra le braccia, e solo in quel momento si rese conto della realtà: stava tenendo tra le braccia sua figlia.
Fu avvolta da un senso di appartenenza; si sentiva piena, piena da scoppiare.
Piena di vita, di forza, di coraggio.
Piena di amore per quella piccola creatura dalle labbra a forma di cuoricino, dal nasino perfetto e gli occhi penetranti.
E in quel momento, Aria, fu travolta da un ricordo.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO

 

Aria ricadde sul letto, incredibilmente sfinita, completamente distrutta, infinitamente stupefatta.
“È una femminuccia, tesoro.” Urlò l'ostetrica, prendendo tra le mani una creaturina minuscola.
La ragazza, con le poche forze che le rimanevano, scoppiò in un pianto liberatorio mentre un sorriso sincero le nasceva sulle labbra.
E le lacrime corsero via, scivolandole sul volto, bagnate, infuocate, liberatorie.
Con la vista appannate dalla lacrime, si alzò quel tanto che bastava per vedere la piccola creatura che veniva lavata, a testa in giù, mentre piangeva a più non posso.
Le venne da piangere di nuovo, per la gioia, per il dolore, per la perdita e la sconfitta.
Si sentiva piena.
Piena di gioia, felicità, amore. 
Si sentiva piena di vita. 
La bambina -avvolta in un lenzuolo- le fu appoggiata tra le braccia, e solo in quel momento si rese conto della realtà: stava tenendo tra le braccia sua figlia.
Fu avvolta da un senso di appartenenza; si sentiva piena, piena da scoppiare.
Piena di vita, di forza, di coraggio.
Piena di amore per quella piccola creatura dalle labbra a forma di cuoricino, dal nasino perfetto e gli occhi penetranti.
E in quel momento, Aria, fu travolta da un ricordo.

 

“Dai, stai buona.” Le sussurrò lui, stringendole un seno al di sopra del tessuto morbido del reggiseno.
Aria ansimò sulle sue labbra; voleva perdersi in lui e voleva che, a sua volta, lui si perdesse in lei, ma non poteva rimandare ancora ciò che aveva da dirgli.
Gli posò le mani sulle spalle, cercando di farlo stare buono, ma lui si divincolò, portandola di schiena sul letto.
“Voglio prenderti.” Le sussurrò, cercando di aprirle la cerniera dei jeans.
Lei aveva una paura matta di dirgli ciò che stava tentando di comunicargli, e lui non la aiutava di certo facendola confondere con le sue carezze e le sue parole; sapeva essere un diavolo tentatore, quel ragazzino, quando ci si metteva.
Aria non stava reagendo come doveva alle attenzioni del ragazzo, il quale le aveva infilato una mano tra le gambe e, la non concentrazione di Aria, lo portò a sbuffare e buttarsi di schiena sul letto.
“Cazzo, Aria, non puoi lasciarmi come un bambino eccitato di undici anni.” Grugnì lui, portandosi un braccio a coprirsi il volto.
Lei si girò a guardarlo, e notò che la situazione non era delle migliori, e ciò le strappò un sorriso.
Visto che lui si era finalmente arreso, ne approfittò per abbottonarsi la camicetta e tirarsi su la zip dei pantaloni.
“Dai.” Gli sussurrò, avvicinandosi.
Gli soffio uno sbuffo d'aria sulle labbra, come un gattino alla ricerca di fusa, ma ricevette come risposta solo un altro sbuffo.
Gli spostò il braccio da davanti agli occhi e lo guardò, cercando in quel color nocciola la risposta a tutte le sue domande, ma trovò solo tanta gioventù e voglia di vivere la vita al cento per cento.
Per fargli passare il broncio, Aria gli appoggiò le labbra alla base del collo e la mano sul cavallo dei pantaloni, per dargli una mano a sistemare la situazione -
in senso pratico-, ma lui la scostò. “Non mi va più.” Le disse, digrignando i denti.
Aria si sentiva persa, sconfitta, troppo piccola per affrontare tutta quella situazione: non sapeva come parlargli, come spiegargli una situazione che neanche lei aveva capito, le sembrava tutto un enorme incubo.
“Ti devo parlare di una cosa importante.” Sibilò, avvicinandosi a lui che nel frattempo si era appoggiato di schiena alla testiera del letto.
Gli appoggiò la testa sul petto, cercando di farsi forza.
Lui le prese qualche ciocca di capelli e se l'avvolse attorno al dito, un gesto che lo rilassava sempre.
“Qual è questa cosa importante?” Le domandò, disegnando il profilo del suo naso per poi scendere lungo le labbra.
Aria sospirò pesantemente, un peso enorme le incombeva nel petto e, quando parlò, si stupì della fermezza con cui le uscirono le parole. “Sono incinta.” 
Automaticamente, la mano di lui si fermò e smise di accarezzarle i capelli.
Lei sentì chiaramente il corpo di lui irrigidirsi sotto di sé, strinse gli occhi e i denti, sperando di svegliarsi da un momento all'altro.
“Com'è possibile?” Le chiese, scostandosi, e facendola scostare a sua volta.
Si ritrovarono faccia a faccia, lui con gli occhi sgranati dal terrore, lei con gli occhi sgranati dalla paura.
Aria iniziò a respirare pesantemente, i polmoni le bruciavano e la gola sembrava essere in fiamme, conosceva quella sensazione: era sull'orlo di un precipizio e rischiava di crollare da un momento all'altro.
Lui era lì, ma era distante migliaia di chilometri, aveva eretto tra di loro un muro, lei lo percepiva.
“Credo di non aver preso la pillola al giusto orario.” Sussurò lei, con la voce smorzata dalla vergogna e dalla paura.
Aveva iniziato a prendere la pillola da qualche mese, e puntualmente lui le era venuto dentro, e lei puntualmente aveva preso la pillola.
Ma non c'era nulla di puntuale, perché ora lei si ritrovava ad avere un
puntino dentro di lei.
“Cazzo, cazzo, cazzo. Non ci posso credere. Non è possibile, se è un incubo svegliami, ti prego.” Urlò lui, urlò nel modo in cui lei odiava.
E si alzò, allontanandosi ancora di più.
Aria non fece obbiezioni sul suo tono di voce, anche lei aveva voglia di urlare, ma non avrebbe mai scaricato la sua frustrazione su di lui.
Lui si prese i capelli tra le mani, esasperato, ed iniziò ad andare avanti e indietro per la stanza.
“Che facciamo?” Gli domandò, Aria, con un filo di voce.
Lui si voltò a guardarla, quasi come se fosse un extraterrestre, e le parlò con disprezzo. “Cosa vuoi fare Aria, COSA?” Urlò ancora.
Una lacrima le rigò il volto, e istintivamente si mise una mano sul ventre. “Non lo so.” Sussurrò.
“Non lo sai? Allora lascia che te lo dica io.” Grugnì lui, avvicinandosi alla ragazza. “Devi abortire, ecco cosa devi fare. Questo bambino è un
fottutissimo errore.” 
Lei si strinse la mano sul ventre:
un fottutissimo errore. Quello non era il suo ragazzo, colui a cui aveva dato tutta se stessa.
Le lacrime le scivolarono sul viso, lacerandole il volto, e un singhiozzò le trapelò l'anima. Stava precipitando giù dal precipizio, stava precipitando ad una velocità spaventosa.
“E non piangere, cazzo.” Sbottò lui, avvicinandosi. “E dimmi, come cazzo posso essere sicuro di essere io il padre?” Le domandò, parlandole con voce seria e ferma, ciò che le fece più male.
Si sentì come se l'avesse appena colpita in pieno viso con uno schiaffo, si sentiva derisa, usata, violata.
Lo guardò, e fu come se lo vedesse per la prima volta dopo due anni che stavano insieme. “Come puoi dire questo?” Fu il suo momento di urlare. “Sei stato il mio primo e unico ragazzo, sei l'unico che mi abbia mai anche solo sfiorata!” Urlò lei, sfinita moralmente e fisicamente.
Lui la guardò, addolcendo lo sguardo, rendendosi conto di ciò che aveva detto. “Non so più niente.” Sussurrò alla fine.
Lei si sentì lacerata, spezzata, distrutta. “Justin...” Lo chiamò, pronunciando il suo nome come se fosse una preghiera.
E forse lo era davvero, gli stava chiedendo dove fosse finito il suo Justin.
 

 

Le grida della piccola riportarono Aria alla realtà.
“Saremo io e te piccola mia, contro il mondo. Ce la faremo.” Le lacrime le pizzicarono gli occhi e baciò la fronte di sua figlia.
 
 
 
 
 

* * *
 


Ho scritto questo capitolo circa un anno fa.
Anche se per ora ho chiuso la scrittura, con quest'OS spero di lasciarvi un bun ricordo.
Alla prossima.
   
 
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