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Autore: EarthquakeMG    14/11/2013    3 recensioni
Paciock è un incapace, eppure Blaise non riesce a togliergli gli occhi di dosso. Non è sua intenzione, di certo non ha voglia di perdere il suo tempo ad osservarlo inciampare e balbettare continuamente ma non riesce a farne a meno. Certe mattine si perde ad osservarlo mentre si abbuffa a colazione e cerca di seguire i lunghi sproloqui della Granger, incapace di rispondergli perché con la bocca piena e limitandosi ad annuire, fingendo di seguire un filo del discorso in realtà inesistente.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Neville Paciock
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Cat got your tongue, Paciock?


A Blaise quel Paciock non è mai interessato. Certo, anche lui ha notato il repentino cambiamento avvenuto tra il quinto ed il sesto anno e si è sorpreso nel vedere quel ragazzo paffuto e bruttino trasformarsi in un bel giovanotto dall’aria continuamente frastornata. Quel Grifone è sempre stato imbranato, impacciato, piagnucolone ed eccessivamente gentile; è sempre andato in giro con quell’aria da cerbiatto smarrito, i libri di Erbologia stretti al petto e la divisa sgualcita, schivando gli sguardi di amici e nemici, sfuggendo ai tocchi di chiunque, ansioso di rintanarsi in quella biblioteca che tanto ama. Non si è mai curato degli sguardi carichi di scherno e delle parole di disprezzo che le Serpi gli hanno riservato fin dal primo anno, è sempre andato avanti a testa bassa, rifugiandosi in quel nido in cui il famoso Trio dei Miracoli –Harry Potter, Hermione Granger e Ron Weasley- l’ha sempre protetto; non ha mai inveito contro qualcuno, non si è mai arrabbiato né ha mai dato di matto, non si è mai schierato eppure è sempre rimasto al tavolo dei suoi compagni Grifoni, osservando da lontano il mondo che lo scherniva a causa della sua sbadataggine.
Blaise non s’è mai chiesto cosa gli passasse per la mente, in realtà qualche volta l’ha fatto ma non è mai riuscito ad immedesimarsi completamente in lui, consapevole della diversità che li divide. Lui è un tipo schivo e schietto, poche persone sono a conoscenza della sua storia e di ciò che ama ed odia fare, soltanto la sua ristretta cerchia di amici può vantarsi di conoscere –almeno in parte- Blaise Zabini, detesta le folle e le feste senza alcool, detesta gli inetti e chi davanti a lui balbetta ed arrossisce, detesta i deboli e i codardi. Paciock è il suo esatto contrario, è timido ma basta poco per entrare a far parte della sua cerchia di amici e venire a conoscenza di molti aspetti della sua vita, ama circondarsi di gente allegra, a volte veste i panni di una crocerossina e si ritrova ad aiutare tutti coloro i quali sono in difficoltà, è un codardo e come tale preferisce circondarsi di persone come lui che non di gente coraggiosa, tranne il Trio dei Miracoli ovviamente.
 
Blaise iniziò ad osservare Paciock, incapace di distogliere lo sguardo dalla sua figura, una mattina di Settembre. Stava camminando alla ricerca dell'aula di Difesa contro le Arti Oscure che, come al solito, era nuovamente cambiata - quando notò il Trio dei Miracoli aggirarsi sconvolto per i corridoi; la Granger si muoveva frenetica, fermando chiunque e parlando frettolosamente, Weasley e Potter si guardavano intorno circospetti, fermandosi a controllare ogni angolo di quel corridoio, aprendo le porte delle aule vuote e guardando perfino dietro le colonne.
«Avete visto Neville?» chiese la Granger ai ragazzi che si muovevano veloci, preoccupati di arrivare in ritardo a lezione, fermandoli in mezzo al corridoio.
Blaise scosse la testa e alzò gli occhi al cielo, perché solo degli stupidi Grifoni potevano aver perso un loro compagno e soprattutto soltanto loro potevano preoccuparsene a tal punto da mobilitare l'intera scuola che del loro compagno se ne fregava altamente. Superò la calca di studenti e si recò al terzo piano, indispettito dal non essere ancora riuscito a trovare l'aula della sua prima lezione di quella mattina, svoltò a destra e si fermò davanti ad una porta socchiusa, la osservò per qualche attimo e poi spinse con la mano destra, aprendola ed entrando all'interno dell'aula che proteggeva.
La stanza era vuota, impolverata e cupa, fatta eccezione per un angolo in fondo, illuminato dalla luce di un Lumos ed occupato da una figura accovacciata su se stessa.
«Chi c'è?»
Una voce incerta e poco conosciuta si levò lieve nell'aria, portando la Serpe ad avvicinarsi ulteriormente, fino a quando non si ritrovò a pochi passi dalla figura solitaria presente in quella stanza, rimanendo all'ombra e nascosto dal suo sguardo.
Davanti a lui vi era Neville Paciock, la camicia sbottonata fino al petto, i capelli scompigliati, le labbra martoriate dai denti e gli occhi impauriti; tra le sue mani vi era un libro il cui titolo non si leggeva bene. La sua espressione era colpevole, come se fosse stato colto in flagrante, e Blaise intuì che stesse leggendo qualcosa di proibito. Si incuriosì ed avvertì dentro di sé la voglia di scoprire di più, di chiedere a quel ragazzo cosa stesse leggendo e perché lo facesse proprio lì, lontano dagli sguardi dei suoi stessi compagni ed amici.
«Ti stanno cercando.» asserì con disinteresse.
Paciock sobbalzò, trattenendo il respiro, e poi sospirò all'improvviso.
«Lo so.» ribatté. «Non dire loro che son qui, per favore.» continuò, perdendosi in una supplica.
«Mi stai chiedendo di mantenere il segreto?» gli chiese Blaise, incrociando le braccia al petto e facendo qualche passo in avanti, mostrandosi finalmente a lui.
Paciock sgranò gli occhi e trattenne ancora una volta il fiato, serrando le mani sulla copertina del libro e irrigidendo la schiena, mostrando la propria sorpresa e la paura di avere davanti a sé proprio lui, forse l'ultima persona che avrebbe mai voluto vedere.
«Zabini?» domandò.
Blaise annuì, aprendosi in un mezzo ghigno.
«In persona.» rispose. «E mi hai appena chiesto un favore.» continuò.
Si aspettava tante cose, credeva scappasse oppure lo supplicasse di non dire nulla ai suoi compagni ma Paciock non fece niente di tutto quello, si arrese all'evidenza e distolse lo sguardo dal suo, tornando a concentrarsi sul libro che era adagiato sulle sue gambe.
«So che non mi aiuterai.» disse. «Non ti darò nulla in cambio.» continuò serio.
La Serpe venne spiazzata da quel comportamento, Paciock non aveva agito come i codardi Tassorosso né come gli arroganti Grifondoro; non aveva tremato di paura né si era mostrato impertinente, aveva assunto un'espressione così seria e così diversa dal solito che Blaise non poté far altro che chiedersi chi avesse davvero davanti. Fu in quel momento che iniziò a pensare che Paciock fosse diverso dagli altri, che fosse interessante, forse quasi degno delle sue attenzioni.
«Non dirò niente.» asserì, voltandogli le spalle e avvicinandosi alla porta ancora semichiusa per poi oltrepassarla e chiudersela alle spalle, ma non prima di aver sentito quel "Grazie" che gli vorticò nella testa per giorni.
 
Paciock è un incapace, eppure Blaise non riesce a togliergli gli occhi di dosso. Non è sua intenzione, di certo non ha voglia di perdere il suo tempo ad osservarlo inciampare e balbettare continuamente ma non riesce a farne a meno. Certe mattine si perde ad osservarlo mentre si abbuffa a colazione e cerca di seguire i lunghi sproloqui della Granger, incapace di rispondergli perché con la bocca piena e limitandosi ad annuire, fingendo di seguire un filo del discorso in realtà inesistente. Lo osserva a lezione, quando a Trasfigurazione segue quasi rapito i movimenti della McGranitt e cerca di replicarli ma con scarsi risultati, assumendo un’espressione delusa e rassegnata, scostandosi un ciuffo dalla fronte e sbuffando per poi poggiarsi a braccia conserte sul banco ed osservare con tristezza i propri compagni gioire per un incantesimo riuscito alla perfezione. Lo osserva anche in biblioteca, quando è intento a leggere con attenzione i libri di Erbologia che la Sprite gli ha consigliato, rapito da quelle parole che impara praticamente a memoria e che lo rendono ancor più sciocco di quanto già non sia.
E i suoi sguardi sono perfino ricambiati. Inizialmente Paciock sembrava ignorarlo volutamente, trovando sempre qualcosa di più interessante da osservare, più passavano i giorni però e più il Grifone vacillava, indugiando qualche minuto di troppo sulla figura della Serpe ed arrossendo notevolmente ogni volta, conscio di ciò che stava facendo. Ogni volta che i due si osservano il mondo attorno a loro svanisce, non ha importanza dove siano o con chi siano, se lo sguardo dell'uno si perde in quello dell'altro tutto il resto passa in secondo piano e perfino il vociare confuso dei corridoi diventa molto simile al silenzio. E Blaise inizia a trovare quasi piacevole quello scambio di sguardi, il suo sgomento iniziale è sparito con il tempo e alla sua espressione solitamente imbronciata si è sostituito un sorrisetto quasi innocente, soddisfatto ma non derisorio, che l’ha reso diverso sia ai suoi occhi sia a quelli di Paciock e, forse, anche a quelli dei suoi compagni di casa.
 
Se solo i suoi compagni avessero fatto attenzione, si sarebbero accorti del cambiamento, avrebbero notato che la mattina, in Sala Grande, lo sguardo di Blaise indugiava spesso al tavolo dei Grifondoro, soffermandosi sulla figura confusa di Paciock che si immobilizzava - estraniandosi - e puntava il proprio sguardo sul suo, la mano a mezz'aria e il cibo abbandonato sul piatto, per distoglierlo poco dopo, imbarazzato e rosso in viso, non alzando più gli occhi dal suo piatto ancora pieno di cibo. Se fossero stati più attenti, si sarebbero accorti di come i loro corpi si fossero avvicinati gradualmente, di come le loro mani si sfiorassero a lezione di Pozioni anche quando i due si trovavano troppo lontani per giustificare quei tocchi fin troppo consapevoli; si sarebbero accorti di come le dita di Blaise sfiorassero il dorso della mano di Paciock e di come quest'ultimo sobbalzasse ogni volta, abbassando lo sguardo ed arrossendo notevolmente, correndo al proprio posto e non alzando più lo sguardo da qualsiasi cosa stesse facendo. Se avessero prestato ancor più attenzione, si sarebbero anche accorti di come Blaise sorridesse improvvisamente, con lo sguardo perso nel vuoto e l’espressione assente, ripensando all’espressione assunta da Paciock quando si erano sfiorati per la prima volta.
Blaise non poteva proprio fare a meno di aprirsi in un mezzo sorriso quando ripensava all’espressione assunta da Paciock la prima volta che le loro mani si erano sfiorate. All’inizio si era mostrato sorpreso poi impaurito e alla fine era arrossito, sorprendendolo e facendo nascere in lui la remota idea che quel contatto fosse voluto da entrambi; si aspettava che si allontanasse da lui, che corresse al proprio posto e ne parlasse con i suoi presunti amici Grifoni, invece era rimasto vicino a lui per parecchi minuti –forse incapace di dire qualcosa-, inviandogli un segnare difficile da fraintendere. Sembrava aver iniziato a reagire in modo strano alla sua presenza, Paciock era passato dall’ignorarlo –o temerlo- a fare attenzione ad ogni suo gesto e Blaise non poteva negare di provare piacere ogni qual volta sentiva lo sguardo del Grifone su di sé. Avrebbe anche iniziato a preoccuparsi, conscio di poter rovinare la propria reputazione a causa di quegli sguardi e di quegli sfioramenti fortemente voluti, se non si fosse reso conto che nessuno dei suoi compagni si era accorto di niente; inizialmente ne era rimasto sorpreso perché non era riuscito a non notare gli sguardi di scherno che spesso i suoi compagni gli dedicavano e non era neanche uscito immune dalle battutacce del suo migliore amico, che diventavano sempre più pesanti e taglienti ogni giorno che passava; si faceva forza però conscio del fatto che, oltre alle battutacce prive di tatto del suo migliore amico, sembrava non esserci nient’altro che desse lui l’indizio di essere stato posto sotto i riflettori o, peggio, sulla bocca di tutti.
 
Blaise osserva sempre Paciock ed i suoi compagni di casa hanno iniziato a prenderlo in giro per questo, Draco è stato il primo ad accorgersene ed ha iniziato a tediarlo con quelle battute da quattro soldi che a lui non hanno mai dato fastidio, fino a quel momento almeno. Draco è il suo migliore amico e proprio lui, quale suo amico più caro, non fatica ad ammettere quanto possa essere fastidioso a volte; le sue frecciatine sono taglienti e fastidiose, provocano le risate di Tiger e Goyle soltanto perché quei due si suiciderebbero se solo il biondo glielo chiedesse. Blaise non ride affatto quando frasi come “Ti sei innamorato di quello sfigato?”, “Il nostro Blaise sogna di portarsi a letto un incapace?”, “Cos’è quello sguardo afflitto, Zabini? Paciock ha rifiutato di imboscarsi con te tra le piante di Erbologia?” vengono pronunciate dal rampollo di casa Malfoy, in realtà sente l’irrefrenabile voglia di schiantarlo per togliergli quel ghigno consapevole dal viso ed urlare a tutti i presenti che a lui non interessa Neville Paciock ma puntualmente finisce per aprirsi in una smorfia ed alzarsi in piedi, per poi abbandonare la stanza e dirigersi in qualche antro isolato della scuola, per riflettere e provare a calmarsi, in compagnia soltanto di se stesso.
 
Blaise iniziò a vedere Paciock come una luce in fondo al tunnel quando, dopo esser fuggito via dall’ennesima discussione con il suo migliore amico, si era rifugiato in biblioteca ed aveva, per la prima volta, interagito con lui in un modo diverso.
Draco era conosciuto per la sua perfidia ed i suoi amici erano consapevoli del fatto che essa non avesse limiti, lo dimostrava anche quando sparava a zero sul proprio migliore amico, colpendolo con le sue solite frecciatine taglienti e lasciando che fosse deriso dal resto dei suoi compagni, non curandosi dei suoi punti di vista o dei suoi sentimenti.
Draco sembrava in vena di provocarlo anche quel giorno, non gli aveva neanche dato il tempo di sedersi sulla sua solita poltrona in Sala Grande che aveva iniziato a straparlare e a ridicolizzarlo, soltanto per quelli che lui riteneva sui gusti personali, come faceva ormai da settimane.
«Qual buon vento ti porta qui, Blaise?» domandò con quel solito ghigno maligno sul viso. «Le fecce ti hanno sfrattato o Paciock è dovuto andare a far visita ai suoi genitori?» continuò, suscitando le risatine dei suoi scagnozzi. «Oh, dimenticavo! I suoi genitori neanche lo riconoscono più.» concluse con una risata fredda, non distogliendo lo sguardo dal suo, ostentando fierezza.
«Sei patetico, Draco.» disse secco, mantenendo la propria compostezza.
Lui era una Serpe ed era cresciuto in lui, con il passare degli anni, un odio premente per ogni essere vivente non appartenente alla stirpe dei purosangue, inoltre aveva ereditato dalla propria madre l’odio per tutti coloro i quali erano appartenenti alla casata dei Grifondoro ma non era capace di giocare sporco con le disgrazie altrui; si reputava abbastanza intelligente da poter colpire i suoi nemici in punti non già colpiti dalla sfortuna o dal fato, si riteneva abile e capace di far del male senza toccare tasti che a lui non competevano; anche per un Serpe come Draco era troppo deridere i genitori di un ragazzo che era rimasto visibilmente traumatizzato da quello che era accaduto a quelli che erano coloro i quali l’avevano messo al mondo.
«Adesso te lo difendi anche?» domandò il biondo indurendo lo sguardo, non abbandonando però il suo ghigno divertito e malvagio. «Ti sei innamorato del figlio di quei due matti, Blaise?»
Una strana sensazione nacque in lui, facendo sì che le sue viscere bruciassero e permettendogli a stento di respirare regolarmente, avvertì il proprio corpo tremare e le mani chiudersi a pugno; stava ribollendo dentro.
«Adesso Blaise fa volontariato, ragazzi.» continuò Draco, lanciando un’occhiata ai suoi due scagnozzi che automaticamente si aprirono in una risata sguaiata e insensata, che non fece altro che irritare maggiormente Blaise. «O forse ha scelto Paciock perché con lui si troverebbe a suo agio, in fondo sua madre è matta quasi quanto i genitori della feccia.» concluse.
Quella frase, unita alle risate dei due esseri senza intelletto che sedevano al fianco di Draco, gli fece perdere le staffe. Si alzò in piedi ed incenerì con lo sguardo quello che avrebbe dovuto essere il suo migliore amico, irrigidendo i muscoli e provando a respirare regolarmente, nonostante il cuore battesse all’impazzata ed il sangue pulsasse forte nelle vene.
«Sei un essere vile.» disse a denti stretti, sferzando l’aria con la propria rabbia ed allontanandosi velocemente da quella stanza.
Non avvertì le risate di Tiger e Goyle né le battutine del suo migliore amico, rimase da solo con la rabbia e la delusione di avere al proprio fianco un migliore amico incapace di comprenderlo e così malvagio da riuscire a fare del male anche a chi aveva visto crescere. Niente lo sconvolgeva di più del sentire parlare della donna che tutti ritenevano pazza e Draco lo sapeva: quella era sua madre, la donna che l’aveva messo al mondo, la donna che l’aveva amato fin dalla sua nascita; non accettava che si parlasse di lei in quel modo, soprattutto davanti a lui.
Si diresse in biblioteca, nella speranza di riprendere il controllo del proprio corpo leggendo uno di quei libri che sua madre gli leggeva da piccolo. La biblioteca era più silenziosa del solito, i banchi erano quasi tutti vuoti e soltanto pochi studenti erano seduti lì a studiare, la maggior parte di essi era probabilmente rannicchiata accanto ad un camino a bere cioccolata calda o Burrobirra. Si avvicinò al solito scaffale pieno di classici babbani e prese il primo libro il cui titolo gli ricordava qualcosa ma non appena si voltò, alla ricerca del posto migliore per leggere in pace, il suo sguardo si scontrò con quello del Grifone che occupava i suoi pensieri da settimane; Paciock lo stava osservando con un cipiglio curioso, immobile proprio di fronte allo scaffale da cui aveva estratto il proprio libro, con un piccolo libro tra le mani ed il mantello ripiegato su un braccio. I loro sguardi si incrociarono ed i due si osservarono per parecchi attimi, estraniandosi dal mondo circostante, poi un piccolo particolare cambiò ogni cosa e Blaise avvertì il proprio corpo sussultare mentre il cuore tornava a battere freneticamente ma per un motivo apparentemente diverso da quello precedente; Paciock gli sorrise, arrossendo notevolmente, ed abbassò lo sguardo per poi voltargli le spalle e dirigersi a passo spedito verso l’uscita, dileguandosi chissà dove.
Soltanto quando il Grifone fu lontano dalla sua vista Blaise sorrise, incapace di credere che bastasse quel semplice ragazzo bizzarro ed imbranato a fargli tornare quel buon umore che credeva di aver perso definitivamente.
 
Blaise non è più lo stesso da quando Paciock è entrato a far parte della sua vita. Sorride più spesso, nascondendosi agli occhi curiosi dei suoi compagni di casa, passa molto più tempo in compagnia di libri che mai avrebbe letto se non fosse stato mosso dal semplice desiderio di scoprire qualcosa in più sul ragazzo che, giorno dopo giorno, lo rende più bramoso di sapere; Blaise è cambiato proprio grazie a Paciock e, per questo, a lui deve un grande favore.
Gli incontri tra i due sono diventati sempre meno casuali e tutto sembra ormai essere calcolato nel più piccolo dettaglio, nessuno dei due sa chi sia colui il quale pianifichi tutto, nonostante questo entrambi si ritrovano sempre nei posti più disparati, da soli o in compagnia, ad osservarsi da lontano.
A Blaise iniziano a prudere le mani quando vede Paciock ridere in compagnia della Abbott, sente un pizzicorio all’altezza della bocca dello stomaco quando vede i suoi occhi illuminarsi di fronte ad un dolce che lei ha preparato con le proprie manine sudice soltanto per lui; volta loro le spalle e va via a passo spedito quando si rende conto che i suoi sguardi da Paciock non vengono più ricambiati, ed inizia a peccare di gelosia quando poco dopo rifila un pugno a Tiger senza un motivo apparente.
Paciock e la Abbott sembrano seguirlo ovunque. Se li ritrova davanti a lezione, a scambiarsi effusioni velate tra una pausa e l’altra, in corridoio ed in biblioteca, ma perde definitamene la pazienza quando invadono la sua privacy, prendendo posto proprio sotto all’albero in cui –in riva al Lago Nero- Blaise è solito riflettere, dopo aver litigato con il suo migliore amico, e riacquisire la calma. Li osserva in silenzio –poggiato ad uno degli alberi poco vicini al loro- sussurrare parole che non udisce, e si concentra su ogni minima variazione delle espressioni del loro viso; si perde nell’espressione di Paciock che da inquieta diventa spazientita e poi, addirittura, quasi iraconda e sobbalza quando vede la Abbott fuggire via in lacrime e Paciock sospirare per poi alzare il viso verso il suo e scuotere la testa, dileguandosi velocemente e sparendo oltre il grande portone.
Blaise non è più lo stesso da quando ha visto Paciock far piangere una ragazza, rimane ore ed ore seduto in riva al Lago Nero a chiedersi perché chi aveva ritenuto codardo e vigliacco era riuscito a trovare il coraggio di mollare una ragazza e, soprattutto, perché l’aveva fatto.

E’ proprio lì –in riva al Lago Nero- che un Venerdì pomeriggio, dopo l’ennesima raffica di battutine da parte di Draco, Blaise ha intravisto la figura di Paciock farsi spazio tra l’erba resa ghiacciata dal freddo di Dicembre, con un cappellino a schiacciargli i capelli sulla fronte, un pesante mantello sulle spalle, dei guanti e una sciarpa color rosso oro a riparargli le mani ed il collo dal freddo; sarebbe dovuto tornare indietro, ignorarlo e tornare in Sala Comune, a godersi il calore del camino presente in ogni dormitorio ma si mosse quasi spontaneamente, i piedi seguirono una parte della sua mente che avrebbe voluto far tutto tranne che allontanarsi da lì e lo condussero fino all’albero vicino a quello sotto il quale il Grifone si era seduto a gambe incrociate, un tomo pesantissimo sulle gambe e lo sguardo puntato su quelle pagine sbiadite che parlavano di Erbe e Piante magiche.
Blaise si poggiò all’albero a braccia conserte, il capo rivolto verso il lago ghiacciato e lo sguardo puntato su quella figura ricurva su se stessa, mordendosi la guancia dall’interno, per la prima volta incapace di scegliere tra la ragione e l’istinto; indeciso sul da farsi rimase semplicemente a osservarlo, imprimendo nella propria mente ogni più impercettibile movimento di quelle mani coperte, di quelle labbra rese quasi violacee dal freddo e di quelle gambe che faticavano a rimanere ferme. Si chiese ancora una volta perché Paciock fosse lì, da solo, senza più la Abbott al suo fianco.
«Perché mi osservi?»
Sobbalzò e sgranò gli occhi, venendo scaraventato nella realtà da quella voce incerta e titubante, notando sul viso dell’altro –rivolto verso di lui- un’espressione curiosa ed interrogativa; si aprì in una smorfia e distolse lo sguardo dal suo.
«Tu sogni, Paciock.» rispose, utilizzando il suo tono più tagliente.
«No.»
Il tono di voce del Grifone a poche spanne da lui era ancora lo stesso ma celava una nota sicura che sorprese la Serpe, incredula di fronte a tanta sicurezza; non era fuggito, era rimasto lì ed addirittura gli aveva parlato di sua spontanea volontà. Era sorprendente.
«No?» domandò, voltandosi verso di lui.
Aveva la mascella contratta e le mani strette a pugno. Quel ragazzino gli stava parlando con un’impertinenza che –se fosse stato un altro- avrebbe lavato via dal suo viso a suon di Cruciatus, non aveva distolto lo sguardo dal suo e nonostante le guance imporporate e le mani a torturarsi tra loro, non sembrava intenzionato a scappare via, non fino a che non avrebbe ottenuto ciò che voleva.
Cosa voleva Neville Paciock da lui, poi?
«No.» rispose Paciock. «Io lo vedo: mi osservi.» continuò, mordendosi il labbro inferiore.
Blaise sobbalzò un’altra volta, venendo colto in flagrante, distogliendo ancora una volta lo sguardo da quegli occhi sinceri e puntandolo su quel lago che gli aveva tenuto compagnia in quei giorni pieni di riflessioni. Aveva pensato spesso al perché osservasse quel Grifone, mai era arrivato a una conclusione che lo soddisfacesse, inizialmente aveva pensato che fosse soltanto per pena poi invece aveva creduto fosse spinto dalla curiosità, alla fine era giunto alla conclusione che avesse voglia di scoprire un lato di quel ragazzo che nessuno conosceva, un lato oscuro e malvagio che l’avrebbe reso forse addirittura migliore ai suoi occhi. Nessuna di quelle opzioni lo soddisfaceva però, sembravano tutte macchiose ed errate; non era riuscito a formulare altro in quei giorni, sembrava incapace di dare un significato a quel suo comportamento bizzarro e fuori dal normale.
«Dov’è la tua fidanzatina?» gli chiese, lasciando la curiosità scivolare via dalle sue labbra.
Paciock sobbalzò e si volse verso di lui, sgranando di poco gli occhi e schiudendo le labbra, Blaise lo intravide con la coda dell’occhio ma non si voltò, incapace di fronteggiare quella verità che in quel momento gli sembrava evidente più che mai.
«Hannah?» domandò di rimando il Grifone.
«La Abbott.» precisò la Serpe, serrando i pugni con forza, lottando contro una parte di sé che sarebbe morta pur di mostrare quelle insicurezze che erano insite in lui da chissà quanto tempo.
Paciock rivolse lo sguardo al lago e sospirò, portando le mani ad intrecciarsi tra loro, e lasciando che il silenzio li avvolgesse per qualche attimo, facendo udire loro il fruscio del vento tra le foglie.
«Io e Hannah non stiamo insieme né lo siamo mai stati.» rispose poi.
Blaise si limitò ad annuire, avvertendo una strana ma piacevole sensazione proprio vicino allo stomaco, chiudendo per qualche attimo gli occhi e scacciando via quel sorriso che rischiava di formarsi sul suo viso troppo concentrato a mantenere la solita espressione corrucciata.
«Non credevo fossi capace di far piangere una donna.» disse, lasciando che un lieve ghigno si formasse sul suo viso quando vide il Grifone sobbalzare ancora e abbassare lo sguardo.
«Io…» Paciock tentennò appena prima di riuscire a parlare. «Lei voleva da me qualcosa che io non potevo darle.» asserì con voce flebile.
Istintivamente la Serpe rise, scuotendo la testa ed avvertendo il solito spirito provocatorio impossessarsi di sé ma fu costretto a placare la sua indole malvagia quando vide Paciock alzarsi in piedi quasi ferito, raccattando le proprie cose e stringendosi nel proprio mantello, iniziando ad allontanarsi velocemente da lui.
«Le donne amano complicarci la vita.» disse Blaise, scostandosi appena dal tronco dell’albero.
«Ed è per questo che preferisci gli uomini?»
Sobbalzò al sentire quelle parole, si volse di scatto e vide Paciock osservarlo con un’espressione curiosa ma quasi soddisfatta, con le nocche bianche a causa della stretta fin troppo salda sul libro che teneva stretto tra le mani ed il respiro corto, come se avesse corso per chilometri senza fermarsi.
«Come fai a saperlo?» domandò la Serpe istintivamente.
Seguirono attimi di silenzio, a quella domanda, così lunghi che la Serpe fu costretta a voltarsi per costatare se l’altro fosse ancora cosciente oppure svenuto a causa del troppo freddo. Trovò Paciock ancora lì, lo sguardo perso in punto alle sue spalle, le mani a torturare la copertina del libro ed il labbro inferiore martoriato dai denti; aveva l’espressione di chi sta riflettendo, di chi non trova le parole adatte a spiegare un concetto ovvio, di chi sa cosa dire ma non sa come farlo.
«Il gatto ti ha mangiato la lingua, Paciock?» gli chiese, questa volta più sicuro, provando a far leva su delle insicurezze che il Grifone mai avrebbe abbandonando, nonostante la crescita improvvisa.
Il ragazzo non lo guardò negli occhi, rimase con lo sguardo fisso verso il castello, le sue mani però si immobilizzarono immediatamente e Blaise poté giurare di aver avvertito il suo cuore fermarsi per qualche attimo per poi tornare a battere all’impazzata. A cosa stava pensando?
«Girano delle voci…nei corridoi. Si dice che molti ragazzi fuggano via da camera tua, la mattina presto, ed è per questo che molti pensano che tu preferisca i ragazzi.»
La Serpe osservò le sue sopracciglia inarcate e il suo viso pallido, capì immediatamente che non era quello ciò a cui Paciock stava pensando, che quelle parole erano un diversivo per sviare entrambi da un discorso molto più mirato e premente; si chiese ancora una volta a cosa stesse pensando quel Grifone che appariva a lui sempre più misterioso.
«Le mie preferenze sessuali non sono un tuo problema.» asserì, rimanendo immobile di fronte a lui.
Il Grifone annuì, improvvisamente intimorito dal suo tono, e puntò per un attimo i propri occhi sui suoi; distolse poi lo sguardo quando vide Blaise ghignare in sua direzione, forte della difficoltà dell’altro ed armato di nuova curiosità e voglia di scoprire.
«O forse sono proprio quelle che ti interessano.» continuò, ammiccando nella sua direzione.
Paciock sussultò ed indietreggiò, lasciando che le sue gote si colorassero di rosa ed il suo respiro accelerasse di colpo, rimase basito per qualche attimo e tentennò più volte prima di parlare ancora e lasciare –per l’ennesima volta- la Serpe sconvolta di fronte ad una sicurezza che sembrava aver perso definitivamente soltanto pochi attimi prima.
«Io ti piaccio?» domandò con voce flebile.
I suoi occhi scuri si puntarono su quelli di Blaise, travolgendolo con quella nuova consapevolezza che era venuta fuori probabilmente in quel momento, spiazzandolo a lasciandolo a boccheggiare per qualche attimo, incapace di fermare il cuore che aveva iniziato a battere veloce nel suo petto.
A lui piaceva Paciock? Certo che no! Come poteva piacergli un Grifone, per giunta codardo ed impacciato allo stesso tempo, senza il minimo segno di vena sarcastica e dotato dell’incapacità di fare tutto? No. A lui, Blaise Zabini, Serpe colta e furba non poteva di certo piacere Neville Paciock.
«Cosa stai dicendo?» domandò con voce meno sicura e la bocca improvvisamente secca.
Come poteva Paciock pensare che uno come lui potesse essere minimamente interessato a lui? Ma soprattutto, come poteva aver avuto il coraggio –lui che il coraggio non sapeva cosa fosse- di porgli una domanda di quel tipo? Blaise rimase così spiazzato che non riuscì a formulare una frase di senso compiuto, a lanciargli una delle sue solite frecciatine secche, a umiliarlo come un tempo faceva con lui in compagnia dei suoi compagni.
Il Grifone abbassò lo sguardo ed iniziò ad osservarsi le mani, le sue guance si colorarono ancor più di rosa e lo sguardo della Serpe fu catturato da quel piccolo particolare che lo attirò nuovamente verso di lui e lo costrinse a non distogliere lo sguardo da quel viso sconvolto dall’imbarazzo.
«Io mi chiedevo…Tu mi osservi, sempre.» balbettò Paciock, mordendosi il labbro inferiore con forza. «Credevo che…»
«Credevi che…?» lo spronò a continuare Blaise, ritrovandosi improvvisamente a pendere da quelle labbra. «Ti interessi alle mie tendenze per questo?» domandò ancora.
Non si rese neanche conto di essersi avvicinato ancor di più a quella figura in piedi di fronte a lui, si ritrovò a sovrastarlo con la propria, in attesa di una risposta dalla quale dipendeva ogni suo gesto. Sapeva di doversene andare, di dover tornare al suo dormitorio e prendere in giro quell’imbranato con i suoi compagni, ma i suoi piedi sembravano non rispondere delle loro azioni e continuavano a muoversi in avanti invece che indietro.
«Cosa credevi, Paciock?» insistette, abbandonando il suo solito tono di scherno e sostituendolo con un tono carico d’attesa. «Eh?»
Voleva sentirselo dire, voleva che il ragazzo di fronte a lui si esprimesse, voleva sapere cosa gli passasse per la testa perché per la prima volta nella sua vita si ritrovò ad essere curioso di sapere come gli altri lo vedessero dall’esterno; come Paciock lo vedesse dall’esterno.
«Che ti piacessi.»
Quella risposta lo lasciò senza fiato, non solo per il suo significato ma perché fu accompagnato da uno sguardo apparentemente sicuro ma che nascondeva così tante insicurezze che lo lasciarono a bocca asciutta. Boccheggiò per qualche attimo, osservando l’altro distogliere lo sguardo dal suo e tornare a dedicare la propria attenzione alla neve bianca che li circondava.
«Tu dovresti piacermi?» gli chiese, improvvisamente sicuro di sé, lasciandosi andare ad una mezza risata. «Stai sognando, Paciock.»
Lo sguardo del Grifone sembrò spegnersi, chiuse per un attimo gli occhi e prese un lungo respiro per poi alzare lo sguardo e puntarlo su quello di Blaise.
«Forse hai ragione.» asserì, insicuro ma rassegnato. «Adesso devo andare.» continuò in un sussurro, voltandogli le spalle ed incamminandosi verso il castello.
La Serpe lo osservò andar via soltanto per qualche attimo, poi il suo corpo si mosse da solo e lo raggiunse, afferrandolo per un polso ed immobilizzandolo su quel manto bianco e freddo; c’era una parte di lui che gioiva nel vedere il Grifone in difficoltà, sconfitto e deluso, ma un’altra parte –ormai predominante- non riusciva a tollerare quell’espressione corrucciata, preferiva di gran lunga vederlo sorridere timidamente oppure mordersi il labbro inferiore a causa dell’imbarazzo. Così come le sue tendenze sessuali, nel tempo, erano anche cambiate le sue preferenze: preferiva vedere un sorriso sul viso di un Grifone codardo che una smorfia di dolore.
Paciock non si voltò verso di lui, rimase immobile e rigido, ma il libro che teneva stretto tra le braccia ricadde pesantemente sulla neve, riempiendo le loro orecchie di un rumore flebile ma ovattato; una delle sue mani, quella libera, afferrò il proprio mantello. Blaise saldò la stretta sul polso dell’altro e si passò una mano sul viso, nel vano tentativo di rinsavire, poi parlò ancora.
«Fuggi sempre tu?» gli chiese, con quel pizzico di ironia che non mancava mai.
Il Grifone sembrò riprendersi e il suo corpo venne scosso da un fremito, si voltò di scatto e Blaise se lo ritrovo improvvisamente vicino, avvertì la gola seccarsi e gli occhi saettare su quelle labbra che troppe volte si era sorpreso ad osservare minuziosamente e a desiderare segretamente.
«Non amo stare con chi non mi apprezza.» rispose sincero, guardandolo negli occhi. «Preferisco stare con i miei amici.» continuò, lasciando ricadere il braccio lungo i propri fianchi e rilassandosi.
«Chi ti dice che io non lo faccia?» domandò di getto, sgranando gli occhi ed avvertendo la gola ardere al suon delle sue stesse parole.
L’espressione sorpresa di Paciock contribuì a rendere l’aria ancor più rarefatta. Si era esposto troppo, senza volerlo, ed era arrivato al punto di non ritorno; quella domanda, sapeva, sarebbe risuonata più pesante di quanto nella sua mente inizialmente fosse. Una Serpe come lui non può apprezzare un Grifone, per lo più se sia Neville Paciock, e soprattutto non può far sì che l’intera Hogwarts lo sappia; sperò con tutto se stesso, per la prima volta, che quelle labbra non si schiudessero e che quel ragazzo capisse che quello era un segreto che non poteva essere sussurrato.
«Tu mi apprezzi.» disse il Grifone sorpreso, sbattendo ripetutamente le palpebre. «Io...ti piaccio, allora? O vuoi soltanto essere mio amico?» gli chiese, iniziando a pronunciare parole l’una dietro l’altra. «Ho notato i tuoi sguardi. Tu mi sorridi, i tuoi occhi mi cercano a lezione e a volte sembra quasi che tu preferisca non far colazione pur di osservare me in difficoltà a causa dei tuoi occhi su di me. Io…Non capisco. Cosa vuoi da me, Blaise?»
La Serpe rimase interdetta per qualche attimo poi abbandonò il polso dell’altro ed indietreggiò, distogliendo lo sguardo dal suo e puntandolo sui propri guanti resi umidi dalla neve. Non proferì parola, alzò soltanto per un attimo gli occhi e poi gli volse le spalle, incamminandosi verso la direzione opposta alla sua. Non sapeva cosa volesse esattamente da lui, se lo chiedeva lui stesso da settimane, e l’unico modo per non mostrarsi vulnerabile era fuggire via e non proferire parola; mostrarsi indifferente a quelle parole era l’unico modo per non fargli capire che lui stesso – per primo- era incapace di capire cosa volesse davvero.
«Adesso sei tu a fuggire?» domandò il Grifone. «Non ero io il c-…»
Paciock non riuscì a concludere la sua frase perché la figura di Blaise sovrastò la sua. Le mani della Serpe si poggiarono sulle sue spalle ed i loro visi si fecero così vicini che entrambi si ritrovarono ad osservare le pagliuzze colorate negli occhi del ragazzo di fronte. Un silenzio surreale li circondò e per un attimo il freddo di quella giornata d’inverno venne dimenticato, per un attimo la rivalità tra case passò in secondo piano e i due ragazzi si ritrovarono ad osservarsi senza alcun pensiero se non la voglia di fare qualcosa che era contro ogni loro principio.
«Non eri tu il…?» ripeté Blaise.
Se qualcuno li avesse visti non sarebbe finita bene, se Draco fosse passato di lì in quel momento l’avrebbe preso in giro vita natural durante, l’avrebbe raccontato a Theo ed i due avrebbero finito per parlare in Sala Comune con tutti coloro i quali fossero stati interessati, ma lui non voleva allontanarsi da quel ragazzo; avrebbe voluto fare di tutto tranne allontanarsi da quel Grifone impaurito ed incredibilmente attraente che era alla sua mercé.
Paciock si leccò le labbra secche e deglutì, chiudendo per un attimo gli occhi, serrando i pugni nel vano tentativo di fermare il tremore incontrollabile del proprio corpo.
«Codardo.» rispose, lasciandosi sfuggire un sospiro.
Fu proprio quel sospiro che attirò l’attenzione di Blaise, i cui occhi saettarono su quelle labbra bagnate dalla lingua ed il cui autocontrollo scomparve improvvisamente. Le sue labbra sfiorarono quelle dell’altro che sgranò gli occhi e si irrigidì, putando le proprie iridi castane su quelle blu dell’altro, rilasciando i pugni e rilassando le mani. Blaise passò la propria lingua su quelle labbra morbide e chiuse istintivamente gli occhi, inspirando con il naso ed inebriandosi di quello strano profumo di neve fresca e pelle umana, rilassandosi ed avvicinandosi di più a quel corpo, tanto da sentirne il calore.
Tutto sparì e per un attimo Blaise smise di pensare, non c’era più niente attorno a lui se non quel ragazzo, smise di chiedersi perché un Grifone credesse che lui fosse interessato a lui, perché Paciock suscitasse in lui quelle sensazioni e perché i suoi compagni di casa ci tenessero così tanto a prenderlo in giro per una fissazione che a lui non sembrava poi così visibile. Le labbra di Paciock erano morbide e quasi saporite all’assaggio, diverse da quelle di ogni altro ragazzo che Blaise avesse mai baciato e forse proprio per quel motivo più piacevoli ed invitanti; la sua lingua poi, costretta quasi a giocare con quella della Serpe, sembrava esser nata per muoversi e lasciare chi la sfiorava senza fiato. Le sue labbra, la sua lingua, il suo respiro accelerato, le mani andate improvvisamente a stringere il mantello dell’altro non lo rispecchiavano per niente; quello non poteva essere l’imbranato e timido Neville Paciock, quello era un altro Paciock dal cui tocco Blaise sembrava non poter sfuggire.
Fu quando le mani di Blaise strinsero le spalle del Grifone che quella magia che si era creata venne rotta e tutto tornò alla normalità, le labbra di Paciock si separarono da quelle della Serpe ed i loro visi si distanziarono di qualche centimetro mentre le mani del Grifone tornavano a stringersi al proprio mantello; se solo avesse fatto attenzione, probabilmente, Blaise avrebbe addirittura avvertito i battiti accelerati del cuore del ragazzo di fronte a sé.
Nessuno dei due disse nulla, per momenti che sembrarono quasi infiniti, ma i loro occhi non si distaccarono mai per guardare altro, Blaise osservava Paciock e Paciock osservava Blaise; mille domande erano nascoste in quegli sguardi, domande che nessuno dei due aveva voglia di porre, risposte che nessuno dei due aveva voglia di pronunciare. E Blaise avrebbe potuto anche dare un cazzotto a quel Grifone impertinente, per aver osato sfiorarlo con la sua pelle che odorava di Mezzosangue, avrebbe potuto deriderlo e girare i tacchi, andandosi a fare quattro risate con i suoi migliori amici ma non lo fece. Rimase lì ancora per qualche attimo, lasciando scendere le proprie mani lungo le braccia dell’altro, che rabbrividì inevitabilmente a quel contatto, con uno strano sorriso sul volto che sostituì quella sua solita espressione imbronciata e qualche parola tra i denti; fu Neville a rompere quel silenzio, lasciando che il fruscio del proprio mantello sferzasse l’aria, andando a raccogliere il proprio libro e fuggendo via. Le gote rosse e gli occhi lucidi furono due particolari che Blaise non riuscì mai più a dimenticare, così come non riuscì a dimenticare il biglietto che pochi giorni dopo venne poggiato dal suo Gufo proprio sul letto del suo dormitorio.

“Ti aspetto in riva al Lago Nero, alle sei di questo pomeriggio (soltanto se ne hai voglia, ovviamente).
N.P.”


E rise la Serpe, rise così tanto da destare i sospetti dei suoi compagni di casa, ma non se ne curò perché il codardo Paciock era riuscito a stupirlo e gli aveva dimostrato che anche un Grifone come lui aveva il coraggio di fare ciò che molti dei suoi stessi compagni non avrebbero fatto mai.
 
A Blaise quel Paciock non è mai interessato. Non fino al giorno in cui si è reso conto di essere diventato dipendente da quelle labbra morbide, quelle mani tremanti, quel respiro accelerato e quel cuore che pompa sangue fin troppo velocemente in sua presenza. Da quel giorno Blaise ha capito di non poter fare a meno di quel Grifone per niente impavido perché sa di esser disposto a sopportare le battutine dei propri amici, gli sguardi attoniti dei compagni di casa del Grifone e il disprezzo di chi le persone come loro non le tollera, se ad aspettarlo ha un corpo caldo ed un sorriso rincuorante.
Blaise è sempre stato convinto di non essere capace di provare interesse per quell’imbranato di Paciock eppure, adesso, si è reso conto che Neville in realtà gli piace ed anche parecchio.






Note dell'autrice.

Salve popolo di potterhead! 
Non pubblico qui da parecchio tempo, esattamente dalla pubblicazione della mia Dramione (cancellata stupidamente perché ritenuta -da me- piena di errori), e mi rifaccio viva con una slash tra due dei miei personaggi (non sviluppati dalla Rowling) preferiti, ovvero Neville e Blaise. Ho iniziato per caso ad immaginarli come una coppia e devo dire che non mi dispiacciono affatto, sono molto diversi l'uno dall'altro ma anche bellissimi da vedere (o meglio, da immaginare); rientrano tra le mie coppie preferite e spero di essere riuscita (con quel poco di talento artistico che ho in questo periodo) a farli piacere un po' anche a voi, giusto quel tantino che vi porti a lasciarmi una recensione.
La storia è articolata in modo molto strano, non so bene neanche'io come, e parla dell'improvviso avvicinamento dei due. Inizialmente a Blaise Neville neanche piace poi, improvvisamente, inizia ad interessarsi a lui e -una cosa tira l'altra- i due si ritrovano a flirtare in un modo alquanto bizzarro e a baciarsi alla fine; cedendo ad un'attrazione palpabile e palese che trascende da qualsiasi casa e colore. E' molto pura e casta, proprio perché per me Neville rappresenta la purezza e perché Blaise -interessandosi a lui- quasi si avvicina al suo mondo e placa in parte la sua indole da Serpe eccessiva.
Vi lascio prima di dilungarmi ancora di più.
Spero vi sia piaciuta.
Alla prossima.
MG.

 
   
 
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