Disclaimer: I personaggi non
mi appartengono
La storia è scritta senza fini di lucro.
You Saw No
Fault,
No Crack
In My Heart
«Sei
una brutta persona, Clint Barton.
Sei
talmente preso dall’odiare te stesso
Che
quando qualcuno inizia ad averti a cuore,
o Dio
non voglia,
quando
tu inizi ad avere a cuore qualcuno…»
Il Nido non si è sempre chiamato così.
Prima era semplicemente Il Poligono e certo non aveva succursali
minori sull’Helicarrier o in qualsiasi altro posto l’Agente Barton gravitasse
per più di mezz’ora. Ma, appunto, questo accadeva quando l’Agente Barton era
ancora un sempliciotto di Livello 2 che si divertiva a tormentare i superiori con
degli stuzzicadenti da cocktail scagliati a mo’ di freccia –Voci non confermate si
ostinano oggigiorno a supportare la storia secondo cui Barton sarebbe salito di
Livello grazie all’ingegno dimostrato per piegare le comuni leggi della fisica
e utilizzare le ultime falangi di indice e medio come flettenti ed un elastico
come riser e corda al contempo.
Con Occhio di Falco le cose sono
cambiate e la definizione “Nido” è dunque decisamente comprensibile.
I lati negativi di trovarsi locali adibiti
a poligoni temporanei sono riconducibili soprattutto al doversi scansare nei
corridoi quando branchi di poveri Cristi sono costretti a correre da una parte
all’altra dell’edificio, trasportando sulle spalle bersagli più o meno mobili,
più o meno pesanti, più o meno strambi. Il giorno in cui Barton ne ha richiesto
uno a forma di Dalek è stato un brutto momento per tutti.
Lato positivo della questione, le
possibilità di trovarlo sono parecchie e parecchio alte e, nel dubbio, basta
seguire il sentiero di impennaggi e Powdered
Donuts.
Melinda May, però, non ha bisogno di
simili, rozzi sotterfugi. Perché Melinda May è Melinda May non solo per mera
questione di anagrafe: riesce a fiutare la presenza di Clint Barton a miglia di
distanza e il fatto, poi, che il suddetto molto probabilmente non si lavi da
come minimo una settimana è un insulto bello e buono alle proprie abilità di
spia.
Ha il scelto il Triskelion, questa
volta, non uno dei posti migliori in cui nascondersi per trangugiare
polvere e rimpianti. Anzi, considera, sorpassando a testa alta un codazzo di
matricole cinguettanti e ciangottanti perché Oh, cielo, quello era proprio l’Agente Barton in persona!, gli
sarebbe costata meno fatica farsi prestare un paio di lampeggianti a freccia da
Tony Stark.
La donna dubita, comunque, che quegli
esagitati lo abbiano davvero visto di
persona: a giudicare da lezzo di sudore che impiastriccia le pareti mano a mano
che si avvicina all’entrata del Nido, dagli ordini strillati da una Maria Hill
sull’orlo della crisi di nervi e dall’espressione funerea del Direttore,
infatti, molto probabilmente Occhio di Falco non esce di lì da una quantità
considerevole di giorni.
Qualcuno deve avergli portato da
mangiare e da bere, per fortuna, il corpo di pulizia è stato a tanto così dall’andare
in sciopero e lasciare i piatti sporchi fuori dallo stanzone, visto che Barton
nemmeno faceva lo sforzo di avvertirli di portare via la spazzatura.
Nessuno, però, è ancora andato a parlargli
o a dirgli di uscire e l’Agente Romanoff è l’ultima carta da giocarsi. L’ultima
volta che Occhio di Falco si è trincerato in uno dei Nidi sparpagliati un po’
su tutto il globo terracqueo, subito dopo il funerale dell’Agente Coulson,
Vedova Nera è uscita chiedendo che portassero dentro una dozzina di cerotti,
ghiaccio spray, bende e, tanto per essere sicuri, anche qualcosa per un’ingessatura
d’emergenza.
Il giorno dopo Barton è uscito sì
piuttosto ammaccato, ma ha subito richiesto l’assegnazione di una qualsiasi
missione il Grande Capo potesse affidargli per, testuali parole, “Schiarirsi un
po’ le idee”.
Non che la presenza dell’Agente May
sia di buon auspicio e Melinda lo sa; più di una volta gli è arrivato all’orecchio
il nomignolo affibbiatole da qualche buontempone in sala mensa: La Romanoff Asiatica.
«Oh-Oh» la sbeffeggia una voce
sardonica quando le porte si aprono a salutarla in un singhiozzo d’aria
compressa «E’ arrivata la Cavalleria.»
«Da quanto lo sai?» il girare intorno
agli argomenti non fa per lei, così la domanda le esce dalle labbra dritta e
rapida come la freccia appena andata a centro.
«Sono un Vendicatore, Agente May: so
di non sapere.»
E Clint Barton fa capolino dall’ombra
di una delle arcate sopraelevate: il volto emerge bianco dal buio circostante,
gli occhi stanchi, l’iride slavata. Dal bubbone più nero che indica alla meno
peggio la sua posizione ingobbita e la rigidità delle membra, Melinda può
dedurre che sia appollaiato su quel braccio del Nido da quarantottore almeno.
«Fitz ha parlato.» lo avverte «Mi ha
detto che l’hai corrotto con dei biglietti per la prima di Frozen.»
La bocca di Occhio Di Falco si
solleva a snudare i denti e modellare un sogghigno rapace, inumano. Pare una
belva appena snidata da come rincantuccia la testa nelle spalle, la luce grigia
dei neon che cola a cerchiare di nero le occhiaie lunghe agli zigomi. L’Agente
May pressa tra loro le labbra, incrocia le braccia al petto.
Da sottinsù, relegata al piano inferiore della struttura a più
livelli che Barton stesso si è fatto progettare per tenere allenato il suo
fattore “Vedo molto meglio dall’alto”,
l’altro è come ingoiato, pressato dall’oscurità che lo preme, lo soffoca da
ogni angolo.
A salvarlo, solo il baluginio dello
sguardo spento e il barbaglio metallico alternativamente dell’arco e della
cuspide.
«Perché non sei andato da lui?»
Clint scompare dalla visuale con un
guizzo, annega nell’ombra, un movimento, il gemito della corda tesa, plic plic contro il suolo di sangue
pianto dalle dita martoriate.
«Perché Phil Coulson è morto, Agente
May.»
Lo scocco, un fischio e la freccia
manca il bersaglio di venti centimetri vuoti.
Menzogna.
Occhio di Falco vomita un’imprecazione,
un insulto, un singhiozzo. Se non cade in ginocchio, Melinda ne è consapevole,
è solo perché lei è lì, a ricordargli che dal passato non si può fuggire in
eterno.
Ed è per lo stesso motivo, per lo
stesso, inusitato orgoglio, per la medesima testardaggine, per il medesimo,
cancerogeno senso di colpa che i rapporti degli psicologi dello S.H.I.E.L.D. tentano
di minimizzare, ma che continuano instancabilmente ad ammazzarlo giorno dopo
giorno, che l’Agente Barton si muove nella fanghiglia e nel pantano, s’aggrappa
al riser, s’appende alla corda, s’appiglia alla cocca.
«No. E perché hai paura di affrontare
le conseguenze.»
Ftump.
Il dardo va a segno.
Verità.
«…Li allontani.»
{ Jessica Drew a Clint Barton
Occhio di Falco #5 }
Note
Primo lavoro su Agents Of
S.H.I.E.L.D.
Il titolo viene dalla canzone “Ghosts
That We Knew” dei Mumford&Sons.