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Autore: LaMicheCoria    14/11/2013    2 recensioni
[Agents Of Shield]

Melinda May, però, non ha bisogno di simili, rozzi sotterfugi. Perché Melinda May è Melinda May non solo per mera questione di anagrafe: riesce a fiutare la presenza di Clint Barton a miglia di distanza e il fatto, poi, che il suddetto molto probabilmente non si lavi da una settimana buona è un insulto bello e buono alle proprie abilità di spia.
Ha il scelto il Triskelion, questa volta, il che non è una dei posti migliori in cui nascondersi per trangugiare polvere e rimpianti. Anzi, considera, sorpassando a testa alta un codazzo di matricole cinguettanti e ciangottanti perché
Oh, cielo, quello era proprio l’Agente Barton in persona!, gli sarebbe costata meno fatica farsi prestare un paio di lampeggianti a freccia da Tony Stark.

[ Personaggi: Melinda May; Clint Barton ] [ Hint!Clint/Coulson ]
Genere: Commedia, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono
La storia è scritta senza fini di lucro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

You Saw No Fault,
No Crack In My Heart

 

 

«Sei una brutta persona, Clint Barton.
Sei talmente preso dall’odiare te stesso
Che quando qualcuno inizia ad averti a cuore,
o Dio non voglia,
quando tu inizi ad avere a cuore qualcuno…»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Nido non si è sempre chiamato così.
Prima era semplicemente Il Poligono e certo non aveva succursali minori sull’Helicarrier o in qualsiasi altro posto l’Agente Barton gravitasse per più di mezz’ora. Ma, appunto, questo accadeva quando l’Agente Barton era ancora un sempliciotto di Livello 2 che si divertiva a tormentare i superiori con degli stuzzicadenti da cocktail scagliati a mo’ di freccia –Voci non confermate si ostinano oggigiorno a supportare la storia secondo cui Barton sarebbe salito di Livello grazie all’ingegno dimostrato per piegare le comuni leggi della fisica e utilizzare le ultime falangi di indice e medio come flettenti ed un elastico come riser e corda al contempo.
Con Occhio di Falco le cose sono cambiate e la definizione “Nido” è dunque decisamente comprensibile.
I lati negativi di trovarsi locali adibiti a poligoni temporanei sono riconducibili soprattutto al doversi scansare nei corridoi quando branchi di poveri Cristi sono costretti a correre da una parte all’altra dell’edificio, trasportando sulle spalle bersagli più o meno mobili, più o meno pesanti, più o meno strambi. Il giorno in cui Barton ne ha richiesto uno a forma di Dalek è stato un brutto momento per tutti.
Lato positivo della questione, le possibilità di trovarlo sono parecchie e parecchio alte e, nel dubbio, basta seguire il sentiero di impennaggi e Powdered Donuts.
Melinda May, però, non ha bisogno di simili, rozzi sotterfugi. Perché Melinda May è Melinda May non solo per mera questione di anagrafe: riesce a fiutare la presenza di Clint Barton a miglia di distanza e il fatto, poi, che il suddetto molto probabilmente non si lavi da come minimo una settimana è un insulto bello e buono alle proprie abilità di spia.
Ha il scelto il Triskelion, questa volta, non uno dei posti migliori in cui nascondersi per trangugiare polvere e rimpianti. Anzi, considera, sorpassando a testa alta un codazzo di matricole cinguettanti e ciangottanti perché Oh, cielo, quello era proprio l’Agente Barton in persona!, gli sarebbe costata meno fatica farsi prestare un paio di lampeggianti a freccia da Tony Stark.
La donna dubita, comunque, che quegli esagitati lo abbiano davvero visto di persona: a giudicare da lezzo di sudore che impiastriccia le pareti mano a mano che si avvicina all’entrata del Nido, dagli ordini strillati da una Maria Hill sull’orlo della crisi di nervi e dall’espressione funerea del Direttore, infatti, molto probabilmente Occhio di Falco non esce di lì da una quantità considerevole di giorni.
Qualcuno deve avergli portato da mangiare e da bere, per fortuna, il corpo di pulizia è stato a tanto così dall’andare in sciopero e lasciare i piatti sporchi fuori dallo stanzone, visto che Barton nemmeno faceva lo sforzo di avvertirli di portare via la spazzatura.
Nessuno, però, è ancora andato a parlargli o a dirgli di uscire e l’Agente Romanoff è l’ultima carta da giocarsi. L’ultima volta che Occhio di Falco si è trincerato in uno dei Nidi sparpagliati un po’ su tutto il globo terracqueo, subito dopo il funerale dell’Agente Coulson, Vedova Nera è uscita chiedendo che portassero dentro una dozzina di cerotti, ghiaccio spray, bende e, tanto per essere sicuri, anche qualcosa per un’ingessatura d’emergenza.
Il giorno dopo Barton è uscito sì piuttosto ammaccato, ma ha subito richiesto l’assegnazione di una qualsiasi missione il Grande Capo potesse affidargli per, testuali parole, “Schiarirsi un po’ le idee”.
Non che la presenza dell’Agente May sia di buon auspicio e Melinda lo sa; più di una volta gli è arrivato all’orecchio il nomignolo affibbiatole da qualche buontempone in sala mensa: La Romanoff Asiatica.
«Oh-Oh» la sbeffeggia una voce sardonica quando le porte si aprono a salutarla in un singhiozzo d’aria compressa «E’ arrivata la Cavalleria.»
«Da quanto lo sai?» il girare intorno agli argomenti non fa per lei, così la domanda le esce dalle labbra dritta e rapida come la freccia appena andata a centro.
«Sono un Vendicatore, Agente May: so di non sapere.»
E Clint Barton fa capolino dall’ombra di una delle arcate sopraelevate: il volto emerge bianco dal buio circostante, gli occhi stanchi, l’iride slavata. Dal bubbone più nero che indica alla meno peggio la sua posizione ingobbita e la rigidità delle membra, Melinda può dedurre che sia appollaiato su quel braccio del Nido da quarantottore almeno.
«Fitz ha parlato.» lo avverte «Mi ha detto che l’hai corrotto con dei biglietti per la prima di Frozen.»
La bocca di Occhio Di Falco si solleva a snudare i denti e modellare un sogghigno rapace, inumano. Pare una belva appena snidata da come rincantuccia la testa nelle spalle, la luce grigia dei neon che cola a cerchiare di nero le occhiaie lunghe agli zigomi. L’Agente May pressa tra loro le labbra, incrocia le braccia al petto.
Da sottinsù, relegata  al piano inferiore della struttura a più livelli che Barton stesso si è fatto progettare per tenere allenato il suo fattore “Vedo molto meglio dall’alto”, l’altro è come ingoiato, pressato dall’oscurità che lo preme, lo soffoca da ogni angolo.
A salvarlo, solo il baluginio dello sguardo spento e il barbaglio metallico alternativamente dell’arco e della cuspide.
«Perché non sei andato da lui?»
Clint scompare dalla visuale con un guizzo, annega nell’ombra, un movimento, il gemito della corda tesa, plic plic contro il suolo di sangue pianto dalle dita martoriate.
«Perché Phil Coulson è morto, Agente May.»
Lo scocco, un fischio e la freccia manca il bersaglio di venti centimetri vuoti.

Menzogna.
Occhio di Falco vomita un’imprecazione, un insulto, un singhiozzo. Se non cade in ginocchio, Melinda ne è consapevole, è solo perché lei è lì, a ricordargli che dal passato non si può fuggire in eterno.
Ed è per lo stesso motivo, per lo stesso, inusitato orgoglio, per la medesima testardaggine, per il medesimo, cancerogeno senso di colpa che i rapporti degli psicologi dello S.H.I.E.L.D. tentano di minimizzare, ma che continuano instancabilmente ad ammazzarlo giorno dopo giorno, che l’Agente Barton si muove nella fanghiglia e nel pantano, s’aggrappa al riser, s’appende alla corda, s’appiglia alla cocca.
«No. E perché hai paura di affrontare le conseguenze

Ftump.
Il dardo va a segno.
Verità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«…Li allontani
{ Jessica Drew a Clint Barton

Occhio di Falco #5 }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Primo lavoro su Agents Of S.H.I.E.L.D.
Il titolo viene dalla canzone “Ghosts That We Knew” dei Mumford&Sons.

   
 
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