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Autore: Shirokuro    14/11/2013    2 recensioni
{ shinaya | flashfic di 500 parole circa | possibile ooc | toumei answer }
Shintaro poteva giurare di non aver mai visto una lacrima versata dalla ragazza, magari sulle sue mani poteva capitare di trovarne traccia, ma non erano le sue, bensì quelle di chi consolava. Sempre sorridente, allegra e contagiosa - se fosse mai riuscita a portarlo nel suo mondo tanto gioioso, sarebbe stata la ragazza più serena di sempre. Poteva anche invidiarla, se fosse stato voglioso di felicità: a lui non serviva. No, a lui lei non importava più di tanto, ma allora perché non riusciva a concentrarsi sulla lezione?
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Shintaro Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ma io lo sapevo. Lo sapevo che avrei scritto una ShinAya. Ma avrei voluto farlo dopo aver finito altre due flash su Hibiya (ormai è una mia ossessione), non che abbia da lamentarmi ma ma ma-- Ma loro sono il mio OTP quindi più allegra non potrei essere. A dirla tutta l'ho partorita ora in due ore dopo averla dimenticata del tempo fa (avrei troppa roba da riprendere, mi dico, ma purtroppo tornano a galla e il mio progetto attuale bho finisce in secondo piano), Praticamente è Toumei Answer, tale e quale, ma dopottutto chissene, è carina, corta e rappresenta i miei primi pensieri su questa canzone, affiora piacevoli ricordi in particolar modo quando il Conte ha avuto da ridire sulla rete del mio materasso ma poi si è morso la lingua.
Dedico la grafica (sì solo la grafica) a Fan-club.it, che purtroppo ha chiuso. Me ne dispiaccio perché alla fine era lì che mi sopivano e mi sono anche sposata lol, questa è la grafica che applicavo in genere al layout dei miei domini (ma nemmeno, è troppo grande). E alla fine che dire? Chi è arrivato qui potrebbe fare uno sforzo, nessuno obbliga nessuno ma ahahahah dovrei, e leggiucchiare questa cosa. Buona lettura, cari.



Shintaro poteva giurare di non aver mai visto una lacrima versata dalla ragazza, magari sulle sue mani poteva capitare di trovarne traccia, ma non erano le sue, bensì quelle di chi consolava. Sempre sorridente, allegra e contagiosa - se fosse mai riuscita a portarlo nel suo mondo tanto gioioso, sarebbe stata la ragazza più serena di sempre. Poteva anche invidiarla, se fosse stato voglioso di felicità: a lui non serviva. No, a lui lei non importava più di tanto, ma allora perché non riusciva a concentrarsi sulla lezione? 
Strinse il bordo del banco, così liscio e lucido. Sembrava così pulito, troppo, quasi luminescente eppure se avesse osservato quello che custodiva si sarebbe rammaricato; compiti perfetti e premiati nati sullo studiare senza pensare a chi gli stava attorno, borbottare e parlare con i libri sperando in risposte che non sarebbero mai arrivate. Quel banco era come Ayano, subito si ricordò di lei. Lei era così e, sempre come quel piccolo tavolino per la scuola, l'unica domanda che voleva porgli era Perché?
«Kisaragi?». Quel richiamo lo aiutò solo a dargli il coraggio di alzarsi e correre dove lui sapeva. Era uscito dagli schemi, lui, ora, in quel momento o quel che fosse. Si fermò, però. Bloccò quella corsa accennata incredulo, osservando la figura di una ragazza mora versare più d'una lacrima. Lei non piangeva, mai, era spaventato comunque. Era così simile a lei, così lei. Inoltre, chi altri indossava una sciarpa, perdipiù rossa, a scuola? 

«Smettila» borbottò il ragazzo mentre disattivava la suoneria del cellulare. Avvicinandosi al dispositivo, sentì una fitta al cuore. Doveva andare a scuola, da solo. Questa volta non avrebbe visto il suo dolce sorriso, non avrebbe più potuto ammonirla di non dargli fastidio o cercare di capire cosa cercasse nell'azzuro di un cielo limpido o minaccioso che fosse. 
«Sei anche crudele» sussurrò. Ricordava di esserci svegliato con largo anticipo, un ora o due o quanto fosse, non aveva notato il tremendo trascorrere del tempo. Strinse i pugni, tanto da farsi male. Lo sentiva quel tepore dovuto a rabbia e dolore: il tempo era trascorso anche per lui e la sua non-amica. E quest'ultima aveva sentito battere l'ultimo rintocco del suo orologio in così pochi anni. Perché a lei? Perché si era tolta la vita? Come poteva averlo fatto, con quel bellissimo sorriso dal cuore - lui non voleva credere che quella fosse veramente una maschera, seppur lo sapeva meglio di tutti. «Cavolo, sei un maledetto cellulare!» sbottò infine. Sorrise un poco.

Lasciò sulla ringhiera spessa quell'origami, questa volta la paura non c'entrava nulla. Se ne andava perché aveva compreso, perché aveva fatto chiarimento nel suo cuore di ghiaccio, quello attraverso il quale il mondo era così patetico e superficiale - almeno quanto lui. Ayano non avrebbe pianto, almeno non davanti a lui e prendendone esempio ricordò i numeri scritti sulle ali dei cigni: cento, cento, cinquanta. Finalmente aveva compreso il desiderio di Ayano, avrebbe voluto aiutarla, ma non avrebbe mai potuto.
Che buffo, lui aveva fatto solo un origami e con una cifra piuttosto bassa.
   
 
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