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Autore: Elsa Maria    15/11/2013    4 recensioni
La scuola Teiko è una famosa scuola privata giapponese; un antico edificio stile vittoriano che accoglie studenti di buona famiglia e li istruisce nelle materie classiche e scientifiche. La scuola offre numerosi club soprattutto musicali, i più celebri sono l'orchestra da camera e il coro. Della prima faceva parte un gruppo di ragazzi dotati che portarono lustro al nome della scuola, ma, con la vincita del direttore d'orchestra di una borsa di studio all'estero, l'orchestra finì per sciogliersi... Alcuni lasciarono, alcuni rinunciarono, altri continuarono per il gusto di suonare. Uno dei componenti, che aveva lasciato l'orchestra un anno prima di quello a causa di un'improvviso trasferimento in America, tornò e rimase scioccato nel vedere come tutto era finito. Il ragazzo non voleva accettare una fine così misera, non lo poteva accettare!
Per questo, Kagami, Taiga, sarà colui che riporterà in vita l'orchestra.
[AoKise] [MidoTaka] [KagaKuro] [-accenno- MuraHimu ]
Questa è la mia prima long su Kuroko no Basket! -chi l'avrebbe mai detto che ne avrei scritta una- Buona lettura!
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The music which Kuroko plays
 

1
(Orchestra da camera) 

 

Situato in una delle più floride campagne giapponesi, isolato da quella che è la zona urbanizzata e industrializzata, c'è l'istituto privato Teiko. Costruita in stile vittoriano, la scuola ospita gli studenti nei dormitori, situati in un plesso a parte alle spalle dell’edificio principale. Ai ragazzi è permesso tornare a casa solo nei periodi di vacanza tramite l’unico treno che passa per la stazione quei determinati giorni di festa o per occasioni particolari. La scuola è a principalmente ad indirizzo classico, ma anche scientifico, meno importanza viene data alle lingue straniere che, eccetto l'inglese, vengono studiate nei corsi pomeridiani. La fama dell'istituto non deriva soltanto dalla grande preparazione dei professori che assicurano un insegnamento eccellente e dalla perfetta organizzazione, ma anche dai numerosi riconoscimenti dei club musicali tra cui spiccano il coro e l’ orchestra da camera. Quest'ultima in particolare, sotto la guida di uno studente e all’eccezionale talento dei musicisti, raggiunse i massimi riconoscimenti vincendo numerosi concorsi; ma fu proprio a causa di questi che al conduttore dell'orchestra, che aveva messo in piedi il gruppo, fu offerta una borsa di studio in Inghilterra. Alla notizia i musicisti reagirono negativamente; già da qualche tempo alcuni volevano lasciare il gruppo, ma non l'avevano fatto proprio perché c'era il ragazzo a condurli, senza di lui non ci sarebbe stato più alcun motivo per rimanere.
“Quindi partirai domani?” Gli chiese il pianista dell'orchestra posando in una casella della scacchiera una tessera dello shoji.
“Proprio così.” Disse l’altro battendosi sul labbro inferiore un'altra tessera, indeciso se giocarla o meno. 
“Lo sai che l'orchestra si scioglierà?”
“Ogni scelta ha le sue conseguenze... Ti dispiace?” Prese un altro pezzo e posò quello sulla tavola.
“Io continuerò comunque a suonare.” Affermò, lasciando la domanda senza una risposta. A quella vaghezza l'altro sorrise. 
“Basta giocare. Non voglio lasciarti con una sconfitta, dopo vorresti la rivincita.” Si alzò dalla sedia, mettendosi la giacca bianca della divisa sulle spalle.
“Akashi… Non aspettarti niente da me.”
“Non ti ho mai chiesto di prendere il mio posto, Shintaro.” Camminò verso la porta della stanza. “Buona fortuna.” Fece scivolare lateralmente l’uscio.
“Non ho bisogno dei tuoi auguri.” Disse il ragazzo seduto, accarezzando un orsetto di peluche che era sul tavolo. “La fortuna mi è sempre favorevole.” 
L’altro se ne andò, con un ghigno compiaciuto sulle labbra.

“Non è ancora arrivato nessuno?” Esclamò una ragazza dai lunghi capelli rosa, leggermente mossi e dal seno eccessivamente prosperoso. “Ne sai qualcosa, Midorin?”
“Akashi se ne andato, è tutto.” Spiegò il ragazzo sistemandosi gli occhiali sulla radice del naso e andandosi a sedere sullo sgabello del pianoforte. 
“Lo so, sono andata a salutarlo.” Si imbronciò la ragazza, pensando che la frase del ragazzo fosse un modo per dirle che era sempre l’ultima a sapere le novità. 
“Non ti sei accorta la tensione che c’era tra il gruppo negli ultimi tempi? Anche se siamo un’orchestra da camera avevamo bisogno di un conducente, qualcuno che costantemente tenesse unita non solo la melodia, ma anche il gruppo; senza più questa figura tutto ritorna sciolto e caotico…” Disse con un tono serio, quasi preoccupante. “Mi sembra strano che proprio tu, Momoi, non ti sia accorta dello strano atteggiamento di Aomine.” Girò la testa per poterla vedere con la coda dell’occhio. Teneva lo sguardo rivolto verso il basso, come per esprimere la sua colpevolezza. Se ne era accorta, e come se se ne era accorta! Nell’ultimo mese aveva visto l’amico sempre più afflitto, lontano dal suo strumento e non faceva che combinare guai a destra e manca, sarebbe stato espulso già da un tempo se i suoi genitori non fossero intervenuti per ripagare i danni. 
“Anche Kuroko…” Disse come un mormorio. “Che si fa, Midorin?”
“Non lo so, non mi riguarda.” Estrasse dalla borsa, che aveva posato accanto i piedi dello sgabello quadrato, degli spartiti. “Avevo già detto ad Akashi che io avrei continuato per me, con o senza orchestra.” Posò delicatamente le mani sui tasti bianchi avorio. 
“Ma…” Cercò di protestare, ma l’inizio della melodia la fece tacere. Sconsolata fece dietro fronte, chiudendo la porta alle sue spalle. Strinse la presa che aveva sulla maniglia della custodia del flauto traverso e fece un passo avanti a testa basta, scontrandosi con un ragazzo. Terribilmente alto, dai capelli lunghi e viola, con uno sguardo svogliato, come quello di un bambino che era in cerca di un nuovo giocattolo da poter usare fino a consumarlo. 
“Oh, Muk-kun.” Alzò la testa per potere vedere il volto dell’amico. Il ragazzo si spinse in bocca l’ultimo pezzo della merendina che teneva tra le labbra, masticandola velocemente e pulendosi la bocca con il pollice. 
“Ehi, Momoi-chin –cantilenò- non ci sono le prove oggi?”
“Non lo so… Dentro c’è solo Midorin.” Rispose, sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio. 
“Ah… Quindi hanno mollato tutti?”
“A quanto pare sì.”
“Allora non vengo neanch’io.” Affermò stringendosi fra le spalle. “Tanto non mi andava.” Si sistemò sulla spalla la custodia dello strumento e si allontanò dalla porta del club. Momoi rimase a guardargli la schiena che si faceva sempre più piccola fino a scomparire dietro un angolo; non era possibile tutto quello… Perché stavano abbandonando? 
Camminò per il corridoio, lanciando un’occhiata al cortile della scuola: un’enorme piazzale con una fontana circolare al centro. Il coro della scuola si era sistemato nel parco per una lezione all’aperto, le voci melodiose dei ragazzi si potevano sentire anche attraverso finestre. 
-“Potrei entrare nel coro…”- Pensò scoraggiata poggiando i polpastrelli della mano destra sul vetro. Loro sì che erano un gruppo, uniti sotto un’unica voce; anche la loro orchestra lo era stato. Sentì una lacrima rigarle la guancia, scendeva silenziosamente, quasi di nascosto. Lei si stropicciò l’occhio per asciugarsela e far scomparire la traccia, ma non sarebbe servito poi molto, era facile capire il suo stato d’animo soltanto vedendola. Proprio non riusciva a capire per quale motivo si erano divisi, era accaduto tutto sotto i suoi occhi, ma non se ne era accorta e anche se l’avesse notato sarebbe stato troppo tardi. Decise di scendere nel cortile per poter sentire il coro cantare dal vivo; si sarebbe potuta trasferire da loro se l’avessero accettata, però lei aveva sempre desiderare suonare il flauto traverso, in un gruppo e…
“Dannazione.” Disse a denti stretti, sedendosi sempre più afflitta su un gradino della scalinata che conduceva all’ingresso.
“Momoi…” Un ragazzo da dietro le toccò una spalla facendola sobbalzare.
“Tetsu-kun!” Esclamò volgendogli lo sguardo per poi spostarlo ad ogni suo movimento. La modesta statura, i capelli azzurri e i grandi occhi azzurri inespressivi, che fosse felice o triste era difficile dirlo, anche se si poteva intuire che qualcosa non andava. 
“Come mai sei qui da sola? Aomine-kun?” Le si sedette vicino.
“Non lo so.” Sorrise tristemente, scrollando le spalle. “Come mai non sei al club?”
“Non ci sei neanche tu.”
“Stavo venendo a cercarvi.”
Kuroko abbassò la testa, inespressivo guardava un punto fisso nel pavimento. “Mi dispiace.” Disse “Non credo che sarò più in grado di suonare…” 
“Perché?!” Gli chiese prendendogli la manica della giacca. “Anche Dai-chan ha smesso senza spiegarmi il perché… Non è giusto… Voi due siete le persone più importanti per me, non potete escludermi in questo modo.”
“Scusami Momoi, ma non ne voglio parlare.” Prese le mani della ragazza e le guidò sul tessuto blu della sua gonna a pieghe. “Ci vediamo dopo.” Si alzò e continuò a scendere le scali. 
“Perché siamo arrivati a questo…?” Sussurrò la ragazza prendendosi il volto tra le mani. 

“Quindi tu sei…?” Gracchiò la segretaria che anche due anni prima l’aveva accolto nella scuola.
“Kagami Taiga, sono tornato quest’anno dall’America, me ne sono andato da questa scuola l’anno scorso.” Disse spazientito il ragazzo. Era la terza volta che ripeteva la stessa frase a quella che era una segretaria vecchia e scorbutica –per lo meno questo pensava lui.
“Ah, sì, sì… Vediamo… Hai detto ti chiamarti?” Domandò per l'ennesima volta dopo essersi spostata e voltata con la sedia girevole verso l'archivio a cassetti dove erano tenuti tutti i fascicoli degli studenti.
“Kagami Taiga, Kagami Taiga, Kagami Taiga!” Sbottò ormai giunto al limite della pazienza. 
“Calmati, ragazzino.” Lo riproverò la donna leccandosi l’indice che sfregò con il pollice per sfogliare meglio le cartelle. “Eccoti qui…” Tirò fuori il fascicolo e lo mise sulla scrivania. Si riavvicinò, cambiò gli occhiali da vista e iniziò a consultare il documento. 
“Vero, ecco qui la tua iscrizione per quest’anno, ed ecco anche la tua stanza.” Gli passò un cartellino. “Dai questa al ragazzo incaricato del tuo settore.” Kagami prese quello che la donna gli aveva passato e se la mise nella tasca dei pantaloni jeans. 
“Per la divisa…” Proseguì la segretaria roteando nuovamente verso un altro cassetto. Abbassò gli occhiali ed esaminò il ragazzo. “Andrà bene questa.” Prese la taglia più grande e tornò alla scrivania. “Sbrigati ad indossarla.” Borbottò. Il ragazzo alzò un sopracciglio chiedendosi cosa volesse insinuare la segretaria con quell’affermazione. Forse non era d'accordo con il suo abbigliamento, eppure indossava solo dei jeans, una maglietta bianca, una felpa nera, e portava un paio di cuffie rosse al collo… Non era vestito in maniera incresciosa. Arreso all’evidenza che era meglio non indagare oltre prese anche la divisa. 
“Altro?” Domandò.
“L’orario delle lezioni e l’elenco dei club. Comincerai domani.” E gli passò i fogli. “Puoi anche andare.”
“Grazie e arrivederci.” Salutò garbatamente, uscendo dall’ufficio.
Tirò un sospiro di sollievo appena chiuse la porta. Non poteva essere così straziante concludere la propria iscrizione. Prese la borsa che aveva lasciato fuori la porta e si diresse verso i dormitori; scese le scali principali, che passavano per il piano delle aule e quello dei club.
"Momoi?" Fece il ragazzo, sorpreso di vederla seduta sui gradini.
"Uh..." La ragazza, si girò verso chi l'aveva chiamata, strabuzzando gli occhi per la sorpresa. Quei capelli rossi, la statura alta e muscolosa, gli occhi sempre vivi e le inconfondibili doppie sopracciglia perennemente accigliate. "Kagamin?!" Scattò in piedi guardandolo sorpresa, quasi sembrava avesse visto un fantasma.
"Ancora a chiamarmi con quello stupido nomignolo?" Sbuffò infastidito incrociando le braccia. "Come va'?" Le chiese poi. Momoi velocemente sorrise mostrando un volto solare, così da evitare che il ragazzo notasse gli occhi arrossati e l'espressione abbattuta che non riusciva a far scomparire anche sorridendo. 
"Tutto bene." Rispose intrecciando le mani dietro la schiena. "Te?"
"A parte la testa che mi gira a causa del fuso orario e il nervoso che mi ha dato la segretaria, tutto a posto." Sospirò, grattandosi la nuca. "Se non hai niente da fare vuoi accompagnarmi ai dormitori?" 
"D'accordo, tanto stavo per scendere, volevo vedere le prove del coro." Disse facendo qualche scalino verso il basso. Il ragazzo l'affiancò e insieme andarono nel parco. Momoi velocizzò il passo, quasi correndo, verso la fontana e si sedette sul bordo di questa. In quel momento il coro stava provando l'Ave Maria, come pezzo di chiusura. Tutti si ammutolirono quando dovette cantare la voce portante del gruppo. Un ragazzo biondo, alto, dagli occhi dorati incredibilmente bello da sembrare quasi ingenuo, ma il suo sguardo, così fiero, era in grado di far soggezione. La voce soave, decisa, incantevole, non poteva che catturare le orecchie di tutti i presenti, persino quelle di Aomine Daiki che stava oziando sotto l'ombra di un albero. Al ragazzo la musica l'aveva annoiato, ma non si stancava mai di sentire la voce del cantante; per qualche strano motivo gli faceva risentire dentro di sé la melodia del suo violino che aveva deciso d'abbandonare. Appena la voce concluse il canto ci fu assoluto silenzio; i brusii procurati dalle chiacchiere, gli 'starnazzi' d'ammirazione verso il ragazzo biondo, persino il vento, tutto tacque. Solo dopo si levò un applauso fragoroso che fece comparire un sorriso sul volto del cantante e di tutto il coro; i ragazzi si inchinarono davanti il loro pubblico che, appena loro si sciolsero alle parole : "Le prove sono finite, potete andare." pronunciate dal direttore, tornò a fare quello che stava facendo. 
"Certo che è proprio bravo." Commentò Kagami, che era rimasto in piedi accanto Momoi, completamente a bocca aperta. 
"Kise Ryota... È entrato solo l'anno scorso in questa scuola; dice che non aveva mai cantato prima, ma quella voce perfetta... Un genio. Alcune delle sue 'seguaci' dicono persino sia un orecchio assoluto e sa suonare più di 5 strumenti." 
"Sembra troppo finto per essere vero." Sbuffò l'americano, geloso della fama del corista, rimangiandosi così quello che aveva detto e pensato su Kise. Non gli andava di sentire che c'era qualcuno di così bravo, era lui uno dei migliori o per lo meno lo era stato e sicuramente lo sarebbe nuovamente diventato. "D'altronde anche noi non siamo da meno con la nostra orchestra." 
Momoi a quelle parole trasalì, sentendo dentro di sé un vuoto.
"Kagamin, senti..." Lo chiamò la ragazza con un tono intimorito; che parole avrebbe potuto usare? Per non far arrabbiare lui, per non far soffrire se stessa. 
"Ma guarda chi si rivede... Kagami."
"Aomine." Ringhiò il ragazzo alla vista della pelle scura, dei capelli blu corti e spettinati, della statura pari alla sua e alla voce strafottente. "Ti vedo in forma... Credi ancora che il tuo violino sia meglio della mia tromba?"
Aomine rise di gusto prima di dire: "Non lo credo, è così." 
"Non sei cambiato di una virgola." 
"Neanche tu, speravo che l'aria dell'America ti avrebbe fatto accettare il fatto che non sei poi un granché, invece sei persino peggiorato. Tanto, ormai, non servirà più a niente."
"Perché?"
"Non c'è più un'orchestra." Disse con un espressione quasi divertita. La reazione a quella notizia fu diversa per l'altro che sbigottito guardò verso Momoi in cerca di una spiegazione migliore, ma lei aveva voltato lo sguardo. "Quindi grande tigre cerca di essere migliore in qualcos'altro." Ridacchiò Aomine dandogli una pacca sulla spalla. "Ce la puoi fare." Aggiunse, sprezzante, mettendosi le mani nella tasca dei pantaloni e allontanandosi.
"Dai-chan, perché non vuoi più suonare?" Intervenne Momoi che scattando di alzò dalla fontana, facendo qualche passo verso di lui, come per raggiungerlo.
"Perché mi sono annoiato, non ha senso suonare se non c'è nessuno che ti ascolta." Disse andandosene.
"Momoi, che è successo? Non ci credo che solo perché Aomine non suona l'orchestra non c'è più." Le chiese Kagami, toccandole la spalla. La flautista si girò verso il ragazzo, con le lacrime agli occhi. Aveva sperato fino alla fine che, almeno con lei, Aomine non usasse quel tono serio e scocciato per una risposta dal senso vago e sconnesso alla domanda. Chi non lo ascoltava più? Lei? Kuroko? Dentro di sé sentiva che in realtà Aomine non le si era mai confidato, ma non credeva fino a quel punto. Si asciugò le lacrime, trattenendo un singhiozzo e balbettò, per rispondere a Kagami: "Non solo Dai-chan, anche Tetsu-kun ha lasciato, dopo che Akashi-kun se ne è andato per una borsa di studio, mentre Muk-kun vedendo che solo io e Midorin volevamo continuare ha mollato." Singhiozzò. "Io ci tenevo tanto alla nostra orchestra... Perché è dovuto accadere questo? Perché io non sono riuscita a fare niente... Kagamin, perché mi hanno lasciato sola, senza riporre in me neanche la più minima fiducia... Eravamo amici d'infanzia... Cosa gli avrò fatto di male!" Anche se si era promessa di trattenere il pianto non ci riuscì e cominciò a piangere. Appena vide quelle lacrime Kagami, non sapendo come reagire, decise d'abbracciarla per farla calmare. Momoi sentendo quel contatto arrossì, calmandosi immediatamente.
"Non preoccuparti Momoi." Le disse pacato, ma serio. "Riporterò l'orchestra quella di una volta, te lo prometto." A quelle parole Momoi mancò un battito... Voleva veramente provarci? Persino lei che avrebbe voluto agire si sentiva impotente di fronte a quella situazione. Alzò la testa per guardarlo negli occhi. "Davvero?"
"Sì, puoi contare su di me!" Momoi sorrise e ricambiò l'abbraccio. "Mi sei proprio mancato Kagamin." Si separò dal ragazzo. "Ci sei mancato." 




Angolo dell'autrice:
Salve a tutti nuovi lettori e futuri recensori, oggi sono qui a presentarvi un nuovo manufatto! Un manufatto, però, particolare: alieno... Sì, perché questa cosa non può essere altro che immondizia materiale organico-o meno- non identificato.
Ho voluto iniziare subito con il far capire la situazione, errore madornale? Forse sì, forse no. Momoi OOC? Vorrei dire che per creare la sua figura (?) mi sono ispirata molto a come era negli  ultimi periodi alla Teiko, il terzo ed ultimo anno. Ammetto che potrebbe essere completamente fuori tema l'abbraccio dato da Kagami -dato che Kagami non sa consolare- però la scena mi sembrava troppo idonea per non essere scritta, ma non soffermiamoci su ciò, anzi, non soffermiamoci! Se sono qui a lamentarmi, non lamentarmi, non si capisce cosa sto facendo, faccio solo far passare la voglia di leggere xD -una cosa che amo? Il titolo della fiction u.u troppo suo!- 
Per cui se vi va' lasciate una recensione, altrimenti passate e non tornate o tornate -se non tornate beh non saprete se farò sempre schifo xD- fate un po' voi.
Here we Go!

   
 
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