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Autore: Purple Deep    15/11/2013    1 recensioni
{Neville Longhbottom pow | Accenni alla Neville/Ginny; Neville/Hannah}
Di nuovo abitante di Hogwarts, tra le mura sicure del castello, ma sotto altre spoglie, Neville, ormai cresciuto, si ritroverà a scavare tra i ricordi di una vita legati a quel posto più di quanto non pensasse. Perchè in fondo, Hogwarts è stata e sarà sempre la sua casa.
Fic destinata ad un concorso, mi sono resa conto di essere andata contro una delle regole. Mi ritrovo quindi a pubblicarla qui, siccome ci tengo molto.
Spero che vi piaccia!
-#Matt
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neville Paciock | Coppie: Ginny/Neville, Hannah/Neville
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Eco del passato





Primo settembre. 

Si sistemò la giacca dalle tonalità marroni con nervosismo, per l'ultima volta. O almeno promise a se stesso che sarebbe stata l'ultima volta. Si schiarì la voce e, finalmente, prese coraggio per alzare lo sguardo: Hogwarts, la solita, vecchia Hogwarts. L'ombra di un timido sorriso increspò le labbra del ragazzo -anzi, no- dell'uomo. Ormai non era più uno studente della scuola, quella scuola che per sette lunghi anni era stata la sua casa, nel bene e nel male, che aveva difeso con tutto sè stesso. Inspirò profondamente, per poi muovere i primi timidi passi all'interno. 


                                                                                                          ***


<< Quest'anno sono lieto di presentarvi il nuovo professore di Erbologia: >>
La potente voce del -nuovo- preside lo fece quasi trasalire, distogliendolo dai suoi pensieri. 
<< Neville Longhbottom! >>
Per un secondo le sue gambe si rifiutarono di muoversi, ma dovettero cedere sotto il suo volere, facendolo alzare dalla sedia, anche se un pò a fatica. Sforzò un sorriso, squadrando con gli occhi verdi tutta la stanza, scrutato criticamente dagli studenti. Quanti ricordi aveva lasciato lì? 
Si sedette sollevato dopo qualche applauso, accanto ad un Hagrid ormai dai capelli ingrigiti e le rughe che gli segnavano la fronte che gli diede una calorosa -forse un pò troppo- pacca sulla spalla. 
Passò qualche secondo a guardarsi intorno, a guardare il cielo magico che si stagliava sopra di lui a mò di tetto, le candele che volavano ondeggiando lievemente, dando un'aria così accogliente a quell'enorme stanza. Ritornò con lo sguardo sul preside, e si rese conto che doveva esser stato proprio molto distratto, perchè stava già cominciando la cerimonia del Cappello Parlante. A dir la verità, pareva che avesse addirittura già intonato quella filastrocca, che ormai anche lui conosceva  memoria, perchè la McGonagall stava già chiamando i nomi degli studenti. 
Impauriti, i bambini del primo anno si accomodavano sullo sgabbello, e lo abbandonavano poco dopo, chi più entusiasta, chi meno; qualcuno correva via, quasi spaventato. Gli applausi scrosciavano dalle diverse case ogni volta che un ragazzino veniva smistato. Ma lui lasciò volare la sua mente altrove, ad un altro bambino spaventato, che molto tempo prima si era seduto sullo scomodo sgabello di legno, col Cappello che per poco non gli scivolva fino al collo. Ricordò di una discussione tra il ragazzino titubante e balbettante e il Cappello. Ci vollero quasi cinque minuti, finchè non fu decretato il destino del giovane: Grifondoro.
Gli applausi esplodono nella stanza, e lui si riprende. Un altro piccolo Grifondoro, eh? 
Il volto poggiato al palmo della mano, voltò lo sguardo verso il tavolo dei professori, che non aveva ancora avuto il tempo di esplorare adeguatamente. Gli occhi verdi si spostano da un viso all'altro, finchè non ne vede due completamente nuovi: il professore di Pozioni e di Difesa dalle Arti Oscure. Inarca un sopracciglio, voltandosi di nuovo verso gli studenti. Non vedere Piton, con i suoi capelli unti e quell'espressione torva lo aveva, stranamente, turbato. La prima volta che i loro sguardi si erano incrociati, aveva subito capito che era un professore da non inemicarsi. E, negli anni, non poteva certo dire di essersi sbagliato. Non gli era stato mai particolarmente simpatico, il professor Piton. Ma doveva ammettere che sentiva come se qualcosa non andasse nel vedere un'altra persona, seduta al suo posto. Sentiva che qualcosa non stava andando come doveva. D'altro canto era stata la stessa sensazione di essere assunto senza essere osservato con ferma dolcezza dagli occhi ben conosciuti di Silente. Scosse la testa, tentando di allontanare quei pensieri non propriamente allegri che non si adattavano alla situazione. 

                                                                               ***
La cerimonia era ormai terminata, e i ragazzi andavano tutti ad occupare le stanze. Quelli del primo anno venivano accompagnati dai prefetti, che sfoggiavano le spille dei colori di appartenenza delle case al petto. Mentre passava, gli parve addirittura di sentire in lontananza una frase ormai conosciuta.
<< State attenti, alle scale piace cambiare. >>
Ma non era del tutto sicuro di averlo sentito seriamente, o di esserselo solo immaginato. 
Era sera ormai, e anche lui sarebbe dovuto andare a dormire, ma non sentiva per nulla il sonno o la stanchezza. Decise, perciò, di fare una passeggiata per i corridoi della scuola, nella vana ricerca di un modo per passare il tempo. Di soppiatto, forse perchè non era ancora abituato a non avere un coprifuoco, tornò nella Sala Grande. Aprì con un gesto teatrale il grande portone, rivelando la stanza in tutta la sua maestosità. Al buio sembrava anche più enorme. Passò tra i tavoli, accarezzando il legno dove un tempo sedeva per mangiare con i suoi amici. Moltissime cose erano avvenute in quel luogo, che pareva non essere cabiato di una virgola.

Ricordava ancora il ballo del ceppo, le luci che illumivano tutto, i lunghi tavoli sostituiti da piccoli tavoli rotondi, coperti da candide tovaglie. Ricordava Ginny, avvolta in quell'abito dai colori delicati, e i lisci capelli rossi che le ricadevano morbidamente sulla schiena. Ricordava la sua enorme emozione quando lei aveva accettato. Ai tempi, a dir la verità, aveva una cotta per la giovane Weasley, che, tuttavia, sembrava non avere occhi che per Harry. Ma lui l'osservava sempre da lontano, frenato dalla sua timidezza che gli impediva di parlarle o di incrociare i suoi occhi. La guardava anche mentre lei sospirava, persa nel pensare a Potter, e soffriva in silenzio. Rise, Neville, nel portare alla luce quel vecchio dolore, che allora sembrava così forte al punto da convincerlo che ne sarebbe rimasta una cicatrice, mentre ora non era altro che un annedoto, uno sfocato frammento che non aveva tardato a diventare una semplice riminescenza. 

Ricordava anche di quando, in quella stessa sala, aveva dovuto svolgere i G.U.F.O. Era ansiosissimo, il sudore gli scivolava sulla fronte, ed era stato costretto a deglutire diverse volte. Per lui fu un incubo, la fine del quinto anno. E poi, la sera della fine degli esami, accompagnò Harry a salvare Sirius...Il riso gli si spense in volto. Se molte cose si erano trasformate in un semplice eco di quello che erano state, quella sera era incisa nella sua memoria. La sera in cui il padrino di Harry morì, per colpa di Bellatrix Lestrange, la stessa donna che gli aveva procurato così tanta sofferenza. Si mise la mano in tasca, e strinse la carta di una caramella: sua madre glie ne regalava sempre qualcuna, di cartaccia, quando andava a trovarla. 
Per tutto il quinto anno si era allenato ad affrontare i Mangiamorte, era entrato nell'Esercito di Silente ed aveva dato tutto sè stesso, eppure, non era riuscito nemmeno a sfiorare quella donna. Le palpebre pesanti, il volto magro, i capelli crespi a disordinati: non avrebbe mai dimenticato il suo aspetto. Non solo non era riuscito a vendicare la memoria dei suoi genitori quel giorno, ma non era riuscito nemmeno a fermare la sua bacchetta, aveva lasciato che accadesse di nuovo. 
Tuttavia, quell'anno, grazie al cielo, anche qualcosa di buono gli era capitato. Durante una delle riunioni dell'Esercito l'aveva incontrata con lo sguardo la prima volta: i capelli dorati che la incorniciavano il viso cereo, gli occhi color nocciola dalle lunghe ciglia nere, Hannah Abbot aveva per la prima volta attirato la sua attenzione. Anche se, nel notarla, aveva seriamente rischiato di essere schiantato, ne era valsa la pena. La cosa, in realtà, non sarebbe stata granchè, se non fosse stato che dopo qualche secondo lei ricambiò il suo sguardo, sorridendo dolcemente. E quella volta non lo potè evitare: fu violentemente schiantato contro il muro. 
<< Neville, so che puoi fare di meglio! E cos'è quel sorriso imbambolato? >>
La voce di Hermione gli risuonò nella testa, e ci volle un po' per capire se era veramente la sua voce, che ormai gli risultava estranea: non riusciva proprio a capire se era veramente così o se il tempo gli stesse facendo brutti scherzi. 
Si era dovuto inventare una scusa assurda per spiegare a Madame Pomfrey come si era procurato le ferite fatte da Hermione con un singolo schianto. Gli pareva di aver detto di essere rotolato giù dalle scale, o qualcosa del genere. 
Sapeva solo che, dopo che l'infermiera se ne andò, arrivò Hannah, che, timidamente, gli chiese come stava. Neville sospettava di essere arrossito quella volta, siccome l'altra aveva voltato il volto di scatto, con le gote tinte d'un rosso quasi purpureo. 
Lui aveva balbettato di stare bene, mentendo spudoratamente, siccome gli faceva male praticamente dappertutto. Lei gli aveva sorriso dolcemente, e gli aveva detto che era un ragazzo davvero forte, dandogli un bacio sul naso. Mai fu più felice di avere delle ferite.

Il miagolio di un gatto lo riportò alla realtà: Mrs. Norris, un pò zoppicante e decisamente fuori forma, lo raggiunse, e lui la osservò per un secondo, prima di girarsi ed uscire lentamente dalla Sala Grande, raccomandandosi di lasciare la porta aperta: se avesse lasciato la gatta bloccata là dentro, Filch avrebbe probabilmente dato di matto. E, anche se adesso lui era un suo superiore -cosa che suonava tra lo strano e il raccapricciante- preferiva comunque non farlo arrabbiare. Continuò a girare senza meta per il castello, tra gli arazzi e i quadri che lo osservavano curiosi, finchè non si ritrovò davanti ad una porta ben conosciuta. Si guardò un pò intorno con fare furtivo, per poi aprire la porta scricchiolante. L'odore di carta lo investì dolcemente: la biblioteca.

Quando era ad Hogwarts era uno dei suoi posti preferiti: amava rifugiarcisi, magari a leggere qualche libro di erbologia, nascondendosi dai Serpeverde che lo perseguitavano con le prese in giro. In fondo, la metà di loro, aveva un quoziente intellettivo equivalente a quello di Tiger e Goyle, quindi, molto probabilmente, non sapevano nemmeno cosa fosse un libro. L'altra metà era troppo impegnata a vantarsi con gli altri stolti per pensare seriamente di "andare a sprecare tempo prezioso in biblioteca". Insomma, era uno dei luoghi più sicuri per nascondersi dai bulli. 
Iniziò a cercare tra i libri, finchè non ne trovò uno che amava leggere. Parlava delle piante magiche nel mondo, le più rare, le più ricercate, e su come e per cosa utilizzarle. Aprì il libro e iniziò a sfogliarne le pagine con delicatezza, quasi avesse paura che a voltarle troppo velocemente gli si sarebbero strappate in mano. E, a pagina cinquecentotrentasei, trovò l'orlo della pagina piegato. Socchiuse gli occhi, guardando la pagina, e un sospetto si fece strada in lui. Anche se non poteva esserne certo, era certo di aver piegato con le sue stesse mani l'orlo di quella pagina, un giorno del suo sesto anno. Era appena sfuggito a Malfoy e i suoi amici, arrivando finalmente in biblioteca. Tuttavia, poco dopo aver iniziato a leggere, entrò dalla porta Hannah, parlando con un ragazzo. Lui aggrottò lievemente le sopracciglia contrariato, ma scosse subito la testa. Era troppo avventato a pensare subito che lui fosse il fidanzato di Hannah, o qualcosa del genere. Per quanto provasse a continuare a leggere, però, non riusciva a non pensare a lei. Lo stomaco si rivoltava, la testa si rifiutava di collaborare. Sospirò, e decise di mettere una piccola piega sul libro: voleva continuare a leggerlo, ma in quello stato non poteva. In fondo, chi mai si sarebbe reso conto di una piega sulla pagina sottile di un libro così spesso?
Di cattivo umore, decise di andare a dare un'occhiata ad Hannah, giusto per rasserenarsi un pò. Ciò che vide, tuttavia, fece tutt'altro: i due si baciavano con trasporto, la mano del ragazzo tra i boccoli dorati di lei, le lunghe ciglia che si incontravano nascondendo il color nocciola. Gli venne da vomitare, e fu costretto a distogliere lo sguardo. In fondo, lui era per sempre Neville Longhbottom, come aveva potuto sperare seriamente nel farsi notare da una come lei?


Richiuse il libro, non c'era modo di sapere se era veramente quella fatta da lui, era passato troppo tempo, non era possibile ricordarsi ciò che stava leggendo. E in quel momento era cocentrato su di altro, quindi le possibilità diminuivano esponenzialmente.
Chi avrebbe mai creduto che Hannah sarebbe diventata sua moglie? 
Era stato un meraviglioso matrimonio: l'avevano festeggiato in casa di lei, circondati dagli amici e dal calore della sua famiglia. Purtroppo i suoi genitori non erano potuti venire, ma la nonna non poteva perderselo. Aveva pianto come non mai, farfugliando cose come <<Il mio bambino...>> e <<Non mi ero nemmeno resa conto degli anni che passavano...>>  tra una soffiata di naso ed un singhiozzo. Ricordava benissimo la salda stretta di mano che Harry gli aveva dato, mentre Ginny teneva per mano la loro bambina, Lily. Tra i candidi tavoli addobbati, tra le danze, avevano passato una giornata meravigliosa. E, il ricordo meglio impresso nella sua mente, era sicuramente quello dei bicchieri sollevati in aria, negli ultimi momenti. 
<< A Neville ed Hannah. E anche Alice e Frank, che oggi non sono potuti essere qui con noi. >>
Gli occhi di Neville erano lucidi, e non capiva esattamente se erano per la gioia del coronare finalmente il proprio amore, o per il fatto che i suoi genitori non erano lì, con lui. Nel suo wisky incendiario, fu quasi sicuro di vedere una figura. Sua madre gli sorrideva commossa, riflessa nel liquidi. Lui ricambiò il sorriso, e una lacrima gli scivolò sul volto. 
Sentì una mano sul braccio, e riconobbe il tocco delicato della novella moglie. Si voltò, asciugandosi frettolosamente la lacrima. L'immagine di sua madre sparì. 
Lei gli porse il bicchiere, e lui, con la mano liemente tremante, porto il suo a toccare quello della compagna. 
E, con un sonoro tintinnio, sigillarono un patto d'amore. 

Un rumore secco lo fece sussultare. Il libro gli era scivolato dalle mani, cadendo con un tonfo a terra. Si guardò il polso sinistro: l'orologio segnava le una e mezza di notte. Era tardissimo. 
Era meglio andare a dormire. 
Cominciò ad incamminarsi verso la sua stanza, sbadigliando per la prima volta, forse a causa del fatto che solo ora si rendeva conto fosse piena notte. 


                                                                                                                 ***


Mancava ormai poco per arrivare alla sua camera da letto. Trascinò gli ultimi passi nel corridoio pieno di finestre, che lasciavano entrare la luce della luna che brillava indisturbata, senza che nessuna nuvola la intralciasse. Il suo sguardò si posò, solo per un attimo, fuori dalla finestra, nel cortile di Hogwarts. 
La luce lunare lo rendeva sicuramente molto più soggettivo di quanto non lo fosse di giorno: le statue di pietra, immobili, sembravano quasi persone reali viste così. Era interamente ricostruito, dopo la Battaglia di Hogwarts. L'ultima grande lotta che avrebbe deciso il destino del mondo magico, in mano a dei ragazzini e dei professori. Neville socchiuse gli occhi malinconico. Ne uscì da adulto, da quella battaglia, tutti ne furono cambiati. Molti di loro erano stati perduti durante quella guerra spietata, gli altri erano stati faccia a faccia con la morte. Tra tutti i ricordi, quello era il più vivido: ogni secondo era stato accuratamente trascritto con inchiostro indelebile nella sua memoria, e lo avrebbe accompagnato per sempre. In un certo senso, era un bene. Aveva imparato molto, quel giorno. E, finalmente, era riuscito a dire <<Sono Neville Longhbottom.>> orgoglioso di essere sè stesso. Perchè in quel momento capì che nulla c'era che non andava in lui, che non disonorava la memoria di suo padre e di sua madre, che doveva solo andare avanti, senza vergognarsi di mostrarsi per quello che era. 

Gli occhi si chiusero per un attimo, ma fu abbastanza veloce da riaprirli e barcollare fino alla sua stanza, infilandosi nel suo letto. 

E nel buio si chiuse il suo primo giorno della sua nuova vita ad Hogwarts.











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Note dell'autrice:
Che dire di questa storia? Mi ci ero impegnata parecchio, dovevo solo rileggerla un pò di altre volte prima di inviarla, e poi mi sono resa conto di una regola che avevo infranto, negando a questa fic il modo di essere valutata al concorso.
Come ho già detto, forse andava riletta più volte: spero seriamente non ci siano errori grammaticali, ma, se li trovate, ditemelo per favore.
Ad ogni modo, vi lascio, so di avervi già annoiati.
A presto! 

#Matt







 
   
 
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