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Autore: Aluah    15/11/2013    8 recensioni
Freddo, caldo, luce, buio, ombra, paura.
Le sensazioni non si controllano, si vivono e basta, accettandole come vengono.
Alle volte sono prevedibili, altre incontrollabili.
Una navigatrice collerica ed un bradipo di spadaccino lo sanno fin troppo bene.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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cakdo




CAPITOLO 2:
CALDO






Si erano ricordati di loro soltanto a metà pomeriggio, circa mezz'ora prima di attraccare.
Era stato Sanji per l' esattezza ad enfatizzare il fatto che all' appello mancasse una delle sue amabili muse, tralasciando ovviamente di porsi problemi per un eventuale guaio in cui si era cacciato anche Zoro. Non l' aveva nemmeno calcolato finché Robin non aveva argutamente fatto notare che la navigatrice non era stata così sprovveduta da avventurarsi sola nel bel mezzo dell' acquazzone.
Ovviamente si era scatenato l' inferno.
Dal ponte dove ancora si trovavano, avevano solamente sentito un boato proveniente dalla cucina: nel migliore dei casi poteva essere una pentola a pressione lasciata troppo sul fuoco, nel peggiore era semplicemente Sanji che aveva avuto una miracolata illuminazione sul fatto che Nami non fosse sola in balia delle intemperie. Sfortunatamente per lui, quando aveva fatto eroicamente irruzione sul deck, non aveva visto nessuno.
E loro si erano guardati bene dal far scoprire il loro piccolo nascondiglio.
Ancora si chiedevano perchè.
Lì, nascosti sotto alle scalette, ridacchiavano senza un' apparente motivazione. Avevano preso ad ignorare la pioggia che continuava a cadere, così come gli schiamazzi crescenti dei componenti della ciurma che si svegliavano man mano: le urla di Rufy, le imprecazioni di Franky accuratamente zittite da Usop, le moine pervertite di Brook e le domande di Chopper riguardo i termini scurrili usati dal cyborg. Solita routine a cui non fecero nemmeno conto; sembrava che si fossero isolati in un mondo a cui solo loro avevano avuto accesso. Era un sensazione famigliare, quasi calda.
Erano finiti a parlare delle innumerevoli volte in cui si erano aiutati a vicenda nei combattimenti, lei passandogli le armi e lui proteggendola da chiunque osasse avvicinarsi. Avevano battibeccato a lungo sul fatto che Nami avesse effettivamente quasi sempre bisogno di qualcuno che le guardasse le spalle, finendo per poi trovare un miracoloso accordo sul fatto che entrambi avevano bisogno l' uno dell' altra.
Zoro per orientarsi, Nami per sopravvivere.
E andava bene così, esattamente com'era sempre stato.
Man mano che il tempo era passato, avevano anche cercato un modo per sopprimere quei fastidiosi brividi che con l' attesa si erano fatti sempre più sentire: in poco più di mezz'oretta si erano trovati quasi abbracciati, lui con la schiena poggiata alla parete e lei accoccolata tre le sue gambe. Se ci avessero pensato, se lo avessero programmato, probabilmente avrebbero impiegato secoli per trovarsi in quell' intimità tanto strana quanto piacevole.
Era un caldo abbraccio che alleviava parzialmente quel freddo pungente che penetrava nelle ossa: le mani dello spadaccino si erano innocentemente unite sul grembo della navigatrice che, appoggiata al suo busto, continuava nella difesa delle sue innumerevoli qualità, denigrando i molteplici difetti del nakama alle sue spalle.
- Eccovi qui! -
Erano stati interrotti dal loro capitano che, caccola alla mano, si era preso la briga di andare a cercare i suoi sottoposti perduti in chissà quale meandro della nave. Probabilmente era stato costretto dal cuoco che, pur di conciliare utile e dilettevole, aveva visto in uno strategico allontanamento di Rufy anche la possibilità di salvare la cena per quella sera. Scendere a terra era già stato escluso a prescindere dato che Nami aveva espressamente dichiarato che non avrebbe sborsato nemmeno un Berry per saziare le voglie dell' equipaggio.
Le sue ovviamente erano state escluse a priori.
Non si era scomposto più di tanto quando li aveva trovati in quella strana posizione; aveva semplicemente preferito sorridere genuinamente come era solito fare, salutarli con la mano ed avvertirli che Sanji li sarebbe venuti a recuperare presto se non gli avessero dato un cenno di vita di loro iniziativa. Il che implicava che lui non avrebbe proferito parola riguardo ciò che aveva visto.
Avvolto dal suo impermeabile verde smeraldo aveva poi fatto dietro front ed era tornato in cucina, fischiettando una canzone di cui nessuno conosceva apparentemente l' origine. Lo faceva da quando gli era apparsa quella cicatrice sul petto; forse era per questo che non avevano mai fatto domande ulteriori riguardo a quel motivetto, sapevano che faceva tanto male quanto ne aveva fatto quella ferita.
Solo in quel momento si erano effettivamente resi conto di quanto potesse essere equivoco il loro atteggiamento; non che gliene dovesse importare qualcosa dato che dopotutto erano solo semplici amici che, data la pioggia, avevano preferito non farsi venire i consueti geloni alle mani e scaldarsi nel modo più economico possibile. Un certo imbarazzo era comunque calato tra loro, come un sipario che aveva momentaneamente raggelato l' atmosfera.
Non si sentiva più nulla, nemmeno il loro respiro.
Nami si alzò facendo forza sulle gambe, attaccandosi alla sporgenza degli scalini sopra alla sua testa. Era bagnata fradicia, puzzava di sudore nonostante la doccia fuori programma, aveva il sedere sporco per via del pavimento che non veniva spazzato da un po' e per finire era rossa come un peperone data la circostanza. Zoro non era da meno: con l' osso sacro dolorante e bagnato come un pulcino, aveva la testa china sulle ginocchia ed un aria pensierosa in volto, nonostante non lo lasciasse vedere. Si capiva benissimo quando aveva un pensiero che gli attanagliava il cervello: gli pulsava una vena sulla fronte, piccola, impercettibile per chiunque non lo conoscesse a sufficienza per notare questi piccoli particolari.
Ricordava che la prima volta che ci aveva fatto caso era stato qualche anno prima, quando, osservandolo durante un apparente pisolino in cerca di segni di vita, aveva notato quel rigonfiamento sulla tempia pulsare. Ricordava anche di aver tirato un sospiro di sollievo alla consapevolezza che lui fosse ancora vivo e vegeto. Si era sempre preoccupata di lui, inconsciamente o meno.
- Dovremmo rientrare -
Della spensieratezza di poco prima non era rimasta che un' ombra che, timida e sfuggente, si era nascosta assieme al calore che fino a poco prima avevano sentito. Annuì distrattamente, imitandola e mettendosi finalmente in piedi assieme a lei. Si stiracchiò, facendo scrocchiare le spalle e le vertebre, uscendo finalmente allo scoperto. Si avviò a passo stanco verso gli scalini, seguito a ruota dalla cartografa; per una volta era lei e guardargli le spalle, anche se non metaforicamente come lui faceva sempre.
Era strano averla al seguito, lo faceva sentire nervoso, tanto da costringerlo a girarsi un paio di volte durante il breve tragitto verso la sala comune: era più forte di lui, doveva sempre sapere come e dove stava.
Arrivarono davanti alla porta che dava alla cucina, seguendo il ritmo degli schiamazzi che provenivano dall' interno. Lo spadaccino allungò una mano, pronto ad entrare nella stanza, scoppiando quella strana bolla che si erano creati attorno: non avrebbe mai più tirato fuori l' argomento per quanto lo riguardava, sarebbe stato come ammettere una piccola sconfitta personale. Abbassò la maniglia, tirando verso di sè, pronto per entrare.
Nulla: sembravano intenzionati a lasciarli al freddo e al gelo.
Nami dietro di lui gli andò a sbattere contro, plasmandosi sulla sua schiena muscolosa, dato che per via dello sguardo fisso sui piedi, non l' aveva visto fermarsi. Alzò di scatto la testa, facendo oscillare di poco i capelli arancioni e fradici, schiacciati contro al capo e alla fronte.
- E' chiusa anche questa. - la informò lui, tirando una testata alle assi di legno ed appoggiandosi a queste.
Lei mugugnò qualcosa, imitando il suo gesto. Quello che apparve strano fu il fatto che, mentre lui se la prendeva con la superficie immobile ed innocente di fronte, lei si accanisse a suon ti cozzate contro contro i dorsali di lui, digrignando i denti come un cane rabbioso.
- Ho bisogno di una doccia calda! - piagnucolò, mischiando alla pioggia incessante una leggera lacrima che, per stanchezza e nervoso, non era riuscita a trattenere oltre.
Zoro si voltò, inglobandola tra le sue braccia forti e facendola accoccolare in quell' abbraccio rassicurante e tremendamente caldo. Portò la sua bocca alle tempie di Nami, poggiandovi le labbra con fare esperto: ricordava di averlo visto fare al suo maestro quando era bambino, e sapeva per certo che serviva per stimare almeno approssimativamente la temperatura di una persona.
Era calda, tanto, segno che aveva la febbre alta.
La strinse ancora di più, intrecciando le dita a livello delle scapole di lei e tirandola a sè: dalla bocca espirò del vapore, trasmettendolo a lei, cosicchè avesse un minimo sollievo da quel gelo che non accennava a diminuire. Nami amava il caldo, lo sapeva benissimo; passava ore intere a crogiolarsi al sole, costringendolo a spalmarle le crema anche se aveva Sanji a portata di mano, lamentandosi al primo alito di vento fresco. Se per lui portava sollievo, a lei faceva venire la pelle d'oca.
- Non piangere - provò a tranquillizzarla, carezzandole la schiena come meglio poteva, senza mai sciogliere il nodo tre le sue dita callose.
Anche lui voleva una doccia, decisamente, ma ancor di più desiderava che lei non stesse male, nemmeno in quelle condizioni disagianti: l' aveva protetta da cose ben peggiori, la stanchezza era un nemico facile a confronto.
- Come fai a sapere che sto piangendo? - chiese lei, nascondendosi in quella calda stretta che sapeva di casa.
Le baciò al fronte, rilassandola ulteriormente, prima di dare un leggero colpo di tacco alla porta alle sue spalle per farsi sentire.
- Le lacrime sono più calde della pioggia Nami, dovresti saperlo... - 
 











Angolo della donna puntuale:
Se aspettavate un aggiornamento per ufficiale mi spiace deludervi, ma non ho idee. O meglio: ho perso il quaderno dove avevo scritto diligentemente tutta la storia causa forza maggiore chiamata sfiga. Spiacente di darvi questa meravigliosa notizia per la sottoscritta.
Questo capitolo non mi piace. E allora perché lo posto? Perché è quanto di più decente sia riuscita a partorire in una settimana circa di studio approfondito di Hegel.
Attendo uccisioni di massa * si mette in prima fila per ricevere l' elefante in faccia *.
Saluti,
Alu.
   
 
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