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Autore: Beneath_Your_Beautiful_    15/11/2013    6 recensioni
Quando sei bambino ammiri i giocattoli nelle vetrine e li vorresti tutti quanti. Sono belli, e colorati come il tuo mondo. Vai da tua madre e prendendola per mano la porti davanti alla vetrina piena di colori. Ma vedi solo che ti sta portando lontano dalla vetrina colorata e scoppi a piangere perché volevi ancora almeno osservare quelle meraviglie.
Che succede quando inizi a prendere la consapevolezza che in realtà non è poi tutto colorato come credevi e che il dolore esiste, ed è una cosa che non puoi controllare?
Mi chiamo Jaymi Hensley e per la gente sono solo un ‘deviato’.
***
Sono Jaymi Hensley e amo mia madre più di qualunque altra persona al mondo.
Grazie per avermi insegnato a vivere, mamma.
Genere: Angst, Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jaymi Hensley, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nasciamo da un atto d’amore

18/02/2006

Quando sei bambino ammiri i giocattoli nelle vetrine e li vorresti tutti quanti. Sono belli, e colorati come il tuo mondo. Vai da tua madre e prendendola per mano la porti davanti alla vetrina piena di colori. Le chiedi se può comprarti qualcosa, nel tuo ostinato silenzio, perché ancora non sai parlare e non hai idea di cosa siano esattamente le cose che vedi, ma sono colorate e tu le vuoi. Allora lei ti prende in braccio e con parole dolci e rassicuranti ti spiega che un giorno ti comprerà ciò che vorrai, ma tu comunque non capisci. Vedi solo che ti sta portando lontano dalla vetrina colorata e scoppi a piangere perché volevi ancora almeno osservare quelle meraviglie.

Ma che succede quando cresci e il tuo mondo inizia a perdere qualsiasi colore e a tingersi di nero, quando non è più tua madre a portarti lontano da quei colori, ma qualcosa di superiore? Che  succede quando non riesci più a trovare la mano di quella donna che hai portato davanti a quei colori, come per mostrarle che il mondo può essere colorato nonostante tutto il dolore che ancora tu non conosci? Che succede quando nessuno ti stringe più fra le sue braccia, ma non sei altro che solo senza una mano da afferrare se cadi o delle braccia nelle quali nasconderti e dalle quali essere protetto?

Che succede quando inizi a prendere la consapevolezza che in realtà non è poi tutto colorato come credevi e che il dolore esiste, ed è una cosa che non puoi controllare?

Cresci, e cominci a capire che il mondo inizia a perdere i suoi colori, e che tu glielo permetterai sempre. Tu permetterai sempre al mondo di farti del male, alla realtà di opprimerti. Permetterai al dolore di entrare in te e divorarti l’anima, finchè sarai consumato, perché nessuno è mai veramente pronto a salvarti.

E allora l’unico modo per controllare il dolore è infliggertene altro. Ti sentirai padrone del dolore che provi, nessuno e niente sarà la causa del tuo dolore se non tu stesso.


Tanto nessuno si preoccuperà di ciò che provi o senti. Nessuno si prenderà mai cura di te e tu lo sai, ed è per questo che, non dovendo rendere niente a nessuno, decidi di essere padrone della tua vita e di te stesso.

Sai di star facendo la cosa sbagliata, ma non ci vuoi proprio tornare indietro, perché sai che ormai è troppo tardi per potersi aggrappare a qualcosa. Allora continui a sopravvivere, cadendo sempre più in basso, come sopravvivono gli animali nella foresta. E di cosa ti nutri? Di mangiare non mangi più, perché sei davvero troppo stanco e debole per poter semplicemente pensare di mangiare, e fra l’altro a che serve se prima o poi devi morire?

Beh.. sarai pure tu a decidere quando morire.

Allora l’unica cosa di cui nutrirti è la musica.

Quella non l’abbandonerai mai. Te la porterai dietro fino alla fine. Sai che è la tua unica salvezza, il tuo unico rifugio, quell’unico appiglio che non ti ha permesso di essere già spiaccicato al suolo in questa tua caduta senza fine.

Mi chiamo Jaymi Hensley e per la gente sono solo un ‘deviato’.
 

Essere una madre è il compito più bello che ci possa essere, ma è anche il più difficile. Metti tutta te stessa per crescere bene tuo figlio, per dargli tutto e non fargli mancare nulla. Fai di tutto per farlo sentire amato, accettato, per farlo stare bene e dargli il meglio.

Ma non tutte le volte va come vorresti.

Sai che nel periodo dell’adolescenza nulla sarà facile, perché ci sei passata anche tu a modo tuo e in fondo i problemi sono sempre quelli.. o almeno credi.

Lo credi finchè non ti capita fra le mani un foglio come quello, e ci vede impresse sopra le parole che tuo figlio ha scritto. Ed è lì che cominci a chiederti il perché di tutto quel dolore, di tutta quella voglia di morire. Magari non sei stata abbastanza per lui, pensi? Ma non sai comunque darti una spiegazione a ciò che succede a tuo figlio, e ci vorresti parlare, ma lui si chiude in se stesso convinto di poter risolvere tutto da solo.

Perché lo sai, lo sai che lui è solo, perché condannato dalla gente ipocrita che lo emargina per ciò che è. E vorresti fare di tutto pur di non farlo stare male.

E vorresti riaverlo dentro la tua pancia, perché lì era al sicuro e sapevi che niente gli sarebbe accaduto, perché ti saresti presa cura di lui. Sapevi che ci sarebbe stata la tua pelle ad attutire i colpi, ma sai anche che si deve crescere, si ci deve creare una corazza e andare avanti da soli.

Ma se quella persona decide di non costruirsi quella corazza per proteggersi dai colpi, ma solo una barriera per tenersi lontana dal mondo? Se quella persona decide di non voler affrontare la realtà come dovrebbe fare, e preferisce vedere il sangue uscire dalle ferite provocate sulla propria pelle, perché fanno meno male delle ferite dell’anima e perché, a differenza di quelle che sanguinano ma non le vedi, queste le vedi e le senti pure.

Che puoi fare quando tuo figlio urla al mondo di voler essere aiutato e amato come gli altri, ma si auto convince di non volere ciò e di non poterlo mai avere? Puoi solo amarlo più di quanto tu non abbia già fatto.

Ma non basta! L’amore da solo non basterà mai, e lo sai!

Lo sai perché hai conosciuto due ragazzi. Due.. ‘deviati’, come li chiama il mondo. Si amavano ma non avrebbero dovuto farlo. Quell’amore si pensava che avrebbe vinto tutto, ma alla fine quell’amore li aveva solo distrutti.. loro e le persone che gli stavano intorno.

E allora anche se l’amore è una delle poche certezze della vita, sai anche che a volte da solo non basta.

Mi rigiravo fra le mani quelle foto. Loro sorridevano.

I loro sorrisi che pian piano si erano andati spegnendo consumati da quell’amore troppo debole per quelle sfide, dicevano molti.. io invece sapevo che era troppo forte anche solo per essere compreso. Era fra gli amori più puri che avessi mai conosciuto.

Ma sapevo anche che se avevo continuato ad amare era solo grazie a loro, ed era per questo che avrei dovuto salvare mio figlio in un modo o nell’altro.

Quando i sorrisi si trasformano in lacrime non c’è più via d’uscita, ma le lacrime possono sempre diventare sorrisi, e mio figlio sarebbe ritornato a vivere.

Posai la foto nel suo solito angolino e prendendo un respiro profondo salii le scale, lentamente, cercando di non farmi sentire.

Sapevo cosa faceva ogni pomeriggio, chiuso nella sua stanza. Mi raccontava balle credendo che me le bevessi e gli avevo dato fiducia, ma lui non aveva capito. Aveva scambiato la mia fiducia per indifferenza e incomprensione e aveva continuato per la sua strada, ma non glielo avrei più permesso. Ero sua madre e lo avrei sempre protetto anche se non avesse voluto.

Non sapeva la mia storia, ma io sapevo la storia che lui si stava costruendo.

Bussai piano, chiamandolo.

-Che c’è mamma? Sto studiando. Va via!-. Sapevo che stava mentendo, lo capivo dal suo tono di voce.

Spinsi la maniglia per aprire la porta, ma scoprii che era chiusa a chiave. –Jaymi, aprimi.- dissi cercando di mantenere la calma.

-Io..io.. non posso.- potevo sentire piccoli singhiozzi, la sua voce rotta dal pianto. Sapevo che lo stava rifacendo. Mi coprii la faccia con le mani per trattenere il pianto e la rabbia, non sarebbe stato un comportamento adatto da parte mia. Ero sua madre.

Riprovai. –Jay..senti.. aprimi ti prego. Sai che puoi fidarti di me.-

Non ricevetti nessuna risposta dall’altra parte della porta, e per un attimo pensai di andare via e lasciarlo solo, ma poi nella mia mente ritornarono vivide le immagini delle persone che avevano fatto ciò che stava facendo lui senza che io potessi salvarle.

Era sangue del mio sangue e ogni sua ferita o dolore, era anche una mia ferita.

-Jaymi..?- la mia voce tremava terribilmente e cercai di darle un tono più sicuro.

Feci per chiamarlo di nuovo, quando sentii un colpo abbattersi dall’altro lato della porta, che mi fece indietreggiare per lo spavento e lo sentii urlare
Vattene! Va via cazzo, non ho bisogno di te!-.
Questa volta non riuscii proprio a farcela. Scoppiai in un pianto sommesso.

“Aprimi Jaymi, lo sai che avrai sempre bisogno di me. Non negare il mio aiuto.” pensai, e come se avesse sentito la mia supplica silenziosa, aprì lentamente la porta.

Lo vidi venire fuori da dietro la porta e me lo ritrovai davanti, come avrei sempre voluto averlo. Rimasi immobile senza sapere più che cosa fare di preciso.

Lui era davanti a me, per poco non mi sovrastava in altezza. Eravamo l’uno lo specchio dell’altra. Anche il suo viso era solcato da lacrime profonde, i suoi occhi erano gonfi e rossi, e teneva le mani lungo i fianchi lasciandole penzolare. Era pallido e molto magro rispetto al giorno prima.

-Mamma..- disse, con un tono insensibile, tradito dalle lacrime e dai suoi occhi nei quali custodiva tutto il dolore che non  mostrava al mondo. La sua voce era un fremito, era stanca, debole, come se gli costasse pronunciare quella singola parola.

Questo non era il Jaymi che io avevo cresciuto, questo era il Jaymi che aveva preferito crescere da solo, perché fin troppe persone lo avevano rifiutato.

Faceva male, troppo male!

In un gesto involontario, ancora sulla soglia della porta di camera sua, gli presi le mani, gli alzai lentamente le maniche del maglione e mi fermai ad osservare le sue braccia e i suoi polsi.

Lui non me lo impedì, mi lasciò fare senza dire nulla.

Sentii il mondo crollarmi addosso e schiacciarmi. Mi si creò un groppo in gola e come un macigno arrivò la consapevolezza di tutto, che mi oppresse il petto, impedendomi di respirare come avrei voluto. Eppure dove essere decisa e forte. Ma quando vedevo quelle cose, soprattutto su colui che era la mia stessa vita, vacillavo, le parole mi mancavano.. e l’unica cosa che riuscii a fare fu stringerlo fra le mie braccia.

Stringerlo forte per fargli sentire la mia presenza, per proteggerlo dal male e per cercare di rompere quella maledettissima barriera che lo soffocava. Ma lo strinsi delicatamente, con la costante paura di romperlo, di sentirlo sgretolare fra le mie braccia.

In un primo momento fu impassibile, rimase nella stessa posizione che aveva quando aveva aperto la porta, ma poi ricambiò il mio abbraccio.

Mi si aggrappò come si ci aggrappa ad un roccia quando si sta per cadere in un dirupo, e ne fui felice.

Ma fu in quel momento che, come mi sarei dovuta aspettare, sputò sprezzante –Cosa pensi di concludere in questo modo?-.

Voleva ferirmi, farmi sentire in colpa, lo sapevo.. e ci stava riuscendo, ma cercai di reprimere quei sentimenti e di prendere il controllo della situazione, come avrebbe dovuto essere fin dall’inizio.

Mi staccai da quell’abbraccio che, anche se non lo avrebbe mai ammesso perché non voleva crederci nemmeno lui, lo aveva fatto sentire meglio, lo aveva fatto sentire amato.

Gli rivolsi un sorriso amaro e chiesi –Lo volevi vero?- nessuna risposta, solo un silenzio apprensivo. –Da quanto Jaymi?- chiesi, alludendo a molte,troppe cose. Mi diressi verso il letto di camera sua, entrando e sedendomi, invitandolo a fare lo stesso. Ma lui rimase in piedi davanti a me.

-Da quanto.. cosa mamma? A cosa vuoi alludere?- quel ragazzo era davvero troppo perspicace, riusciva davvero a capirmi. Era più simile a me di quanto immaginassi. –Intendi da quanto va avanti questa storia? Da quanto tempo non mangio più? Da quanto non sono più lo stesso? Da quando ho iniziato a stare così maledettamente male? Intendi dire da quanto tempo mi taglio? Da quanto tempo voglio morire, mamma?- mi chiese con un calma assurda, glaciale. Guardandomi negli occhi come per sfidarmi, come per mostrarmi che era forte e che poteva farcela da solo.  Ma lo sapeva anche lui che si stava sbagliando, che si stava sbagliando su tutto. Era solo troppo ostinato a far sparire il Jaymi di qualche anno fa. Lo voleva rinnegare.. e non capivo il perché di questo.

-Cosa credi, che adesso che hai letto ciò che ho scritto.. allora sai tutto di me? Credi di sapere cosa provo o sento adesso? Credi di venire qui e potermi salvare così? No mamma, non puoi. Nessuno può più ormai, perché sono precipitato troppo in profondità. Ho toccato il fondo senza che nessuno se ne accorgesse, senza che tu riuscissi a capirlo, a capirmi.- era ostinato ad essere arrabbiato con me, con se stesso e con il mondo intero.

Ma tutto tradiva le sue parole: i suoi gesti, il tono della sua voce, i suoi occhi e quelle lacrime ancora impresse sul suo viso. E quell’abbraccio.. non era finzione!

Finalmente si sedette accanto a me, portandosi le mani sul viso per coprirlo, per ricacciare indietro le lacrime, per ricacciare indietro la debolezza.

-Tu non sai.. non sai nulla Jaymi. Pensi di sapere, di poter capire, quando in realtà neanche ci provi a capire, a conoscere. È solo toccando il fondo che si può risalire in superficie!-  dissi infondendo tutta la forza che avevo in quelle parole, in cui davvero credevo, perché ne ero la prova vivente.

Mi diressi verso la finestra, scostai le tende per far penetrare la luce e alzai le maniche della mia maglia.

Lo invitai ad avvicinarsi, e lui incuriosito da ciò che stavo per fare, venne da me strizzando gli occhi per la luce accecante. Prese le mie braccia, le osservò come io avevo fatto con le sue.

Alzò gli occhi ormai colmi di lacrime e mi guardò con uno sguardo sorpreso, non capendo, ostinandosi a non credere all’evidenza.

-Pensi davvero di essere l’unico? Jaymi.. c’è sempre una via d’uscita, c’è sempre un’altra possibilità, c’è sempre possibilità di salvezza finchè ci sarà amore. Tu provi dolore, ma solo perché ami. Perché ami tremendamente ciò che ti circonda, perché ami chi ti circonda. Perché ami la vita, e in fondo, ami anche te stesso.. altrimenti non ti dispiaceresti così tanto sai?- gli rivolsi un sorriso, prendendo le sue mani fra le mie.

Mi guardò intensamente negli occhi, come per convincersi che ciò che avevo detto fosse vero.

Ma all’improvviso si allontanò da me, lasciò andare le mie mani e corse verso la sua scrivania. Aprì un cassetto e ne trasse fuori una lametta sporca di sangue ancora fresco. La teneva stretta fra le mani tremanti, e altrettanto tremante era la sua voce quando parlò.

-Mamma.. io ho continuato a passarmi questa sulle braccia, ogni sera, da due anni ormai. Credi davvero che ci sia possibilità di salvezza per me? Non ho smesso neanche una volta! Ogni sera, ogni singola sera. Era come una medicina per me, lo è ancora e adesso di certo non potrà più non esserlo solo perché ti sei decisa a fare la madre e sei venuta a parlami della tua vita difficile. Questa è la mia vita mamma, e io non sono te! Non sarò mai forte come te, che sei stata capace di uscire da tutto ciò, né sarò mai un bastardo come papà, che per convincersi di essere forte e di servire a qualcosa mi picchiava. Io sono me mamma, e in quegli anni in cui stavo.. bene, era solo perché continuavo ad indossare una maschera. Ma ogni sera, ogni singola sera mi ritrovavo a piangere, soffocando le lacrime nel cuscino, perché non ero mai abbastanza, perché se mi convincevo di valere qualcosa poi arrivava qualcuno che mi dimostrava il contrario, che mi mostrava la verità! Le mie lacrime non le ha mai raccolte nessuno, perché non c’è mai stato nessuno disposto a restarmi accanto, ad accettarmi per ciò che sono. Mamma, io sono quello che tutti chiamano.. ‘deviato’. Si, perché ho deciso di allentare quella maschera, di aprirmi con qualcuno, di fidarmi, e poi che cosa ho ottenuto? Solo merda, una montagna di merda! Papà aveva ragione! Non sono altro che un perdente, non sarò mai abbastanza, e sono un fottuto gay! La gente come me non va avanti. Chi potrebbe amarmi? Chi potrebbe accettare il mio amore.. la gente fugge via da me ancor prima di conoscermi. Non sono.. io non sono fatto per tutto questo. Tutto questo mi fa terribilmente paura.. e io non sono in grado di affrontare la realtà, perché fa troppo male mamma. Io amo, ma la gente cosa mi da? Solo odio. Evidentemente non merito di essere felice..-.

Mi rivolse un sorriso amaro e ormai il suo volto era inondato dalle lacrime. Ma io riuscivo ancora a scorgere una minuscola luce dentro i suoi occhi ormai del tutto spenti. Ogni sua parola era una pugnalata che mi infliggeva. Aveva il respiro affannato.. e tossiva, perché parlare in quel modo, gli era costato tanto.

Ma riuscivo ancora a ricordare la sua voce. Quella voce calda e vibrata. Quella voce che sapevo, e speravo.. lo avrebbe salvato e guarito da ogni male.

Io ero attonita. Non sapevo che fare, né tanto meno che dire. Non ero adatta a quelle situazioni, sapevo che nulla sarebbe servito in quel momento. Ma la mia più grande paura era quella di non riuscire a fargli capire quanto lo amassi.

Fu in quel momento che ripensai a quei due ragazzi sorridenti nella foto. E fu in quel momento che seppi cosa dire, che capii cosa dovevo fare.
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-Sai? Quand’ero incinta e..e tu eri nella mia pancia..-
cominciai a dire, sapendo perfettamente dove volevo andare a finire. Lui si passò una mano sugli occhi, strofinandoli.. e cominciò ad abbassare finalmente la lametta che teneva fra le mani, guardandomi confuso.

Mi avvicinavo lentamente, ad ogni parola che dicevo -.. quando eri nella mia pancia e non sapevo ancora se fossi stato un bambino o.. una bambina.. io.. avrei voluto tenerti lì dentro per sempre. Io sapevo che lì non avresti sofferto, che non ci sarebbe stato dolore. Questo è quello che ogni madre desidera per suo figlio. Ti ho dato la mia vita.. e te la do ogni giorno senza che tu te ne accorga. Sei stato tu a rifiutare il mio aiuto, come rifiuti quello di tutti gli altri, convincendoti di cose non vere.. hai scambiato la mia fiducia per indifferenza, ed è stato questo il tuo sbaglio. È per rimediare a questo che io sono qua, stasera. Sai cosa pensavo quando tua zia ha cominciato a crescere e a rendersi conto di quello che la circondava? Avevo paura.. mi ero ripromessa che l’avrei protetta e che non le avrei permesso di stare male quanto lo ero stata io, né tanto meno avrei permesso al dolore di scalfirla. Ma sai com’è andata a finire? Mi ha detto che potevo fidarmi di lei, che sarebbe stata abbastanza forte e che sapeva dove trovarmi. Io mi sono fidata, e sapevo che era una ragazza più forte di quanto non lo fossi stata io. Lei ce l’ha fatta ad uscire illesa da questa battaglia, e per un attimo ho pensato che potessi farcela anche tu.. ma tu non ti sei fidato di me. Hai deciso di fidarti solo di te stesso. Jay, sono tua madre, e ti amo più di chiunque altro in questo mondo.. io voglio che per qualsiasi cosa tu abbia bisogno.. venga da me. Siamo solo noi due ormai.. non mi lasciare sola e non permettere a niente e nessuno di allontanarti da me. Io avevo paura che se fosse nata una bambina..- sorrisi alla mia buffa paura, in parte assurda, ma più reale che mai. -.. avevo paura che se poi avesse dovuto usare una lametta per migliorare il suo aspetto estetico.. avevo paura che scoprendo quell’oggetto poi avrebbe capito che poteva essere utilizzato per qualcos’altro, e ho davvero sperato che potesse non accadere nulla di tutto ciò.-

Mi guardava, con gli occhi sgranati, la lametta era caduta dalle sue mani.. sapevo dove colpire.

-Sei mio figlio, darei la mia vita per te. Sei sangue del mio sangue e che tu voglia o no, avrai sempre bisogno di me. So che tu vorresti vedermi più presente nella tua vita, ma devi permettermelo..- conclusi finalmente, sperando che mi avesse davvero ascoltato, perché non avevo altre risorse.

E sapevo che in quel caso non se ne potevano avere altre. Se fallivo adesso, non avrei saputo come recuperarlo.

-Ho paura..- sussurrò, abbassando il volto.

Ecco. Lo aveva detto.

Oramai eravamo a qualche passo di distanza, così percossi gli ultimi passi e annullai la distanza stringendolo fra le mie braccia..e questa volta non lo avrei lasciato.

-Lo so Jaymi, ti capisco.. ma non sei solo. Ci sono io. Ci sono io con te. Risali dal fondo, puoi farcela. Prendi la mia mano, ti indicherò la strada da seguire per trovare la luce. Pian piano ce la faremo. Insieme però.. Jaymi. Ti amo tesoro, e ti amerò sempre.-

Si strinse a me. Si strinse a me come faceva quando davanti a quelle vetrine, da bambino, si dimenava per poter vedere quei colori dal quale lo stavo portando via, ma adesso si stringeva a me perché sapeva che lo avrei portato verso quei colori, che glielo avrei riavvicinato tenendolo per mano. Gli avrei insegnato a camminare nel sentiero buio del dolore, e a trovare quelle scorciatoie che portavano alla luce della felicità.

Qualcuno l’avrebbe definita futile, ma anche se la felicità fosse durata poco, sarebbe stata abbastanza per permetterti di rialzarti dopo essere caduto.

-Ho.. ho lasciato quel biglietto perché.. perché volevo che lo leggessi e io.. io..- singhiozzava e lo strinsi ancora di più.

-Ssh.. tranquillo. So cosa volevi. Tranquillo, adesso sono qui. Non ti lascio più, promesso.- mi allontanai lentamente e presi nuovamente le sue braccia nelle quali c’erano ancora delle ferite sanguinanti che aveva fatto prima che io arrivassi. Lo portai nel bagno, gliele disinfettai tutte, una per una.

Lui continuava a piangere senza riuscire a fermarsi, ma sapevo che gli avrebbe fatto bene, aveva accumulato troppa rabbia senza riuscire a farla uscire fuori.

Gli baciai delicatamente le braccia e a quel punto cominciò a regolarizzare il suo respiro, come se ogni bacio alleviasse sempre più il dolore.

Le lacrime cominciarono a diminuire. Gli sorrisi, fiera di lui.

Ce l’avremmo fatta, lo sapevo. Lo sapeva anche lui, o almeno ci sperava.

Scendemmo in cucina e mi aiutò a preparare la cena.

Non sarebbe cambiato tutto in un istante, ci sarebbe voluto tempo, ma noi avremmo trovato quel tempo di cui avremmo avuto bisogno.

Dopo cena, ad ora di andare a letto, mi salutò e lo vidi dirigersi verso l’angolo in cui stavo interi pomeriggi a leggere.

Prese la foto fra le mani e li guardò,sorridendo, sentendosi un po’ più forte, forse.

-Nasciamo da un atto d’amore, Jaymi!- si voltò sorpreso, e mi sorrise. Il primo vero sorriso dopo anni. I suoi occhi avevano riacquistato un po’ di quella luce persa in quel tempo.

Io avrei sempre sperato che sarebbe riuscito non solo a riprendersi la sua vita, ma anche a coltivare quel suo sogno che custodiva nel cuore e che era l’unica cosa che gli aveva permesso di rimanere in vita.
 
 
 
 
18/02/2013 

Mi chiamo Jaymi Hensley e grazie alla forza che mia madre è riuscita ad infondermi, sono ancora vivo e sto realizzando il mio sogno. Canto, e sorrido davvero.

Josh e JJ mi hanno sempre sostenuto come avrebbe fatto mia madre. Adesso è arrivato anche George.. è molto carino. È simpatico e siamo buoni amici.

Ma ho anche conosciuto una persona: Olly mi ama per ciò che sono e io amo lui.

Ci sposeremo. Gliel’ho chiesto e lui mi ha detto di si.

Mi fido di lui e ci amiamo quanto si amavano i due ragazzi nella foto che la mamma teneva all’angolo, ma sono sicuro che io e Olly siamo più forti.

Noi ce la faremo.

L’ho detto alle nostre fans.

Le fans ci hanno soprannominati Jolly.

Mi piace. E sono davvero felice di ciò che sono diventato.

Sono felice di ciò che sto diventando grazie a lei.
 
***
 

Sono Jaymi Hensley e amo mia madre più di qualunque altra persona al mondo.
Grazie per avermi insegnato a vivere, mamma.











 

Spazio Boo!
Dopo mesi e mesi sono ritornata con questa storia, e sono ritornata 
con un'entrata in scena in questo fandom.
Spero che la storia possa piacervi :)
Magari potrà sembrarvi banale, ma io ci ho messo il cuore a scriverla per due semplici motivi:
innanzitutto perchè ho immaginato un po' il rapporto con mio figlio, in un futuro molto.. anteriore xD
sarà difficile, ma vorrei essere una madre presente, e vorrei che quando stesse male
la prima persona a cui lo verrebbe a dire potessi essere io.
E anche perchè in queste parole, semplici ma forti credo.. c'è tanta verità
e ci sono anche delle persone che amo fra queste righe.
Prima fra tutte é la mia Scricciola, ho descritto Jaymi, pensando a lei.
Poi, non per minore importanza c'è la mia Zata, Autrice e Cavaliere.. la quale
 
riesce sempre a trasmettermi tanto anche con il suo semplice sorriso.
Poi ci sono le ragazze del mio meraviglioso e unico gruppo <3

A tutte loro voglio dire grazie per esserci sempre, ci sarò anch'io per voi.
Non vi lascio sole <3
E un grazie particolare va al mio amato Jaymi, che con la sua voce e i suoi sorrisi 
riesce a farmi stare bene.

Vi ho annoiato abbastanza, mi dileguo xD 
Baci a tutti
J xx

 

  
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