Bigmouth strikes again
Sweetness, sweetness I was only joking
When I said I'd like to smash every tooth
In your head
Oh ... sweetness, sweetness, I was only joking
When I said by rights you should be
Bludgeoned in your bed
And now I know how Joan of Arc felt
Now I know how Joan of Arc felt
As the flames rose to her roman nose
Bigmouth strikes again – The Smiths
Dolcezza,
dolcezza stavo solo scherzando
Quando ti ho detto che mi piacerebbe rompere ogni dente
della tua bocca
Dolcezza,
dolcezza stavo solo scherzando
Quando ti ho detto che dovresti essere pestata
nel tuo letto
E
adesso so come si è sentita Giovanna d'Arco
Adesso so come si è sentita Giovanna d'Arco
Quando le fiamme sono salite fino al suo naso Romano
Traduzione
Draco Malfoy
stava seduto vicino al caminetto su una poltrona in pelle nera.
Fissava il
fuoco e la luce si rifletteva nelle sue iridi rendendole spiritate, demoniache.
Era stata
una brutta giornata.
Anzi era
stata terribile sotto molti punti di vista.
Avvicinò il
bicchiere colmo di brandy alla bocca e ne bevve una lunga sorsata prima di
tornare ad osservare le lingue di fuoco che sprizzavano con forza e ira, senza
scoppiettare, soltanto con la smania perversa di crescere sempre più.
Ma una
volta raggiunto la loro massima altezza, si sarebbero spente per mancanza del
legno crepitante che veniva inesorabilmente consumato.
Sorrise di
sbieco in modo soddisfatto quando esse dovettero arrendersi all’evidenza,
superata l’illusione iniziale di una crescita improvvisa e inarrestabile.
Gli piaceva
veder morire ogni cosa prevedendone la fine.
Era un modo
come un altro per sentirsi padrone.
Tutto doveva stare sotto di lui e lui
esigeva avere tutto sotto controllo.
Adesso primeggiava,
era il primo dei seguaci del Signore Oscuro, grado raggiunto uccidendo un sacco
di seguaci di Potter a sangue freddo. Un colpo e basta senza possibilità di
replica. La spietatezza lo esaltava e lo dimezzava in fatto di comprensione.
Lui non era misericordioso, la paura non abitava più i suoi occhi da tempo.
Nessuna
emozione lo trascinava nel suo turbine per più di qualche secondo.
Era morto.
Morto dentro, una morte interiore che rendeva vuoto e spaventoso il suo
sguardo.
La morte
aleggiava attorno a lui, era la sua macabra ombra, il suo alter ego. Era lui
Sorrise
nuovamente al pensiero di essere così; non c’era cosa che lo intenerisse,
nemmeno quei due insulsi nell’altra stanza che aspettavano il suo interrogatorio col terrore negli occhi.
Adorava
vedere la speranza sgretolarsi nello sguardo altrui, per poi guardarlo pervadersi
di paura e abbandonare la supplica capendo che non sarebbe servita a niente nel
momento in cui i suoi occhi rimanevano impassibili e perversamente divertiti
davanti a qualunque tortura.
La giornata
era stata tremenda, scovare i ribelli non gli si addiceva, preferiva fare le
cose con calma, lui, il lavoro cacciatore gli si addiceva fino ad un certo
punto. La sua vera insana gioia era seviziare, uccidere, fermare per sempre la
vita che scorre nelle vene.
Essere
padrone della vita altrui per alcuni minuti e poi responsabile della stessa
morte, questo lo completava e lo rendeva pericoloso oltre ogni limite.
La sua
freddezza era da temere, il suo contegno di ghiaccio emanava un’aura intrisa di
male che lo faceva evitare da chiunque.
Per questo
era il suo preferito. Perché erano
uguali, ormai, che gli piacesse o meno. E non gli
piaceva; desiderava essere unico nel suo genere. Vanesio e se ne vergognava, ma
vero. Terribilmente vero.
Dei passi
rimbombarono nell’ampio salone senza riuscire a farlo sobbalzare. Calibrava
tutto. I suoi movimenti in particolare. Alcune volte persino il battito del suo
cuore era soppresso dal freddo della sua anima.
Nott entrò e si portò al lato della sua
poltrona con eleganza.
- Draco, aspettiamo te-, gli riferì fissandolo imperturbabile.
Lui non lo
degnò di uno sguardo, fece ruotare il bicchiere con lentezza ipnotizzante per
alcuni secondi, dopodiché si alzò.
- Sono
miei-, sussurrò nascondendo il bisogno di sfogarsi degnamente per il fatto di
essere stato costretto a cacciarli per ben due giorni.
Avevano
osato fregarlo. Ci erano riusciti e per il suo orgoglio la cosa feriva di più
della bacchetta possa essere in grado di fare.
- Aspetta-,
mormorò Nott posandogli una mano sul braccio per fermalo.
- Cosa
vuoi?-, la sua voce aveva uno strano suono metallico e robotizzato. Una
macchina per uccidere.
- Il Signore
Oscuro ha detto solo uno. Stavolta te ne concede solo uno per il fatto di non
esserci riuscito la volta scorsa-, lo avvertì senza alcuna esitazione.
I pugni di Draco si strinsero lungo i suoi fianchi.
La cosa lo
irritava alquanto; non la digeriva affatto. E doveva anche dare ragione al suo
Lord. Aveva miseramente fallito la prima volta e la cosa gli rodeva voracemente
il fegato.
Quella
dannata strega mezzosangue aveva osato umiliarlo; non lo poteva accettare, era
vergognoso.
Strinse
tanto i pugno da far diventare le nocche di un bianco
cadaverico.
Visto che
qualcuno doveva soffrire a causa sua e doveva essere soltanto uno, allora voleva lei. Si sarebbe tolto una minima
soddisfazione, avrebbe esaurito il prurito fastidioso che sentiva.
Ucciderla
sotto tortura sarebbe stato un po’ come togliersi una spina da un piede.
Si girò
lentamente verso Nott, il volto pallido ghignante nel
pregustare i fatti che stavano per avvenire.
- Allora lei è mia-.
Entrò silenziosamente
nella stanza e lei non lo notò subito.
Era seduta,
aveva la testa voltata alla sua destra e l’aria persa nei suoi pensieri, non
tanto buoni a vedere come era accigliata.
Una mano
sotto il mento e il gomito sul tavolo le reggevano il capo da quell’espressione
preoccupata.
Draco rimase sorpreso che non fosse già
scoppiata in lacrime, ma ci sarebbe stato tempo.
La scrutò a
lungo appoggiato allo stipite con le braccia incrociate sul petto.
Era più
forte di quanto avesse creduto. Non un segno di nervosismo, nessun tremore,
nemmeno si mangiava le unghie. Se non fosse stato per la fronte aggrottata e
per quegli occhi tremendamente espressivi, nulla avrebbe potuto far pensare
alla sua preoccupazione.
Si avvicinò
e fece rumore apposta per distoglierla dalle sue riflessioni. Reagì
all’improvviso, il suo volto si girò verso di lui, il braccio cadde sul tavolo
con un tonfo sordo e un’ondata di paura invase il suo sguardo.
Era come
tutti in fondo, forse un po’ più intelligente, dato che lo aveva fregato.
- Salve, Granger-, mormorò in tono neutro accomodandosi di fronte a
lei.
- Fammi
uscire-, intimò subito lei e un lieve fremito le attraversò le dita.
Lui se ne
accorse e ghignò dentro di sé. La paura era un’emozione da evitare davanti a
lui. Lo eccitava come poche cose.
Catturò il
suo sguardo per scavare dentro di lei a fondo e senza remore.
Lo spavento
la rendeva vulnerabile.
Tentò di
leggerle la mente per capire meglio i suoi punti deboli e avere le risposte
prima del tempo; sarebbe stato tutto più semplice e lo avrebbe portato in
vantaggio di molti punti.
Ma lei
glielo impedì. A testa alta sorresse il suo sguardo senza dare cenno di
cedimento.
- Così
presto?-, bisbigliò sporgendosi sul tavolo senza mostrare la delusione di non
essere riuscito ad entrare nei suoi pensieri.
Lei fece
una smorfia sarcastica e si allontanò per evitare quell’improvvisa vicinanza.
- Dov’è
Ron?-, domandò con un filo d’apprensione.
- Non te ne
deve importare, tra poco vi rincontrerete…non necessariamente in questo mondo-,
rispose prendendole la mano e osservandola attentamente. Provò a ritrarsi ma fu
inutile. La sua stretta non perdonava.
- Dov’è
Ron?-, ripeté irata.
- Granger, Granger, ma mi ascolti?
Questa dev’essere l’ultima delle tue preoccupazioni-,
disse infine alzando gli occhi su di lei.
- E quale dev’essere la prima?-, chiese fissandolo con odio.
- Me. O
meglio, ciò che ti sto per fare-, le rispose accarezzandole lentamente il dorso
della mano.
Lei deglutì
per nulla felice della risposta.
- Sei
spregevole, Malfoy-, mormorò cercando di capire se
avesse un cuore o meno.
Lui sorrise
cupamente ma divertito.
- Grazie-,
le lasciò la mano e appoggiò il mento sulle nocche.
- Sai, Mezzosangue,
tu hai commesso qualcosa che non dovevi fare-, affermò astiosamente.
- Come
lasciarmi fregare da te?-, domandò incrociando le braccia al petto.
- No, come
aver fregato me-, la corresse. Il tono era leggero e privo di risentimento, ma
gli occhi luccicarono sinistramente.
Hermione rabbrividì di paura e ancora una
volta niente sfuggì a Draco, che ghignò.
- Io sono
qui per avere i nomi degli altri ribelli che non accettano il regime del
Signore Oscuro, Granger e tu me li dirai-, spiegò.
Si alzò in
piedi, aggirò il tavolo con movenze languide e affascinanti e la raggiunse.
Si piegò sulle alle sue spalle e cominciò ad accarezzarle i capelli.
Il freddo delle sue mani trapassava la coltre di riccioli della ragazza
invadendole il corpo.
Avvicinò il
volto al suo orecchio e socchiuse gli occhi mentre lei deglutiva spaventata.
- È inutile
nasconderti che ti ucciderò, Mezzosangue, anche se avrò i nomi. Questo perché
voglio che tu sappia le regole del gioco e che lo renda più divertente-.
- Crucio-, bisbigliò come se fosse stato “ti amo”.
Ad Hermione si mozzò il respiro, cadde a terra mentre il
dolore la dilaniava internamente. Sentiva milioni di aghi piantati nel petto e
la pelle bruciare come sul fuoco. Si divincolò sul gelido pavimento, avvertiva
ferite e piaghe ovunque, la sofferenza la stava opprimendo. Gridò di dolore e
disperazione, mai nessuna Maledizione Crusciatus le
aveva fatto provare un male simile. Ma non pianse; anche questa soddisfazione
non gliel’avrebbe data.
Finì
all’improvviso come era cominciato.
Si
rannicchiò sul pavimento in posizione fetale cercando di placare il respiro
irregolare e aspettando che la vista si spannasse.
Davanti a
sé vedeva sfuocatamene i piedi di Draco Malfoy calzati da scarpe nere.
- Rialzati-,
la voce suonò impaziente e scontrosa, come se non avesse ottenuto l’effetto voluto.
Sorrise fra sé e sé: se fosse morta certamente non avrebbe detto i nomi. Era
convinta che il piano
di lui fosse farla soffrire talmente tanto che alla fine sarebbe riuscito a
farle dire qualunque cosa pur di porre fine alla tortura. Era sicura che sarebbe
arrivato al punto di farle considerare la morte un sollievo.
Si alzò in
ginocchio lentamente, tremando appena.
Draco sospirò leggermente stufato. Perché
ci mettevano tutti così tanto?
- Granger, vuoi che ti dia una mano?-, domandò con fare
sarcastico guardandola sollevare una gamba a fatica.
Lei lo
fissò con odio prorompente nelle iridi calde e scure.
- Vaffanculo-,
sibilò.
Lui sorrise
divertito e si curvò su di lei afferrandole i capelli in modo da farle male e
costringerla a piegare il capo all’indietro.
Le posò le
dita sulle guancia e prese a tracciare disegni
immaginari sulla sua pelle.
- Granger, tu non sei nella posizione adatta per rispondermi
così, lo sai, vero?-, disse come se stesse spiegando ad un bambino cocciuto che
due più due fa quattro e non altri numeri.
Le afferrò
il mento con forza tale che lei gemette.
- D’altronde
mi sono sempre piaciute le persone stupide come te ce
pensano che offendermi possa giovare loro. Rendono tutto terribilmente
ironico-, le soffiò sulle labbra, lasciandola poi andare.
Hermione si massaggiò il mento che pulsava
in modo poco rassicurante.
- Ironico-,
ripeté a se stessa con un sorriso amaro. Che razza di persona era quella che le
stava di fronte? Ma soprattutto, era una persona?
- E dimmi,
ti diverte tanto il fatto che una come me ci tenga
tanto alla vita?-, domandò senza voler sapere la risposta. Finalmente era di
nuovo salda sulle sue gambe
- Oh, sì-.
Non si preoccupò nemmeno di nascondere la crescente eccitazione che gli dava l’averla
in pugno.
Le si
avvicinò fino a che non sentì il suo respiro sulla pelle.
- Soprattutto
una Mezzosangue come te-, specificò afferrandola per le spalle e schiantandola
contro il muro.
Hermione sentì la schiena dolere in modo
tremendo.
- Sei un
grandissimo figlio di puttana!-, mormorò piegata in due dal dolore.
- Ancora?-,
sbuffò lui annoiato.
- Granger, devi tenere chiusa la tua boccaccia se non vuoi
che ti faccia troppo male-, le disse con falsa dolcezza.
Vide la
bacchetta di lui scorrerle sulla guancia e poco dopo il sangue scorrere copioso
giù per il volto.
Lo guardò
inorridita e tentò di spingerlo via ponendogli le mani sul petto.
Lui scoppiò
a ridere raucamente, come se non lo facesse da tempo.
- Sei
veramente adorabile, ma non ce la farai mai-. Le avvolse i polsi con le sue mani
e l’attirò a sé.
- Non hai
scampo, Mezzosangue-, bisbigliò tirandole una ginocchiata nello stomaco.
Hermione spalancò gli occhi e si piegò in
due dal dolore immenso e insopportabile. Il sangue le uscì dalla bocca e si
ritrovò di nuovo rantolante per terra.
- Tu non
dovevi ingannarmi-, lo sentì sibilare vicino.
- Sai, mi
hai fatto perdere ben due giorni della mia vita per rincorrerti nella foresta e
io odio gli sprechi-.
Lei si girò
supina cercando di respirare a modo.
Lo guardò
mentre stringeva i pugni e la osservava.
- Ti brucia
Malfoy, eh?-, mormorò con un sorriso che voleva
riprendersi un po’ di vittorie.
La rabbia
stavolta era più che evidente nelle iridi di ghiaccio.
- Chissà
cos’hanno detto di te! Fregato da una Mezzosangue e un traditore del proprio
sangue! Che smacco! Devi essere stato lo zimbel…-,
non finì la frase perché un piede di Draco le
premette lo stomaco impedendole qualsiasi funzione vitale.
Vide il suo
volto deformato dall’ira il lo sforzo che compiva per
evitare che le emozioni avessero il sopravvento era evidente.
Staccò il
piede dopo alcuni minuti in cui il viso di Hermione
aveva assunto un colorito pallido e malato.
- Non osare
mai più…-
- Cosa?
Sbatterti in faccia la verità?-, tanto sarebbe morta lo stesso, Malfoy non aveva fatto i conti con la sua boccaccia
inacidita dai troppi soprusi.
- No,
prenderti gioco di me, non lo sopporto-, con uno schiantesimo
crudelmente dato mentre era distesa in modo da farle più male, Hermione Granger giurò a se
stessa che mai e poi mai avrebbe demorso.
Draco le afferrò rudemente un braccio e
la alzò in piedi con altrettanta malagrazia.
- Ci siamo intesi,
Granger?-, bisbigliò adesso con la solita calma
glaciale.
- Nemmeno
un po’-, disse lei a fatica e sorridendo innocentemente.
Voleva
farlo arrabbiare sul serio, un ultimo desiderio prima
di morire. Desiderava vedere quegli occhi sciogliersi al fuoco di una qualsiasi
emozione. Voleva vederlo cedere a se stesso.
Lui serrò
la mascella ma non disse nulla.
Adesso gli
faceva rabbia. Non riusciva a crederlo nemmeno lui, ma quella ragazza lo
intimidiva.
Ora non
c’era più paura nel suo sguardo solo una furbizia disarmante.
Quello non
era il suo campo, lui spaventava per
forza. Era la sua facoltà principale ed era con quella che sottometteva la
gente.
Con uno
spasmo si rese conto che Hermione non avrebbe mai
ceduto, sarebbe morta, è vero, ma senza paura o sottomissione negli occhi e questo non lo poteva
accettare.
Non c’era gusto, nessun
divertimento, solo una voglia matta di farla fuori. E magari era questo che voleva,
pensò, voleva che la distruggesse in fretta in modo da non soffrire più di
tanto.
L’avrebbe
accontentata, pensò con un ghigno, ma a modo suo però.
Per prima
cosa doveva assolutamente zittire boccaccia; e aveva trovato il modo.
- Sei
assolutamente una stupida, Granger, il ho la bacchetta, tu no-,
sogghignò divertito.
Appena lei
aprì bocca un incantesimo la colpì e smise, purché la sua bocca si muovesse,
non emetteva alcun suono.
Un lampo di
disappunto la colse.
Dannazione.
Cadde in
ginocchio, gli occhi spalancati dalla sorpresa e dallo stupore.
Lo fissava
turbata nel profondo; la sua bocca, la sua boccaccia
non era più in grado di esserle d’aiuto, non adesso e questo la faceva
sentire disarmata più che non avere la bacchetta.
Osservò con
occhi vacui lui che con movenze accattivanti e un perfido sorriso la
raggiungeva lentamente.
Ogni
fruscio parve essere sovrannaturale e le metteva i brividi.
Si accorse
di tremare solamente quando il sorriso di lui si allargò per divenire un
orribile ghigno soddisfatto. Adesso c’era divertimento nello sguardo di lui, la
cosa era evidentemente di suo gusto.
La paura
era la sua fonte di nutrimento, la musa ispiratrice delle sue torture, la base
di ogni sua reazione, era complementare alla morte che lui desiderava per gli
altri. Voleva far morire la gente col terrore negli occhi per completezza del
suo io e allo stesso tempo commettendo la distruzione più completa della sua
anima.
Mentre si
teneva la gola con una mano e una lacrima solitaria e traditrice le scendeva
sulla guancia, Draco si chinò su di lei perforandole
gli occhi ben oltre le pupille solo con uno sguardo acuto e freddo come il
ghiaccio.
- Mi hai
fatto arrabbiare, brava-, le sussurrò ad un orecchio – E io odio chi mi fa arrabbiare degradandomi
al ruolo di umano, io sono
L’inquietudine
di Hermione traboccava dal suo sguardo in modo
incontenibile.
- Farò in
modo che la tua boccaccia non possa più colpire-, bisbigliò baciandole appena
le labbra.
La guardò.
Era inquieta, impaurita, rassegnata.
E questo lo
esaltava. Era definitivamente nelle sue mani.
- Avada-, alitò
accarezzandole una guancia mentre le puntava la bacchetta sul cuore.
La sentì
trattenere il respiro.
- Kedavra-.
Vide
l’ombra un sorriso vittorioso dipingersi macabramente sul suo volto orami
mortalmente pallido.
I nomi, pensò stringendo la bacchetta
tanto da spezzarla.
Hermione Granger
lo aveva fregato nuovamente.
La sua
boccaccia aveva colpito ancora, o meglio, non
aveva colpito come voleva e come aveva previsto lui.
Note dell’autrice
Buonasera
a tutti!
Ringrazio
già in anticipo chiunque sia giunto alla fine di questa shot.
Insomma,
non mi “sconfinfera”, non mi piace più di tanto. L’ho
scritta abbastanza di getto e, lo so, mi odierete perché faccio sempre morire Hermione ^^’’’(vedi Tell me why).
Il
fatto è che in questo periodo sono molto influenzata dai libri della Hamilton ed Edward, soprannominato
Mi
farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate^^.
Baci,
Tigerlily