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Autore: e m m e    16/11/2013    1 recensioni
[Loki e i suoi figli]
La raccolta vuole dare spazio, in ogni capitolo, ad ognuno dei figli di Loki, perché anche quando si è dei mostri vorremmo essere amati.
Genere: Angst, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Loki
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Autore: emme
Fandom: 
Mitologia Norrena

Titolo: Come il mare notturno
Personaggi: Loki, Sleipnir
Riassunto: Mentre i suoi lunghi passi risuonano nelle ampie sale di Asgard, Loki lancia in aria una mela rossa e matura, e la riprende al volo, quasi senza controllarne la traiettoria.
Rating: G
Word: 775 (W)
Generi: Introspettivo, Generale
Avvisi: Si presuppone l’m-preg. E una buona dose di Fluff, perché Loki sarà pessimo in tante cose, ma è un bravo papà. Credo. Spero.
Note: Suppongo che tutti gli appassionati di mitologia nordica – o dei recenti film della Marvel, XD – conoscano la storia di Loki e della nascita di Sleipnir. Ma visto che, anche in questo caso non ne sono certa, faro un breve riassunto:
Un abile costruttore strinse un patto con gli Dei: in diciotto mesi avrebbe costruito dal nulla le mura di Asgard, in modo che essi potessero proteggersi dai giganti. In cambio avrebbe ricevuto in dono Freya, il Sole e la Luna. Per evitare il pericolo e avere comunque le mura pronte, gli Dei inviarono Loki in modo che distraesse il possente cavallo del costruttore, che, in sostanza, compiva tutto il lavoro. Loki si trasformò in puledra e lo attirò lontano. Il costruttore non mantenne dunque il patto e venne ucciso. Dal canto suo, Loki, qualche tempo dopo, diede alla luce un puledrino a otto zampe di nome Sleipnir.
Note#2: Questa storia è stata scritta per il Writing Norse Day, della Community 24hours_of_fun che co-gestisco assieme a Geilie. I giochi sono ancora aperti, se volete partecipare.
Note#3: Il tentativo è quello di scrivere una breve raccolta in cui compaiano tutti i figli di Loki. Tra drabble e flash fic spero di finire entro il week end.
Beta: Nessuno, anche se è stata riletta parecchie volte e non solo da me.



Come il mare notturno

I cavalli davanti mordono,
di dietro scalciano
e in mezzo sono scomodi.

Ian Fleming

Cammina attraverso la fortezza con sicura eleganza.
È ammantato di nero e sul mantello, dai bordi di pelliccia bianca, spiccano i suoi capelli rossi di fiamma, lasciati sciolti e incolti.
La servitù si sposta dinnanzi a lui, abbassa la testa e si fa da parte: ha paura. Tutti sanno di cosa è stato capace il Dio degli Inganni. Tutti sanno che cosa ha dato alla luce nelle oscure profondità della notte, non visto, non udito.
Lo sanno tutti gli Dei e lo sa Odino, che dinnanzi a tali prodigi lo accoglie sempre come un fratello, benché il suo unico occhio lo osservi con curiosità mista a lieve, lievissimo sconcerto. Loki lo vede, perché Loki vede sempre tutto ciò che lo riguarda da vicino, e ne è molto divertito. Così come è divertito dagli sguardi di puro orrore che gli vengono dedicati quella mattina da chiunque lo incontri.
Il Dio degli Inganni ignora tutto e tutti e prosegue per la propria strada, ma se coloro che lo incontrano avessero il coraggio di alzare gli occhi su di lui vedrebbero il suo balenar di denti, in un sorriso che è, in effetti, incredibilmente lieto.
Mentre i suoi lunghi passi risuonano nelle ampie sale di Asgard, Loki lancia in aria una mela rossa e matura, e la riprende al volo, quasi senza controllarne la traiettoria.
Vaga apparentemente a caso, superando corridoi, scale e saloni, finché non giunge alle propaggini della fortezza, là dove, attraversate alcune porte, si giunge alle gigantesche stalle.
L’odore di cavalli, escrementi e fieno secco è tanto forte da fargli storcere il naso, ma Loki non perde il sorriso: il silenzio che lo circonda è innaturale e quasi inquietante.
Era già stato in quel luogo e il rumore degli animali a volte riusciva a sovrastare qualsiasi altro suono, soprattutto se alle loro narici giungeva un odore sconosciuto. Ma adesso il silenzio è tale da far risuonare i suoi passi persino sulla terra battuta.
Sa bene dove lo hanno messo, ma anche se non lo sapesse basterebbe che si facesse guidare dal proprio istinto. Fa qualche passo verso uno dei grandi box e poi si ferma, ha un’idea.
«Sleipnir» dice, a voce alta e chiara.
La reazione è immediata: la porta di legno del box inizia a tremare per i calci, trema talmente forte che Loki teme, per un attimo, che possa cedere. Ma sa anche lui che è impossibile.
Si avvicina con tutta calma, la mano sinistra che stringe ancora la mela, adesso calda sul suo palmo, e sbircia all’interno del loculo.
Il piccolo è lì, ancora semicoperto dai fluidi del parto, ha gli occhi ben aperti, cupi come il mare notturno, e i muscoli guizzanti sotto il pelame appiccicoso, nero come una notte senza luna. È talmente bello che il Dio degli Inganni e del Caos trattiene il fiato per un attimo mentre lo sguardo del puledro si posa su di lui, riconoscendolo.
Emette un basso nitrito lamentoso e si avvicina, barcollando sulle otto zampe. Loki appoggia i gomiti sulla porta di legno e posa il mento sulle braccia, ruotando un po’ la testa e scrutando quel suo strano figlio con curiosità.
«Sei già cresciuto molto» commenta, mentre il cavallino gli annusa la faccia sollevando il muso. «Non manca molto. Odino ti vuole per sé, lo sai.»
Che Sleipnir lo sappia o non lo sappia passa in secondo piano quando percepisce l’odore della mela che colui che gli ha dato la vita tiene ancora nascosta alla sua vista.
Le due zampe posteriori scalciano la terra, impazienti, e l’animale si fa più vicino, scuotendo la criniera e cercando tra le pieghe dell’abito di Loki.
«D’accordo» ride lui, estraendo il frutto e mostrandolo al puledro. Lui zampetta un po’ su se stesso, fa una giravolta e fissa il frutto, affascinato.
Il Dio lo lancia verso l’alto e per un attimo entrambi seguono la sua traiettoria finché Sleipnir lo prende al volo, schizzando succo bianco tutto attorno a sé. È felice, è felice del sapore della mela, dell’aria sulla pelle, della sensazione della terra sotto gli zoccoli ancora teneri: Loki lo percepisce distintamente. Sleipnir è felice di essere vivo e nonostante il suo destino sia già segnato, alla fin fine, va bene così.
Se ne va allora, dopo aver passato le dita tra le orecchie dell’animale, se ne va e non si degna di lanciare nemmeno un’occhiata verso gli altri cavalli, annichiliti in fondo ai loro box, con le orecchie basse e la coda immobile, alcuni addirittura distesi a terra.
Se ne va così, il Dio degli Inganni e del Caos, con il nitrito di Sleipnir nelle orecchie e il solito, inarrestabile sorrisetto ben chiaro sul volto.



Note finali: il titolo della raccolta è ripreso dall’omonima canzone dei Sigur Rós.

  
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