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Autore: dreamyD    16/11/2013    9 recensioni
Sequel di "Vorrei ricordassi tra i drammi più brutti che il sole esiste per tutti".
Continuano le avventure dei Malandrini e Sunshine, avete voglia di seguirli?
Siate buoni e recensite!
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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Due Settimane

 

A tutti quelli che hanno avuto
la malsana idea di segurmi anche qui
E alla mia Ale
Vi voglio bene




Un'altra tacca. Probabilmente Kreacher l'avrebbe cancellata quando se ne sarebbe tornato a Hogwarts, ma per ora la parete ricoperta di segni gli dava una bella sensazione.

Era una cosa stupida molto probabilmente, ma almeno era qualcosa.

Sfregiare la carta da parati della sua camera, sgusciare fuori di casa quando era sicuro che nessuno l'avrebbe visto per andare a mangiare il gelato in mezzo ai babbani, starsene chiuso in camera all'ora di cena e sgattaiolare in cucina a mezzanotte...erano piccole ribellioni di cui non importava a nessuno, se non a lui, ma che lo facevano sentire un po' meno intrappolato.

I momenti migliori erano quando riusciva a passare anche un intero pomeriggio fuori da quelle quattro, ormai nauseanti, pareti. Allora correva via, si mescolava ai babbani, prendeva il gelato, si infilava nei caffè, sorrideva alle ragazze carine e si sedeva sulle panchine del parco.

Poi però doveva sempre tornare indietro. Ritornare deliberatamente e di sua volontà dentro a quella prigione che non voleva e non poteva chiamare casa.

Poi c'erano le lettere, che avevano sempre un sapore dolceamaro. Era bellissimo sentire i suoi amici, James, Remus, Peter, Sunshine, persino Frank, ma leggere delle loro belle giornate, dei loro momenti felici, delle loro famiglie, della loro libertà, lo faceva sentire ancora peggio. Però ogni volta rispondeva allegramente e faceva loro credere che tutto fosse apposto, faceva loro credere di stare bene, di essere felice. Nessuno gli credeva mai.

Diede un'altra occhiata alle tacche sulla parete.

Godric, erano passati così tanti giorni? Vederli lì sul muro, quasi materializzati da quei segni fatti con un misero coltellino, li facevano sembrare di più. Nella sua testa erano quasi un unico nebbioso, lunghissimo e noiosissimo giorno. Ogni giornata era uguale all'altra, non succedeva mai niente di speciale, di interessante. L'ozio era faticoso.

Avrebbe accettato qualsiasi cosa pur di interrompere quella snervante monotonia. Una litigata con Regulus? Fantastico! Solo che quel piccolo bastardo non si faceva mai vedere e se lo faceva non si lasciava provocare. Insultare Kreacher? Magnifico! Ma quel viscido stronzo si faceva vedere solo il tempo necessario per avvisarlo del pranzo e della cena, per poi scomparire subito. Farsi torturare da Walburga? Anche questo! Ma nessuno lo stava ad ascoltare, nemmeno se insultava i Black tanto pesantemente da non riuscire neanche più a farsi ridere da solo! Sembrava che tutti cercassero di proposito di farlo morire di noia e inattività!

Ancora due settimane. Due settimane e poi finalmente se ne sarebbe andato.

Odiava quella stanza.

Odiava quella casa.

Odiava quelle persone.

Odiava quella maledetta vacanza che aveva passato senza mai vedere i suoi amici.

Odiava tutto quello e non vedeva l'ora di liberarsi di loro e andare alla stazione e rivedere James e Remus e Peter e Sunshine. E poi di nuovo a Hogwarts.

Sentiva che quell'anno sarebbe stato diverso, ma quando mai non lo era?

Tutto cambiava, loro crescevano e la guerra si stava avvicinando.

L'aveva sentita nelle discussioni di suo padre, i Malfoy e i Lestrange. L'aveva sentita nelle notizie dei giornali, di babbani scomparsi nel nulla, di misteriose esplosioni e di luci verdi nella notte. L'aveva sentita nella tensione che arrivava la sera, quando le madri si affrettavano a portare dentro i bambini e nessuno osava indossare mantelli neri, se non era la sua “divisa di lavoro”. L'aveva sentita anche James, nei sussurri dei suoi genitori.

Ma sarebbe passata anche quella, come ogni altra cosa. Forse era solo una cosa passeggera, forse era solo una tensione momentanea. Non ci credeva davvero. Sperava solo che avrebbe aspettato, almeno un altro paio di anni. Voleva essere felice, per quanto possibile, almeno per un altro po'.

Voleva davvero che quell'anno fosse fantastico.

Lo voleva perchè l'anno precedente era stato duro, difficile, triste.

Lo voleva per Remus, che era già abbastanza depresso per conto suo.

Lo voleva per Sunshine, perchè potesse essere felice ancora.

E lo voleva per sé, perchè ne aveva bisogno.

Quell'estate torrida aveva avuto come unico risultato il far congelare un po' di più il suo cuore. Del resto nessuno si era tirato indietro su quell'incarico.

Walburga e Orion con il loro veleno, il loro disprezzo, Kreacher con i suoi sibili e borbottii, Regulus con il suo sguardo indifferente e insensibile. Oltre che Bellatrix.

Certo perchè, se anche poteva pensare di saltare pranzo e cena per mangiare per conto suo, non poteva certo evitare le cene di famiglia, inutili e irritanti incontri di persone che non sopportava.

La migliore era stata quella in cui erano venuti anche Narcissa e Lucius, che si era messo a fare comunella con Bellatrix.

Parlavano di questo Voldemort, quest'uomo che a quanto pareva era tanto potente da crearsi un esercito di seguaci pronti ad uccidere per lui.

Sirius aveva odiato lo sguardo luccicante di Regulus, quando aveva ascoltato Lucius riferire i grandi pensieri e progetti di quello schifoso razzista, prima che Orion ponesse fine alla cosa dichiarando che non erano discorsi da fare a tavola.

Sirius lanciò il coltellino con precisione, piantandolo sulla parete di fronte a lui, poi si alzò e andò a recuperarlo, osservando la parte rovinata di muro che si estendeva ogni giorno di più.

Ancora due settimane.

Solo due settimane.

Troppo.

Non sapeva quanto sarebbe riuscito ancora a resistere in quella inattività.

Si soffiò via un ciuffo di capelli dagli occhi. Stavano diventando decisamente lunghi, ma non aveva voglia di tagliargli. E poi a Walburga davano fastidio, quindi tanto meglio.

Due settimane.

Poteva farcela. Davvero.

Chiuse gli occhi. Era stanco, anche se erano giorni che quasi non usciva da quella stanza. La noia era pesante.

Di fronte alla sua porta chiusa, Regulus si lasciava cadere seduto lungo il muro, nella penombra del corridoio deserto.

Riusciva a sentire Sirius che lanciava di nuovo quello stupido coltello. Riusciva quasi a sentire come una presenza fisica l'odio che il fratello aveva per quella casa e per tutti quelli che lo circondavano.

Nessuno poteva vederlo, poteva anche concedersi di lasciare da parte il solito muro di ghiaccio e sospirare. Gli mancava avere suo fratello dalla sua parte, gli mancavano i suoi scherzi idioti e la sua risata strana. Ora tutto quello che rimaneva era terra bruciata e sguardi d'odio e disprezzo.

Pessima estate, decisamente, ma perchè aveva l'impressione che potesse solo peggiorare?

Solo due settimane, poi almeno ci sarebbe stato più di un misero corridoio a dividerli.

E poi avrebbe potuto rivedere Jared. Non che gli mancasse, ovvio.

Solo due settimane.

 

**

 

«E poi sai che ha detto? Ha osato dire che era colpa mia! Mia, capite? Oh ma appena torna a casa...»

«Ehi Caro! Caro stop, calma. Ehi.» Cole mise le mani sulle spalle della ragazza infuriata, guardandola negli occhi finchè non ebbe preso un paio di respiri profondi.

«Ok ok, ci sono. Ma questa volta Mark ha proprio esagerato! Lo sapevo che non dovevo portarlo in giro così tanto con voi!» borbottò ancora arrabbiata Caroline, passandosi una mano tra i capelli color carota.

«Ehi! Ora diventa colpa nostra?» esclamò Ethan, fingendosi offeso.

«Non stavo dicendo...oh che scemo che sei!» Caroline scoppiò a ridere, finalmente rilassata, colpendo l'amico su una spalla.

«Violenta!» ribatté quello con una smorfia esagerata.

«Vedrai se sono violenta! Se domani avrete un'amica in prigione saprete il motivo!» Caroline si incupì di nuovo, ma Cole non le permise di ritornare arrabbiata.

«Verrò a trovarti e ti porterò i compiti così dovrai farli anche da dietro le sbarre!»

«Ma che razza di amico! E poi non potrebbero mettermi in prigione, dovrei andare in riformatorio immagino.»

«Se ci arrivi...secondo me tua madre ti uccide prima!»

«Mi soffocherebbe per non sporcare il pavimento di sangue.» fece con una smorfia Caroline.

«E poi nasconderebbe il tuo corpo nell'orto per usarti come concime naturale?»

«No Ethan, figuriamoci se userebbe me per le sue preziose zucchine! Mi getterebbe nel fiume!»

«Non ti sembra di esagerare ora? Ok, magari non sei abbastanza per le zucchine, ma per i pomodori forse puoi ancora andare bene.»

«Idiota!»

Caroline saltò addosso a Cole, prendendolo di sorpresa e facendolo rotolare nell'erba, ma era troppo magra e il ragazzo fece presto a riprendersi e a schiacciarla a terra bloccandole i polsi.

«Ehi avete intenzione di amoreggiare ancora a lungo?» domandò sarcastico Ethan, sdraiato sotto l'albero con un sorriso malizioso in volto.

I due arrossirono e si affrettarono a districarsi e a tornare vicino a lui.

«Ehi Jamie, ma ci sei? Qualcosa non va?» chiese Caro, sedendosi accanto a James che, un filo d'erba in bocca e gli occhiali posati di fianco se ne stava disteso al sole e non sembrava prestare loro attenzione.

Sentendosi chiamare il ragazzo alzò la testa, i capelli più scompigliati che mai e le lanciò un'occhiata confusa e poi un sorriso.

«Eh? Cosa? No no, sto bene. Tutto bene.»

«Stavi di nuovo cercando il tuo secondo neurone, quello perduto?» domandò Ethan pungente.

«No, stavo cercando di immaginare dove fosse finito il tuo, ma immagino si sia nascosto troppo bene per poterlo trovare. Del resto ha avuto anni per trovare il nascondiglio perfetto.» ribatté James con un sorriso, rimettendosi gli occhiali.

Caroline rise, mentre Cole cercava di nascondere il suo divertimento, senza riuscirci.

«Oppure stavi pensando alla tuo fidanzatino lontano? Sirius?»

James mantenne il sorriso sul volto, tranquillo e rilassato e si alzò, spolverandosi la terra e l'erba dai pantaloncini.

«Non potrei mai pensare a lui in tua presenza senza sentirmi un traditore, caro.»

«Oh che dolce che sei.»

«Lo so, tesoro, ti amo anche io. Ci vediamo domani ragazzi.»

«Già te ne vai? È ancora presto.» lo fermò Caroline, un'espressione delusa nascosta malamente sotto una imperturbabile.

«Sì devo fare...delle cose. Ciao Caro. Cole, a domani. Ethan, stanotte sognerò te, dolcezza. E salutatemi Alex se dopo viene!» James si chinò per lasciare un bacio sulla guancia di Caroline, senza notare come la ragazza fosse arrossita, salutò gli altri con un cenno della testa e, mani in tasca e sguardo al cielo, se ne andò verso casa.

Anzi no, che cosa ci andava a fare a casa? In realtà non aveva niente da fare e a casa probabilmente ci sarebbe stata sua madre che gli avrebbe chiesto di aiutarla o peggio, Jo.

Ultimamente Jo era cambiata moltissimo. O forse non ultimamente. Secondo ciò che aveva capito dagli altri, soprattutto da Caroline, era cambiata lentamente.

Prima aveva cominciato a stare di meno con loro, poi si era trovata Jack e quando l'aveva lasciato era diventata ancora più schiva. O meglio, schiva con loro.

Si era fatta delle nuove amiche, dei nuovi amici.

Molti nuovi amici. Molto molto amici.

James non poteva credere che Jo, il maschiaccio che si era tagliata i capelli perchè le davano fastidio, che teneva testa a suo fratello per difendere gli amici, che era scappata di casa e si era trasferita da lui per essere più libera e felice, si fosse trasformata in quella ragazza facile e un po' snob che forse dormiva a casa sua o forse no.

Ormai passava davvero poco tempo a casa Potter, ma c'era sempre la possibilità di trovarsela in giro, con la sua aria da finta gran donna e il suo sguardo duro.

James avrebbe voluto parlarci, aiutarla (perchè di sicuro aveva bisogno di aiuto) ma non era mai stato bravo in quelle cose.

Ci sarebbe voluta Sunshine, o anche Sirius magari.

Già, Sirius.

Non lo avrebbe mai ammesso, ma il suo migliore amico gli mancava. Erano mesi che non si vedevano e doveva aspettare ancora due settimane per rivederlo. Gli mancavano i loro litigi stupidi, i loro scherzi idioti, le loro discussioni assurde, i loro insulti scherzosi.

Gli mancava anche Remus. E Peter. E Sunshine. E la Evans.

Mocciosus no.

Godric, non vedeva l'ora di tornare a Hogwarts!

Due settimane, ancora due settimane.

Davvero, gli piaceva stare in vacanza, gli piaceva passare il tempo con i suoi amici che non vedeva mai, gli piaceva scherzare con loro, ma trattenersi in ogni momento per paura di dire qualcosa sulla magia di inopportuno? Pesare ogni parola, ogni commento, perchè poteva sfuggirgli qualcosa? Quello era esasperante!

La prima cosa che avrebbe fatto appena tornato a Hogwarts sarebbe stato fare un paio di incantesimi e dire qualcosa di estremamente non-babbano, maledizione!

James si bloccò, rendendosi improvvisamente conto di dove si trovava.

Era di fronte a casa sua.

Oh.

Era arrivato lì senza neanche rendersene conto, perso nei suoi pensieri.

Fico.

Tanto valeva entrare e trovare qualcosa da fare per far passare il tempo.

Magari avrebbe scritto una lettera a Sirius, o magari gli avrebbe detto del libro che aveva scovato nei recessi della sua biblioteca.

No, era meglio aspettare e fargli una sorpresa.

Non credeva di riuscire a resistere per due settimane ancora!

Due settimane e avrebbe rivisto Lily! Chissà se le erano spuntate di nuovo le lentiggini. Erano adorabili, ma non glielo avrebbe detto, ovviamente.

Due settimane.

Con un sorriso felice James entrò in casa canticchiando.

Due settimane.

 

**

 

Remus stava leggendo un libro. Non un libro di scuola o qualcosa di “barbosamente noioso”, come diceva James. Era un bel libro, anche se forse un po' poco realistico. Dava una descrizione dei maghi decisamente sbagliata, ma c'era qualcosa, nel modo in cui era scritto, nella proprietà con cui venivano descritte le altre creature, che gli faceva credere che forse era solo un'altra verità. Forse l'autore si era ispirato a vecchie leggende o forse era un mago che si era divertito in quel modo a fuorviare i babbani. Chissà. Non essendo ad Hogwarts non era riuscito a controllare se quel tizio fosse un mago o no.

«Ancora con quel libro Remus? Da quando te l'ho fatto scoprire l'avrai letto almeno due volte!»

«Ogni volta scopro nuovi dettagli. È davvero bello!»

«Il Signore degli Anelli non è solo bello, Remus, è...»

«Ok ok frena. Me l'hai già fatto questo discorso, Liz.»

Remus alzò lo sguardo dalle pagine del libro per incontrare gli occhi nocciola della ragazza che gli stava davanti, sorridendo.

Aveva un anno in meno di lui, capelli mossi raccolti malamente in una treccia, occhi dolci e sorriso aperto.

«Hai ragione. Da quanto sei qui?» la ragazza si sedette a gambe incrociate vicino a lui, sporgendosi per vedere a che punto era arrivato.

«Non lo so, una mezz'oretta immagino.»

Remus chiuse il libro e lo mise da parte, sorridendo all'amica.

«Allora Lizzie, che mi racconti?»

«Non saprei. Sei tu quello che ha sempre cose interessanti da raccontare! Raccontami ancora del tuo amico James, avanti!» Liz lo guardò implorante, gli occhi luccicanti, facendolo ridere.

«Devo essere geloso, Lizzie? Sembra che ti interessi di più del mio amico che non hai mai nemmeno visto che di me!»

Liz gli tirò una spallata leggera e gli fece una linguaccia.

«Oh e smettila, idiota!»

Risero insieme. Poi calò il silenzio. Un silenzio leggero, rilassato.

Remus non aveva mai avuto problemi stando con Lizzie. Era davvero una ragazza fantastica!
Arrossì al pensiero di che cosa avrebbero potuto dire James e Sirius se l'avessero visto in quel momento, seduto sull'erba con una ragazza carina al suo fianco, spalla contro spalla.

Ancora due settimane e avrebbe rivisto quei due scemi, finalmente.

Le vacanze erano state fantastiche, ma quei due, e Peter e Sunshine, gli mancavano.

Remus si passò una mano sul braccio, dove una benda copriva un lungo taglio rosso. La luna piena era stata solo due notti prima ed era stata una delle peggiori da almeno un anno a quella parte.

Forse perchè non si era preparato adeguatamente, troppo perso nel dolce far nulla delle sue giornate assolate, forse perchè non era nella Stamberga ma nella vecchia cantina vuota di casa sua, dove non aveva nient'altro da dilaniare se non sé stesso, ma restava il fatto che si era svegliato la mattina dopo nel suo letto con quel taglio fasciato sul braccio, una brutta ferita sul costato e la testa dolorante.

Era rimasto a casa tutto il giorno seguente e non aveva visto Lizzie e ora temeva delle domande.

Si sarebbe chiesta il perchè di quella ferita? Si sarebbe chiesta perchè lui non si era fatto vedere il giorno precedente? E lui, lui che cosa le avrebbe detto? Che bugia avrebbe inventato?

Remus aspettò, cercando di non far trapelare la sua tensione, ma non successe niente.

Lizzie si distese al sole e sospirò beata, cercando la sua mano e mettendosela sugli occhi per farsi un po' di ombra.

«Tranquilla, fai come se fosse tua.» fece ironico Remus, senza però spostarla.

«Oh grazie! Come sei gentile.» rispose lei con lo stesso tono.

Inutile, quella ragazza era meravigliosa.

Peccato avere solo altre due settimane prima di dover tornare a scuola.

Ovvio, non vedeva l'ora di tornarci, ma con lei era tutto così semplice!

Non faceva domande troppo complicate, accettava le risposte vaghe che lui le dava senza indagare e era sempre sorridente.

L'aveva incontrata circa un mese prima, in piscina. Lui leggeva e lei lo aveva accidentalmente schizzato. E invece di chiedere scusa gli aveva detto che l'aveva fatto per gentilezza, per rinfrescarlo. Le aveva ricordato così tanto James, con quel sorriso splendente e l'aria malandrina che non aveva potuto fare a meno di diventare suo amico circa cinque secondi dopo, giocando con lei nella vasca affollata.

La cosa fantastica era che, al contrario delle altre ragazze, non si aspettava che lui provasse qualcosa nei suoi confronti che non fosse più di semplice amicizia e non faceva la civetta. Era un'amica perfetta e basta.

Remus scosse la testa tra sé: chissà che cosa avrebbe avuto da commentare Sirius su quell'ultimo pensiero! Di sicuro si sarebbe messo a pensare a qualunque cosa tranne che quella fosse la pura e semplice verità.

«Ehi Rem, qualcosa non va?» domandò Lizzie, aprendo un occhio per squadrarlo con attenzione, posando gli occhi sulla sua aria a metà tra il divertito e lo scocciato, il suo braccio fasciato e le sue occhiaie.

«No Liz, tutto bene. Stavo solo pensando a quell'irritante del mio amico.»

«James?» gli occhi di lei si illuminarono per un attimo.

«No Sirius.»

«Ah.» il luccichio si attenuò.

Era possibile che James riuscisse ad affascinare le ragazze anche senza mai farsi vedere? Mah, misteri della vita.

«E che pensavi?» chiese ancora Liz dopo una pausa.

«Che tra due settimane tornerò a scuola e li rivedrò.»

«Non vedi l'ora.» commentò lei, sentendo la felicità e la trepidazione nella sua voce. «Che caro.»

«Sei invidiosa per caso?» domandò malizioso Remus, trattenendo l'ondata di affetto per la ragazza.

«Ovvio! La mia scuola fa schifo e la tua sembra così fantastica!»

«E poi c'è James. Ammettilo, ti piace.» Remus le afferrò la treccia, tirandola leggermente.

«Oh certo, è l'amore della mia vita che non ho ancora mai visto! Idiota.»

«Sei sempre così adorabile, Lizzie.»

«Sono uno zuccherino, lo so.»

«E così modesta.»

«L'umiltà fatta persona.»

«E così poco sarcastica.»

«Come no? È la mia principale caratteristica, la non sarcasticità.»

«Non sono sicuro si dica sarcasticità.»

«Io lo dico, quindi si può dire.»

Remus rise. Dove aveva già sentito quella frase? Oh, ovvio, nella bocca di James. Quei due erano separati alla nascita!

Però, come sarebbe stato bello se Lizzie fosse andata a Hogwarts con loro!

Due settimane. Due settimane e poi avrebbe rivisto quel castello, anche se senza di lei.

Con i suoi Malandrini e Sunshine.

La ormai familiare morsa di nostalgia gli strinse il cuore. Quanto gli mancavano!

«Mi scriverai ogni tanto dalla tua scuola super divertente?» domandò Lizzie in quel momento, improvvisamente seria.

Non era una buona idea. Per quanto fosse fantastica era una babbana. Che cosa le avrebbe potuto raccontare di vero? E poi lui era un maledetto Lupo Mannaro, non poteva rischiare di affezionarsi così a una ragazza indifesa e fragile come lei. No, non era una buona idea. Come dirglielo?

«O anche no.» aggiunse Lizzie, ora più triste.

Doveva farle credere che non voleva scriverle? Era la cosa migliore da fare.

Non rispose. Dopo un po' Lizzie cambiò discorso e recuperò il sorriso.

Due settimane. Due settimane e poi avrebbe rivisto i suoi Malandrini. Con loro almeno poteva essere sincero.

 

**

 

Peter si stava annoiando da morire. Godric, non c'erano argomenti più interessanti di cui parlare? Anche le storie d'amore della figlia della commessa del supermercato preferito di sua zia sarebbero state più interessanti della storia del soufflè di sua madre! Anche perchè era la quarta volta che la sentiva (e non aveva potuto fare a meno di notare che ogni volta che veniva raccontata qualche particolare cambiava leggermente).

«...e poi mi sono detta: eh no! Questa volta deve riuscire!»

«Mamma, vado a fare una passeggiata.» annunciò Peter alzandosi in piedi.

Aveva calcolato con attenzione il momento: di solito quel punto era quello di maggior suspense e non avrebbe badato troppo a lui.

Infatti lei gli fece un cenno con la mano per fargli capire di aver sentito e poi si rilanciò nel discorso.

Peter non riusciva a decidere se fosse peggio sentire sua madre che raccontava quella storiella, che non faceva nemmeno ridere, per l'ennesima volta o guardare sua zia che l'ascoltava in trepidazione.

Afferrò un biscotto dal contenitore in cucina e uscì nell'aria afosa del pomeriggio.

L'asfalto era bollente ed emanava altro calore, non c'era un filo di vento e anche le cicale che frinivano sembravano affaticate.

Non gli piaceva un granché il caldo, lo faceva sentire sonnolento e appiccicoso, ma apprezzava il fatto che riuscisse a far rinchiudere tutte le persone in casa, lasciando le strade deserte.

Odiava uscire e incontrare le persone. Incontrare le persone significava sentirsi a disagio, balbettare ed essere preso in giro. Orribile.

Non vedeva l'ora di tornare a Hogwarts e rivedere gli altri Malandrini.

Loro erano i primi veri amici che avesse mai avuto e ogni tanto ancora non riusciva a credere di fare davvero parte di un gruppo del genere.

Con loro non doveva avere paura, le loro prese in giro non erano mai fatte per ferire e lo difendevano e aiutavano sempre.

James era sempre pronto a farlo sorridere, Sirius a proteggerlo, Remus ad aiutarlo in qualsiasi cosa. Era così bello avere loro.

Quei mesi trascorsi da solo, con le loro lettere come unica compagnia erano state un vero inferno.

Certo, si era goduto l'ozio e le ore di sonno, ma Hogwarts era la sua seconda casa ormai e voleva davvero tornarci.
Non che fosse ansioso di ricominciare le lezioni, ma il letto a baldacchino della torre era insuperabile e i banchetti...gli facevano venire l'acquolina in bocca anche solo a pensarci!

Godric che caldo che faceva!

Peter si fermò sotto ad un albero, sedendosi su una panchina, cercando di togliersi di dosso la sensazione pesante che gli dava quel caldo opprimente.

Inutile, gli si chiudevano gli occhi.

Del resto non c'era nessuno e non aveva niente di meglio da fare quindi...

«Guarda chi c'è! Palla di lardo ha deciso di fare il barbone! Non ti vuole neanche più tua madre ora?»

Peter spalancò gli occhi al suono della voce velenosa di Tom. Non si era accorto di essersi addormentato, ma evidentemente l'aveva fatto.

Non doveva aver dormito molto, le ombre non si erano spostate più di tanto, ma quanto bastava per non accorgersi dell'avvicinarsi di quelli lì.

Tom, Jack, Maggie, Robert e Laura.

«Ciao ragazzi, come va?» domandò Peter, cercando di mantenere il tono più casuale possibile.

Quelli annusavano la paura come cani e se la sentivano ti saltavano alla gola. Non che facesse molta differenza dato che sembravano avere tutta l'intenzione di farlo comunque.

Quanto avrebbe voluto che James e Sirius fossero stati lì!

«Bene Porky, e a te come va? Il tuo lardo ti tiene ben al calduccio?»

Inutile rispondere. La cosa più intelligente da fare sarebbe stata andarsene, ma come fare dato che si erano schierati di fronte a lui togliendogli ogni via di fuga?

Seppure....poteva provare a scavalcare lo schienale della panchina e scappare via da quella parte, ma sarebbe stata una fuga talmente palese che l'avrebbero perseguitato ancora di più.

Solo per due settimane però. Anzi, se riusciva a farsi invitare da James anche di meno. Tanto valeva provare. Doveva però prima trovare il momento perfetto.

«Oh Rob, lascia stare il cucciolo di elefante, non vorrai farlo piangere?» intervenne Maggie, maligna, mentre Laura ridacchiava.

«Povero bimbo, poi va a nascondersi tra le grosse sottane di sua madre.» rincarò Jack.

Dovevano smetterla. Basta.

Peter si alzò in piedi di scatto, sorprendendo Tom, il più vicino a lui, che fece un passo indietro.

«Finitela! Siete solo degli inutili sacchi di untume e stupidità! Siete talmente inutili che non vi si potrebbe usare neanche per dare il cattivo esempio! Credete di essere tanto furbi e intelligenti? Bè non lo siete. Siete solo una sibilante strisciante setta di sudici serpenti! E ora levatevi di torno e ritornatevene nel vostro sporco buco!» detto questo, Peter si fece strada tra di loro e se ne andò con passo più fermo possibile.

Si fermò appena fuori dalla loro vista, le mani tremanti, le lacrime agli occhi.

Le frasi ascoltate in ogni litigio di James e Sirius con varie persone (la Evans, i Serpeverde, qualche altro malcapitato...) erano tornate utili.

Solo che adesso era nei casini. Seri. Meglio tornare a casa e rimanerci. E magari avrebbe scritto a James e a Sirius. E a Remus. Gli serviva incoraggiamento, qualche lode e un buon consiglio.

Solo due settimane e quell'inferno sarebbe finito.

Due settimane e li avrebbe rivisti, sarebbe tornato con loro a Hogwarts.

Due settimane.

 

**

 

Lily corse via. Non sarebbe rimasta in quella casa un secondo di più. Non con Petunia che strillava in quel modo e con il timore di combinare qualche casino con la sua magia che voleva esplodere.

Corse via, ma si fermò appena fuori dal cancello. Fece qualche passo sul marciapiede e poi si bloccò.

L'unico posto dove poteva andare era il parchetto, lo sapeva, ma avrebbe trovato Severus lì? Erano un paio di giorni che non ci andava e forse lui non ci sarebbe stato.

Forse si sarebbe trovata da sola a dondolarsi sull'altalena scalcinata.

Quanto desiderava che Sunshine fosse lì! Lei avrebbe saputo calmarla, poi l'avrebbe abbracciata e l'avrebbe fatta sentire meglio. Le avrebbe dato delle buone ragioni per non tornare dentro e far diventare il naso di Petunia blu mirtillo.

Ma Sunshine non c'era quindi tanto valeva provare al parco.

Si avviò a passi lenti, la rabbia un po' placata, sostituita da un senso di tristezza e solitudine.

Le mancava Severus. Il vecchio Severus.

Non che i cambiamenti fossero così evidenti, ma c'erano. Per prima cosa c'era tutta la faccenda delle Arti Oscure. Lui si ostinava a negare tutto, ma lei sapeva. Sapeva che cosa leggeva, a che cosa si interessava, che incantesimi provava di nascosto con i suoi amici. I suoi amici poi....Non si fidava per niente di loro. Dei loro ghigni maligni, dei loro pensieri razzisti, dei loro incantesimi malvagi. Stavano facendo diventare Severus una persona che non le piaceva, non le piaceva per niente. Però...però era Severus. Era il suo Severus, quello che le aveva rivelato la sua magia, quello che l'aveva sempre trattata con gentilezza, con affetto, timido, impacciato, goffo, silenzioso, intelligente, scaltro. Come poteva lasciarlo andare dicendo “non mi piacciono i tuoi amici”? Neanche a lui piacevano i suoi, quindi che avrebbero dovuto fare? Salutarsi e non parlarsi più?

La verità era che aveva bisogno di Severus. Perchè era rassicurante avere qualcuno che la conosceva da tanto tempo e sapeva come ci si sentiva a non sentirsi amati dalla propria famiglia. E poi lui c'era sempre. Quando lei aveva bisogno di lui, quando era arrabbiata, quando era triste, quando era felice, le era sempre bastato un cenno e lui era stato accanto a lei.

Negli ultimi tempi, è vero, era stato molto con i suoi compagni, ma era logico! Anche lei era stata molto con Sunshine, quindi perchè biasimarlo?

Con il cuore più leggero, Lily andò a sedersi sull'altalena.

Severus non c'era, ma sarebbe arrivato, ne era sicura. Lui odiava stare a casa sua e prima o poi sarebbe passato di lì. In qualche modo lui sapeva sempre quando lei lo stava aspettando.

Ok, forse non era proprio così, ma restava il fatto che quando lei si sedeva lì e attendeva, lui arrivava sempre.

Lily si diede una lieve spinta sulle punte dei piedi, gli occhi fissi sul cielo grigio.

Faceva caldo, un po' di pioggia sarebbe stata gradita dall'erba secca e dalle strade polverose, ma la cappa di nubi non accennava a lasciarsene scappare nemmeno una goccia. Se ne stava lì, opprimente e cupa, trasformando la giornata già calda in una giornata afosa e pesante.

«Ehi.» la voce di Severus la distrasse dai suoi pensieri.

Non l'aveva sentito arrivare, ma ora era lì, seduto sull'altalena accanto alla sua, con la sua maglia grigia sformata e larga e i jeans strappati sul ginocchio.

«Ehi.» Lily gli sorrise. Era arrivato. Lo sapeva che sarebbe arrivato. Poteva sempre fidarsi di lui.

«Qualcosa non va?»

Lily sorrise di nuovo. Come faceva ad accorgersi sempre di come stava? La conosceva troppo bene.

«Petunia.»

Una ruga si formò tra gli occhi di Severus, mentre lui aggrottava le sopracciglia con una smorfia di antipatia.

«Petunia dovrebbe imparare a starsene zitta ogni tanto.» borbottò contrariato.

Lily sentì l'impulso, che ancora non riusciva a cancellare, di difendere la sorella, ma era ancora troppo irritata per farlo, così sorrise di nuovo.

«Tu?»

«Tutto bene.»

Bugia. Lily poteva vederlo. Non andava mai tutto bene a casa dei Piton, ma aveva imparato da tempo a non fare domande e lasciare perdere. Non avrebbe avuto risposte.

Meglio cambiare discorso.

«Non vedo l'ora di tornare a Hogwarts.» disse con un sorriso, pensando a Sunshine, all'enorme parco, alla Sala Grande, al dormitorio, alle sere con le amiche, alle cose interessanti che si imparavano.

«Ti manca Potter?» le domandò pungente Severus, lanciandole un sorriso che era una smorfia.

«Ovvio, Sev, lo amo così tanto che non riesco a non pensare a lui!» scherzò Lily, per poi incupirsi «Oh ma perchè me l'hai fatto venire in mente? Proprio ora che cominciava a passarmi la rabbia!»

Il sorriso di Severus adesso sembrava più sincero, ma c'era ancora qualcosa di stonato che Lily non riuscì a capire.

«Chissà chi insegnerà Difesa quest'anno.» si chiese il ragazzo, pensieroso.

«Spero che sia qualcuno di bravo.»

«Anche io.»

«A te mancano i tuoi amici?» domandò dopo un po' Lily.

Severus non rispose subito.

«A te?» domandò invece.

«Mi manca Sunshine. E Alice e Marlene. Ho te qui però, no?» Lily si congratulò con sé stessa per il sorriso vero che era riuscita a far fare a Severus. Quanto tempo che non ne vedeva uno così sincero!

«A me non mancano poi così tanto. Ho qui tutto quello che mi serve.» replicò Severus, la fine della frase pronunciata a voce così bassa che Lily non era sicura di aver sentito giusto, arrossendo.

Era raro che lui le dicesse cose del genere, quindi Lily mise subito la frase nella categoria “frasi da ripetersi in testa quando penso male di Sev”.

«Due settimane ancora.» mormorò un secondo dopo il ragazzo.

Lily non riuscì a capire se fosse un ancora di “non vedo l'ora che finiscano” o un ancora di “vorrei fossero di più”.

Due settimane.

Due settimane e poi finalmente sarebbero tornati a Hogwarts, lontani da Petunia, vicino a Sunshine.

E a Potter.

Forse sarebbe stato bello che le due settimane durassero di più.

Però così era. Due settimane.

Le mancava la magia.

Due settimane.

 

**

 

Un campo di grano dorato, macchie rosse di papaveri, un albero in lontananza, verde luminoso, il cielo azzurro, una nuvola bianca, una strada polverosa e una staccionata bianca scheggiata.

«Sunny!»

Una casa, sulla sinistra, con un altro grande albero e qualche cespuglio.

«Sunny!»

Un'altra nuvola, vicino alla casa. Un viottolo tra le spighe.

«Sunny!»

Un sospiro, un sorriso.

Sunshine mise giù il pastello ocra e ripose il foglio, alzandosi dalla sedia e uscendo in giardino.

«Ehi Ang. Che succede?» domandò alla sorellina.

«Mi annoio. Giochi con me e Squid?»

Il cucciolo che era capitato nel loro giardino due estati prima era cresciuto e ora arrivava alle spalle di Angie.

«Ok. Arrivo subito. Tu intanto pensa a cosa vuoi fare.»

Sunshine tornò dentro, mettendo in ordine le sue matite e sistemando i fogli.

«Possiamo fare il bagno a Squid?» le gridò Angela dal giardino.

«Non ci pensare nemmeno!» rispose da dentro Sunshine, già immaginando la guerra saponata che ne sarebbe venuta fuori.

«Possiamo giocare a cercare i grilli?»

Strisciare per tutto il giardino in cerca di buche e di poveri animaletti da disturbare con dei bastoncini? No.

«Che ne dici di fare una passeggiata?» propose invece Sunshine, uscendo di nuovo dalla sorella.

Cinque minuti dopo Sunshine guardava Angela rincorrere Squid per la strada, richiamandola indietro quando si allontanava troppo.

Era un pomeriggio caldo, ma soffiava un allegro venticello e le nuvole nel cielo si rincorrevano veloci. Forse quella sera sarebbe anche potuto venire un temporale.

«Sunny Sunny!» Sunshine riportò lo sguardo sulla sorella che le indicava freneticamente qualcosa a terra.

«Che hai lì, bimba?» domandò avvicinandosi curiosa.

«Una farfalla! È morta, Sunny?»

Se non era scappata quando si erano avvicinati il tornado e il cane probabilmente sì, ma questo Sunshine non lo disse.

Si chinò a guardare le ali bianche immobili e le sfiorò leggermente, coprendosi un dito di impalpabile polvere.

«Credo di sì, Angie. Qualcuno forse l'ha colpita. Vedi come l'ala è spezzata lì? Le manca un pezzetto.»

E così sotterrarono la farfalla.

Poi fu la volta della lucertolina senza coda, poi quella dell'uccellino sul ramo, della margherita gigante, della fila di formiche e della lumachina.

Angela correva di qua e di là dando nomi agli animali (Lucy, Cip, Zip, Molly..) e Sunshine la guardava.

Pensare che mancavano solo due settimane e poi sarebbe dovuta andare via di nuovo le spezzava il cuore.

Non era tanto stare lontana dalla sua Angela, il suo raggio di sole, ma quanto non vederla crescere, perdersi i suoi piccoli momenti, il suo primo dente che ballava, il suo primo test a scuola, il suo primo libro letto tutto da sola. Le piccole cose, i momenti che non sarebbero tornati più. Perdere quelli, era la cosa peggiore.

«Sunny! Ehi Sunny!» Angela corse verso di lei, porgendole un mazzo di fiori «Per la mamma!»

«Vuoi portarglieli?»

«Andiamo?»

«Se vuoi.»

«Vieni Squiddy, andiamo a trovare la mamma!»

E Angela ripartì, veloce come il vento, allegra e libera come un ruscello, pura e dolce come l'aria all'alba.

Sunshine la seguì, correndo anche lei, scappando dalle sue paure, dalla sua tristezza.

«Ciao mamma! Ti abbiamo portato dei fiori!» salutò Angela, sistemando i fiori nel vaso, togliendo quelli vecchi, appena appena appassiti.

Ciao mamma. Sono solo fiori di campo, ma sono per te. Non saranno quelli perfetti di zia Mary, ma sono carini no?

Sunshine si chinò, accucciandosi sull'erba, gli occhi fissi sul volto della madre.

Come sei bella mamma. Te lo dico ogni volta, ma non è mai abbastanza. Zia Mary dice che tu non ti sentivi mai bella, ma come facevi? Guardati sei perfetta! Vorrei essere come te.

«Sunny vado a prendere altri fiori non ce ne sono abbastanza!»

«Non allontanarti troppo.»

Hai visto come cresce in fretta Angie? È grande ormai. Vorrei stare di più con lei, mamma. Due settimane. Due settimane e la lascerò di nuovo sola. Come posso essere così cattiva?

Lily e i Malandrini mi mancano, mamma, davvero. E anche Hogwarts, il dormitorio, la Sala Grande...mi manca tutto. Mi manca la magia.

La cosa giusta da fare però non sarebbe lasciare tutto e stare con lei?

Lei ha bisogno di me, mamma. Ha zia Mary, ha Dorea, ha Squid, ha papà ogni tanto, ma non ha te, mamma. E non ha neanche me.

Chi le legge le storie la sera? Chi la prende nel suo letto quando ha gli incubi? Chi l'aiuta a pettinarsi la mattina e ad allacciarsi le scarpe?

Nessuno, mamma.

Come posso andare via sapendo che lei non ha nessuno a parte me? Non posso costringerla a crescere in fretta, troppo in fretta. Non posso costringerla ad imparare a cavarsela da sola.

Ho due settimane ancora per stare con lei e poi non la vedrò per troppi mesi.

Come posso essere così crudele e egoista?

Chissà se si può lasciare Hogwarts.

Non devo, lo so, ma tu non ci sei, mamma! Lei ha sempre avuto solo me e io l'ho lasciata!

Ogni anno è più difficile, mamma.

Lei sta diventando grande e io...io non la vedo crescere. Dovrei vederla cambiare ogni giorno, vederla imparare cose nuove, vederla diventare grande al posto tuo!

E invece non lo faccio.

Ogni tanto vorrei non essere una strega, mamma. Vorrei solo poter andare a scuola qui e starle vicina.

Mi manca Lily, mamma. E James. E Remus. E Sirius.

Sirius...

Ho paura mamma.

Ho paura di tutto.

Ho paura di andarmene, di restare, di restare sola. Ho paura che Sirius mi piaccia, mamma.

Non posso.

Ho paura mamma, di quest'anno. Ho paura di cosa succederà.

Ho paura e non c'è nessuno qui ad abbracciarmi.

Mi manchi, mamma. Ogni giorno.

Aiutami.

Due settimane e poi....cosa devo fare? Due settimane! Solo due settimane. Ancora due settimane.

Ti prego, dimmi cosa devo fare! Andarmene, restare?

Non voglio fare nessuna delle due cose.

«Sunny! Guarda che bei fiori!»

Sunshine alzò gli occhi, tentando un sorriso. Gli occhi di Angela si incupirono e, messi i nuovi fiori nel vaso con gli altri, la bambina si mise accanto a lei.

«Sei triste Sunny? Dimmi perchè.» ordinò, seria e dolce.

È troppo piccola per capire, mamma. È troppo grande per non vedere. Cosa posso fare?

«Va tutto bene piccola. Solo che...tra due settimane tornerò a scuola e tu rimarrai qui.»

La bambina fece una smorfia, ma poi sorrise rassicurante.

«Non preoccuparti Sunny, ormai sono grande, ce la faccio. Mi manchi sempre, ma ormai so come fare le cose e c'è sempre qualcuno che mi aiuta. Andrà bene.»

Non le diceva che di sera lasciava la luce accesa per paura del buio. Non le diceva che si svegliava nel suo letto, tremante per un incubo, e restava immobile sotto le coperte, senza nessuno da cui andare. Non le diceva che si sentiva sola. Non le diceva che non voleva che lei andasse via.

Sunshine lo sapeva. Sapeva tutte quelle cose. Perchè gliele aveva dette papà o la zia o perchè le aveva indovinate.

«Non voglio lasciarti, angioletto.»

«Andrà bene.» ripeté Angela.

È sbagliato, mamma. Che lei debba rassicurare me. È sbagliato. È una bambina! Dovrebbe pensare solo a farfalle e fiori, non ai mostri da cui nessuno la può difendere!

«Magari possiamo chiedere a Dorea se puoi stare da lei più spesso, ok?»

Angela si illuminò e annuì felice, poi la prese per mano e si alzarono in piedi.

«Ciao mamma! Ti vogliamo bene.» salutò, chiamando poi Squid che annusava in giro.

«Ciao mamma.» le fece eco sottovoce Sunshine, accarezzando il profilo della guancia della donna.

Le due sorelle e il cane si allontanarono, lasciandosi dietro la lapide adorna di fiori, da cui una donna sorrideva dolcemente.

Stringendo la mano di Angie nella sua, Sunshine sorrise.

Aveva ancora due settimane, non le avrebbe sprecate con la sua tristezza.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

Spazio dell'Autrice

E così eccomi di nuovo qui. Già sono tornata a rompere le scatole! Vi sono mancata?? Naaaah non ci credo. Comuuunque questa volta ho poche cose da dire a parte

  1. Yeeeeeee sono felice di essere tornata e mi dispiace averci messo così tanto ma queste settimane sono impossibili. Davvero sono staaaaaaaancaaa ç_____ç

  2. Remus è un cucciolotto punto e basta. E mi dispiace per la mia Lizzie ma è una guest star da un capitolo e basta (neanche supernatural e Doctor Who fanno apparire le loro guest star così poco!)

  3. Sirius è il mio piccolo disagiato, James è il mio idiota e ho lasciato spazio anche a Peter visto??

  4. Un grazie alla mia Ale (il tuo anno amor! Il tuo anno!!) e a quelli che hanno recensito l'ultimo capitolo l'altra volta. 

E poi bo, basta.

Baci

*dD*

  
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