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Autore: Harriet    27/04/2008    6 recensioni
La storia della nascita di uno strano studio legale, la storia di una persona che sembrava avere sogni impossibili. In un mondo dove gli angeli piangono sulle ingiustizie che sembrano senza fine... E' possibile cambiare qualcosa? {Partecipante al contest "Arte&Anima". Ambientazione pseudo-vittoriana. Molto angst!}
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve!

Questa storia ha partecipato al concorso Arte e Anima, indetto e giudicato da Zia Esmy e Rowina. Le ringrazio tantissimo per l’opportunità che ci hanno dato di scribacchiare, ispirati dal concorso assai ispirante. Si è classificata terza, a pari merito con un'altra storia.

Il concorso proponeva di scrivere una storia ispirandosi ad un’opera d’arte, tra cinque proposte. Questa storia è basata sul famoso mausoleo chiamato Angel of Grief, ed è ambientata in un mondo assolutamente immaginario, che si rifà all'immaginario comune dell'Inghilterra vittoriana. Ho trasferito il mausoleo in un cimitero di quel mondo (volendo far finta di essere corretti storicamente, l'opera è del 1894, quindi non è un bestiale anacronismo!XD)
Il titolo della storia è una citazione di "Sweeney Todd", grossa influenza per la storia, a livello di concetti.

Shu, che ha sperimentato cosa riesco a fare alle mie storie, si merita tutta la dedica.
...e quasi dimenticavo i doverosi credits! Grazie all'ispiratrice involontaria, la mia cuginetta Elena, di sei anni. Navigavo in alto mare e non sapevo bene nemmeno che opera d'arte scegliere, e lei, di fronte alla mia felpa dei Nightwish con sopra l'Angel of Grief (l'hanno usato come copertina di Once), mi domandò: "Perché piange, l'angelo?"
Tutto è partito da lì.
E grazie alle mie consulenti, Simo (in quanto quasi avvocato) e Ceci (in veste di appassionata ed esperta di Ottocento), che si sono sorbite una serie di quesiti epici riguardo ad un ipotetico studio legale ottocentesco!XD

Buona lettura!





If only angels could prevail



In una sera fredda come questa, vedere due persone davanti allo studio legale Whitemoor è più stupefacente del solito.

Sì, lo studio legale J. Whitemoor. Attivo da sette anni. Cause sostenute: 342. Cause vinte: 73.

Contrariamente a quel che potreste credere, il migliore sul campo. Nel nostro campo.

Anche perché siamo gli unici, in questo campo...

Entrano – li sento parlare, dalla mia stanza. Spero che il distinto avvocato si sbrighi: c’è da festeggiare, stasera! E festeggeremo alla grande, che a quel moralista intransigente piaccia o no! Ehi, non fraintendete. Per me non esiste qualcosa di più sacro della sua pallida e melanconica persona!

Questa persona è l’artefice della rovina del nostro studio legale.

Solo che... La nostra rovina coincide con il nostro successo.

... non capite, eh?

Facciamo così. Vi porto all’inizio.

E l’inizio è quella persona, quando era ancora un bambino troppo serio, con lo sguardo proiettato verso qualcosa che forse non esiste nemmeno.

E’ vero, non l’ho mai visto bambino. Ma l’ho visto uomo, e sono certo che non è cambiato molto.

Nemmeno il mondo è cambiato molto, da allora.

O forse, invece...


Ecco nonna Margaret. Ama portare suo nipote al cimitero, invece che in qualche luogo più divertente per un bambino di sei anni. Ma il nostro è un bambino riflessivo, che apprezza i posti interessanti. Anche se non capisce bene la storia della gente dentro le tombe...

Immaginatevi un pomeriggio di dicembre, gelido ma chiarissimo. E una sosta inaspettata: la nonna deve salutare una vecchia amica, una signora vestita molto meglio di lei. Il nostro bambino si mette a studiare il luogo. I suoi occhi incontrano una figura candida: uno splendido angelo piangente, posato su una tomba, con la testa reclinata. Solo a vederlo ti viene addosso tutta la tristezza del mondo. Si domanda perché l’angelo pianga. Vorrebbe chiederlo alla nonna, ma lei sta ripetendo all’amica frammenti di discorsi che il bimbo ha sentito spesso, senza mai capire. Niente è peggio che finire in miseria quando hai conosciuto tempi migliori! Lui non comprende né il concetto di miseria, né quello di tempi migliori.

In realtà, li comprenderà a breve, ma all’epoca del suo primo incontro con l’angelo, la miseria per lui è un dato di fatto, e non sa immaginare tempi migliori di quelli. Ci sono i suoi genitori, che lo adorano, e in questo è molto più fortunato di tanti ragazzini. E c’è la nonna, ovviamente. Che tempi migliori possono esistere?

La nonna smette di lamentarsi, finalmente, e il nostro bambino può esporle il suo dubbio.

- Perché l’angelo piange?-

- In questa casa di lacrime, non capisci perché un angelo piange?-

Mai che la nonna ti dia una risposta soddisfacente! Avrebbe dovuto chiederlo a qualcuno più interessante.

Mentre se ne vanno, getta un’ultima occhiata alla figura bianca. Tra i fiocchi di neve che volteggiano nel vento, l’angelo è molto bello. Anche se è davvero troppo triste. Meglio pensare ai suoi genitori. In casa loro, la tristezza non può entrare.


La tristezza sarebbe entrata quando il nostro bambino era cresciuto abbastanza da capire il concetto di “tempi migliori” e lo scopo dei cimiteri.

La madre morì quando lui aveva quattordici anni, il padre due anni dopo. Nessuno dei due fu seppellito nel cimitero tanto amato dalla nonna, dove riposavano i parenti che avevano visto tempi migliori. I suoi genitori finirono nel minuscolo camposanto della gente misera, come loro.

La sera del funerale del padre, il ragazzo e la nonna trovarono qualcuno ad attenderli, sulla porta di casa. Un uomo benvestito, accompagnato da un tipo più giovane.

- Thomas Morris?- domandò il giovane.

- Sono io.- rispose il ragazzo.

- Devo informarla di qualcosa che riguardava suo padre, e che adesso riguarda lei. Suo padre aveva un debito con il qui presente signor Dawes.-

- Lo so.- borbottò il ragazzo. – Lavorava alla sua locanda per estinguere quel debito.-

- Temo che il debito non sia estinto...-

- Nemmeno con la morte?- si riscaldò Thomas. – Volete che chiami lo spettro di mio padre dalla tomba?-

- E’ semplice.- Dawes fece un passo avanti. – Il debito passa a te.-

- E’ legale.- si affrettò a confermare il più giovane.

- Non si è mai sentito!- strepitò Margaret, realizzando il significato della visita. – Non credere a tutto quel che ti dice l’avvocato di un benestante!-

- Ho qualche conoscenza di legge, nonna. E’ la verità.-

- Hai qualche conoscenza di legge?- lo derise con garbo Dawes. –Apprezzabile.-

- Andrò all’università.- rispose Thomas, con piglio deciso. – Mio padre lavorava per lei, ma anch’io lavoro, per permettermi gli studi.-

Dawes sorrise, senza lasciar intendere cosa ne pensava. Thomas abbassò la testa, rendendosi conto che non aveva scelta. Dawes poteva denunciarlo e farlo arrestare, se rifiutava di pagare, o di lavorare per lui.

Quando non esistono alternative...

- Verrò.-

Sconfitto in pieno, eh?


Preferisco non raccontarvi in dettaglio i sei mesi che seguirono, per il nostro ragazzo. Vi porto direttamente al momento fondamentale. Le cose importanti ve le dirà lui stesso.

Eccolo, è lì, proprio davanti al cimitero preferito di Margaret. Seguitelo, mentre entra, immerso nei suoi pensieri cupi tetri come la distesa di tombe davanti ai suoi occhi.

Era tardi, anche se nel cielo c’era ancora tutta la luce dei crepuscoli settembrini, e l’aria non era fredda. Thomas però non se ne accorse. La sua vita veniva scandita da ben altro, che dalle stagioni. Per lui, luce o giorni brevi, era la stessa cosa. Così come era indifferente passeggiare per le vie della città o nel cimitero.

Ritornò in sé all’improvviso. Si fermò, chiedendosi cosa gli fosse preso, per perdere del tutto la cognizione del tempo, e sollevò gli occhi per capire dove fosse.

Davanti a lui c’era una tomba candida, sulla quale sostava un angelo dolente. La stessa immagine che si era impressa nella sua fantasia di bambino, in un giorno tanto lontano nel tempo da parergli un sogno.

Rimase a fissarla, incantato come allora. Non si accorse dei passi quieti, né della presenza umana che gli si era fermata accanto.

- Tutti credono che se ne stia a piangere per il caro estinto che dorme là dentro, ma sbagliano.-

In quel momento se ne accorse eccome. Gridò di sorpresa, facendo ridere lo sconosciuto spuntato dal nulla.

Era un uomo alto e magro come uno spettro, con lunghi capelli rossicci, a cui erano mischiati fili di grigio. Indossava vesti scure, ridotte malissimo, anche se erano portate con una certa dignità: bottoni perfettamente allacciati e cravatta in ordine. Nel complesso sembrava uno spirito del posto, ma uno spirito simpatico.

- Che ci fai qui?-

- Passeggiavo...-

- Un bel posto, per passeggiare.-

- Ci sono finito per caso. Ci venivo da piccolo.-

- In un cimitero?-

- Con mia nonna.-

- Portava suo nipote in un cimitero?-

L’aria distinta e miserabile dell’uomo e la gentile ironia nella voce piacquero al ragazzo.

- Mia nonna è un po’ strana.- ammise, abbozzando un sorriso.

- Puoi ben dirlo. E ti è rimasta la mania dei cimiteri?-

- No. E’ che... Non avevo una meta precisa. Mi sono ritrovato qui. E ripensavo a quando ero piccolo.-

- Oh. I ricordi. Finisce sempre male, quando prendi quella strada.-

- Altroché. Ero già abbastanza depresso, ma ora è anche peggio.-

L’uomo rise: senza cattiveria, solo con un misto di rassegnazione, sarcasmo bonario e malinconia. Il ragazzo si sentì afferrare il cuore da quella risata insolita.

- E come mai eri depresso, ragazzino, se mi posso permettere?-

Thomas abbassò la testa.

- Perché le cose vanno male.-

L’uomo non commentò, eppure, il suo non era un silenzio indifferente. Semmai, era un invito a parlare.

- Quando ero piccolo...- cominciò Thomas, trasognato. – Ho chiesto a mia nonna perché l’angelo stesse piangendo, e anche lei era certa che lamentasse la perdita di qualcuno.-

- Sì, lo dicono tutti.- ribatté l’uomo. – Ma non è vero. Sai, io credo che gli angeli facciano festa, quando qualcuno se ne va e raggiunge terre migliori. Lui piange su questa città, che ha perso l’anima. E’ una città abitata da gente arida, e l’angelo può piangere per un secolo: non cambierà mai niente.-

A Thomas quella spiegazione sembrò molto più appropriata e vera di qualunque altra. Una città senz’anima. Dove ci si approfittava dei più deboli, che perdevano pian piano il coraggio di reagire, come stava facendo lui. Una città così triste da far piangere persino gli angeli.

- Credo tu abbia ragione.- mormorò il ragazzo, e all’improvviso gli venne un’immensa voglia unirsi all’angelo e piangere anche lui. Lottò per qualche lungo istante, per trattenere le lacrime e comportarsi da persona adulta. Ma l’uomo, accortosi di quei tentativi patetici, fece un’altra delle sue risate tristi.

- Idiota. Se piangono gli angeli, puoi piangere anche tu, che almeno hai ancora qualche lacrima. Anzi, piangi un po’ anche per me.-

E Thomas si lasciò andare.

- Perché questo posto è così ingiusto?- mormorò, quando si fu calmato.

- L’uomo è naturalmente portato all’ingiustizia.-

- E non si può fare niente?-

- Ah, no. Quelli che avrebbero ancora un po’ di cuore, come te, non hanno mezzi. E il cuore, finiscono per perderlo in fretta.-

Thomas si asciugò le lacrime e scosse la testa.

- Non voglio perderlo.-

- Allora perderai la testa, temo.-

Nonostante tutto, quella risposta lo fece ridere, e ciò confermò la teoria dell’uomo: stava perdendo la testa.

- Non potrebbe darmi qualche consiglio, l’angelo, invece di stare lì a piangere?- sospirò il nostro ragazzo.

- Ci ha provato, poveretto. Nessuno l’ha mai ascoltato.-

- Io lo ascolterei.-

- Si può sapere che cosa ti tormenta così tanto?-

- E’ il posto dove lavoro...-

- Hai un lavoro e ti lamenti anche?-

- Mi ascolti o vuoi solo commentare a sproposito?-

Il tipo spettrale ridacchiò e chiese scusa a Thomas, facendogli cenno di andare avanti e raccontare.

- Lavoro ad una locanda, per saldare un debito che mio padre aveva con il proprietario. La mattina vado a scuola, il resto del giorno lavoro. Ma è tutto un correre senza senso. Quel che guadagno va nelle tasche del mio creditore, a malapena sopravvivo, e non riuscirò mai a pagarmi l’università.-

- L’università?- Lo domandò con il suo solito tono canzonatorio, ma a Thomas non suonò offensivo.

- Voglio studiare legge. Ma non potrò mai farlo. Solo che... Se non ho un sogno, cosa mi fa andare avanti?-

- Perché non scappi? Ti imbarchi... Vai in cerca di fortuna.-

- Sarebbe una fuga. E c’è mia nonna, qui. Sì, certo, in sei mesi l’ho vista una sola volta a malapena, ma non posso abbandonarla. E poi Dawes mi beccherebbe, se tentassi di imbarcarmi di nascosto.-

- L’uomo per cui lavori?-

- L’uomo che mi odia...-

- Oooh, abbiamo dei risvolti inaspettati. Sentiamo, perché ti odia?-

- Non lo so! Io... penso che sia perché capisco qualcosa di come si manda avanti una locanda. Prima facevo il contabile, e le cose andavano bene. Poi, una volta, mi sono permesso di dargli un consiglio. Allora all’improvviso è subentrato un contabile nuovo, e io mi sono ritrovato a gestire le scuderie. E il mio debito è cresciuto misteriosamente, a causa della mia presunta inettitudine.- Thomas smise di parlare. Aveva la sensazione di sentirsi meglio, però, dopo aver sputato tutto quel veleno. E il silenzio dell’altro lo invitò a continuare. – E poi c’è suo figlio. Spadroneggia su tutti, è odioso. Una volta quella disgraziata della sua promessa sposa si è fermata a parlarmi. E lui mi odia più di suo padre, da allora. Sai, credo sia divertente e salutare, prendersi una vittima sacrificale e dargli tutte le colpe del mondo...-

- E’ tutto normale, in una città come questa.- mormorò l’uomo, indicando la figura dolente che continuava ad ascoltare le loro parole. – Il tuo amico Dawes è solo un altro che ha perso l’anima. Quelli come lui vanno avanti. A quelli come noi, al massimo restano un po’ di lacrime e una manciata di maledizioni. E qualche angelo.-

Il nostro Thomas avrebbe voluto ribattere che non si doveva comunque perdere la speranza. Era un tipo tenace, nonostante i guai. Beh, non era una buona serata. Non riuscì a dire niente: rimase a guardare l’angelo, sentendosi inutile quanto quella figura inanimata.

- E’ tardi.- L’uomo ruppe il silenzio. – Io sono il guardiano del cimitero, qua dentro ci vivo. Ma tu devi tornare, immagino. Però, io , la sera a quest’ora, me ne sto con l’angelo.-

- E allora?- domandò il ragazzo, senza capire.

- Era per fartelo sapere.-


Thomas non era proprio uno scemo, e qualche giorno dopo indovinò cosa farsene, di quell’informazione.

- Guarda chi si vede. Lo sventurato aspirante avvocato.-

Thomas, imbarazzato e incerto sul perché aveva deciso di tornare, si accoccolò a terra, sotto la protezione dell’angelo, e aspettò una mossa dell’altro. L’altro si era portato dietro un alcolico non ben definito. Si accomodò accanto al ragazzo e prese un sorso dalla bottiglia.

- Sentiamo, cosa ti ha combinato Dawes oggi?-

- Non ho nemmeno capito perché se la sia presa.-

- Però se la deve essere presa davvero...- commentò l’uomo, spostando bruscamente un ciuffo di capelli scuri dal viso del ragazzo: rivelò un livido sotto l’occhio destro. Thomas scacciò la mano dell’uomo e si rigettò il ciuffo davanti all’occhio. L’uomo fece una risatina.

- Ti vergogni?-

- E’ già abbastanza umiliante senza doverne parlare.-

- Va bene. Lasciamo perdere.-

- Comunque è stato il figlio.-

- Una persona perbene.-

- Li odio. Tutti. Dawes, suo figlio e i loro servitori fedeli, che ne parlano male alle spalle e poi, di fronte ai signori, fanno gli ossequiosi e fingono di essere dalla loro parte, e a farne le spese sono quelli come me, che non c’entrano niente, e...-

- Respira.- lo interruppe l’uomo. – E bevi.-

Thomas prese una timida sorsata e abbassò la testa.

- E perché, tutto questo, poi?-

- Perché sei un bravo nipote che non vuole abbandonare sua nonna, e uno studentello diligente che ambisce all’università.-

- ... però non è giusto che la mia vita sia decisa da Dawes.-

- La tua vita è decisa dall’Ingiustizia, che regna sovrana su questa città, ragazzino. Un po’ come la mia. E come la vita di mille altri. Ingiustizia ci tiene prigionieri, e noi siamo fregati. Al massimo, abbiamo la pietà di quelli come lui.- concluse, indicando l’angelo piangente, che avrebbe ben presto imparato a conoscerli bene.


La terza sera litigarono un po’ su tutto: politica, filosofia, religione e la moralità degli alcolici. La quarta sera l’uomo rivelò il proprio nome: Julian. Dalla quinta sera in poi, i tre divennero inseparabili. Sì, i tre: il nostro ragazzo e il suo spettrale amico decisero di accogliere nel loro piccolo circolo anche l’angelo. Non di grande compagnia, ma a suo modo carismatico.

Potrei stare qui a raccontarvi tutte le loro serate. Sarebbe divertente: dialoghi pieni di arguzia saporita e filosofia spicciola, l’ironia garbata di Julian e gli sprazzi di speranza ribelle di Thomas. Una speranza, stupida e tenace, in qualcosa di buono, per quelli come loro.

E poi, Julian ascoltava Thomas. Non è scontato come sembra. Per più di sei mesi, l’odio e la rabbia di Thomas perdevano consistenza, trasformandosi in parole. Julian raccoglieva tutto, senza commenti.

A volte rideva dei drammi di Thomas, perché era solito ridere dei propri, ma la verità è che sperava in qualcosa di meglio, per quel ragazzo.

Thomas era come il riscatto della sua esistenza. Se il sogno di Thomas si salvava, forse anche Julian si salvava.


Le storie precipitano tutte, ad un certo punto. So che lo sapete.

Ecco, qui è dove questa storia precipita.

Molto, molto in fretta, e molto in basso.

Una bella mattina di marzo, qualcuno ripescò un cadavere, nel vicolo dietro la locanda di Dawes. Non ci volle molto a riconoscere il proprietario della locanda, ucciso da una ventina di colpi di pugnale. La notizia si diffuse in un istante, e arrivò anche al nostro ragazzo.

E non è piacevole pensare a come si sarà sentito. Pensate un attimo al tipo che era. Da quali emozioni sarà stato travolto?

Troppe, tutte insieme...

Un’ondata di immenso sollievo, seguita da un senso di colpa così lacerante da togliergli il respiro. Una goccia di pietà per quell’uomo malvagio – nonostante tutto, forse. E poi... un presagio oscuro.


Julian stava pulendo le aiuole del cimitero, quando Thomas arrivò da lui, agitato come una tempesta, sconvolto.

- Dawes è morto. L’hanno ucciso. L’hanno ritrovato stamani. E io mi sento in colpa. Gli ho augurato il male così tante volte, dentro di me. E non devo sentirmi sollevato, non devo, non è giusto...-

- Calmati.- Fin troppo privo di emozione, Julian. Thomas non vi prestò attenzione e continuò a parlare. Poi si interruppe, all’improvviso. C’era qualcosa di strano, in tutta quella calma.

- ... Julian?-

- Non parlare così in fretta.-

- Julian, tutto bene?-

- Tutto bene. Certo.-

L’uomo era sempre stato spettrale, ma questa volta il ragazzo sospettò veramente di avere davanti agli occhi un fantasma.

Non so bene come fece Thomas a leggere in quel silenzio – ma so che quando cominci a conoscere bene qualcuno, le intuizioni ti arrivano.

Thomas ebbe la sua intuizione, e in un istante si trovò davanti agli occhi uno sconosciuto.

- Sei stato tu?-

Tutta la desolazione del mondo scese negli occhi di Julian.

- Non riuscivo più ad ascoltare tutto quello che mi raccontavi...- rispose.

- Ma non ti rendi conto di cosa...-

Disgusto, terrore, e quella sensazione di gelo che ricopre ogni sentimento. Il Cielo voglia che né io né voi dobbiamo provarla tanto spesso.

Thomas si voltò e corse via, più in fretta che poteva, per lasciarsi alle spalle quella persona che non riconosceva.

Sentì Julian che lo chiamava, ma non si voltò.

Era la prima volta che Julian pronunciava il suo nome.


Quando questa storia è stata raccontata a me, non mi è stato rivelato molto dei giorni che seguirono. Io non credo di avere la forza di inventare. Riuscite ad immaginare cosa possono aver vissuto, entrambi?

L’inferno. Non saprei chiamarlo in altro modo.

L’intuizione mi dice che Thomas si sarà preso colpe immaginarie: avrà pensato che era stato lui, a far defluire il suo odio per Dawes in Julian, attraverso le sue parole e la sua rabbia...

Non so cosa possa aver pensato Julian, ma so quanto terribile sia il senso di colpa.


Inevitabilmente, quei due si rividero, a breve. Si ritrovarono di fronte al loro terzo compagno, una sera, che somigliava troppo ad un passato ormai irrecuperabile.

Se Thomas sembrava privo di ogni energia, Julian aveva completato la sua mutazione in spettro.

- Vedi?- Julian indicò l’angelo. La voce velata di ironia cortese era spezzata, debole. – Ora piange anche per me. Perché ho fatto una cosa orrenda, e ho reso più strette le catene dell’ingiustizia che imprigionano questa città.-

- Julian. Tu... sei ancora mio amico.-

- Non merito amici.-

- Lo so che tu sei consapevole di quel che hai fatto! Tu sei buono! Hai pensato che uccidere Dawes fosse l’unica cosa da fare per aiutarmi, ma sono sicuro che te ne sei pentito un attimo dopo. E...-

E precipitiamo ancora.

Rumore di passi dietro di loro, il cuore che perde un battito, per la paura, e una piccola folla con torce e armi. Davanti a tutti, il figlio di Dawes, che aveva seguito Thomas, sospettandolo dell’omicidio di suo padre.

Di nuovo, l’inferno: Thomas aveva appena rivelato a quella gente in cerca di vendetta il nome della persona che aveva strappato la vita a Dawes. Il finale di quella storia poteva essere uno soltanto, e lo sappiamo tutti.

Julian spinse via Thomas, per salvarlo da ogni pericolo. Thomas tentò penosamente di difendere Julian, ma braccia più forti delle sue si misero in mezzo, tenendolo lontano.

In seguito non avrebbe ricordato nulla. Nulla, se non grida, fiamme, e l’angelo orribilmente macchiato di sangue.


E’ a questo punto della storia che arrivo io.

Un commerciante di stoffe, né povero né ricco, appena tornato da due anni di viaggi per mare. Era aprile, e mi fermai al cimitero, a salutare i miei vecchi. La prima immagine che ho di Thomas è quella di un ragazzino accoccolato ai piedi di quella splendida tomba su cui piange un angelo.

Non sono un tipo molto serio, e neppure molto buono, ma ho una passione ardente per i guai, e devo aver presentito quelli, quando mi sedetti accanto a lui, chiedendogli se aveva bisogno d’aiuto.

- Sai perché piange?- mi domandò, indicando l’angelo.

Non la risposta che mi aspettavo...

Immaginai che fosse un po’ fuori di testa, ma ormai mi ero messo in testa che lo avrei aiutato – lo sa il Cielo perché.

- Beh, no.-

- Piange su questa città che ha perso l’anima.-

Interessante. Ma era troppo disperato, per non prenderlo sul serio.

- Ah, non è solo questa città. E’ così dappertutto. Gli uomini fanno schifo.-

- Lo so. Se solo gli angeli potessero vincere, per una volta...-

E io non credo che potrà mai esserci qualcos’altro che mi spezzerà il cuore come quelle parole.

- Finché piangono, vuol dire che c’è ancora un po’ di pietà, per questa città e questo povero mondo.- risposi, senza capire cosa stavo dicendo. – Sarebbe peggio se anche gli angeli si dimenticassero di noi.-

Si mise a piangere, silenziosamente, mentre io stentavo a riconoscere me stesso. Cominciai a capire che la sua strada e la mia si erano legate, in quel momento, e che mi sarei fatto carico della sua storia.

- Io sono Eric. Dimmi se posso fare qualcosa per te...-

- Nessuno può fare qualcosa per me.-

Allora cominciai ad esasperarlo, finché, con una serie di penose mezze frasi, mi raccontò la sua storia. E senza saperlo, scrisse l’inizio di un’altra storia.

Quando ebbe finito di parlare, avevo già preso la prima delle mie decisioni folli, di quelle che mi hanno reso un uomo povero – ma soddisfatto di me.

- Pagherò il tuo debito.-

Mi rispose con un paio di offese. Insistei. Anche lui. Ma l’ho avuta vinta io, quella volta, nonostante fosse già l’avvocato che è diventato.

Il giorno dopo andai a pagare il giovane Dawes. Thomas era libero dal debito. Invece gli assassini di Julian Whitemoor, custode del cimitero, erano liberi dalla giustizia – nessuno li aveva puniti. Thomas poteva frequentare la facoltà di giurisprudenza, ma la sua fiducia nella giustizia era morta con Julian.

Questo, però, è il punto in cui la storia cambia direzione.

Intestardito nel ritrovargliela, quella fiducia, aiutai Thomas a pagarsi l’università e gli suggerii l’idea di uno studio legale che prendesse le difese dei disgraziati contro i potenti. La prima volta Thomas rispose che era inutile.

- E’ vero. Ma almeno la gente più debole avrà qualcuno dalla sua parte.-

Si mise a ridere – e sono certo che quello fosse lo spettro della risata di Julian.

Lo studio legale Julian Whitemoor, che io finanzio, accetta solo cause perse in partenza, ed è per questo che siamo alla fame. Ma Thomas è il mio più caro amico, e la persona che ha , involontariamente, deciso il mio destino.

Ormai, i suoi sogni sono passati anche a me.

E oggi ha vinto la settantatreesima causa della sua vita.

C’è Ed Fielder, di là, a ringraziarlo di aver salvato il futuro dei suoi figli. Ha portato Tess, la minore: non hanno soldi per pagarci, ma la piccola ha del talento artistico e vuole disegnarci qualcosa, in cambio.

- Va bene.- ha risposto lui. – Nel cimitero più bello della città c’è una tomba sulla quale sta un angelo in lacrime. Disegnami quell’angelo. Mi ricorda molte cose, sai. Soprattutto, mi ricorda perché sono qui.-

Li guardo svanire nel buio, dalla mia finestra. E’ l’ora dei festeggiamenti.

Ah, ma lui deve sempre obbedire alla malinconia, e protesta che non è dell’umore giusto. Ma non dimenticate che sono bravo a insistere. E’ una vittoria facile.


E’ molto stupido, lo so, ma a volte penso che da quando Thomas ha messo in piedi la sua assurda attività, l’angelo si sia un po’ consolato.

   
 
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