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Autore: Evanne991    17/11/2013    2 recensioni
Due persone e mille persone, tante storie ed una sola, troppe parole e sette note musicali, a spegnere i pensieri, a crearne di nuovi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia di marzo batte violenta sul vetro della finestra. Anna ha corso fino a casa sotto la pioggia, senza curarsi di aspettare un pullman. Entrata nel suo piccolo appartamento, ha sbattuto la porta e Vittoria non ha fatto in tempo a raccontarle della telefonata di Marco e Francesco che subito ha capito cosa poteva essere successo. Gli occhi di Anna non mentono. O meglio, Anna è un’attrice sopraffina, eppure quando le si tocca esattamente quel piccolo punto nascosto, tutto in lei urla.
Vittoria le ha preparato un tè, l’ha spogliata e l’ha accompagnata in bagno, le ha riempito la vasca di sali profumati ed ora le pettina i capelli sottili. Sono in silenzio. Anna continua a piangere. Vittoria sospira.
Si conoscono dal liceo. Sono sempre state l’una accanto all’altra. Anche e soprattutto da quando un giorno Anna non è andata a scuola. Vittoria aveva telefonato nel pomeriggio a casa, e la madre le aveva detto in lacrime che la figlia era in ospedale.
La sera prima, di ritorno dal Conservatorio – Anna studiava violino, e dopo quel giorno non volle più suonare – un uomo l’aveva strattonata, l’aveva picchiata ed aveva abusato di lei. Ed aveva appena sedici anni. Era ricoverata sotto shock, piena di lividi e graffi, e tagli e bruciature di sigarette. Aveva il petto sfregiato da un taglio che le partiva dal seno e terminava all’ombelico. Non profondo alla vista, l’uomo aveva usato un coltellino svizzero probabilmente, ma era un taglio che avrebbe segnato a vita il corpo e la mente di Anna. Era solo una bambina. Un po’ stramba, ma pur sempre una bimba, senza alcuna colpa.
Poco tempo dopo subì una seconda violenza. Scoprì di essere rimasta incinta dell’uomo che l’aveva usurpata e suo padre le disse senza mezzi termini che doveva abortire. È un bastardo, non è tuo figlio né mio nipote. Eppure Anna sentiva di amare quel feto figlio di un abuso. Era la vita, era tutto ciò in cui lei poteva imparare a credere, era una rivincita, un’esortazione a continuare.
Anna aveva provato a tagliarsi le vene. Aveva provato ad impiccarsi. Aveva provato ad ingerire medicinali. Ogni volta si era fermata sentendo di dover resistere per la vita, quella nuova che era in lei. Lei non aveva avuto nessuna colpa, quel feto non ne aveva.
La sua psicologa ed il suo psichiatra spiegarono a sua madre che quella nuova vita in grembo era l’unica ragione per cui Anna avrebbe affrontato la sua, di vita. Anna si impose di non abortire, sua madre accettò questa decisione, suo padre la abbandonò e divorziò dalla moglie. È una vergogna, io mi vergogno, è un bastardo ed Anna sarà la madre puttana del figlio di nessuno. Non è mia figlia, non è mio nipote, non sei mia moglie.
“Tesoro, l’acqua è fredda ormai, esci dalla vasca.”
Vittoria le parla dolcemente.
Le tampona la pelle chiara ringrinzita dall’acqua, le carezza quella cicatrice sul busto. La aiuta a vestirsi, la accompagna a letto.
Poi aveva scoperto che aspettava un maschio. Ironia della sorte. Dello stesso sesso dell’autore della tortura. Il bambino era nato bello, forte, aveva urlato stridulo alla luce della sala operatoria, aveva guardato gli occhi di Anna con i suoi occhi azzurri e ancora oggi lei crede che lui l’abbia riconosciuta, appena nato, senza colpa, e forte e bello. L’ha chiamato Andrea, perché significa coraggio, e lui dovrà essere sempre coraggioso, perché significa forza, e lui è la forza di Anna, perché significa uomo, e lui sarà un uomo degno, un  uomo diverso da suo padre, sarà un uomo bello, sano e buono.
Anna ha proseguito gli studi, sua madre l’ha aiutata dal primo istante a crescere quel bambino, ed oggi Andrea è un giovanotto di sei anni, biondo, simpatico, curioso, socievole. Mentre lei  passa cinque giorni su sette in università, lui vive con la nonna e nel fine settimana brama le attenzioni della sua mamma giovane, e non fa che ricordarle che lui la ama. L’innocenza di un bambino che non sa quanto possano essere vere le parole che pronuncia.
Anna è seduta sul letto. Compone il numero di sua madre. Andrea sarà tornato da scuola.
“Mamma!”, è proprio suo figlio a rispondere allegro al telefono.
“Amore mio…”
Anna sente l’irrefrenabile voglia di piangere ancora, ha voglia di tornare a casa ed abbracciare il suo ometto. Sorride felice, però, quel sorriso pieno che solo lui riesce a provocarle.
“Mamma oggi a scuola la maestra ci ha fatto fare la canzone dell’alfabeto, ed io sono stato il più bravo perché la conoscevo già, me l’hai insegnata tu. Tu cosa hai fatto? Hai fatto i compiti? Hai studiato?”
Parla a raffica Andrea, è così diverso da Anna, silenziosa e pacata.
“Bravissimo, Andrea. Io oggi non ho studiato, ho fatto la vagabonda…”
Ho fatto la stupida ed ho abbassato le difese.
“Non ci credo, tu fai sempre tutti i compiti.”
Chiacchierano qualche minuto, Andrea è entusiasta, la nonna oggi lo porta dal barbiere, perché lui è un ometto e deve dare una sistemata ai lunghi capelli ricci. Poi Anna saluta sua madre e le promette che le telefonerà in serata.

Lasciami qui,
Lasciami stare,
Lasciami così: non dire una parola che non sia d’amore.
 
Vittoria è sempre lì accanto a lei. Mangia frenetica le unghie. Anna le rivolge un’occhiata stanca.
“Senti, non posso mentirti. Marco mi ha chiamata e Francesco è a pezzi. Devi spiegargli tutto.”, le dice d’un fiato.
“Portatemelo qui.”
Non crede di averlo detto sul serio. Eppure per una volta, dopo anni ed anni, ha deciso di raccontare tutto, di parlare di Andrea con qualcuno che non sia Vittoria, o sua madre.
Chiude gli occhi e forse si addormenta. Le sembra siano passati cinque minuti, ma quando li riapre la stanza è buia. Fuori piove ancora. Sente delle chiacchiere in cucina. Si alza lentamente, e scalza raggiunge gli ospiti.
Vittoria è seduta a gambe incrociate sul divano, regge la testa con le mani ed ha gli occhi abbattuti e le occhiaie marcate. Un ragazzo, sarà Marco, le siede di fronte, la osserva dal tavolo e quando sente i passi di Anna di alza in piedi, fa per dire qualcosa, ma se ne pente e si risiede, toccandosi le labbra.
Francesco è in piedi, appoggiato alla finestra. Il suo respiro ha appannato il vetro. Ha un’espressione rigida. Teso. Si volta lentamente. Sembra arrabbiato e spaesato. Anna non sa come abbia fatto Vittoria a convincerlo ad andare a casa sua.
Si guardano fissi negli occhi. Di istinto, Anna, poggia una mano sulla maniglia della porta dietro a lei. Si regge. Sa che potrebbe cadere.
Con un cenno debole della testa gli impone di seguirla. Lui abbassa lo sguardo, e senza più guardarla le si avvicina. Le passa davanti, e l’ultima cosa che lei vede, prima di chiudere la porta che dividerà lei e Francesco dagli ospiti in cucina, è lo sguardo spaventato e preoccupato di Vittoria.

È tutto quello che io ho,
E non è ancora finita.
 
http://www.youtube.com/watch?v=vrvVskFZkJ0
 
NOTE DELLA (PSEUDO)AUTRICE:
Solo una cosetta: il live che ho allegato, in forma acustica a doppia voce è la cosa più bella che Giovanni Lindo Ferretti potesse mai fare. Ed è la mia canzone. 
 
  
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