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Autore: Directioner16    17/11/2013    2 recensioni
Per Giulia...
Lei sa il perché!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A lei che illumina il mio mondo
come nessun altro.

 

 

Sono giorni che piango.

Me ne sto semplicemente chiusa in camera, sopra il letto, a riempire il cuscino di lacrime.

La mia stanza non vede un po' di luce da così tanto tempo che ormai l'ambiente è impregnato di chiuso e di malinconia. Si sente perfino nell'aria quella nostalgia che mi opprime il cuore.

E' come se tutto riesca ad esprimere i miei sentimenti: il buio, l'odore, il caos dentro e fuori, come a cancellare per sempre il mio passato.

Quel passato che non riesco a dimenticare nonostante il tempo, le lotte interiori, i pianti.

Ho cercato di posare una pietra sopra a tutto, ma più ne ammucchio, più il peso mi opprime fino a soffocarmi. E così mi vedo passare davanti tutto, senza il potere e la possibilità di evitarlo, di scacciarlo. Sono arrivata al punto di pensare che se urlo, quella sensazione forse se ne va, si libera dalle catene della mia anima.

Non so quante ore mi ci sono volute per capire che mi sbagliavo.

So solo che ora non ho più la voce e nemmeno il fiato per respirare.

E quell'orribile senso di abbandona resta.

Non mangio, non mi cambio, non so quanto tempo sia passato dall'ultima volta che ho messo piede fuori dalla mia camera. Se qualcuno mi vedesse, credo che mi prenderebbe per malata, mentalmente insana. Il mio aspetto fisico, di cui non ho più consapevolezza, dev'essere terribile, soprattutto perché non ho mai chiuso occhio, non sono mai riuscita ad addormentarmi, e se anche ci provo, vengo continuamente assalita dai ricordi.

Non so più cosa fare: ho provato di tutto allo scopo di rimuovere il dolore, ma tutto sembra inefficace e più doloroso ancora. Studio Psicologia, o meglio studiavo, so come l'inconscio possa rimuovere determinate esperienze negative, ma sono arrivata al punto di affermare che la mia mente non funziona come quella di tutti gli altri esseri viventi.

A volte mi ritrovo a pensare agli amici che mi sono fatta al lavoro, e al lavoro stesso, o all'università: ho mollato tutto nel tentativo di disfarmi del passato e non è servito a nulla, anzi sembra tutto ricadermi addosso.

Sento la pioggia scrosciare fuori dalla finestra, copiosa come le lacrime che continuo a versare e che mi bruciavo il volto, seccandomi le labbra, tanto sono salate.

E' da tanto che il rumore della pioggia mi accompagna, assieme a quello del vento che soffia facendo frusciare i rami, quasi sussurrandomi e ripetendomi, come se mi schernisse, quanto fossi stata sfortunata, o stupida, a credere a quel PER SEMPRE, a quella promessa che lui sarebbe stato il mio primo e ultimo bacio. Forse, in fondo, aveva ragione: non ci sarebbe stato nessun altro dopo di lui. Di chi mi sarei potuta fidare a quel punto?

Il mio cuore l'avevo donato a lui. E lui era riuscito a spezzarlo.

Ora, in mille pezzi, dovrò portarmelo dietro per tutta la vita, senza però poter affidarlo ad altri.

Lo sento palpitare dentro di me, debole, a fatica, come se si dovesse fermare da un momento all'altro.

Poi, poco tempo fa, il fruscio delle foglie, le gocce che cadevano a terra, tutto è cessato.

Provo a concentrarmi cercando di captare un segno, ma sia il vento sia la pioggia sono spariti.

Mi sento disorientata: fin da quando mi sono chiusa qui, a piangermi addosso, quel dolce rumore ha continuato a confortarmi, o a ricordarmi della situazione in cui mi sono cacciata.

Com'è possibile, adesso, che sia sparito?!?

Mi alzo, cercando di ragionare, cosa che probabilmente ormai non sono più abituata a fare.

E' abbastanza piacevole poggiare i piedi nuovamente a terra, sentire il morbido tappeto farmi il solletico, sgranchire le gambe e i muscoli intirizziti a forza di rimanere fermi nella stessa posizione.

Non so da dove io abbia attinto la forza, ma decido di accendere la luce, che in un primo tempo mi acceca. Faccio fatica ad abituarmi e tenere gli occhi aperti.

Ad un tratto, mi accorgo dell'estremo disordine che mi circonda: le foto che ho strappato, i poster, i regali rotti sul pavimento, oltre a vestiti e innumerevoli altre cose sono sparsi casualmente ovunque, intralciando ogni spazio e angolo. Per fortuna, le mie due coinquiline sono entrambe negli Stati Uniti per un convegno. Cosa direbbero nel vedere tutto ciò?

Mi avvicino cautamente allo specchio per rendermi conto di come mi sono ridotta: non conosco la persona che mi fissa. Ha due solchi profondi al posto delle guance candide e leggermente in rilievo che ricordavo, sotto gli occhi due enormi occhiaie segnano quel volto che ha perso ogni scintilla di vita, i miei occhi sono spenti, il mascara mi è colato lungo il viso, rendendo la mia immagine ancora più tetra, i capelli sono un groviglio senza senso di nodi.

Sto ferma ad osservarmi a lungo. Mi tolgo la maglietta bagnata dalle lacrime e dal sudore, analizzando il mio corpo scarno: le costole spiccano immediatamente, le clavicole sono ricoperte da un sottilissimo strato di pelle quasi trasparente, i miei fianchi sono ridotti a due ossa.

Cautamente, analizzo le mie gambe: sembrano stuzzicadenti in piedi per chissà quale miracolo.

E' incredibile quanto il mio corpo si sia deteriorato durante questo periodo di digiuno: eppure, non avevo mai avuto bisogno di effettuare una dieta.

Sembro un cadavere, uno zombie: di sicuro, se rimango al buio un altro po', potrei diventarlo definitivamente. Decido che è ora di finirla: dove voglio arrivare in queste condizioni?

E' già tanto se qualcuno non mi ha trovata morta a letto.

Per prima cosa, credo sia meglio fare un bagno.

E' una buona soluzione per ripartire, o almeno così penso. Apro l'acqua e mi infilo nella doccia.

Che strano sentire quel liquido bagnarmi, che strano toccare un corpo così pietoso: è come se non mi appartenesse più.

Esco poco dopo, sentendomi già più sollevata. Prendo un pettine e inizio a districarmi i capelli, asciugandoli poi con il phone. Ho già un aspetto più decente, anche se odio vedere la mia faccia.

In camera, l'orologio appeso alla parete segna le 3: non ho idea se sia giorno o notte.

Penso che sarebbe il caso di mettere un po' d'ordine, ma mi basta vedere un frammento di foto che mi ritrae con una chitarra in mano, la sua, sorridente, per cambiare idea e scappare dalla stanza, prima di essere attaccata da un altra orribile crisi. Ricordo che me l'aveva scattata qualche pomeriggio dopo esserci messi insieme, al parco, dove eravamo soliti trovarci e dove l'avevo conosciuto la prima volta.

Chiudo la porta alle mie spalle e, con un sospiro, mi accascio a terra.

Sento la forza venirmi meno: reputo sia colpa della fame.

Attentamente, appoggiandomi alla parete in preda a un intenso ciclo di capogiri, arrivo in cucina.

Accendo la luce e mi guardo intorno: tutto fa male e il mio cuore è ripetutamente trafitto da scosse sempre più dolorose. Mi impongo di rimanere calma e, per prima cosa, scrivo un messaggio ai miei genitori, in Italia, per far loro sapere che è tutto a posto e per scusarmi: non ho più avuto il tempo di telefonare a causa di numerosi impegni imprevisti. E' una pessima scusa, ma regge almeno un poco.

Fortuna che il mio cellulare ha ancora un briciolo di batteria a disposizione.

Scopro, finalmente, che sono le 3 di notte di uno strano giovedì.

Secondo alcuni calcoli, ho passato ben quattro giorni in camera.

Adesso è tempo di ingerire qualcosa. Tempo fa ho letto che non è una buona idea mangiare molto dopo un periodo così prolungato di “digiuno”. Opto per un piccolo pezzo di pane, trovato nella dispensa, e rimango in attesa di qualche segnale di repulsione dal mio stomaco. Bevo anche un sorso d'acqua e poi mangio un altro boccone.

La mia curiosità mi impone di aprire almeno una finestra e far volare fuori l'aria malsana che aleggia all'interno della cucina.

Mi affaccio e guardo le stelle: il cielo è sereno e quelle meravigliose luci creano un'atmosfera rilassante. Ma il mio sguardo cade sul piccolo angolo di giardino in cui ero solita sdraiarmi con lui a parlare o semplicemente fissare il cielo con aria sognante.

Nuova fitta di dolore. Non è stata una buona idea concentrarmi di nuovo su qualcosa in grado di ricordarmi il passato. Devo trovarmi qualcosa da fare.

Soltanto rientrando e decidendo di mettere in carica il telefono, mi accorgo di quanti messaggi e telefonate perse ho ricevuto.

La maggior parte risalgono ai miei genitori, ma trovo anche brevi composizioni da parte di Maura, sua madre, di alcune amiche dell'università, del mio datore di lavoro che non capisce dove io sia finita, dei suoi amici, quelli per cui mi ha lasciata. No, non voglio addossare a loro le colpe.

In fondo, lui ha soltanto voluto seguire il suo sogno. E nel suo sogno, io non ci stavo più.

Così è finito tutto... esattamente domenica mattina, un giorno da dimenticare.

Non mi sento arrabbiata nei suoi confronti, anzi. Credo soltanto di essere profondamente delusa, amareggiata, scoraggiata e illusa.

Triste all'idea di averlo perso.

Triste all'idea che per me non ci sarà più.

Triste all'idea che al mio posto ci sarà un'altra, la quale forse lo renderà più felice.

Triste all'idea di tornare alla mia vita prima di lui, quando tutto era vuoto e spento.

Adesso mi devo riprendere, devo ricominciare da capo, rimodellando la mia vita e imparando di nuovo a gestirmi da sola.

Questa mattina, appena il mondo si sveglierà, dovrò fare un salto al supermercato.

In casa non mi rimane quasi nulla e non ha senso deprimermi, fino a morire di fame.

Con un po' di razionalità, credo che non mi serva nulla mettere fine a ciò che resta di me.

Dopo ogni caduta bisogna rialzarsi: è così che si dice, giusto?

Forse non eravamo fatti per stare insieme, forse il destino ci ha unito e ci ha diviso come se fosse stato uno scherzo, come se volesse prendersi gioco di noi.

Ora sarà più difficile imbrogliarmi. Man mano che rifletto, sento una nuova forza bruciarmi dentro.

Ci vorrà tempo, ma sono sicura che riuscirò a togliermi di dosso il peso che mi sovrasta.

Comincio con il leggere i messaggi in attesa.

Fin da domenica sera, Maura ha continuato a scrivermi, interessandosi di come sto, chiedendomi se ho bisogno di qualcosa, offrendomi il suo appoggio.

Quella donna è assolutamente adorabile, ma se penso a lei, mi torna alla mente lui e non posso continuare a piangermi addosso. Le telefonerò per dirle addio.

Devo dare un taglio a tutto ciò che mi lega a quello che è stato di noi.

Dopo aver aperto tutti i messaggi, mi sdraio sul divano: quello di cui ho bisogno adesso è un po' di riposo. Se solo riuscissi a chiudere occhio!

 

Sento un rumore, apro gli occhi. L'orologio segna le 8. Non riesco a crederci: ho dormito.

Nemmeno un incubo mi ha tormentato! Mi sento freschissima, finalmente.

Inghiotto un altro boccone di pane e bevo ancora un po'.

Finora il mio intestino deve avere digerito tutto, quindi è un aspetto positivo.

Mi reco in bagno: ancora mi vergogno nel vedere la mia immagine riflessa allo specchio.

Applico un filo di trucco sul viso, in modo tale da mascherare le occhiaie, ancora piuttosto evidenti, e, dopo essermi cambiata, cercando di non fissare il caos che nasconde i ricordi, esco di casa.

Timidamente, coprendomi il viso con una sciarpa e calandomi in testa un berretto, mi avvio verso il centro della città. Spero che nessuno mi riconosca.

Poco fa, pensavo a come le fans avessero reagito alla diffusione della notizia. Non so nemmeno se sia sappia in giro della rottura del nostro rapporto.

Non ho avuto il coraggio di inoltrarmi nel selvaggio mondo di Internet, dove migliaia di foto e gossip mi sarebbero comparsi davanti a ricordarmi ogni singolo momento trascorso insieme.

Al supermercato, compro il minimo indispensabile, dato che comunque non potrei mangiare molto.

Sulla strada del ritorno, passo davanti al bar in cui lavoravo fino a qualche giorno fa.

Valuto se entrare o meno, poi faccio retro-front e mi ritrovo di fronte al negozio di CD, dove lavorava.

Il mio respiro si fa affannoso, il mio cuore accelera i battiti, sento il terreno cedermi sotto i piedi, mi giro più volte a destra e a sinistra e noto come tutto mi rimandi a lui.

Comincio a correre, mi precipito dentro la mia casa e chiudo tutte le finestre.

Sono sdraiata sul pavimento, mi sto calmando, ma poggio su una piastrella interamente bagnata dalle mie lacrime. Non ce la faccio.

Devo parlare con qualcuno. Scorro la rubrica sul mio cellulare. Uno solo è il nome che mi salta all'occhio: Maura. Uno, due, tre squilli, un respiro profondo.

 

  • “Ciao! Ho bisogno di te...” dico quasi sottovoce

  • “Dammi 10 minuti e arrivo!” nessuna inflessione nella sua voce: ha capito subito con chi parlava

     

Non faccio nemmeno a tempo ad accorgermi, che mi suona il campanello. Apro e vengo travolta da uno dei suoi calorosi abbracci.

 

  • “Fatti vedere! Uhm, non credevo... non pensavo potessi arrivare a... Sono stata una stupida! Ho preferito lasciarti in pace perché ritenevo avessi bisogno di tempo e ho fatto solo peggio. Se solo fossi venuta a trovarti! Scusami... Vieni, su, sediamoci! Ti preparo un tè e poi ne parliamo! Mio dio, sei così pallida e scarna!” parla con fare concitato, apprensivo, come una madre. Sono solo capace di sorriderle e obbedirle

  • “Non troppo tè, per favore... il mio intestino lo rifiuterebbe!” riesco a sussurrare

  • “Tieni, bevilo finchè è caldo... vuoi dirmi qualcosa?” chiede gentile

  • “No, è tutto così difficile! Non ricordo come ho passato questi ultimi quattro giorni... stanotte, ha smesso di piovere e ho acceso la luce: è come se d'improvviso mi fossi svegliata. Mi sono guardata attorno e ho visto la confusione più totale. Non riesco ad entrare in camera ancora!” mormoro, mentre lei mi cinge stretta a sé per consolarmi

  • “Lo so. Ti capisco! Niall, scusami non avrei dovuto dire il suo nome, mi ha telefonato domenica dicendomi che tra voi era finita, ma non mi ha specificato nulla. Come, com'è successo?” ecco, ha pronunciato quel nome che avevo cercato di dimenticare

 

Non risposi, ma indicai un foglio di carta sopra il tavolo, dal quale mi ero tenuta a larga distanza.

 

  • “Non sono riuscita a strapparlo... leggila, se vuoi!”

 

Era la sua lettera d'addio. La busta che la conteneva aveva inciso in bella grafia il mio nome.

 

Londra

 

Mia cara Giulia,

è strano doverti scrivere una lettera, anzi non pensavo di arrivare a farlo.

Finora ho composto solamente canzoni, e tu mi sei stata sempre d'ispirazione, una Musa.

Mi sembra impossibile che siano già passati 4 anni dalla prima volta che ti ho incontrata: ricordi quel pomeriggio al parco? Tu mi chiedesti di sederti sul prato accanto alla panchina su cui ero seduto a suonare. Avevi un libro in mano e i tuoi capelli splendevano illuminati dalla luce del sole che avevi alle spalle. E poi mi parlasti dei tuoi studi all'università. Sembravi davvero in grado di leggermi. Ero come un libro aperto per te.

Poi, i nostri incontri divennero più frequenti, finchè ti chiesi di uscire a cena.

Ricordo quanto fossi stato impacciato: il problema era che i tuoi occhi avevano il potere di rendermi debole e imbarazzato. E la canzone, te la ricordi quella?

La mia promessa di essere il tuo primo e ultimo bacio?

Fu così che ci mettemmo insieme, quella sera, a casa mia.

E nei mesi successivi tu insistevi perché mi presentassi ai provini di X-Factor.

Secondo te, dovevo realizzare il mio sogno.

In effetti, se non ci fossi stata tu, non ci avrei mai provato. Non so se sia stato un miracolo quella volta, ma ho cominciato a vivere. Certo, c'è stato il momento dei Bootcamp, mi ero rassegnato a tornare a casa, ma poi Simon mi ha unito ad altri quattro ragazzi e ora sono come fratelli per me.

E nonostante tutto, tu eri sempre lì a sostenermi, ad aiutarmi, a rallegrarmi.

Passavi giorni senza vedermi, eppure non hai mai smesso di amarmi.

Durante il periodo del tour, mi mandavi un messaggio prima di telefonarmi, in modo da non disturbarmi. A volte, mi aspettavi in aeroporto fino a tardi per salutarmi appena tornavo a casa da Londra o da altre città. E spesso attendevi sveglia per augurarmi la buonanotte dopo un concerto.

Invece, adesso, le cose sono cambiate. Quanti mesi sono passati dall'ultima volta che abbiamo trascorso un'intera giornata insieme? E' tanto se riesco a telefonarti una volta la settimana. E tutte le vecchie abitudini consolidate, sono svanite.

So che tu hai pazienza e non ti interessa aspettare che io ti contatti durante i miei rari momenti di tempo libero. Ma non ce la faccio più.

Non voglio farti ancora del male. Non voglio deludere le tue aspettative.

Credimi non lo faccio perché non sento più nulla nei tuoi confronti, ma la distanza e il lavoro sono due ostacoli diventati ormai impossibili da superare.

Non ha senso mantenere questa nostra relazione, quando sto via da te per così tanto tempo.

Penso sia meglio finirla qui.

Lo faccio per il tuo bene e perché non riesco a gestire tutti i miei impegni, lasciando dedicati a te soltanto alcuni minuti ogni sette giorni. E' dura doverti dire addio, ma sarò breve.

Tu mi hai insegnato a volare e ti avrò per sempre nel cuore.

Ricorda tutti i nostri momenti più belli, ti prego!

Sappi che sei stata davvero tutto per me.

Riprendi la tua vita e sii felice. Laureati e diventa la migliore psicologa di sempre.

Ti auguro davvero il meglio! Buona fortuna...

So che non mantengo la mia promessa con questa mia decisione, ma è la soluzione migliore per entrambi!

Addio,

 

                                                                                                                          Niall

 

  • “Caspita! Ora capisco il motivo per cui stai soffrendo così tanto... non ti ha telefonato?” mi domanda Maura, dopo aver finito di leggere la lettera

  • “No... è finita!” rispondo, ricominciando a piangere

 

Sento le sue braccia stringermi ancora di più. Mi sento affondare.

Le sue parole erano state come coltelli affilati per me.

Ricordo di aver letto quella lettera come minimo 10 volte e ogni volta non ne capivo il senso.

Ma poi ho cominciato a razionalizzare e il mondo mi è caduto addosso.

 

  • “Senti, ora calmati. Ci sono io. Ti aiuterò a superare questo momento, d'accordo? O ti ricordo troppo mio figlio?”

  • “No, va bene. Grazie per l'appoggio!” dico, asciugandomi le lacrime

  • “Cominciamo col mangiare qualcosa, ok? Proviamo con un briciolo di risotto, andiamo!” resto a guardarla mentre cucina e penso che dovrebbero farla Santa

 

E così ogni giorno, alle 11 di mattina, Maura si presenta a casa mia suonandomi il campanello.

Mi porta del pane fresco e qualche altra cosa da mangiare, mi aiuta a riordinare la casa e cucina per me. Appena prima di uscire dalla porta, mi dice una frase che mi resta dentro e richiede una spiegazione.

 

  • “Voglio dirti solo questo: Niall l'ha fatto per proteggerti!”

 

Proteggermi da cosa? Oso pensare, senza riuscire ad aprire bocca. Una possibile risposta mi tormenta durante i giorni successivi.

 

Dopo una settimana, il mio aspetto è già migliorato: sono ancora tutta ossa, ma il colore dei miei occhi è leggermente più acceso. Il pomeriggio usciamo perfino a fare una passeggiata, ma ci teniamo lontane dal centro città e dal parco, i luoghi dove ho passato più tempo con Niall.

Un giorno, decido che è ora di affrontare la mia camera: ha bisogno di una sistemata.

Maura arriverà tra tre ore: ho tutto il tempo di gestire i miei ricordi da sola.

Entro ad occhi chiusi, prendo un respiro e inizio con il raccogliere i vestiti sparsi ovunque.

Poi passo l'aspirapolvere sulla moquette: non voglio toccare con le mani la polvere ammucchiata a terra insieme ai resti di poster e fotografie.

Pensavo fosse peggio e invece riesco a riordinare tutto senza troppe difficoltà.

Comunico la bella notizia a Maura appena arriva e lei sorride orgogliosa dei miei progressi.

Passa un mese: ora riesco a mangiare un normale piatto di pasta e sono riuscita a recuperare 2 Kg.

Ho perfino ricominciato a frequentare l'università e lavoro due ore al giorno al bar, come un tempo.

Oggi, come tutti gli altri giorni, suona il campanello. Vado ad aprire, pronta a salutare Maura con il solito abbraccio. Ma davanti a me non c'è Maura: mi basta vedere il suo ciuffo biondo, i suoi occhi ghiaccio, la sua espressione quando mi vede, per restare a bocca aperta. Sento un “ciao” appena pronunciato, prima di sbattere forte la porta.

Cosa ci fa fuori da casa mia? Non mi ha già rovinato la vita abbastanza?

Corro sul divano, prendo un cuscino e me lo metto davanti alla bocca: urlo più forte che posso.

Devo liberare quello che sento: rivederlo, è stato ancora più doloroso.

Ora che cominciavo a farmi una ragione per tutto quello che era successo, sbuca da non so dove e mi fa precipitare ancora una volta il mondo addosso.

Attentamente, dopo essermi sfogata, guardo fuori dalla finestra: nel vialetto d'ingresso non c'è nulla e nessuno. Mi preoccupo: che sia stato tutto il frutto della mia immaginazione?

Era forse un'illusione ottica? Per il momento decido di non riferire niente a Maura.

Il mio stomaco, però, si è richiuso e mi impedisce di gustare il pranzo che lei mi prepara cordialmente. Il cibo, senza che lei se ne accorga, finisce all'interno del cesto della spazzatura.

Mi impongo di non pensarci, ma la mente torna sempre a quell'attimo.

Il mattino seguente esco di casa per recarmi alla stazione dei treni: devo andare a lezione a Dublino.

Chiudo a chiave la porta e, nel voltarmi, mi ritrovo davanti lui, appoggiato alla sua macchina.

Mi sta aspettando: lo noto nel suo sguardo sorpreso quando mi vede.

 

  • “Giulia! Giulia, ti prego, aspetta...” le sue parole muoiono nel vento, dal momento che io sono già rientrata in casa

 

Il mio corpo è scosso da un continuo tremolio e lascio di nuovo che il dolore prevalga su di me.

Riesco a percepire di nuovo il suo odore, il dolce suono della sua risata, la sua voce angelica.

E' troppo. Se non la smetto, credo che andrò al più presto da uno psicologo.

E' strano perché, teoricamente, potrei curarmi da sola; eppure non ci riesco.

Maura non sa ancora nulla: non voglio coinvolgerla in questa mia ulteriore ricaduta.

Il giorno dopo la situazione è la stessa: Niall bussa alla porta e io, da stupida, apro.

Lo riconosco nell'attimo di un secondo e penso a quanto anche lui sia cambiato: c'è qualcosa di diverso in lui. I suoi occhi sono spenti e gonfi, come se a stento riuscisse a trattenere le lacrime.

Richiudo la porta e mi lascio cadere a terra. Non sento la sua macchina ripartire: è ancora lì.

 

  • “Giulia, io... ho bisogno di parlarti! - comincia a dire, senza ottenere risposta - So che probabilmente non vuoi neppure più vedermi, ma almeno ascoltami... Non avrei mai voluto che tra noi terminasse così, con una maledetta lettera. Forse non mi crederai... e non so nemmeno se vuoi starmi a sentire, ma ti prego fallo per quello che abbiamo passato insieme! Quella lettera non racchiude quello che pensavo e che tuttora penso: io non ho mai smesso di amarti, capisci?!? E non avrei mai potuto lasciarti così, ferirti e farti soffrire. Ho visto le conseguenze: riesci a mangiare qualcosa almeno? Quanto devi essere stata male... sei cambiata molto. E tutto per colpa mia!” parla e io, seppure di malavoglia, ho l'impulso di ascoltare il suo discorso

 

Voglio arrivare alla fine di questa cosa, voglio sapere la verità. Soprattutto, se è vero quello che ha detto riguardo al fatto che la lettera era tutta una messinscena.

 

  • “Ti ho tenuto all'oscuro di certi eventi perché avevo paura per te. Sono alcuni mesi che qualcuno, di cui non conosco il nome, mi perseguita. Mi mandava biglietti, lettere, e-mail; a volte, mi telefona pure. Dice che sono in pericolo, anzi tu sei in pericolo. Scriveva che se non ti avessi lasciata immediatamente, ti avrebbe fatto del male. Mi ha addirittura descritto cosa ti avrebbe fatto... - sento dei singhiozzi e mi preoccupo - Voleva rapirti, chiedermi poi un riscatto, non prima però di averti torturata in modi che non so nemmeno spiegare, stuprata, e picchiata. All'inizio non ci facevo caso: credevo fosse davvero uno scherzo. Ma in seguito ho cominciato a temere seriamente le sue minacce, i suoi insulti e progetti: mi spediva fotografie di te alla stazione, all'università, al bar, con me al parco. Mi diceva che ti controllava e controllava me. Sapeva tutto di noi: il tuo indirizzo, i nomi dei tuoi genitori, la tua città natale, i tuoi voti all'università, gli orari in cui uscivi e ti addormentavi. Era davvero traumatico ricevere i suoi messaggi. Sembrava in grado di distruggerci con un gesto. Ne parlai, dopo circa due mesi, con il mio manager e con i ragazzi. Loro mi dissero che, senza prove certe (le telefonate, i messaggi, le lettere sparivano ogni giorno: facevo a tempo di leggerle e subito dopo non le trovavo più), era impossibile sporgere denuncia e arrestare lo stalker. L'unica cosa da fare era obbedire alle sue richieste. Non mi ha mai detto perché desiderasse ardentemente separarci. Alla fine, ho deciso: volevo provare a vedere se, accontentandolo, avrebbe smesso di tormentarmi. I ragazzi mi sono stati molto vicino e mi hanno aiutato a scriverti la lettera. Sostenevano fosse la cosa migliore da fare e credevano che con il tempo potessi superare tutto e dimenticarti: i vari concerti, interviste e impegni lavorativi mi avrebbero distratto. Purtroppo, non è andata esattamente così. Quando l'uomo ha saputo che tra noi non c'era più nulla, ha improvvisamente terminato di scrivermi. Mi sono subito sentito più libero, più tranquillo, finché non ho capito quanto mi saresti mancata. Ad un certo punto, ho smesso di cantare e di avere appetito: le due cose che mi rendevano più felice, ora non significavano nulla per me. Parecchie volte, ai concerti, dimenticavo le parole, stavo zitto, pensavo e poi ti vedevo tra la folla, ma non eri tu. Paul mi ha affiancato uno psicologo, ma non ci sono stati miglioramenti. Gli altri, comprese le fans, hanno fatto di tutto per vedermi sorridere, anche se non sapevano il motivo di tale sconforto interiore. Una settimana fa sono tornato da Londra: ci siamo presi un po' di tempo di pausa. Per due giorni, mi sono limitato a venire di fronte alla tua casa. Ti ho scorta attraverso le finestre e a stento ti riconoscevo. Il terzo giorno mi sono fatto forza e ho suonato. Non so cosa pensavo di ottenere, ma avevo previsto che mi avresti evitato. Nonostante ciò, ritenevo opportuno raccontarti la verità: ho paura, è vero, ma non posso vivere senza di te. So che potremmo riuscire a superare anche tutto ciò. E non mi interessa se quell'uomo si fa vivo di nuovo: lo sconfiggeremo insieme. Spero mi saprai perdonare. Ti ho detto tutto: questa volta, non voglio segreti...” termina così la sua lunga spiegazione

 

Ora capisco cosa intendesse dire Maura con l'ha fatto solo per proteggerti.

Dire che sono sconvolta non credo sintetizzi appieno come mi sento. Il mio cuore batte all'impazzata e qualcosa mi dice di correre fuori a consolarlo, a dire che è tutto a posto, che non pensavo avesse dovuto passare tutto quello che mi aveva detto e che mi dispiace.

Mi dispiace di non aver approfondito il motivo della lettera che mi aveva scritto.

Mi dispiace di non essergli stata a fianco.

Mi dispiace di essermi ridotta così, quando lui è stato e sta molto peggio.

Ma non riesco ad alzarmi. E' dura da digerire la sua storia e sento un blocco dentro di me.

Quando mi squilla il telefono, mi costringo ad alzarmi. Maura dice di non poter essere venuta oggi a causa di un impegno urgente. La ringrazio e le dico che mi sono arrangiata.

Da come vedo, sono rimasta seduta vicino alla porta per ben sei ore, forse mi sono perfino addormentata. Niall, infatti, è rimasto a parlarmi fino alle 10, dopodiché dev'essersene andato, mentre io rimanevo lì a riflettere.

Stasera sono di servizio al bar. Il lavoro ha la capacità si sfinirmi: corro da un tavolo all'altro per prendere le varie ordinazioni e portare poi i prodotti richiesti ai loro richiedenti. In fondo alla sala mi accorgo che c'è un signore in attesa di ordinare. Mi avvicino e, appena appoggia il giornale che gli copriva il viso sul tavolo, scopro che si tratta di Niall. Ho l'istinto di fuggire, ma lui mi ferma tenendomi per il polso.

 

  • “Scusami, non intendevo spaventarti; non sapevo neppure che fossi qui stasera. Senti, stamattina non volevo disturbarti. Mi dispiace...” dice abbassando lo sguardo

 

Me ne sto in silenzio per un po'.

 

  • “Non mi hai dato alcun fastidio... hai fatto bene a rivelarmi la verità... Ho bisogno di tempo, ma... ti va di venire a casa mia appena finisco il turno, più tardi? Voglio altre risposte. Il solito caffè macchiato con croissant?” balbetto senza fissarlo negli occhi

 

Lui annuisce, sorridendo, e io me ne vado.

Poi, andiamo a casa mia insieme. Niall cammina di fianco a me, ad una certa distanza.

Gli faccio cenno di salire in camera mia. Mi siedo sul letto e lui, poco lontano, su una poltrona.

 

  • “Hai tolto tutto...” dice, guardando le pareti spoglie

  • “Dopo aver ricevuto la tua lettera, ho strappato tutte le foto che riempivano la camera, ho rotto i regali che mi avevi fatto, i ricordi che mi portavi da ogni città in cui facevi un concerto... Se prima questa stanza era il piccolo scrigno dove contenevo la mia vita, ora non è altro che un posto vuoto, senza emozioni! Non riesco più a stare qui dentro...” spiego

  • “Capisco cosa ti ha portato a comportarti così... non è colpa tua!”

  • “Credevo davvero che non ce l'avrei fatta senza di te. Ho cercato di disfarmi di ogni cosa...”

  • “Ma il dolore è rimasto, vero?”

  • “Sì, è picchiava forte contro di me, minacciando di soffocarmi, schiacciarmi e distruggermi. Ma sono stata estremamente egoista... tu hai sofferto molto più di me! Il tuo dolore dura da mesi!”

  • “Non penso che le nostre emozioni si possano confrontare! Non avrei mai dovuto lasciarti così... Il problema è che, comunque, dovevo proteggerti, e finire la nostra relazione faccia a faccia era impossibile: non avrei potuto sopportare di vedere le tue reazioni...”

  • “Credi che quell'uomo possa tornare a minacciarti?”

  • “E' possibile, ma so che stavolta non mi sottometterò alle sue richieste. Lo denuncerò e il nostro amore supererà ogni cosa... Scusa, non volevo...”

  • “Raccontami un po'... cosa avete fatto in questo ultimo mese? Dove siete stati tu e i ragazzi?” chiedo, cercando di cambiare discorso, dopo essere diventata rossa in viso

 

Niall comincia a parlarmi di ogni cosa, tralasciando come si sentiva mentre faceva interviste, cantava e incontrava le fans. Glielo posso leggere negli occhi com'era stato difficile andare avanti.

Se ne va, poi, verso le due di notte, dandomi un rapido bacio sulla guancia prima di salire in macchina.

Nei giorni successivi, si offre di accompagnarmi all'università in macchina, piuttosto di farmi fare il viaggio in treno, dicendomi che non sa come passare il tempo.

Spesso, mi chiede di fermarmi al bar dopo il lavoro e mi offre un cappuccino.

A volte viene anche a trovarmi con una pizza tra le mani e un sorriso che chiede ancora perdono.

Qualche pomeriggio ce ne andiamo a fare una passeggiata al parco. Noto che ha spesso l'impulso di avvicinare la sua mano alla mia per stringerla, ma poi ci ripensa e lascia stare, tenendosi sempre ad almeno 50 cm lontano da me. Gli sono grata perché non mi mette pressioni e non parla di riprendere il nostro rapporto. Sembra felice anche solo di vedermi e passare un po' di tempo con me.

Un sabato sera mi porta fuori a cena. Decido di indossare un abito nero che mi sono comprata pochi giorni fa e un paio di tacchi non troppo alti.

Sulla porta di casa mia, rimane qualche secondo incantato a guardarmi, prima di sussurrarmi un “Sei stupenda!” con le guance rosse.

Poi mi apre la portiera della sua auto e mi fa salire.

Il ristorante in cui entriamo è molto carino e i camerieri sono gentili. Ci sediamo una di fronte all'altro e sfogliamo il menù. La cena è squisita e in sottofondo una band suona alcuni brani melodiosi. Niall mi chiede di ballare. Accetto volentieri e in quel momento il cantante inizia un pezzo più lento. Appoggio le mie braccia attorno al suo collo, mentre lui mi stringe delicatamente a sé. I nostri occhi non smettono di perdersi a vicenda l'un l'altro. Poi poso la testa sull'incavo della sua spalla. E' la prima volta dopo molto tempo che sento i nostri respiri così vicini e che sono in stretto contatto con lui. Le mie braccia scoperte hanno un fremito.

Balliamo per un po' e torniamo a sederci.

Niall, però, si alza quasi subito, dicendomi di aspettarlo lì.

Lo vedo dirigersi verso il piccolo palco dove si trova la band e scambiare qualche parola con i vari musicisti. Prende poi in mano il microfono.

 

  • “Questa canzone l'ho scritta per te, Giulia!” esclama, prima di iniziare a cantare

 

Written in these walls are the stories that i can’t explain
I leave my heart open but it stays right here empty for days

She told me in the morning she don’t feel the same about us in her bones
it seems to me that when i die these words will be written on my stone

And i’ll be gone gone tonight
the ground beneath my feet is open wide
the way that i been holdin’ on too tight
with nothing in between

The story of my life I take her home
I drive all night to keep her warm and time
Is frozen
The story of my life I give her hope
I spend her love until she’s broken inside
The story of my life

Written on these walls are the colors that i can’t change
leave my heart open but it stays right here in its cage

I know that in the morning now i see us in the light upon your ear
Although i am broken my heart is untamed still

And i’ll be gone gone tonight
the fire beneath my feet is burning bright
the way that i been holdin’ on too tight
with nothing in between

The story of my life I take her home
I drive all night to keep her warm and time
Is frozen
The story of my life I give her hope
I spend her love until she’s broken inside
The story of my life

And i been waiting for this time to come around
but baby running after you is like chasing the clouds

The story of my life I take her home
I drive all night to keep her warm and time…
is frozen

The story of my life I give her hope
I spend her love until she’s broken inside
The story of my life
The story of my life
The story of my life
The story of my life

 

Sto piangendo.

La canzone è fantastica ed esprime appieno quello che entrambi abbiamo passato.

 

  • “Mi dispiace di averti fatta soffrire! Ti amo e non smetterò mai di farlo! Non ho mai rinunciato alla promessa che ti avevo fatto: posso essere il tuo primo e ultimo bacio ancora una volta?” domanda dopo aver cantato

 

Rimango un attimo a guardarlo da lontano.

Comincio poi ad annuire vigorosamente tra le lacrime.

Mi alzo e corro da lui.

Niall scende dal palcoscenico, mi prende tra le braccia e mi fa volteggiare in aria.

Quando ci fermiamo, lui posa una mano sul mio viso, mi guarda come per chiedermi se può farlo, e poi mi bacia teneramente.

L'amore mi scoppia dentro ancora una volta.

 

  • “Non ti deluderò più, promesso!” mi sussurra

 

- THE END -

 

Esattamente un anno fa, ero qui a scriverti un'OS.
Volevo dedicartela per ringraziarti di tutto...
Quest'anno non sono riuscita a farne a meno e
l'ho fatto di nuovo.
L'idea mi è venuta domenica scorsa; poi ho pensato
che in una settimana forse avrei fatto in tempo a
scrivere un'altra storia.
Non so come, ma ce l'ho fatta.
Mi dispiace se ti sono sembrata un po' assente
negli ultimi tempi.
Non è stato per niente facile pensare a cosa scrivere
e allo stesso tempo tenerti all'oscuro di tutto.
Ogni giorno morivo dalla voglia di parlartene, ma poi
mi imponevo il silenzio per non rovinarti la sorpresa.
Ogni sera mi mettevo qui davanti al computer e mi
lasciavo trasportare dalla fantasia.
Sai che quando inizio, non finirei più...

Spero ti sia piaciuta.
Ci ho inserito la mia anima e ho condito il tutto con
l'affetto che provo nei tui confronti.

Grazie per esserci sempre e capirmi quando intorno
a me sembra buio pesto.
Grazie per essere la mia migliore amica.
La migliore che si potesse mai desiderare!

Ti voglio un mondo di bene,

                                          Directioner16

  
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