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Autore: Neryssa    17/11/2013    5 recensioni
Sulla strada che dai Monti Azzurri porta al Decumano Ovest scorre un lungo fiume dalle acque limpide e vivaci, poco profonde ma difficili a guadarsi; e seguendone il corso verso Nord, si giunge ai Colli di Vesproscuro, un modesto gruppo di dolci declivi che si stende per appena un miglio e mezzo o poco più. Thorin non li ha mai visitati, né durante le sue lunghe traversate della Terra di Mezzo né durante la permanenza sui Monti Azzurri. E se fosse per lui una giornata di lavoro alla fucina non andrebbe di certo sprecata per una scampagnata sulle colline! Ma da qualche tempo Fíli ha cominciato a cogliere al volo ogni possibile scusa, anche la più futile, per sgattaiolare nei boschi, e Thorin sa che i passi di suo nipote sono inevitabilmente rivolti verso quei Colli misteriosi.
Gli ultimi anni sui Monti Azzurri prima della partenza di Thorin, Fíli e Kíli con il resto della Compagnia, in un vortice di incontri, fughe e sentimenti contrastanti vissuto all'ombra dei Colli di Vespruscuro, nel cuore dei quali sorge una bella casetta di pietre e legno, abitata da...
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fili, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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4 (terza parte)- Una Regina della malora e l'offerta di pace

Ancora una volta, dedico il capitolo (in MOSTRUOSO ritardo!!) a Yavannah, per il suo compleanno :) Tanti auguri, cara, un bacione!


4 (terza parte)- Una Regina della malora e l'offerta di pace

“Oh! Bentornato tra noi!” lo salutò Lila con un gran sorriso quando il mattino seguente comparve sulla porta della cucina, e suo malgrado Thorin si ritrovò a sorriderle di rimando, provando una strana sensazione di calore e tranquillità nell'affacciarsi su quella stanza affollata satura dei profumi del forno e del vociare dei suoi congiunti. Si chiese da quanto tempo non vedesse Dwalin, Fíli, Kíli e persino il morigerato Balin così gioviali in un qualunque posto che non fosse una taverna e senza le mani occupate da qualsiasi cosa fosse in grado di contenere abbastanza birra da farli cantare.
“Buongiorno” rispose con lo sguardo che correva di volto in volto attraverso la stanza: Fíli e Kíli lo guardavano ad occhi spalancati, come se d'un tratto avessero riconosciuto in lui l'incarnazione mortale e terrena di Mahal il Fabbro, Balin gli sorrideva compiaciuto con le spalle rivolte al camino e Dwalin batté un pugno sul tavolo prorompendo in una risata tonante, resa aspra dalla sua rude voce di Nano ma che non avrebbe potuto suonare più entusiasta.
“Per la barba di Durin il Senzamorte, Thorin! Quella tua pellaccia principesca è davvero dura!” disse, e qualunque cosa avesse voluto rispondergli, Thorin non ebbe il tempo né il modo di farlo: con una foga tale che Lila dovette addossarsi al muro per non rimanere travolta, Fíli e Kíli schizzarono in piedi ribaltando le sedie e si precipitarono dallo zio, allegri e festosi come due cagnolini di pochi mesi incontro al padrone.
“Zio! Come ti senti? Aspetta, ti aiuto...”.
“Kíli...non ce n'è alcun bisogno...” borbottò, sballottato da una parte all'altra mentre Fíli si appropriava dell'altro suo braccio.
“Non ti sforzare, Thorin! Appoggiati a noi, non ti sei ancora rimesso del tutto...”.
“Centottantanove anni, una barba di tutto rispetto e ancora hai bisogno della balia, Thorin?” ridacchiò Dwalin con un sorrisetto stranamente impertinente sotto i baffoni scuri, ignorando l'occhiataccia che il suo migliore amico gli rivolse; smettendo per un momento di impastare il pane, Brid si godette in silenzio la scena dall'angolo più lontano del tavolo: Fíli e Kíli che si trascinavano appresso un Thorin recalcitrante e imprecante erano uno spettacolo indubbiamente comico, che avrebbe fatto ridere chiunque. Normalmente nemmeno lei si sarebbe tirata indietro, ma nelle orecchie le sembrava di udire ancora la voce di Lila svelarle la vera identità di Thorin e guardandolo rampognare paonazzo di vergogna non poté fare a meno di domandarsi con chi avesse avuto il privilegio di parlare, la sera prima, se con il Re oppure con il Nano.
Fu soltanto quando Fíli e Kíli glielo sedettero accanto che si riebbe, riemergendo improvvisamente dal groviglio di pensieri contrastanti che la tormentavano: Thorin le rivolse uno sguardo corrucciato che palesemente non aveva nulla a che fare con lei ma soltanto con la vergogna di essersi lasciato portare fin sulla sedia come un poppante, e addolcendosi un po' le borbottò un saluto che venne sovrastato dall'allegro berciare di Balin e Dwalin che dalla parte opposta del tavolo facevano a gara su chi conoscesse l'aneddoto più imbarazzante sull'altro.
“Buongiorno” ricambiò in tono spiccio e distolse immediatamente lo sguardo. Aveva chiaramente avvertito un moto di tenerezza scaldarle prepotentemente il petto nel ricevere quel saluto, seguito subito dalla frustrante sensazione di non sapere come doversi comportare, e a quel contrasto tanto aspro reagì chiudendosi in se stessa senza preoccuparsi di apparire troppo gelida e scostante.
Afferrò con decisione un lungo coltello dalla lama affilatissima e con rapidi gesti secchi divise in sei l'impasto bianco e soffice, passando poi ad infarinare meticolosamente ognuna delle parti e ad inciderle. Thorin rimase a guardarla lavorare, interdetto dalla sua indifferenza, senza osare rivolgerle ancora la parola.
“Mastro Dwalin, per tutti i Valar!” esclamò ad un tratto Lila, perentoria. “Avete di nuovo finito le uova!”. Sotto gli occhi di tutti Dwalin scrollò platealmente le spalle.
“Ce n'erano talmente poche! E poi non provare a darmi tutta la colpa, ragazzina, quando soltanto ieri sera ti sei messa a lanciarle contro la porta!”.
“Sciocchezze, sciocchezze!” si affrettò a zittirlo Lila, agitando imperiosamente un cucchiaio di legno verso di lui; dall'altra parte del tavolo Fíli e Kíli sembrarono friggere sulle sedie, improvvisamente in cerca di un'eventuale via di fuga al ricordo della sua pessima e imprevedibile mira. “Suppongo che a questo punto sarete ben lieto di cedere la vostra colazione a Thorin, che ha bisogno di recuperare le forze...” fece poi la padrona di casa, fissando il grosso Nano con una curiosa espressione che sembrava sfidarlo a dissentire; Dwalin, però, non parve dell'idea di lasciarsi mettere i piedi in testa da una donna (che oltretutto non era nemmeno una Nana), e cogliendo al volo l'occasione di sottrarsi alla vicinanza di Thorin salvando contemporaneamente la vita a sua sorella, Brid si liberò in fretta e furia del grembiule che portava legato in vita e lo gettò su una sedia.
“Vado a vedere se le galline ne hanno fatte delle altre!” si offrì, con un'enfasi che risuonò quasi come sollievo; sua sorella la guardò stralunata.
“Che? Ma no, vedrai che adesso Dwalin si alza e fa l'ospite beneducato...”.
“Ehi, donna, ce l'hai con me?” la interruppe scontrosamente il Nano, strappandole un'occhiataccia minacciosa. Con uno sbuffo esasperato Brid decise di ignorarli.
“Ci vado io e non se ne parli più! Così ne approfitto per prendere una boccata d'aria” fece risoluta, raggiungendo la porta e schiudendola appena. “Lila, fammi il favore, inforna il pane mentre io rovisto nella paglia del pollaio! E controlla che mastro Dwalin non si mangi pure le gambe del tavolo!”. In un turbine d'aria gelida Brid si dileguò oltre la porta verde e tonda, lasciandosi alle spalle l'ennesimo battibecco infantile tra Lila e Dwalin e le risate degli altri; soltanto Thorin non disse una parola e continuò a lanciare occhiate sfuggenti al punto in cui l'aveva vista sparire, domandandosi cosa fosse successo alla ragazza spaventata e bisognosa di rassicurazioni che appena poche ore prima gli aveva portato uno scaldaletto colmo di baci bollenti, sorridendogli con dolcezza.


Battendo i pedi sulla porta della stalla come avrebbe fatto entrando in casa, Fíli s'intrufolò nello spiraglio lasciato aperto e si inoltrò nella penombra della stalla, storcendo il naso per l'odore acre del caprone e per quello familiare della paglia.
Rannicchiata in terra, infagottata in quelli che gli sembrarono vecchi abiti da lavoro maschili, Brid accarezzava lentamente il grosso ventre gonfio di una vacca isolata dagli altri animali, alla tremolante luce di una lanterna poggiata su uno sgabello di legno; accanto a quella grossa bestia sembrava minuscola, una piccola Hobbit con una lunga zazzera ribelle e con indosso abiti troppo grandi che le cascavano da tutte le parti. Quando lo sentì arrivare si voltò verso di lui con un sorrisino teso, e Fíli sentì di volerla stringere forte.
“Che ci fai qui, Nano della malora?” domandò con un accenno di disappunto, ma in fin dei conti felice di vederlo. Lui le sorrise.
“Volevo passare un po' di tempo con la donna-orso più scorbutica di tutta la Terra di Mezzo” fece semplicemente, lasciandosi scompostamente cadere accanto a lei sulla paglia; Brid non fece in tempo a pregarlo di fare attenzione che la vacca prese ad agitarsi, scalpitando irrequieta e lanciando lunghi muggiti lamentosi.
“Maledizione! Passale le braccia intorno al collo e cerca di calmarla! Io la tengo ferma!” sbraitò Brid balzando in piedi, improvvisamente seria: in un turbinare di paglia e capelli, Fíli si costrinse a rialzarsi subito e ad appendersi al possente collo della mucca innervosita, mentre con tutte le sue forze Brid le bloccava le zampe facendo attenzione a non colpirle inavvertitamente il pancione.
La vacca, però, non sembrò rassicurata dal loro intervento e con un inaspettato impeto di vitalità tentò di scrollarseli di dosso, muggendo terrorizzata.
“Parlale, Fíli!” grugnì Brid, sballottata con violenza.
“Che? E...che dovrei dirle?” ansò il Nano dall'altra parte della mucca.
“Qualcosa di carino, qualunque cosa! Avanti, non vorrai farmi credere che tu non abbia mai parlato ad una donna?!”.
“Non so se alle vacche piace sentirsi dire le stesse cose che piacciono alle Nane...”.
“Per Eru, Fíli, PARLALE E BASTA!”.
Brid commise il fatale errore di lasciarsi distrarre da quell'ultima risposta sciocca e inevitabilmente si ritrovò sbalzata contro la parete di legno, pericolosamente vicina alle zampe scalpitanti della vacca che torreggiava su di lei come una montagna, e con l'unica (e ben poco allettante) prospettiva di fuga di lanciarsi sotto il suo ventre prominente e rotolare verso la salvezza. Non si concesse nemmeno un secondo per pensarci e prima ancora che potesse domandarsi perché non si decideva a prendere a calci nel sedere quel maledetto Nano pasticcione una volta per tutte si ritrovò fuori pericolo, coperta di paglia e con il cuore che batteva all'impazzata. Ma salva.
Accanto alla parete, seduto in bilico sulla staccionata che divideva il recinto delle vacche da quello delle capre, Fíli accarezzava il collo alla vacca sussurrandole qualcosa in una lingua che Brid non capì, ma che poco a poco parve tranquillizzare la bestia. Rimase a guardarli in silenzio per un po', e quando finalmente fu sicura di non compromettere la situazione si concesse un sospiro di sollievo.
“Se volete vi lascio soli...”. Fíli sbuffo una risatina contro la fronte della mucca, e quella gli strusciò il muso contro il volto, sbattendo pigramente le lunghe ciglia. “Mi sa che l'hai fatta innamorare, Nano della malora...un guaio in fila all'altro, tu, eh?”.
“Ma smettila” ridacchiò ancora lui, balzando giù dalla staccionata e affiancandola. “Tutto bene?” le domandò gentile, porgendole una mano che lei accettò di buon grado, annuendo con enfasi.
“Sì, sì. Si può sapere che le hai detto?” domandò Brid scrollandosi di dosso la paglia e lanciando qualche occhiatina perplessa verso la vacca, che ora li guardava placida dondolando la coda a destra e a sinistra.
“Che ha la barba più bella e folta che io abbia mai visto!”. Fíli si lasciò andare in una risata allegra, coinvolgente, che riuscì a strappare un sorriso persino alla Brid burbera e incupita degli ultimi giorni, che a lui, però, proprio non sapeva negare un po' di dolcezza.
“E dei baffi non le hai parlato? Guarda che poi si offende!” lo stuzzicò, e lui le rivolse un'occhiata impertinente.
“No, magari la prossima volta. Allora, donna-orso...te ne starai rintanata qui per tutto il giorno?” domandò poi, cambiando discorso con una punta di titubanza.
“Anche tutta la notte, dovesse essere necessario. La tua innamorata ha bisogno di me” fece Brid, accennando con un movimento del capo all'addome della vacca, teso fino allo spasmo; Fíli non riuscì a reprimere una smorfia contrariata mentre la guardava tornare accanto alla bestia ora tranquilla e riprendere a carezzarla. Ma quello che Brid gli disse subito dopo lo deluse ancora di più.
“Puoi restare a farmi compagnia, se vuoi. Però devi promettermi che quando ti dirò di andartene non farai storie e te ne tornerai da Kíli...” lo pregò, e Fíli si sentì strano, quasi indesiderato sotto a quel suo sguardo dolce ma determinato.
“Perché dovrei andarmene? Non...non mi vuoi con te?” borbottò con un filo di voce, sentendo un incredibile gelo farsi strada nel petto. Ma poi Brid scosse la testa con una risata, e si affrettò a rincuorarlo.
“Certo che no, sciocco, altrimenti non ti avrei proposto di restare. É solo che tu sei un principe, e il parto di una vacca non è esattamente uno spettacolo che si addica a qualcuno del tuo rango, tutto qui”.
“Questo lo dici tu! Sono sicuro che Thorin approverebbe se restassi, lui è sempre stato del parere che non si è mai abbastanza istruiti!” s'incaponì lui e Brid si disse che talvolta quel Nano tenero e gentile era capace di sfoderare un temperamento ostinato e capriccioso che avrebbe fatto invidia ad un bambino di quattro anni. In realtà capiva perfettamente come si sentisse Fíli, moriva dalla voglia di averlo accanto per un po' esattamente quanto lui ne aveva di restare lì con lei; il buonsenso, però, le diceva che se avesse ceduto Fíli le sarebbe davvero stato accanto fino a quando non si fosse decisa a rientrare in casa, e non dovette nemmeno fare lo sforzo di domandarsi se gli avrebbe permesso di trascorrere un giorno e una notte all'interno di una stalla fredda e puzzolente per capire che non avrebbe mai e poi mai ceduto.
“Già, e io sono sicura che mi pelerebbe viva se solo osassi permettere ai tuoi begli occhietti blu da principino di assistere ad uno spettacolo simile! Quindi vai ad essere sicuro da un'altra parte, va'! Fammi questo piacere!”.
Con in volto un sorriso tanto angelico quanto insolente, Fíli la ignorò cordialmente e le si sedette accanto sul pagliericcio, cercando una posizione che gli consentisse un minimo di agio. Sconfitta e senza alcuna possibilità di rimonta, a Brid non rimase che rassegnarsi: si concesse uno sbuffo esasperato e si lasciò cadere sulla paglia anche lei, fissando ostinatamente lo sguardo sulle venature della parete di legno che riusciva ad intravedere oltre le zampe della vacca; oltre che infastidirla, quella dimostrazione di affetto e fedeltà da parte di Fíli la lusingava oltre misura, ma non l'avrebbe mai ammesso né con se stessa e meno che mai ad alta voce davanti a lui. Così si mise a giocherellare con un filo di paglia pescato da terra, lasciando che il silenzio disteso tra lei e Fíli cullasse le sue orecchie martoriate dal fastidioso ronzio dei pensieri che le turbinavano in testa senza sosta; godettero tacitamente della vicinanza dell'altro, e mentre Fíli cominciava a realizzare di sentirsi legato a quella strana fanciulla da qualcosa che fosse ben più coinvolgente di una lecita amicizia, Brid non riuscì a reprimere l'istinto di sfogare la propria curiosità e la propria frustrazione.
“Perché non me l'hai detto, Fíli?” domandò in un tono che risuonò amareggiato, volgendo su di lui uno sguardo ferito. “Perché non mi ha detto chi sei?”.
“I...io...”. Fíli sospirò e scosse la testa, rifuggì gli occhi scuri e delusi di Brid e prese tempo in qualunque modo possibile, ma alla fine si risolse in uno sbuffo frustrato, e tenendo lo sguardo basso si costrinse a dire la verità senza prestare troppa attenzione alla vergogna. “Sono principe per diritto di nascita, ma in realtà non sono mai stato nessuno. Mio zio Thorin è il vero erede al trono, io ne sono il successore in quanto figlio primogenito di sua sorella...ma sono nato e cresciuto sui Monti Azzurri, lavoro nelle fucine per aiutare come posso la mia famiglia e la comunità, e tutto quello che ho me lo sono guadagnato faticando”. Concedendosi un respiro profondo per scacciare il disagio che quel discorso era capace di instillargli ogni volta, Fíli sembrò finalmente trovare il coraggio per tornare a guardare Brid negli occhi, e quando infatti i loro sguardi così diversi eppure così complici si incontrarono Fíli non si sentì più oppresso dalla colpa di averle taciuto la propria vera identità.
“Se non ti ho detto di essere un principe è perché io stesso non mi considero tale” disse soltanto, guardandola serio; Brid, dal canto suo, non era sicura di aver capito esattamente come funzionasse la vita di un Re dei Nani, ma in ogni caso decise di lasciar perdere i propri dubbi e di sdrammatizzare.
“Beh, ma...un giorno lo sarai! Succederai a Thorin, e sarai tu il Re sotto la Montagna!”. Fíli chinò il capo.
“Erebor è perduta, Brid” mormorò affranto “Rubata da un drago che custodisce il tesoro di Thrór e la città sotterranea come se fossero le sue uova e la sua tana. Non la riavremo mai”. Brid lo guardò chinare ancora di più il capo, farsi piccolo piccolo come un bimbo spaurito, e credette di non avergli mai voluto più bene di così. Si ravviò i lunghi capelli scuri dietro le spalle e come se i loro discorsi non avessero mai preso quella piega spiacevole cominciò a raccontare.
“Quando io e mia sorella eravamo piccole i nostri genitori ci raccontavano una favola diversa ogni sera, prima di metterci a dormire; quelle che ci raccontava mamma erano sempre piene di cose buffe, come la grossa zucca parlante di Artemidoro Tuc o lo smial-labirinto della vecchia Malva Cotton...le favole di papà, invece, traboccavano di stregoni, alberi parlanti, grandi castelli e bei cavalieri in armature scintillanti. Io e Lila ci addormentavamo fantasticando che un principe si avventurasse nei boschi fino ad arrivare qui, a questa casetta sperduta, e poi rimanesse con noi per conoscerci e in seguito decidere quale delle due sarebbe diventata la sua regina”. Persa nei ricordi di un'infanzia che sembrava lontanissima, Brid si lasciò sfuggire una risatina nostalgica e al contempo divertita. “Ogni volta andava a finire sempre nello stesso modo: io mi arrabbiavo con il malcapitato di turno perché non sapeva nemmeno raccogliere le more senza pungersi con le spine, lo trattavo male e lui sceglieva Lila, che al contrario di me era tutta inchini e salamelecchi”. Inaspettatamente Fíli scoppiò a ridere, e la sua fu una risata talmente sincera che Brid sorrise nel vederlo rinfrancato.
“Allora non è soltanto un mio felice privilegio, quello di vederti sempre così scorbutica, lo sei sempre stata!”.
“Ehi, Nano della malora! Se non mi lasci finire come faccio ad arrivare alla parte sdolcinata?” mugugnò lei, e di colpo Fíli smise di ridere, guardandola interrogativo.
“Sdolcinata? Oh beh, se c'è una parte sdolcinata la voglio sentire, sono tutto orecchi!”. Brid gli rivolse un'occhiata che avrebbe potuto esprimere compassione o disappunto, ma poi con una mano cercò quella di lui.
“Un principe che conosce il lavoro duro e che vive in mezzo alla sua gente spogliandosi dei propri privilegi merita di essere una guida, un esempio, qualcuno a cui affidarsi. Non lo è soltanto per diritto di nascita” fece in tono assorto, sfiorando con gentilezza i calli sul palmo di lui; con le loro mani intrecciate in grembo, si sporse e lo baciò teneramente su una guancia, sorridendo inconsciamente nel sentirlo trattenere il respiro.
“Sarei mille volte più fiera di essere la tua regina, piuttosto che quella di un bamboccio con la corona sul capo” confessò poggiando la testa sulla sua spalla: Fíli non si fece pregare e subito la cinse in vita con un braccio, stringendosela al fianco. Nascose tra i capelli di Brid il sorriso spontaneo che gli illuminava il volto, e si perse ad immaginarla come la sua regina.

Lila non era brava quanto Brid nel guarire le ferite, ma con punti di sutura e bendaggi sapeva cavarsela egregiamente: nonostante un velo di diffidenza iniziale Thorin si trovò costretto ad ammettere tacitamente di essere stato lasciato in buone mani, e ben presto lo sgradevole senso di disagio che l'aveva inizialmente tormentato si quietò. O quantomeno si sopì quel tanto che bastò a permettergli di sopportare in silenzio la medicazione senza comportarsi come una fanciulla vergognosa. Non intendeva minimamente sottovalutare l'intuito di Lila, e questo lei lo capì, ma sapeva anche che non era affatto stupida e dopo diversi minuti di rigido silenzio in cui l'unico movimento da parte sua fu quello di lasciar scivolare sempre più in basso le sopracciglia in un cipiglio cupo e distante, Lila decise di fare il primo passo.
“Vi domando scusa, ma mia sorella ha così tanto da fare con gli animali che ha chiesto a me di pensare alle medicazioni” azzardò con la stessa casualità con cui avrebbe potuto parlare della selezione delle sementi per il raccolto, preparandosi a gustarsi lo spettacolo. E infatti non rimase delusa: Thorin sobbalzò, riscuotendosi bruscamente dai propri pensieri, e l'azzurro dei suoi occhi parve snebbiarsi, farsi meno tempestoso ed erratico.
“Vo...vostra sorella...che?” farfugliò con un'espressione che aveva ben poco di principesco, ma Lila non ci badò.
“Sì, Brid ha da fare con gli animali e mi ha chiesto di occuparmi di voi” ripeté paziente, augurandosi di non doversi sedere sul letto, prendere in grembo quel Nano barbuto e ninnarlo come un bimbo. Thorin non reagì con particolare enfasi, e forse la cosa la deluse un poco; quando lo vide annuire assente si ritrovò corrucciata a propria volta, e la situazione tornò quella di prima.
“Siete silenzioso. Devo supporre che stare mezzo nudo davanti a me vi metta a disagio, mio signore?”.
“Questo è il genere di domande sfacciate che mi aspetterei più da vostra sorella che da voi, milady” fece Thorin seccamente, quasi infastidito. Poi sospirò e parve recuperare la calma. “Dimenticate le formalità, vi prego, sono in debito con voi...e in ogni caso non sono il signore di niente”. Lila non indagò su cosa intendesse dire, ma non le sfuggì il lampo di tormento che attraversò i suoi occhi chiari; si appuntò mentalmente di indagare anche su quello e poi si costrinse ad ignorare la questione.
“Beh? Allora cos'è che vi impensierisce? Non vi sentite bene? Avete fame, sonno, o...”.
“Calmatevi, Lila! Sto bene, non preoccupatevi. Temo però che mia sorella abbia ragione, quando dice che sono...un musone” la interruppe lui, con un tono di voce fermo ma gentile che sfumò in un borbottio, e che lo portò a pronunciare l'ultima parola come se fosse stata una parolaccia.
“...vostra sorella? Oppure la mia?”.
“La mia, la mia” sospirò Thorin, con una risatina. Si sistemò più comodamente contro la testiera intagliata del letto e si costrinse ad ignorare i propri pensieri, volgendo uno sguardo gentile verso quello confuso di Lila. “Avete detto che Brid ha molto da fare con gli animali...”.
“Sì” annuì lei con decisione, riprendendo a frizionare le sue ferite in via di guarigione con una mistura di acqua fredda ed erbe. “Una delle due vacche da latte sta per avere un vitellino, e qualcuno dei capretti nati alla fine dell'anno scorso non si attacca alla madre. La aiuterei io, se potessi...ma qualcuno dovrà pur occuparsi di voi, e controllare che Fíli e Kíli non combinino guai! E poi Brid è sempre stata più brava di me con gli animali...con lei sono docili e mansueti, quando ci sono io ne combinano una dietro l'altra!”.
Thorin sorrise immaginando Lila in balia di un gregge di capre saltellanti, e quando con la mente indugiò sul pensiero di Brid un sospiro gli scivolò tra le labbra prima ancora che se ne accorgesse; qualcosa, probabilmente la sua coscienza, gli fece presente che in quel momento non doveva essere troppo diverso dal Fíli tutto sospiri e occhiate languide che appena pochi mesi prima l'aveva trascinato fino all'improbabile porta tonda di quella stessa casa. Inspiegabilmente Lila parve capire al volo cosa significasse quel sospiro, e ignorando platealmente lo sbuffo frustrato in cui Thorin si produsse una volta che ebbe realizzato di sembrare nient'altro che un Nano adolescente alle prese con i primi turbamenti, gli poggiò una mano sul braccio più vicino e gli rivolse uno sguardo magnanimo, gentile, quasi affettuoso.
“Smettetela di crucciarvi, Thorin, non avete commesso nessun errore. É soltanto confusa, come voi”. Come se lei gli avesse appena premuto un ferro incandescente sulle ferite per cauterizzarle, Thorin spalancò gli occhi blu in un'espressione di stupore totale.
“No...non so di cosa stiate parlando” balbettò, tentando di darsi un contegno e fallendo miseramente; Lila terminò di fasciargli il petto con un fastidioso sorrisino insinuante sulle labbra rosee, e poi sedette accanto a lui sul letto di Brid.
“Facciamo un patto, Thorin Scudodiquercia: voi la smettete di fare lo sciocco e io non faccio domande. Andata?” propose, tendendogli la mano; le sopracciglia di Thorin ricascarono di nuovo sulla radice del suo lungo naso appuntito e Lila dovette combattere strenuamente contro l'istinto di puntarci un dito in mezzo e spingerle di nuovo al loro posto.
“Allora? Abbiamo un accordo o no?” incalzò quindi.
“Perché dovrei scendere a patti con voi? La cosa non vi riguarda” mugugnò Thorin per tutta risposta, atteggiandosi come un bambino offeso. Il sorriso di Lila si fece soavemente diabolico.
“Perché io posso aiutarvi...e soprattutto, perché è la mia piccola, dolce e adorata sorellina quella ragazza che avete schiaffeggiato nel bosco, un paio di mesi fa!”.
Ancor prima di accorgersene Thorin aveva scaraventato la mano in quella di lei, e nel vederla ghignare soddisfatta aveva avuto la certezza di essersi cacciato in un guaio ancora più grosso della Montagna Solitaria.


Mancava poco all'alba quando Brid uscì dalla stalla: era stata una lunga nottata faticosa, ma quando vide il cielo cominciare a schiarirsi e nel silenzio ovattato del bosco innevato udì i primi cinguettii, segnali della primavera imminente, la stanchezza parve scivolarle di dosso come una coperta pesante. Era una mattina limpida e fredda come soltanto sul finire dell'inverno possono vedersene; avvertiva ogni respiro come la pugnalata di un'aguzza stalattite di ghiaccio dritta nel petto, e il fiato che le sfuggiva dalle narici si condensava in nuvolette di denso vapore candido. Si ritrovò infreddolita e tremante ancor prima di accorgersene, ma per quanto gelida fosse la sensazione dell'inverno sulla pelle si dissipò quando scorse la monumentale figura di Dwalin davanti casa.
Incurante del freddo e della sua espressione allibita, il grosso Nano se ne stava saldamente piantato sulla soglia, con i grossi avambracci nudi incrociati al petto e i piccoli occhi pungenti fissi in quelli scuri di Brid, in uno sguardo a metà strada tra il burbero e l'accondiscendente.
“Ma...mastro Dwalin! Non credevo di...come mai già sveglio?”.
“Thorin” ringhiò lui, e Brid cadde preda dell'ansia.
“Sta di nuovo male?”. Dwalin si affrettò a scuotere la testa.
“No, ma il materasso su cui l'ha messo a dormire è troppo soffice per uno come lui, e per di più comincia a bruciargli le chiappe come se fosse fatto di braci”. Brid non seppe se ridere o indignarsi, ma nel dubbio decise che un sonoro sospiro poteva concederselo.
“Beh, per lo meno ha chiamato aiuto e non si è buttato giù dalle scale” borbottò in tono cupo; un refolo d'aria particolarmente fredda la fece tremare, e istintivamente si circondò con le braccia, tentando di non battere i denti.
“Hai finito?” domandò il Nano accennando alla porta della stalla dietro di lei.
“Sì, finalmente”.
“Allora fila dentro, piccoletta, o finirai per prenderti un malanno memorabile!”.
Brid ridacchiò nel sentirsi dare della piccoletta da un Nano, ma quando considerò che Dwalin la superava in altezza per una buona spanna e forse anche qualcosa in più, non disse nulla e sgattaiolò verso la porta di casa, lanciandogli un'occhiata divertita di sotto in su a cui le parve di scorgerne una un po' meno burbera del solito in risposta mentre lui si scansava per farla entrare.
Una volta dentro Brid fu subito avvolta da un gradevole tepore ristoratore che la sua pelle infreddolita e tremante percepì come una sensazione addirittura cocente: davanti al camino acceso, nella cucina semibuia, Thorin fumava silenziosamente la pipa con la schiena rivolta alla finestra che dava a sud, e nello scorgere il suo profilo Brid avvertì tutta la stanchezza della notte passata a faticare ripiombarle addosso all'improvviso. Non seppe spiegarsi perché, ma l'idea di rivolgergli la parola la sfiniva, e la consapevolezza di essere costretta a farlo di certo non l'aiutò. Ancora una volta, però, Thorin la stupì e voltando il capo di lato quel tanto che bastava per vederla in volto accennò un sorriso, con il bocchino della pipa ancora appoggiato alle labbra.
“Buongiorno” fece a bassa voce, costringendola a strofinarsi con forza le braccia per fingere che i brividi fossero ancora dovuti al freddo del mattino.
“Buo...buongiorno” tartagliò con la gola improvvisamente secca. Thorin prese a scrutarla attentamente, con una nota di apprensione negli occhi chiari, e un dubbio gli sorse spontaneamente.
“Sei rimasta accanto a quella vacca per tutta la notte?” domandò senza riuscire a trattenersi: la guardò annuire e chinare il capo.
“Dwalin mi ha detto che non vi trovate bene nella vostra camera. Vi domando perdono”. Brid cambiò discorso in tono dimesso, evitando accuratamente il suo sguardo; Thorin ebbe la spiacevole sensazione che, se avesse potuto, si sarebbe data alla fuga e a lui non sarebbe rimasto altro da fare che restarsene lì a fissare la sua piccola schiena scomparire all'orizzonte.
“Non vi è niente da perdonare” fece rigidamente, a disagio; Brid si scrollò qualche filo di paglia dai vecchi pantaloni logori, fingendo di trovare interessanti le venature del pavimento di legno. “Perché mi eviti?” le domandò d'impulso avvertendo la frustrazione montare prepotentemente dentro di sé.
“Non vi evito. Ho semplicemente molto da fare. Maestà”. Gli occhi scuri di Brid saettarono insolenti in quelli di Thorin, che la guardò come se l'avesse appena schiaffeggiato: qualcosa lo spinse a domandarsi come diavolo avesse fatto a scoprire la sua vera identità, ma quando il suo cervello scombussolato dedusse con una semplicità disarmante che evidentemente qualcuno dei suoi compagni doveva esserselo fatto sfuggire, lo sgomento non scomparve. Di colpo smise di sentirsi semplicemente Thorin e sentì il Re sotto la Montagna scalpitare con prepotenza per prendere il sopravvento.
“Perché lo fai?” mormorò. “Non ho bisogno che tu mi renda tutto ancora più difficile”.
Brid credette di cogliere una vena di supplica nella sua voce, e persino sul fondo blu dei suoi occhi: era come se Thorin la stesse pregando di non trattarlo come un nemico, e oltre che confonderle le idee la cosa la spaventava. Farfugliò qualcosa di indistinto e fuggì sulle scale ad una velocità tale che persino lei stessa se ne stupì; ignorò il russare cacofonico proveniente dalla stanza occupata da Fíli e Kíli e persino Ferumbras che lungo il corridoio le si fece incontro con un miagolio seducente, attorcigliando la coda in morbide onde sospese a mezz'aria. Ancora una volta si rifugiò in camera di sua sorella e prese a sbottonarsi con foga la vecchia camicia che era stata di Breodvan, ansiosa di infilarsi sotto le coperte e intrufolarsi tra le braccia di Lila. E infatti quando Lila si svegliò per via del trambusto, non fece in tempo a dire una sola parola che un blocco di ghiaccio che portava addosso l'odore di sua sorella le si aggrappò al petto e la strinse forte tra le proprie gelide braccia.
“Ma cos...Brid?” farfugliò spalancando gli occhi nel buio, intontita, con la voce impastata. “Per l'amor del cielo, sei gelata...e nuda?!”. Per tutta risposta la minore cacciò il volto nell'incavo del suo collo, rifugiandosi tra lei e il cuscino. Lila non pensò nemmeno per un minuto a come comportarsi, semplicemente strinse a sé la sottile figura tremante di Brid, prendendo ad accarezzarle la nuca con gentilezza.
“Cos'è successo?” domandò in tono conciliante, e Brid sembrò tremare più forte.
“Tho...Thorin...”.
“Ti ha di nuovo presa a schiaffi?”. Lila scattò a sedere sul materasso, allarmata, ma Brid la trattenne.
“No! Assolutamente no, fammi spiegare!”. Con un sospiro Lila scivolò di nuovo sul cuscino, e dopo essersi accoccolata comodamente Brid al petto tirò le coperte fin sopra le loro teste.
“Avanti, allora: spiegami cosa diavolo è successo!” sbottò infine, con una vena d'impazienza nella voce, e Brid sospirò.
“Credo...credo di essere stata troppo dura con lui, Lila. É soltanto una povera anima tormentata!” mormorò flebile, e stavolta fu Lila a sospirare.
“Vuoi parlarne?” le domandò gentile, sentendola annuire contro il suo collo.
“Io...mi sono arrabbiata quando mi hai rivelato la sua vera identità; ho finto che non me ne importasse niente, ma in realtà mi sono sentita sprofondare. Ho mentito”.
“Non fa niente, Brid. Continua”.
“Ecco...all'improvviso ho avuto paura che fosse stato il Principe a mostrarsi gentile con me, non il Nano. Nemmeno io so perché, ma mi sono infuriata pensando che Thorin si fosse comportato da gentiluomo...o gentilNano, comunque si dica...soltanto per abitudine, perché è così che un Re è tenuto a comportarsi!”.
“Beh, ma se anche fosse andata così non avresti dovuto trattarlo male! In fondo dopo i primi attriti è sempre stato gentile con te, quale che ne sia stato il motivo che differenza fa?”.
“Non volevo illudermi. E non lo voglio nemmeno adesso, non voglio convincermi che quello che mi ha fatta sentire nuda con una sola occhiata sia il Nano quando invece è il Principe. Voglio essere sicura di parlare con Thorin, Thorin e basta. E che sia lui a rispondermi, non il Re sotto la Montagna!”.
“Per come la stai mettendo sembra che quel povero Nano convalescente sia uno squilibrato con due personalità in un solo corpo!” ridacchiò la maggiore, guadagnandosi un paio di dolorosissimi pizzicotti sulla pancia che le strapparono un mugolio. “Scherzi a parte...certo che deve averti davvero molto colpito, quello che soltanto ieri notte era 'il Nano-testa-di-mulo' e che adesso chiami 'il Re'...”.
“Già, perché tu non sei rimasta colpita da suo nipote, vero? Quello moro senza la barba, intendo...quello con gli occhioni scuri e le guanciotte paffute!” insinuò Brid, piccata.
“Che c'entro io, stavamo parlando di te o sbaglio?”. Lila era sempre stata brava a ribaltare le situazioni a proprio favore per trarne vantaggio, ma stavolta Brid aveva bisogno del suo aiuto e non avrebbe giocato con i suoi sentimenti. Non troppo, almeno.
“Allora, pivellina?” incalzò quindi, “Come intendi affrontare la questione? Suppongo che la cosa più opportuna sia porgere le dovute scuse a Thorin...”.
“Lo so anch'io che mi devo scusare, che ti credi?” ringhiò Brid, oltraggiata “É solo che...insomma, non...”.
“Non vuoi apparire debole di fronte a lui”. Dal buio non venne alcuna risposta. “Per i Valar, sorellina, quanto sei testarda!” sbottò Lila levando gli occhi al cielo nel buio; per tutta risposta Brid scosse con forza la testa, riempiendole il viso di capelli. “Senti, proprio perché sei tu ti vengo incontro, così magari mi lasci dormire ancora un po': se proprio non vuoi chiedergli scusa...perché non fai qualcosa di carino per lui?”.
“Eh? Tipo cosa?!”.
“Ma che ne so, tipo portargli la colazione a letto la prossima volta che vai a cambiargli le bende!”.
“Ma Lila...” obiettò la minore in tono lamentoso.
“Ah! Non voglio sentire scuse! O facciamo a modo mio oppure gli chiedi scusa come ci ha insegnato a fare mamma, e chi se ne importa se non ti va!”. In un improvviso moto di stizza Brid si sciolse dall'abbraccio e le voltò le spalle, tirandosi via quasi tutte le coperte; Lila non si diede per vinta, e accostando le labbra alle orecchie appena appuntite della sorella si tenne pronta a fuggire alla velocità della luce.
“Che dici, una volta che ci hai fatto pace...poi me lo presti, il tuo maestoso Nano-testa-di-mulo?”.
La gomitata di Brid mancò il bersaglio e si abbatté poderosamente sul materasso, mentre Lila sgusciava via come un'anguilla, ridacchiando sfrontata e miracolosamente salva. 

*NOTE*
BUONSALVE A TUTTI, CARI!! :D Perdonate questo ritardo smodato, sia per la risposta alle recensioni che per l'aggiornamento vero e proprio. ma me ne son capitate di tutti i colori ultimamente!! Ultimo ma non meno importante UN COLOSSALE CALO D'ISPIRAZIONE, e capirete che per scrivere una Fanfiction è abbastanza grave. Va beh, Ora mi consolo litigando un po' con questo maledettissimo editor HTML (o come causen si scrive) che mi concerà il layout del capitolo da buttar via, per festeggiare :) CHE. BELLO.
Venendo al capitolo...a chiunque di voi abbia promesso roba grossa per questo capitolo CHIEDO UMILMENTE SCUSA, ma ancora una volta avevo talmente tanta roba da scrivere che ho dovuto dividerlo ancora una volta @.@ in ogni caso, cominciate a capirci qualcosa? Gli sbalzi d'umore di Brid, il Thorin insicuro, il Fili teneramente innamorato, il Dwalin attaccabrighe...vi piacciono? ;) Il prossimo aggiornamento sarà l'ultimo (PER DAVVERO) della prima parte, e dopo una pausa in cui mi impegnerò ad aggiornare le altre du Fiction che ho all'attivo comincerò con la seconda...bene, lettori avvisati mezzi salvati. Vado a reimpastare il panettone. Sì, mi sento già natalizia e mi sto facendo il panettone :3 OH-OH-OH, BUON NATALE!
Vi amo <3

 
  
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