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Autore: WrongandRight    17/11/2013    2 recensioni
A volte anche le persone più semplici hanno di che pensare ed il cielo stellato la sera può essre grande fonte d'ispirazione...Così anche Ran si svuota delle sue preoccupazioni.
Cortissimo racconto un po' campato per aria...^_^
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera a tutti! Non so come sia uscita questa cosa, quindi non saprei nemmeno cosa dirvi a riguardo...dunque, semplicemente, buona lettura! (spero xD)
Fatemi sapere cosa ne pensate ed i millemila errori di grammatica che trovate. Si nascondono semre tra le righe quei furbetti.
E che le stelle illuminino il vostro cammino nei momenti più scuri! *attimo di follia* Ok, vi lascio andare alla lettura. xD

I personaggi appartengono al mitico Aoyama Gosho-sensei (che concluderà la storia, mi auguro. U_U)




Watching the sky


Guardando le stelle, più in alto delle nubi e più luminose di ogni speranza, fisse nella volta celeste che mai tradisce l'uomo nel suo errare, mille sono i pensieri, milioni le paure, miliardi i sogni.
Aleggiano nel vuoto della mente che, percorsa da infiniti venti, le sposta, le unisce e le separa.
E le illude di un futuro radioso...che mai è stato e mai sarà.
Così, tra colorate farfalle e capricciosi folletti, con gli occhi color nocciola persi nell'infinito del cosmo, Ran naufragava nel tempo nullo della fantasia.

Attorno a lei una distesa. Senza orizzonte.
Quel giorno, quando Kogoro era stato invitato a partecipare con i suoi familiari e amici ad una cena di gala organizzata da una facoltosa donna alla quale aveva risolto un caso, mai si sarebbero aspettati di dover assistere ad un omicidio. O forse sì. Quella maledizione iniziava ad essere ripetitiva, noiosa e senza senso dell'umorismo. Ormai vedere cadaveri era più frequente delle loro uscite al cinema.
Dunque, mentre i fanatici si divertivano nel loro gioco di ruolo un po' troppo realistico, la karateka in abito da sera si lasciava alle spalle la villa, per sedersi nel prato fresco del cortile, per guardare in alto dove tutto ha inizio e fine.

Le loro luci così lontane infondevano pace e...malinconia.

Si sentiva piccola, molto piccola, di fronte a quello spettacolo travolgente che per la maggior parte del tempo era oscurato dalla luce artificiale, oscurato da troppi sguardi puntati verso l'asfalto piuttosto che al cielo.

Si soffermò a riflettere. Cosa stava facendo lei, ora?
Andava a scuola, combatteva, si divertiva...ma tutto questo aveva un senso?

Che motivo c'era per continuare a fare tutto questo? Che motivo aveva seguire suo padre nei casi, sempre più frequenti?

Eppure aveva visto come era semplice morire e come, invece, era difficile vivere.
Sotto alla cupola che avvolge il mondo niente aveva più significato. Sotto alla cupola che cullava gli uomini con la ninna nanna più antica e mai scritta tutti erano uguali.

Ma la tenaglia che le stringeva il cuore aveva origini ben diverse da queste astratte meditazioni figlie della filosofia di menti lontane. La morsa che la distruggeva era qualcosa di ben più tangibile e reale.
Era solitudine. Mancanza di affetto.

Un dolore lacerante che ignorava ogni giorno tra le strade dell'affollata Tokyo. Un dolore attenuato dagli amici a scuola. Un dolore attenuato dagli allenamenti, dalle folli ed isolate giornate di allegria.

Ecco che senso aveva quella sua vita.

Fino a quando non avesse trovato la risposta alla sua esistenza, il significato era sopravvivere.

Trovare compagnia ai mesti giorni d'inverno ed ai bollenti soli d'estate.

Una persona, in particolar modo, non era al suo fianco come avrebbe dovuto essere. Forse le stelle da lassù potevano vederla e dirle come stava in quel momento.
Ma a loro mancava il dono della parola. Meglio così. Chissà quante cose avrebbero potuto dire per far sentire sciocchi gli abitanti di quel piccolo pianeta! Sagge torri, vecchi consiglieri di mondi alternativi.

 

Divagava nel nulla e nel tutto la mente di Ran, mentre alla villa il colpevole faceva la sua comparsa e tentava invano di fuggire.

Anche a chiamarla non si sarebbe risvegliata dall'ipnosi, dalla trance, in cui era caduta.

 

Perché pensava ancora a quella persona che, come gli astri, scompare con i raggi del sole e risorge nella notte scura. Quel cielo però era sempre lì.
Allora doveva sperare. Doveva sperare che il tempo trasmettesse il suo messaggio e che girando e oltrepassando meridiani e paralleli arrivasse al destinatario.

Perché anche distanti miglia e miglia il loro era un piccolo pianeta e si sarebbero ritrovati prima o poi. Non vi erano anni-luce a separarli ma chilometri. E alzando la testa erano comunque vicini, sotto lo stesso tetto, il tetto degli uomini.
Qualche lacrima cadde sul suo volto. Non sapeva il perché. Non capiva nemmeno cosa ci facesse lì in quel momento. I suoi occhi lucidi si chiusero e si sorprese anche a singhiozzare.

Non era mai stata debole ed ora non capiva come mai si sentiva annegare ed annaspare in un bicchier d'acqua.

 

In realtà le stelle di giorno non scompaiono, rimangono lì, fisse, a guardare. E così il piccolo Conan, che compariva sempre ed ovunque, si trovava ancora una volta accanto a lei e con la sua vocina da bambino chiamò la ragazza sdraiata sul prato.

 

“Ran nee-chan...stai bene? Possiamo tornare a casa, sai?”
La voce la fece sussultare. Sorrise al giovane aspirante detective, felice di essere stata strappata ai suoi pensieri.

“Oh, si....certo! Andiamo prima che si faccia troppo tardi e papà decida di lasciarci qui!”
Nel tono di voce gioioso c'era una nota che stonava. Quella vibrazione di tristezza che lasciava adito a dubbi sul motivo che l'aveva spinta ad allontanarsi.

Ma la tenera manina del bambino afferrò la sua, grande e forte, e la trascinò via da quella piana e da quella brezza.
Rialzando gli occhi in su, la liceale si trovò a sorridere. Il futuro sarebbe arrivato, non era importante ora. E le persone a cui voleva bene, erano lì. Nessuno le avrebbe portato via la sua felicità e, con un po' di pazienza, sarebbe tornato ad incastrarsi anche l'ultimo pezzo del puzzle...un giorno.

Una luce brillò più intensa e viva delle altre. Un sogno che splendeva luminoso. Una delle vecchie sagge oltre le nubi aveva sorriso vedendo il futuro e leggendo il suo destino.

   
 
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