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Autore: sayan97    17/11/2013    2 recensioni
L’orologio a cucù, il primo orologio che ho dovuto costruire, segna le 10,30 del 20 maggio 2012. Decido di accendere la tele. Trasmette uno di quei stupidi telefilm-musical argentini che adorano tanto le adolescenti. Non cambio canale perché in quella scena ci sono due ragazzini che si scambiano sguardi teneri; come vorrei potermi comportare anche io così con la persona che amo: avvicinarmi alla sua faccia tanto da poter sentire il suo respiro, tanto da poter distinguere ogni singolo capello, tanto da poterlo sfiorare, tanto da poterlo baciare. Finalmente lo strazio è finito, devo solo sorbirmi una sigla finale con gente che balla e canta con un sorriso troppo felice e poi inizia il Telegiornale. Durante la pubblicità vado a prendermi una bottiglia di birra e un barattolo di arachidi. Quando torno in sala noto che la sigla di apertura e i titoli iniziali del TG sono già finiti. Guardo la TV senza vedere realmente; l’appuntamento con Gilbert è fissato per le 18 quindi posso rilassarmi ancora per 7 orette abbondanti, ma allora perché mi sento così irrequieto? Improvvisamente la mia attenzione viene attirata, come una calamita attira il metallo, dalla voce del giornalista che dice :”Italia”.
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Germania/Ludwig, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È sempre rilassante farsi un bagno caldo dopo aver finito di fare i mestieri. Richiudo la porta dietro di me e mi dirigo verso il salotto, ho ancora addosso il tepore dell’acqua.
Mi lascio cadere sul divano e butto la testa indietro, sulla spalliera. Chiudo gli occhi e rimango così, fermo, a non fare niente.
Poi il mio ozio scompare tutto ad un tratto, spalanco gli occhi e mi guardo intorno, noto che sul cuscino di fianco a me c’è il telecomando della TV. Sovrappensiero allungo la mano, oh, il telecomando era più lontano di quanto pensassi.
L’orologio a cucù, il primo orologio che ho dovuto costruire, segna le 10,30 del 20 maggio 2012. Decido di accendere la tele, vivere da soli ha i propri vantaggi ma le stanze sono troppo vuote e troppo silenziose, così almeno con il vociare della TV mi sentirò meno solo in questa grande casa vuota. Trasmette uno di quei stupidi telefilm-musical argentini che adorano tanto le adolescenti. Non cambio canale perché in quella scena ci sono due ragazzini (visibilmente innamorati l’uno dell’altra) che si scambiano sguardi teneri; come vorrei potermi comportare anche io così con la persona che amo: avvicinarmi alla sua faccia tanto da poter sentire il suo respiro, tanto da poter distinguere ogni singolo capello, tanto da poterlo sfiorare, tanto da poterlo baciare.
Non capisco se certi telefilm li doppino male di proposito o se sono realmente difficili da doppiare. Finalmente lo strazio è finito, devo solo sorbirmi una sigla finale con gente che balla e canta con un sorriso troppo felice e poi inizia il Telegiornale. Durante la pubblicità vado a prendermi una bottiglia di birra e un barattolo di arachidi. Quando torno in sala noto che la sigla di apertura e i titoli iniziali del TG sono già finiti. Guardo la TV senza vedere realmente; l’appuntamento con Gilbert è fissato per le 18 quindi posso rilassarmi ancora per 7 orette abbondanti, ma allora perché mi sento così irrequieto? Penso all’ultima partita del Bayern München… bah, che disdetta. Improvvisamente la mia attenzione viene attirata, come una calamita attira il metallo, dalla voce del giornalista che dice :”Italia”. I muscoli si irrigidiscono, il respiro si accorcia, migliaia di punte di gelo mi trafiggono la nuca; ho paura. Le immagini che vedo mostrano case distrutte, un campanile che crolla, gente forte che oltre ad essere forte trattiene le lacrime. Ascolto, nel nord Italia c’è stato un terremoto di magnitudo 6, ci sono state già più di 5 vittime accertate e i danni superano il miliardo di euro. Italia… Perché sta succedendo tutto a te? Non bastava il terremoto del 2009 che ha fatto inginocchiare tuo fratello? Non bastava la crisi economica che ti sta facendo colare a picco? Evidentemente no, a quanto pare il dio in cui credi tanto, il dio che si è radicato nel cuore del tuo territorio, il dio che ti impedisce di amarmi, ha deciso di giocare un po’ con te.
Sono preoccupato, voglio sapere di più, devo sapere come stai. Corro in camera da letto e strappo il portatile dalle grinfie dei documenti che seppelliscono la mia scrivania, torno sul divano, accendo il PC ed effettuo l’accesso a tutti i social network immaginabili. Non faccio neanche in tempo ad inserire la password di Facebook che America mi scrive in chat: “Hey Germany, tu sai qualcosa su Italy? Neanche tu riesci a contattarlo?”. Capisco… a quanto pare non sono più il fan numero uno di Italia, a quanto pare gli americani amano l’Italia più dei tedeschi; ma nessuno può amare Feliciano più di me.
Feliciano è offline e lo è anche Lovino. Decido di chiamarlo, forse mi sto agitando troppo, ma lui non risponde nemmeno al cellulare; che stupido, è ovvio che non risponde, sta aiutando la sua gente. Cerco informazioni su internet per riuscire almeno un po’ a capire quali sono le tue condizioni.
 
***                                                                                                                                                 

Siamo seduti intorno a questo tavolo ovale, tra amici, in questa stanza formale. È il tuo turno, inizi a parlare. La tua voce è troppo dolce per parlare di carceri, immigrati e criminalità. Perché fai così? Perché non ci chiedi aiuto? Perché non parli dei danni del terremoto? In fondo siamo l’Unione Europea, siamo amici, è normale aiutarsi l’un l’altro.
Prendo la parola: < Quanto vorresti? >
Dal lato opposto del tavolo mi guardi con quegli occhi di caramello, la tua bocca si socchiude leggermente e il respiro si fa più irregolare; devi pensare perché non sai cosa rispondere, non ti eri preparato a una domanda del genere.
Non fai nemmeno in tempo a dire una parola che Francia ti precede: <
Perché dovremmo dargli dei soldi del Fondo Europeo? Glieli abbiamo già dati per riparare i danni del terremoto nel 2009, solo l’anno scorso gli abbiamo dato più di otto miliardi di euro!>.
Oh, ora ricordo perché non hai parlato: non ti trovi veramente tra amici, non sei visto di buon occhio e la tua gente è discriminata e presa in giro dagli stessi alleati. Non osavi chiedere aiuto per paura delle frecciatine degli altri membri e anche per paura di ricevere una risposta negativa. Dovrebbero avere molto più rispetto per te, dopotutto sei uno dei Paesi fondatori della Comunità europea. Perché Francia si comporta così? Voleva essere chiamato “Fratellone” da te, ti adorava così tanto da volere te e tuo fratello ad ogni costo, amava il tuo territorio. Da quando avete iniziato ad odiarvi? Dal 1814, quando hai deciso di rinnegare il tuo Fratellone per essere libero, dopo la morte di Napoleone? O forse dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando Francia ti ha sottratto dei territori vitali come la Corsica e la Savoia? Non so… Resta comunque il fatto che quell’egocentrico ubriacone di un francese mi ha non poco irritato.
Il sangue inizia a ribollirmi, stringo i pugni pensando che le unghie non stanno perforando le mie mani ma la faccia di Francia. La mascella è così contratta da farmi male, i miei occhi sono serrati, se solo li aprissi mi ritroverei davanti la sua faccia e non voglio colpirlo davanti a tutti gli altri Paesi.
Fortunatamente interviene Inghilterra, scatta in piedi  sbattendo un pugno sul tavolo e con voce indignata risponde a tono all’egoismo di Francia: <
Oh dear! Come fai a dire una cosa del genere ad Italia?! Quello che stai pensando è gravissimo, lui in questo momento ha bisogno di aiuto ed abbiamo il dovere di darglielo, sia per lui stesso che per noi e la nostra economia!>. Francia non sembra affatto sorpreso della reazione di Inghilterra, non risponde, si limita a borbottare ed incrocia le braccia al petto appoggiandosi allo schienale della poltrona.
Concludo la seduta: <
In comune accordo i Paesi membri dell’Unione europea concedono all’Italia seicento milioni di euro> I seicento milioni non sono niente confrontata alla reale stima di sedici miliardi di euro ma più di così non ti possiamo aiutare.
Scusa Italia.



Note dell'autrice:

Dunque, innanzitutto devo ringraziarti (sì, proprio te) per aver letto fino alla fine.
Questa è la prima storia in assoluto che pubblico quindi sarei molto felice se mi lasciaste qualche commento, ma soprattutto qualche consiglio.
Sulla storia posso dire di averla scritta qualche settimana dopo il terremoto in Emilia Romagna e qualche giorno fa l'ho ritrovata, rileggendola ho pensato: "mmh... è carina, come può essere mia?" Ovviamente io sono l'autrice quindi non posso avere un parere imparziale, così ho deciso di pubblicarla per raccogliere tutti i commenti e le critiche costruttive... e cercare di migliorare!
Quindi vi saluto chiedendovi commentare, se volete, e di essere sinceri al massimo. Un beso.
  
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