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Autore: Stanys    18/11/2013    1 recensioni
Quanto oltre può spingerci l'umana curiosità? Più di quanto si può immaginare.
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Base, qui Nautilus. Mi ricevete?»
«Nautilus, qui base. Ti sento forte e chiaro. Comunicazioni online.»
«Inizio sequenza checklist sistemi primari.»
«Integrità scafo»
«A posto»
«Supporto vitale»
«Funzionante»
«Sistemi idraulici»
«A posto»
«Sistema di propulsione»
«Funzionante. Attivo propulsore primario al trenta percento, velocità otto chilometri al secondo, in avvicinamento all’obiettivo.»
«Confermato. Nautilus in avvicinamento all’obiettivo. Occhi aperti Nautilus, chiudo.»
«Ricevuto. Chiudo»


«Puoi scommetterci» aggiunse Lucy, dopo aver chiuso la comunicazione radio. Per nulla al mondo avrebbe distolto lo sguardo dall’oggetto della loro missione. Davanti a lei infatti, ad una manciata di migliaia di chilometri, c’era la prova definitiva che l’umanità non era sola nell’universo: un enorme oggetto non identificato.
Era stato avvistato circa nove giorni prima, anche se il verbo “avvistare” non era del tutto appropriato alla circostanza, in quanto l’oggetto in questione sembrava invisibile, spuntato fuori dal nulla. Gli eventi che avevano portato alla sua scoperta erano stati del tutto fortuiti, e se ciò aveva da un lato destato immenso stupore, dall’altro aveva suscitato non poco imbarazzo, dato che tutti i più potenti telescopi del mondo non erano riusciti a vedere un oggetto del diametro di decine di chilometri avvicinarsi in rotta di collisione con la Terra, alla faccia del tanto sbandierato sistema missilistico anti-meteoriti, e questa sarebbe stata una pessima pubblicità per tutto il mondo astronomico, proprio nel momento più importante della sua storia dall’invenzione stessa del telescopio.
Tutto era cominciato all’osservatorio di monte Palomar in California, durante l’osservazione di una nebulosa che, d’un tratto, era scomparsa. Ciò che fece escludere errori umani o guasti meccanici fu che il telescopio continuava a funzionare perfettamente, ma il problema era che al posto della nebulosa scomparsa ora c’erano altre stelle, per giunta mai viste prima. Quando ormai gli astrofisici interpellati a stretto giro avevano cominciato a raschiare il barile delle teorie matematiche su deviazioni e distorsioni spazio-temporali, ecco che dopo poche ore “l’anomalia” (come era stata chiamata all’inizio) si era spostata, facendo mostrare nuovamente la nebulosa scomparsa, a discapito però di altri corpi celesti nelle sue vicinanze, e quando anche questi dopo lo stesso lasso di tempo ricomparvero, si fece concreta l’ipotesi che lassù ci fosse qualcosa che stava nascondendo le stelle, un cartoncino riflettente cosmico che ruotava attorno alla Terra. L’analisi spettrografica delle stelle mostrate dall’anomalia era impossibile perché l’immagine che vedevano non era diretta, ma in qualche modo riflessa, come proiettata da un monitor. Tutto ciò che si era riusciti a scoprire a riguardo era che probabilmente erano stelle nane, disposte ai vertici di un ipotetico triangolo. Non essendoci alcuna sonda adatta nei paraggi, l’unico modo per capirci qualcosa su quella storia era allestire in fretta e furia la missione Omega, resa possibile grazie al varo appena pochi mesi prima dello shuttle Nautilus, il primo velivolo capace di uscire dall’atmosfera terrestre senza l’ausilio di quei costosissimi ed ingombranti razzi, e dotato di strumentazione di ultima generazione, compresa una sonda a raggi alfa in grado di scandagliare la superficie di un pianeta o una roccia per mapparne il profilo: una specie di sonar spaziale.
Lucy sapeva bene che stava entrandonegli annali non solo della scienza, ma dell’umanità intera, così come ne erano consapevoli i suoi due compagni di viaggio, Alexej e Harshad, anche loro ammirati da quella meraviglia dell’universo. Loro tre erano stati selezionati per il volo inaugurale del Nautilus, che sarebbe dovuto consistere in un semplice passaggio intorno alla Luna e ritorno. Invece erano stati richiamati d’urgenza perché era successo, per bocca del loro capitano, “qualcosa di enorme”. E in effetti enorme lo era decisamente. 
Per Lucy quei due astronauti seduti con lei in cabina non erano semplicemente il suo copilota e il suo navigatore, sottoposti che avrebbe dovuto coordinare: dopo gli anni trascorsi insieme ad addestrarsi e a convivere insieme ogni situazione, dalla Stazione Spaziale Internazionale alle tende iperbariche sulla Luna, ormai Alex e Hash erano diventati come un’estensione della sua famiglia, della sua vita, e così sentiva che valeva per gli altri due nei suoi confronti. Il programma spaziale a cui erano destinati puntava molto sullo sviluppo del cameratismo, e in questo il successo era stato completo. Alexej era il suo “gigante buono”, come amava definirlo: un biondissimo ingegnere aerospaziale ucraino di oltre un metro e novanta, un viso dai lineamenti duri che nascondevano un carattere molto socievole. Harshad invece era un indiano mingherlino, astrofisico addetto alla strumentazione che aveva contribuito a progettare circa un terzo degli apparati che trasportavano. Insieme Alexej e Harshad facevano davvero una coppia strana, e questo divertiva molto Lucy.
«Si accettano scommesse» disse Harshad «alieni o buco nell’acqua?»
«Come potrebbe essere un buco nell’acqua? È palese che ci sia qualcosa lì» rispose Alexej.
«Per un attimo ho temuto che avresti fatto una delle tue ridicole battute sui modi di dire»
«La tentazione l’ho avuta, come sempre, ma per il vostro bene mi sono contenuto»
«Grazie Alex, lo apprezziamo molto» disse Lucy ridendo. «In ogni caso» disse Harshad «Io non sono del tutto sicuro che ci sia effettivamente qualcosa lì»
«Perché?» chiese Lucy quasi distrattamente, mentre azzerava la regolazione dei flap, una volta usciti dall’atmosfera.
«Beh, perché io al loro posto se incontrassi un’altra civiltà cercherei di comunicare con loro, per dire “ehi, è qui la festa?”, ma finora non abbiamo ricevuto nessun tipo di comunicazione»
«E chi ti dice che non l’abbiano già fatto?» rispose Lucy. «Solo perché non abbiamo percepito niente non vuol dire che non ci abbiano provato a parlarci. È la solita fallacia dell’ignoranza. Dobbiamo sforzarci di ragionare fuori dai nostri schemi abituali»
«Concordo» si accodò Alexej.
Harshad odiava essere in minoranza. «E da quando in qua tu “concordi”? Dove hai imparato questa nuova parola?»
«Da uno dei libri di mio figlio. Sai, quelli con poche parole e tante figure». La risata stemperò la discussione. In realtà ognuno sapeva che l’unico motivo per cui si stavano prendendo in giro era per distrarsi dall’agitazione che si stava facendo strada dentro di loro.
Quando la risata si spense, la radio gracchiò « Nautilus, qui base. Siete quasi sull’anomalia, a circa milletrecento chilometri. Attivare la sonda alpha»
A rispondere fu Alexej. «Ricevuto base, attiviamo la sonda.» Si girò quindi verso Harshad e disse «Hash, tocca a te»
Nonostante fosse il più giovane del gruppo, quando arrivava il momento di fare le cose seriamente, quando “davano luce verde”, Harshad si rivelava molto più serio, affidabile e professionale di molti seriosi colleghi con centinaia di ore in più di missione sulle spalle. Lucy si accorse della metamorfosi quando, guardandolo da uno specchietto che le consentiva di avere una visuale alle sue spalle dell’intera cabina di comando, lo vide semplicemente fare un cenno di assenso verso Alexej ed uscire per andare a sistemare la sua sonda alpha. Una volta preso posto alla postazione, attivò il sistema di puntamento della sonda, che uscì dallo scafo da un’apertura sulla pancia dello shuttle e si posizionò senza problemi.
«Sonda in posizione» disse alla radio.
«Ricevuto Hash» rispose Alexej. «Attivazione sonda in tre, due, uno, ora.»
La spia di attivazione della sonda si accese sulla plancia di Alexej, ma subito dopo un’altra luce si accese accompagnata da un allarme sonoro. Alexej urlò «Merda, rotta di collisione con l’anomalia, meno di cento chilometri! Virare in direzione tre uno quattro.»
Lucy eseguì immediatamente, e l’allarme rientrò. «Rotta sgombra, procedi così» le disse Alexej.
«Maledizione, base!» ringhiò Lucy alla radio.
«Quando nel briefing avete parlato di “contatto” mi auguro che non vi riferiste ad un contatto fisico!»
La radio rispose impassibile «Nautilus, qui base. Non ci eravamo accorti che l’anomalia si fosse spostata. Nessuna reazione da parte dell'anomalia al vostro avvicinamento?»
«Nessun'attività» rispose Harshad consultando la strumentazione.
«Bene, continuate la scansione.»
«Certo, certo» sbottò Lucy, tenendo per sé le imprecazioni. «Ricordate di mantenervi ad una distanza media di duecentocinquanta chilometri dall’anomalia»
«Ricevuto, base»
«Bene» disse Alexej. «Vediamo come è fatto questo disco volante. Hash, dall’allarme di collisione immagino che la sonda funzioni bene, giusto?»
«Come sempre, il tuo acume mi lascia sbalordito, Alexej. In ogni caso, non mi sembra affatto un “disco”»
«Non dirmi che ha qualche forma oscena»
«È ancora presto. In ogni caso, ora sappiamo che c'è effettivamente qualcosa di fisico lì fuori. Voi limitatevi a girarci intorno senza farci schiantare.»
«Quindi è effettivamente un UFO?» chiese Lucy. «Pare proprio di sì.»
   
 
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