Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D.
Ricorda la storia  |      
Autore: literatureonhowtolose    18/11/2013    3 recensioni
FitzWard.
Ward, dal canto suo, aveva alzato un po' il gomito, lasciandosi trasportare da Fitz e Simmons che sembravano decisi – dopo gli avvenimenti della giornata – a fare la conoscenza di tipologie di alcolici ben più potenti della loro consueta birra.
Jemma l'aveva presa piuttosto bene, considerata l'inesperienza, ma non si poteva certo dire la stessa cosa di Leo; il ragazzo, infatti, aveva dimostrato di saper reggere l'alcool più o meno quanto sapeva reggere l'esposizione a esperimenti che implicassero visioni crude. In breve, quindi, stava molto probabilmente attraversando la sua sbronza numero uno, e non pareva essere il tipo di persona che quando si ubriaca semi-sviene sulla prima superficie piatta che trova e non si fa sentire fino al giorno dopo. Somigliava più a chi, preso da un'euforia partita da chissà dove, comincia a dire frasi per la maggior parte prive di senso che hanno un retrogusto di verità.
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fandom: Marvel's Agents of S.H.I.E.L.D.
TitoloWe took too many shots and we sat on tabletops.
Pairing e personaggi: FitzWard. Leo Fitz, Grant Ward, Jemma Simmons.
Raiting: Giallo canarino.
Warnings: Slash.
Ambientazione: Seconda puntata, personale elaborazione di ciò che potrebbe essere successo dopo il lancio del razzo.
BetaCathlan, la celeberrima. ♥
A Silvia, perché se non fossimo così Fitz entrambe, lei sarebbe sicuramente il Ward del mio Fitz.
We took too many shots and we sat on tabletops.
Dopo il lancio del razzo nessun componente del gruppo, tolti forse Coulson e May, era completamente lucido. Skye, sorprendentemente, aveva detto di non sentirsi bene e si era ritirata nella propria cabina prima che gli altri potessero fare o dire qualcosa. Ward, dal canto suo, aveva alzato un po' il gomito, lasciandosi trasportare da Fitz e Simmons che sembravano decisi – dopo gli avvenimenti della giornata – a fare la conoscenza di tipologie di alcolici ben più potenti della loro consueta birra.
Jemma l'aveva presa piuttosto bene, considerata l'inesperienza, ma non si poteva certo dire la stessa cosa di Leo; il ragazzo, infatti, aveva dimostrato di saper reggere l'alcool più o meno quanto sapeva reggere l'esposizione a esperimenti che implicassero visioni crude. In breve, quindi, stava molto probabilmente attraversando la sua sbronza numero uno, e non pareva essere il tipo di persona che quando si ubriaca semi-sviene sulla prima superficie piatta che trova e non si fa sentire fino al giorno dopo. Somigliava più a chi, preso da un'euforia partita da chissà dove, comincia a dire frasi per la maggior parte prive di senso che hanno un retrogusto di verità.
Simmons si stava notevolmente divertendo a sentirlo blaterare mentre, chiusi come al solito nel loro laboratorio, giocherellavano con composti e microchip senza essere certi al cento percento che le loro azioni non fossero rischiose.
«Però Ward ha delle belle mascelle.» mormorò ad un certo punto il riccio, assorto – solo fintamente, perché in realtà ci vedeva ben poco e ciò che vedeva lo vedeva sfocato – nello studio di qualche pezzo d'alta tecnologia. 
Quando Jemma rise sguaiatamente per l'ennesima volta, Leo si sentì costretto a rinforzare la sua affermazione: «No, davvero, sono così... squadrate e simmetriche.»
L'ingegnere mise giù il congegno e si avvicinò all'amica, le spalle rivolte all'entrata del laboratorio in modo da poterla guardare in viso.
«E quel culo, Jemma.» aggiunse, facendo cenno di afferrarlo con le mani. «Se non fossi un cultore della scienza, direi che è magico.»
Simmons probabilmente si sarebbe buttata a terra con le mani sullo stomaco, piegata in due dalle risate per il lessico e i freni rotti di Fitz, se non avesse visto – alzando lo sguardo – qualcosa di terribile: Grant Ward, il possessore del fondo schiena tanto elogiato dal suo migliore amico, se ne stava ritto sulla trasparente soglia del laboratorio con un'espressione a metà fra lo sconvolto e il vagamente divertito. La biochimica cercò di avvertire Leo, ma non fece in tempo a parlare perché quell'ultimo, più veloce, la sommerse con un'ulteriore ondata di commenti inopportuni.
«Poi credo, sai, credo di potergli piacere. O, almeno, inizio ad andargli più a genio. Oggi mi ha addirittura sorriso, parola di scout.»
Jemma sapeva che avrebbe dovuto preoccuparsi di ben altro, ma proprio non riuscì a trattenersi.
«Fitz, non hai mai fatto parte degli scout.»
Leo sembrò attraversare un momento di profondo sconcerto, ammutolendosi; si riscosse solo dopo qualche lungo e meditato secondo.
«E' stato comunque bellissimo.» sillabò, enfatizzando l'ultima parola. «Ward lo è. Intendo bellissimo, non scout. Ma forse è stato anche scout, in effetti. Dovrei chiederglielo. Però magari mi confonderei – perché mi confonde – e gli chiederei qualcosa tipo “scusa, sei bellissimo?”. Beh, in quel caso dovrebbe rispondere di sì. Perché è bellissimo, sai?»
Jemma sentiva che se Leo non avesse smesso di blaterare cose del genere seduta stante mentre Grant era in ascolto sarebbe scoppiata a ridere e piangere contemporaneamente.
«Oh, Fitz.» sussurrò, così labilmente che udirla sarebbe stato quasi impossibile. L'agente Ward, tuttavia, lesse il labiale da dietro la lastra di vetro trasparente, e le fece segno di andarsene non appena le loro iridi si scontrarono una seconda volta.
Simmons inizialmente rimase pietrificata sul posto, cercando di decidere in fretta quale sarebbe stata la propria mossa successiva. Dopo averci pensato decisamente poco su, prese a camminare a passo svelto verso l'uscita, la testa bassa e lo sguardo al pavimento, senza dire una sola parola.
Fitz, con i riflessi rallentati, non se ne accorse subito, ma quando capì che la collega se ne stava andando ci rimase piuttosto male e si girò per chiedere spiegazioni. Fu lì che sbatté contro Grant, che, al contrario di Simmons, stava entrando.
Leo non riuscì nemmeno a trasalire, rimase semplicemente immobile, gli occhi spalancati, il sommesso fruscio delle porte che si richiudevano a fare da sottofondo. L'agente Ward lo prese delicatamente per le spalle e se lo scostò di dosso.
«Qualcuno ti ha iniettato per sbaglio un po' del misterioso e potente siero della verità targato S.H.I.E.L.D o hai fatto da solo?» domandò, per prima cosa.
Fitz deglutì nervosamente.
«Gli aghi mi fanno impressione.» mormorò.
«C'è qualcosa che non ti fa impressione?» chiese Grant, aggrottando le sopracciglia.
«Tu.» sputò l'ingegnere prima di riuscire a rendersi conto di ciò che avrebbe comportato rispondere in tal modo.
Ward, infatti, soffiò una risata.
«Cazzo. Cioè, no, nel senso, sì... magari mi sono davvero iniettato qualcosa.» biascicò, inceppandosi sei o sette volte.
«Oppure hai solo bevuto troppo.» offrì il più grande, diplomatico. «Non avresti dovuto esagerare, sei abituato alla birra.»
«Hai ragione, papà.» concesse Fitz, sarcastico. Quando constatò che Grant non lo trovava divertente si fece ancora più piccolo e mugugnò delle scuse al vento.
La biochimica Jemma Simmons, in realtà, non si era allontanata. Aveva trovato un angolino nel quale acquattarsi ed era rimasta ad osservare gli sviluppi della situazione, sforzandosi di scacciare la scritta “ficcanaso” che le galleggiava a caratteri cubitali nella mente. Il suo intento sarebbe stato quello di essere a portata di mano in caso Fitz ne avesse avuto bisogno e forse sì, ad essere completamente sinceri anche quello di sbirciare giusto un pochino. Il problema principale era che dentro a quel laboratorio stava avvenendo un'interessante fusione fra calma piatta e silenzio stampa; i due uomini se ne stavano uno davanti all'altro senza muovere un muscolo o emettere suono, e nessuno dei due sembrava volersi decidere a fare qualcosa. La prima a stancarsi delle date circostanze fu proprio Jemma. Non aveva una precisa idea in testa quando fece irruzione nella stanza urlando qualcosa a proposito dell'essersi dimenticata uno strumento indispensabile per, a suo dire, “cosare una cosa”, ma nel tragitto prestò particolare attenzione a urtare Fitz talmente forte da spingerlo praticamente in braccio a Ward.
«Ops!» esclamò, facendo spallucce e afferrando un bisturi – il primo aggeggio che era riuscita ad adocchiare – da uno dei tavoli. Si chiese immediatamente se forse non sarebbe stato meglio prendere una più innocente clips o, chessò, una biro, ma era tardi ormai; avrebbe lasciato credere a Leo e Grant che stava pianificando di vivisezionare qualche malcapitato Essere nella propria cabina, poco male. 
Ora, Fitz era spalmato sul torace ampio di Ward e lo fissava dal basso in alto, le guance arrossate dall'alcool e, soprattutto, dall'imbarazzo. Probabilmente fu il fatto che Grant dopo due minuti buoni non si fosse ancora azzardato a muoversi a farlo scattare, o forse il suo fu solo uno stupido impulso guidato dagli ormoni impazziti di un ragazzo poco più che adolescente, ma Leo afferrò la cravatta dell'Agente e tirò, portandolo ad abbassarsi in modo da riuscire a far scontrare le loro labbra. Ward chiuse gli occhi e aggrottò le sopracciglia, ma non si scostò; contornò invece la vita dell'altro con il braccio destro, premendoselo meglio contro, mentre lo scozzese chiedeva un contatto più profondo leccandogli il labbro inferiore con la punta della lingua. L'ironia della situazione, a quel punto, era che Ward mai avrebbe pensato a Fitz come a qualcuno in grado di prendere l'iniziativa. Non che avesse riflettuto molto su di lui o sui suoi possibili comportamenti in caso di avvenimenti simili, davvero. Comunque, il bacio divenne più intimo e in qualche maniera più aggressivo, e i due si ritrovarono presto col fiato corto. Fitz pensò bene, dunque, di avventarsi su ciò che prima era stato oggetto dei suoi apprezzamenti: le mascelle. Quelle marcate, simmetriche, solenni mascelle dalle quali tante volte avrebbe voluto trovarsi a pochi centimetri. Le baciò, dapprima, per poi cominciare a morderle e a lasciarsi dietro uno strascico di segni rossastri mentre scendeva a marcare anche il collo di Ward, che con le palpebre abbassate tentava di trattenersi dall'emettere suoni. Leo si concentrò su un angolo di pelle vicino alla giugulare, affondando i denti nella cute tesa e spessa e succhiando più forte che poté, strappando un imprecazione al moro. 
Grant prese l'ingegnere in braccio, facendo in tal modo sfregare le loro erezioni nascenti, fasciate dai pantaloni. Strinse i glutei di Fitz nel momento in cui quell'ultimo allacciò le gambe intorno alla sua vita e tornò a dedicare le proprie attenzioni alla sua bocca, leccandone le labbra sottili fra un mugolio e l'altro. Issandoselo meglio addosso Ward si avvicinò al tavolo di fronte a loro con gli occhi aperti solo per metà, e spazzò via con scarsa considerazione ciò che ci stava sopra per collocarci Fitz. Purtroppo, però, non appena Leo si sistemò sulla superficie liscia qualcosa andò in frantumi con un rumore tintinnante. In un riflesso involontario il riccio spinse via l'Agente, che protestò vivacemente prima di accorgersi del panico nel viso del collega. Fitz, infatti, fissava il pavimento con aria terrorizzata, entrambe le mani sulla bocca.
«Cosa c'è?» sputò Grant, osservando l'aria sconvolta di Leo e chiedendosi se anche lui in quel momento sembrava uno che aveva appena attraversato un uragano.
«Devi andare a chiamare Simmons.» disse Fitz, tutto d'un fiato.
Ward sbatté un paio di volte le ciglia, corrugando la fronte.
 «Scusa?» chiese, dopo.
«Devi andare chiamare Simmons.» ripeté il più piccolo. «Subito. Immediatamente. In fretta. Abbiamo rotto tre provette con tre liquidi differenti che si stanno pericolosamente allargando sul pavimento, e io non ho idea di che cosa cavolo siano e di come reagiranno una volta a contatto. Valla a chiamare.»
Notando che Ward non si stava muovendo, sentì di dover insistere.
«Muoviti!» strillò, facendo sforbiciare le gambe a penzoloni.
Grant Ward odiava la scienza. Durante l'addestramento per diventare agente dello S.H.I.E.L.D ne aveva necessariamente imparate le basi e poco più, ma non gli era mai andata a genio e non rientrava nelle sue specializzazioni, motivo per cui quando Fitz e Simmons parlavano tra loro lui capiva a stento le congiunzioni fra una parola e l'altra. L'aveva sempre odiata e, se possibile, ora l'odiava di più, considerato che per colpa sua aveva dovuto interrompere quello che sarebbe potuto essere il primo amplesso dopo un frustrante periodo di inattività. Grugnendo si fece strada fuori dal laboratorio, per poi sfilare dalla tasca il proprio cellulare e scrivere velocemente un messaggio senza connettivi molto simile a “Simmons, laboratorio, urgente”, perché per nessun motivo al mondo avrebbe fatto irruzione nella cabina di Jemma con un'evidente erezione abbandonata a se stessa; doveva occuparsene e doveva farlo in fretta. Pigiò il tasto d'invio e cominciò ad avviarsi verso la propria stanza, mentre Simmons ringraziava ogni divinità presumibilmente esistente per essersi ricordata di impostare “silenzioso” come profilo del proprio telefono e sgusciava via dal suo nascondiglio, visionando il messaggio inutile per andare ad aiutare Fitz con degli intrugli che, comunque, erano del tutto innocui. Rabbrividì immaginando cos'avrebbe potuto dire o, perché no, fare Ward se solo avesse sentito la sua suoneria provenire da qualche parte lì vicino.
__________________________________________________________________

Buco Hobbit: Non avevo voglia di scrivere il solito "angolo a nonsopiùquanti gradi", quindi ho scritto Buco Hobbit perché è qualcosa di carino. ... Ciao, in breve. E' da un sacco che non scrivo (o meglio, non pubblico) qualcosa, perché purtroppo ultimamente la mia fiducia in me stessa si è - non so come - ulteriormente abbassata, e non sono più riuscita a raccontare cose in maniera accettabile. Ora, non che questo sia un gran capolavoro, ma è passabile, perciò ho deciso di postare, soprattutto grazie a (e per amor di) Cathlan e _Sourwolf, che mi sono state vicine in questa crociata verso il compimento della Fitzward(....?). Non ho idea di cosa significhi la frase che ho appena detto, ma comunque in pratica stavo ringraziando le due sopracitate donzelle per aver shippato fin dall'inizio insieme a me questi due trottolini amorosi. Il titolo è mezzo tratto dalla canzone "Last Friday Night" di Katy Perry, l'ho rigirato un po' per adattarlo ai miei bisogni, però. Dopodiché basta, credo di aver blaterato abbastanza (Fitz, I feel you), ciò che ho da dire riguardo alla fanfiction lo trovate nei dati all'inizio e nella fanfiction stessa e boh addio vi voglio bene tornerò probabilmente fra sei ere glaciali però continuo a volervi bene non vi preoccupate. ... Ah e spero di non essere andata troppo OOC, ma probabilmente l'ho fatto, ma tanto era ubriaco Fitz ma TANTO NON GIUDICATEMI OKAY CIAO.
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D. / Vai alla pagina dell'autore: literatureonhowtolose