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Autore: SweetTaiga    19/11/2013    2 recensioni
AMBIENTATA ALL’INIZIO DELL’EPISODIO 7x13
Dean non si aspettava che Castiel apparisse in quel modo; si era quasi rassegnato alla morte dell’angelo, pur continuando a nutrire la flebile speranza che un giorno lo avrebbe incontrato ancora.
Eppure era lì, davanti ai suoi occhi, avvolto nel sua cappotto sgualcito.
Lo stesso cappotto che Dean aveva raccolto e che custodiva gelosamente.
C’era un dettaglio stonato in quella situazione, un campanello d’allarme, ma il cacciatore si rifiutava di vederlo. Cas era lì e tutto andava bene.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
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Hello Dean, Goodbye Dean
Angelo Mio, Tiziano Ferro
 
 
Gli angeli vengono se tu li preghi 
e quando arrivano ti guardano,
ti sorridono
e se ne vanno 
per lasciarti il ricordo di un sogno lungo una notte,
ma che vale una vita.
Vivilo in fondo
perchè lui non torna più
 

Apparve dal nulla.
«Ciao, Dean »
Dean alzò lo sguardo. A pochi passi dalla panchina su cui si era seduto, vi era un uomo in giacca e cravatta avvolto in un lungo cappotto beige sgualcito. Si alzò di scatto, tentando di mettere a fuoco l’uomo – l’angelo.

 
Io ti ho notato: guardavi me
e tremo dentro, ora lo sai anche te
sai che tra poco dovrò dirti addio 
angelo mio
 


« Castiel? » domandò, insicuro – o magari sicuro di essere impazzito. Portò una gamba in avanti, fece lo stesso con l’altra. Avanzò, tendendo una mano.  « Castiel, sei davvero tu? »
Lo cinse in un abbraccio, lottando con se stesso per trattenere una lacrima. « Credevo fossi morto! » ammise, e la sua voce tradì l’emozione.
Castiel non rispose, limitandosi a ricambiare lo slancio d’affetto dell’amico con imbarazzo e stupore.
« Sono qui » sussurrò mentre Dean lo lasciava andare.
« Dove sei stato? Cosa hai fatto? Come sei sopravvissuto? Potevi lasciarmi un messaggio, un segno, qualsiasi cosa  iniziò poi a lamentarsi quest’ultimo.
« Non sono qui per parlare di questo, Dean » disse Castiel alzando le mani in segno di resa. « Ogni cosa a suo tempo »
« Allora perché sei qui? Hai bisogno di aiuto? Non ti aiuterò a risolvere un altro dei tuoi casini, non ho dimenticato quello che - »
« Dean »
Il cacciatore smise di parlare, concentrandosi finalmente sugli occhi tristi di Castiel. L’angelo gli sfiorò appena il braccio prima di precederlo sulla panchina alle sue spalle; poi gli fece cenno di sedersi accanto a lui.
Dean, come un figlio obbediente, lo seguì.
« Sono qui perché tu mi hai chiamato. Perché tu hai bisogno di me » disse senza alcun accenno di imbarazzo o incertezza, scandendo lentamente ogni parola, come se stesse tentando di spiegare pazientemente ad un bambino qualcosa di ovvio ed estremamente importante.
« Non ti ho chiamato. Credevo fossi morto, come potevo - »
« Sai di averlo fatto » insistette Castiel. « Ogni notte »
Dean non riuscì a controbattere. Lo aveva pregato, certo, ma non si aspettava una risposta.
O forse sì?
In fondo una parte di lui sentiva che sarebbe tornato.
Annuì.
Era strano trovarsi di nuovo lì, seduti su una panchina, come quando tutto ebbe inizio.
Sembrava essere passata un’eternità.
Dean si sentiva molto più vecchio, molto più stanco; la sua tenacia stava lentamente scomparendo, lasciando spazio a quel vuoto che di giorno in giorno, di sofferenze in sofferenze, di delusione in delusione, diventava sempre più grande. Si chiese se ci fosse ancora posto per qualcos’altro – rabbia, odio, qualsiasi cosa – o se quel vuoto avesse già occupato interamente la sua anima.
Sperava che a questo punto potesse inghiottire anche il dolore.
« Vuoi mollare tutto, Dean? » domandò Castiel, interrompendo il filo (il)logico dei suoi pensieri – o forse catturandone un’estremità.
Il ragazzo aspettò qualche secondo prima di trovare la forza per ammettere la verità. Socchiuse appena gli occhi e si voltò verso l’angelo.
« Sì, a volte vorrei farlo »
Non ottenne alcuna risposta. Castiel si limitava a ricambiare il suo sguardo, annuendo in maniera quasi impercettibile.
Gli stava dando ragione?
Era deluso?
Dean non riuscì a capirlo. Poi smise di chiederselo e interruppe il contatto visivo.


 
Hai detto tu che se sei qui
non è perchè sei mio
ma perchè è così che compirai il volere del tuo Dio
angelo mio




« Cas »
« Dean? »
Percepì gli occhi dell’angelo su di sé – come sempre.
« Portami con te, ovunque tu stia andando » chiese guardando il cielo.
Era relativamente semplice ammettere di non farcela, ma era così dannatamente difficile chiedere a qualcuno di aiutarlo, di afferrargli la mano e trascinarlo via, lontano dalla sofferenza, dal dolore e dalla perdita. Lontano dal vuoto.
« Non posso farlo » rispose Castiel.
Una risata roca e densa di sarcasmo sgorgò dalle labbra di Dean. « Te l’ha proibito il tuo Dio? »
Se Castiel si sentì ferito da quel commento, non lo diede a vedere.
E se anche avesse mostrato dolore, Dean stava continuando ostinatamente a guardare altrove.
« In realtà non voglio » ammise Castiel dopo una manciata di minuti.
Solo allora Dean si girò verso di lui, dedicandogli uno sguardo carico di stupore e velato di tristezza.
« Non fraintendermi » disse l’angelo congiungendo le mani sulle ginocchia a aggrottando, se possibile, ancora di più le sopracciglia.
Fu in quel momento che Dean notò le occhiaie profonde che cingevano i suoi occhi. Sospirò.
« Tranquillo, sei stato molto chiaro » sputò con rassegnazione, poggiando la schiena alla panchina e tornando a scrutare il cielo sereno.
« Io non… » tentò Castiel. Poi scosse la testa e provò a ricominciare. « Quello che voglio dire… »
Aprì le braccia e socchiuse le labbra, fermandosi nuovamente per misurare le parole. Si accorse che Dean non lo stava ascoltando.
Si alzò e gli si posizionò davanti, tentando di catturare lo sguardo del ragazzo.
Si sporse verso di lui, poggiandogli i palmi delle mani sulle gambe. Bastò quel breve contatto fisico a farli sussultare entrambi, e finalmente Dean tornò a guardarlo negli occhi.
« Quello che sto davvero cercando di dire » riprese Castiel, con la voce arrochita da chissà quali emozioni.
«è che non potrei mai volere qualcosa che tu stesso non vuoi »
Un altro silenzio carico di tensione calò tra loro.
« Castiel, smettila con questa psicologia da quattro soldi e dimmi dove vuoi arrivare » sibilò allora Dean sporgendosi in avanti e dimezzando la distanza che l’angelo aveva mantenuto tra i loro volti.
Facendo leva sulle braccia, Castiel si spinse all’indietro, lontano dal suo viso; diede le spalle a Dean, portandosi entrambe le mani sulle tempie.
« Tu ti ostini a non capire » disse al vento.
« Allora spiegati meglio! » urlò Dean, alzandosi a sua volta.
« Sono stanco, lo capisci? Non sto dicendo di essere l’unico ad aver lottato, non sto dicendo di meritare il riposo che nessun cacciatore è mai riuscito ad ottenere, sto solo dicendo che io, IO, sono stanco » ammise, fissando intensamente i capelli scompigliati di Castiel.
« E non sto chiedendo comprensione,  aiuto o sostegno morale. Non sto chiedendo di cancellare ciò che ho fatto e chi sono. Vorrei solo che… » la sua voce si spezzo e dovette schiarirsi la gola prima di ricominciare a parlare. « Vorrei solo che tutto si spegnesse » ammise. « Così, come per magia » precisò, schioccando le dita e poi disperendo nell’aria immaginari granelli di qualcosa.
« Vorrei andare a dormire una sera e semplicemente non svegliarmi » sussurrò abbassando il capo.


 
Al tuo volo io non opporrò
ma chiamami
ti seguirò.
Tu presto volerai e ne morirò, 
non saluterai
e poi fuggirai.
Cercherò di non scordarti mai
angelo mio



« Sai, Dean » cominciò a dire Castiel, continuando a dare le spalle al ragazzo. « Ogni supereroe ha la sua kryptonite. La tua… sei tu »
« Non è una gran mossa richiamare alla memoria la kryptonite, sai? » sottolineò Dean con amara ironia.
« Ascolta quello che ti sto dicendo, Dean » insistette l’angelo voltandosi a guardarlo.
Quegli occhi scavavano nell’anima, dannazione.
« Ti sto ascoltando » obiettò Dean.
« Non abbastanza »
Vi fu una folata di vento; un rumore simile al rombo di un motore riempì l’area, ma non c’era nulla intorno a loro. Dean pensò che a breve avrebbe iniziato a piovere.
« Tu sei convinto che Sam sia la tua debolezza. La tua famiglia, le persone che vuoi difendere » ricominciò Castiel, come se il tempo stesse per finire. L’urgenza si materializzò nella sua voce, in alcune note acute che si lasciava sfuggire inconsapevolmente.
« Ma non è così: ciò che vuoi proteggere è la tua forza. In fondo l’hai sempre saputo. Hai bisogno di un motivo per andare avanti, di qualcuno per cui combattere. E non parlo di streghe, demoni e quant’altro. Se non fossi stato un cacciatore, avresti comunque trovato il modo di proteggere gli altri »
« Continuo a non seguirti, Castiel »
« Quello che sto cercando di dirti… » cercò di proseguire, iniziando a fissare i palmi delle proprie mani come se fossero la cosa più interessante del Creato. « Sottovaluti la tua vita, Dean. Sei così impegnato a preoccuparti degli altri che non ti prendi cura di te stesso. Non puoi salvare nessuno da morto, Dean »
« Che razza di assurdità stai dicendo?  tentò di obiettare il ragazzo.
« Se non vuoi salvarti non riuscirai a farlo » concluse Castiel con un sospiro.
Dean cercò di mettere insieme i pezzi; conversazioni differenti tenute con persone diverse, e la conclusione era stata sempre la stessa: se non sei abbastanza forte, lascia perdere.
Se non puoi continuare a sorridere (ma sorridere per cosa?), lascia perdere.
Se non riesci a rassegnarti all’idea di non poter salvare tutti, lascia perdere.
Non bastava che cercasse di fare del bene; doveva anche gioirne.
« Se non puoi salvarti… » iniziò Castiel.
«… lascia perdere, lo so » concluse Dean.
« No. Stavo per dire che toccherà agli altri salvare te »
La situazione apparve a Dean da un’altra prospettiva: quella di Sam.
Nonostante tutto, il fratello aveva continuato a lottare, e solo grazie a questo Dean era riuscito a salvarlo.
Se Sammy si fosse arreso, come sarebbero andate le cose?
Sareste morti entrambi, rispose sussurrando una voce nella mente di Dean.
E se fossi io ad arrendermi?, si chiese di nuovo.
Questa volta non ci fu bisogno né di Castiel né della sua coscienza per ottenere una risposta.

 
Non ho risposte a cosa vuoi da me,
non ho pretese se non sei come me.
Lasciami credere che tornerai
angelo mio


 
« Hai uno strano modo per dirmi di non farmi ammazzare» osservò Dean, leggermente divertito.
« Ti ho solo messo faccia a faccia con la realtà » sottolineò Castiel.
« E come potevi sapere che avrebbe funzionato? »
« Perché, ha funzionato? » s’informò l’angelo sollevando un sopracciglio.
« Diciamo che sto valutando i pro e i contro di una mia eventuale resa » sorrise il cacciatore.
Un altro rombo nel cielo; Dean si chiese come facesse a tuonare senza che vi fossero nuvole all’orizzonte.
« Sei venuto fin qui solo per questo, allora? » domandò.
Castiel annuì, allontanandosi da lui di qualche passo.
« E ora dove andrai? »
Castiel alzò le spalle. Un altro passo indietro.
« Stai andando via? » domandò Dean. « Mi fai la ramanzina e poi scappi? » tentò di ridere.
Castiel continuava a guardarlo negli occhi. Ancora un passo.
« Ci vediamo presto, vero? » tentò ancora il ragazzo.
Castiel si fermò.
« Non fare domande di cui non vuoi conoscere le risposte » disse.
« Sai che non sono bravo a mentire. Finirei comunque per dire qualcosa in grado di tradirmi » aggiunse poi con un sorriso triste.
 
 
Se poi pensi che non ne vivrò
chiamami
ti seguirò



« Castiel, aspetta un attimo! » Dean mosse qualche passo verso l’angelo. « Il tuo cappotto. Sono sicuro che sia il solito cappotto »
Castiel annuì. « È il solito cappotto »
Il ragazzo scosse la testa, come per allontanare una mosca fastidiosa. « Ma era sporco, e bagnato, e l’avevo preso io, lo custodivo… »
« Lo hai ancora tu, Dean »
Dean rise e guardò l’angelo come si guarda un folle ubriacone.
« Come faccio ad averlo io se lo stai indossando? » disse con noncuranza.
Trascorsero alcuni secondi prima che le labbra di Castiel si schiudessero di nuovo.
« Non lo sto indossando »
Dean aprì la bocca per una manciata di secondi, poi la richiuse. Portò la mano destra a stropicciarsi gli occhi, poi la puntò verso Castiel.
« Sto sognando, vero? » domandò, senza aspettarsi realmente una risposta.
« Tutto questo non è reale, sta accadendo  nella mia stupida testa » imprecò stringendo i pugni.
« Il fatto che stia accadendo nella tua testa non vuol dire che non sia reale » ribatté Castiel.
Dalle labbra di Dean fuoriuscì una risata isterica. « Non iniziare a parlare come Silente ora! »
« Come chi? » chiede l’angelo.
« Almeno nei miei sogni potresti capire i miei riferimenti »
Castiel piegò la testa di lato, aggrottando le sopracciglia come era solito fare.
« Nei tuoi sogni potrei essere come vuoi. Evidentemente mi vuoi così come sono » espose con lucidità.
Un altro tuono, un altro rombo nel cielo.
« Dove sono nella realtà? »
« In macchina con Sam. Avete un nuovo caso » rispose Castiel.
Un altro rombo, un breve bagliore tra le nubi.
« Mi dispiace, Dean » Gli occhi di Castiel sembravano ancora più grandi, ancora più intensi.
« Figurati, sei solo una mia alluci - »
« Per essermene andato, intendo »
Dean si portò le mani alla testa. « Non fa molto effetto. E’ la mia testa a dirlo, non tu – non il vero te, intendo »
« La tua testa sa che è vero »
Dean meditò per alcuni secondi su quelle parole.
« Tutti se ne vanno » sussurrò poi. « Tu, Bobby, papà, Ellen, Jo… »
Castiel interruppe la lista infinita. « Non tutti. Sam è ancora con te »
Dean rise ancora, di una risata vuota, quasi spettrale. « Sammy è quello che va via più spesso di tutti »
« Ma poi ritorna » aggiunse semplicemente Castiel.
« Ed ora dovresti ritornare anche tu »
Era facile intuire che non intendeva solo fisicamente. Avrebbe dovuto rimettere insieme i pezzi di se stesso; ci sarebbe voluto del tempo – ogni persona che era morta, in fondo, ne aveva portato uno spicchio con sé – ma un puzzle senza qualche pezzo resta comunque un puzzle.
Fu allora che Dean alzò lo sguardo.
Castiel stava continuando ad allontanarsi, passo dopo passo, lentamente.
Un altro rombo. Ora la riconosceva: era la sua piccola.

 
Volevo io che tu fossi qui
ho chiesto troppo e quindi è andata così
un sogno lungo una notte e poi addio
angelo mio


« Addio, Dean »
E sparì.
 







NOTE:
Ok, è davvero un’eternità che non pubblico su Efp ed ho un’ansia da prestazione assurda!
Credo che questa one shot sia alquanto contorta, ma diciamo che ho seguito il filo (il)logico dei pensieri di Dean.
Vorrei sottolineare che il capitolo è ambientato durante la settima serie (che ancora non ho finito di vedere), quindi Castiel e morto e Dean e Sam stanno dando la caccia a quel bastardo di Dick – mai nome fu più appropriato! In particolare all’inizio dell’episodio 7x13, in cui Dean si sveglia nell’Impala con Sam alla guida.

Vi saluto, sperando che l'ispirazione non mi abbandoni e questa sia solo la prima di molte altre nuove storie : )

SweetTaiga



 
   
 
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