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Autore: kevin is mine    19/11/2013    1 recensioni
Hai mai avuto bisogno di qualcuno che ti dia una certezza? No, tu sei perfetto vero? tu ti senti perfetto...
magari sono una di quelle ragazze che sta da sola ma solo perchè nessuno l'abbraccia e le chiede che ha.
magari sono una di quelle che non racconta i suoi problemi ma solo perchè nessuno la guarda e le chiede di sfogarsi.
magari sono una di quelle che la notte piange e urla contro un cuscino perchè non ha nessuno disposta ad ascoltarla. o magari, semplicemente, non voglio essere giudicata...
Nessuno può capire cosa vuol dire essere me. Pochi sanno cosa si prova a non ricordare più il volto dei proprio genitori.
E' uno tzunami che mi sta tirando giù negli abissi e non riesco più ad andarci contro, ti prego, ho bisogno di te. Salvami. Sto per affogare.
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una serie di salti mi fecero svegliare. Aprii lentamente gli occhi, la musica ancora andava leggera nelle mie cuffie.

Guardai fuori dal finestrino, il paesaggio indefinito sprizzava veloce davanti al mio sguardo, sospirai e mi misi a posto la giacca. Un brivido mi assalì e, percorrendo tutta la schiena, arrivò al mio cuore. Come un mattone.

Davanti a me la signora Pull guidava senza sbattere ciglio.

<< ti sei svegliata finalmente! >> disse in modo secco. Si vedeva che ero solo un enorme e inutile peso per lei, era vecchia e non ce la faceva più a starmi dietro. Peccato solo che era il suo lavoro.

 Mi stropiccia gli occhi e mi misi seduta in modo normale, non mi interessava ascoltare il suo solito sproloquio sulla nuova famiglia. Sempre le solite inutili cose "sii gentile. Sono davvero delle belle persone. Tutti dolci e simpatici".

Chissà come mai diceva questo di tutte le famiglie, chissà come mai queste però mi avevano sempre lasciato sul ciglio della strada, con le mie poche cose impacchettate e le mie due valige stracolme di vestiti, ad aspettare che la vecchissima cadillac rossa di Arien Pull mi passasse a prendere per scarrozzarmi in un'altro posto.

Non ricordo più nemmeno quand'è stata la prima volta che, con una scusa banale, mi avevano ripudiata dalla loro casa.

Tutto questo mi portava a pensare solo ad una cosa, ero io quella sbagliata. Non andavo bene. Ma non avevo nessuna intenzione di cambiare. A costo di vivere ogni mese in una parte diversa dell'Inghilterra. A costo di dover andare ogni giorno in un nuovo istituto perchè in quello precedente mi avevano sospesa o perchè la mia media traballava tra il tre e il quattro; non sarei mai cambiata, non me ne fregava nulla della scuola. Dei compagni. Delle mie "famiglie". Ormai non mi importava più di nulla.

Non ricordavo più il volto dei miei genitori, i miei parenti non volevano avermi tra i piedi e mi avevano lasciata all'assistente sociale. Come un rifiuto da buttar via. Ero un errore, fin dalla nascita. Una delusione continua per chi mi stava attorno.



Ho solo un ricordo, io molto piccola che gioco sulla spiaggia. E un uomo vestito completamente di nero che, con la schiena curva e gli occhi gonfi si era avvicinato ad una ragazza a pochi metri da me, l'aveva guardate e le aveva sussurrato qualcosa. Lei era rimasta in mobile, senza dire una parola, fino a che lui non se n'era andato. Appena l'ombra del mastodontico tutto muscoli era scomparsa dietro l'angolo, le ginocchia della ragazza avevano iniziato a tremare, fino a non reggerla più in piedi. Si era accasciata in lacrime sulla sabbia morbida e si era lasciata bagnare dal mare.

Poi il vuoto, fino all'età di sette anni. Quando la prima famiglia era venuta a prendermi all'orfanotrofio. Ricordo il sorriso gentile della donna vestita di pelliccia; e ricordo la sua faccia infuriata quando, alle sei di mattina di una freddo lunedì di inverno, mi aveva sbattuto fuori di casa sbraitando al telefono che non ne poteva più di me, che stavo rovinando la sua vita e quella dei suoi stupidi quattro figli. Quattro stronzetti viziati.

E ricordo la prima volta che vidi la cadillac rossa rossa arrivarmi in contro sbuffante e saltellante. Dopo nove anni la macchina su cui viaggiavo era la stessa, io ero la stessa. Forse qualche centimetro più alta e con qualche taglia in più di reggiseno.



<< spero sia l'ultima famiglia che tu debba affrontare; se mi chiamano ancora disperati perchè fai a botte ogni giorno o perchè stacchi la testa a qualche stupida bambola dei loro stupidi figli, giuro su tutti i santi, che ti lascio in mezzo alla strada! >> la voce stizzita di Arien non lasciava trasparire nemmeno un pò di ironia, si vedeva che le importava più di se stessa che di me. Sbuffò e con lei sbuffò l'auto fermandosi.

L'immagine di un'enorme villa si rifletteva nello specchietto retrovisore.

<< siamo arrivati >>.

Mi toccai l'occhio nero, faceva ancora male. La goccia che fece traboccare il vaso, l'ultima stronzata che avevo fatto per far finire in esaurimento nervoso anche l'ultima "mamma" che mi avevano assegnato.

Scesi dalla macchina, aprii il bagagliaio e tirai fuori le mie cose. La signora Pull mi seguiva a ruota, senza far finta di preoccuparsi di quanto pesassero le valige. E senza preoccuparsi di darmi una mano.

Trovando il cancellino aperto attraversai il grande giardino e suonai al campanello della porta principale.

Una donna bellissima donna con i capelli mori e gli occhi nocciola mi sorrise aprendo la porta, dietro le sue gambe due piccole bionde mi scrutavano tenendosi a debita distanza.

La donna porse la sua mano verso di me

<< tu devi essere Jewel. Piacere io sono Johannah. Spero che con il tempo vorrai chiamarmi mamma >> ridacchiò e le due bimbe risero con lei.

Socchiusi gli occhi, una fitta mi strinse il cuore come una morsa. Strinsi la mano a Johanna  << si, sono io. E si vedrà, ma non aspettarti nulla subito >>, feci un ghigno beffardo. La signora Pull mi tirò uno scappellotto, mi girai e la fulminai con lo sguardo.

Ma la donna non esitò un attimo, rise ancora e mi scompigliò i capelli << Ho cinque figlii, non mi scalfisci cosi' facilmente >> disse e, avvicinandosi ad Arien si chiuse la porta alla spalle. Le due mini follette bionde erano ancora attaccate alle sue gambe. Non sapevo se odiarla o volerle bene, sembrava una donna decisa. Senza alcun rimpianto. << Daisy, Phoebe. Fate vedere a Jewel la casa. Qui intanto sistemo un pò di cose burocratiche >> mormorò alle bambine che, lasciando gli arti inferiori della madre, si avvicinarono a me e si presero possesso delle mie mani, tirandomi da un lato e dall'altro e urlandosi addosso. Ognuna di loro voleva fare la sua parte per farmi vedere l'enorme villa. Mi facevano ridere.

Appena si tranquillizzarono un pò mi feci trascinare al piano superiore, passammo vicino ad una stanza dalla quale usciva musica ad un livello impossibile << quella è la stanza di Lottie >> disse, penso, Daisy << non ti conviene darle fastidio, è una piccola strega >> ridacchiò e mi trascinò in fondo al corridoio.

Aprirono all'unisono la porta e, con un teatrale gesto delle mani e un sonoro "tadannn" mi mostrarono quella che, probabilmente, sarebbe stata la mia futura stanza. Non so per quanto tempo, ma lo sarebbe stata.
  
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