Questa storia è dedicata a Lady Vampire.
Alla fine della battaglia
Lei accennò un sorriso faticoso.
Era bella, dio se era bella.
Non poteva staccarle gli occhi dal suo corpo, dal suo viso, da quella sua leggiadra imperfezione (e più le scopriva difetti più la trovava bella).
Desiderava solo fermare quel momento, per sempre.
Le passò una mano dietro alla schiena, sollevandole il capo.
«Come stai?» le chiese.
Lei non rispose e tossì.
«Va tutto bene» disse lui «è finita. Non devi più preoccuparti»
Intorno giacevano tre uomini, avvolti nel sangue e nell'odore acre della morte appena sopraggiunta.
Delle sue marionette non restavano che frantumi, pezzi irriconoscibili residui della battaglia.
Il dolore alla gamba cresceva e cresceva.
Ma lui desiderava fermare quel momento, per sempre.
Lei strinse la mano al suo braccio.
«E' davvero finita?» sussurrò
«E' finita» rispose
«Mi hai salvato la vita» disse lei
«E' solo un dettaglio» rispose.
Avrebbe voluto dirle un milione di cose. Ma non ne capiva il motivo e ne aveva paura.
«Dobbiamo andare» disse
Tentò di alzarsi appoggiandosi a lui, stringendo tra i denti il dolore.
Chiuse gli occhi.
«Ti fa male?» chiese
«Non importa» rispose
«Lascia che ti aiuti» balbettò a mezza voce
«Anche tu sei ferito»
«No...sto bene»
La sollevò sulla schiena, e gli parve che il dolore che provava non fosse che un'eco distante.
«Grazie» disse lei, lasciandosi andare.
«Di niente» rispose cominciando a camminare
«Kankuro?»
«Uhm?»
«Ho avuto paura»
La sua voce lo raggiunse come un soffio, con la stessa delicatezza con cui i suoi capelli gli scendevano sul petto. Come petali di fiore. Come gocce di pioggia.
La aveva vista al torneo (ma non avuto il tempo per guardarla davvero).
Al torneo dove sua sorella la aveva sconfitta con facilità (lei era così fragile, così indifesa...una bambina, aveva pensato).
Si rendeva adesso della sciocchezza che gli era passata per testa in quel momento...lei, no, lei non era affatto una bambina.
«Lo so Ten» rispose «Ma adesso è tutto finito»
Anche adesso, lì, adagiata sulle sue spalle, così vulnerabile, anche adesso era una donna.
«Per fortuna sei arrivato tu» sussurrò ancora, prima di chiudere gli occhi e di addormentarsi.
Combattere con lei era stato strano...
Lui era un marionettista.
Lui non combatteva mai da solo.
Ma odiava combattere con altra gente, con gente vera.
Le sue marionette erano i suoi migliori amici (ma le aveva lasciate lì, a pezzi, li per terra, aveva preferito portare lei, una persona vera, lei).
Sì, combattere con lei era stato strano...un'esperienza quasi mistica, avrebbe detto (mistica? Che idiozie vai pensando Kankuro? Il dolore alla gamba ti da alla testa?)
Forse era cominciato prima. Quando lei e la sua squadra erano arrivati a Suna (un'altra volta). Forse era cominciato quando la aveva incontrata per caso, per le strade assolate di quella sua città silenziosa, quando aveva scambiato due parole con lei (sempre per caso, s'intende), due parole veloci, sul tempo, sui combattimenti, sui rapporti tra Suna e Konoha...ma a lui non piaceva parlare. Non gli era mai piaciuto. Con una donna poi. Solo che lei era gentile. Lei era discreta, un po' timida, solare. Intelligente (o così gli era sembrata). A lui non erano mai interessate le donne. Solo che lei aveva un sorriso bellissimo. Uno sguardo profondo. Due gambe incredibili. Forse era cominciato così.
E così quel combattimento era solo una parentesi (ma lui l'aveva salvata, lui, non Lee e soprattutto, non Neji).
Mentre camminava verso il villaggio, sentendo il suo respiro tra le orecchie e le guance, il suo respiro lieve come una carezza, pensava a questo. Un dettaglio. Lui le aveva salvato la vita.
Lui, non Neji.
Grazie a tutti, a chi leggerà e a chi recensirà, dandomi come sempre spunti preziosi per il futuro (così nascono le idee migliori) e soprattutto tanta carica.
Lady Vampire: Mi avevi chiesto una lettera, spero vada bene lo stesso...dal momento che questi due personaggi non si erano mai “davvero” incontrati prima ho dovuto creare loro una situazione. Soprattutto spero che tu abbia avuto modo di leggere la storia. Un abbraccio.