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Autore: stellabrilla    29/04/2008    1 recensioni
Lo spirito della Tammorra, la chiamano.
Si dice che la Danza stessa abbia deciso di assumere sembianze di donna, per manifestarsi tra gli uomini...
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: la TAMMORRA è uno strumento musicale a percussione, strettamente legato ai riti mariani dell'agro Sarnese-nocerino.
È un grosso tamburo a cornice con la membrana di pelle seccata di un animale (quasi sempre capra o pecora) tesa su telaio circolare di legno, in genere quello dei setacci per la farina, al quale sono fissati, a coppie, dischetti di latta detti cicere oppure cimbale ricavati dai barattoli usati per la conservazione dei pomodori. Il suo diametro è in genere compreso tra i 35 e i 65 centimetri.






A volte, quando la pioggia cade a torrenti e crea un muro che attutisce i suoni, il mondo diventa surrealmente silenzioso. Il traffico ed i clacson si spengono come con un interruttore, le grida ed i passi si annullano come in una sorta di strano film muto.
In una gelida serata di gelida pioggia, poi, in mezzo alle campagne brulle e disordinate del vesuviano, ci si aspetterebbe la totale assenza di qualsiasi tipo rumore. Ci si aspetterebbe calma, e buio. Ci si aspetterebbe desolazione.
Ma non questa sera. No.
Questa sera, da un casale seminascosto tra edifici abusivi e pruneti, si levano canti di festa, e una calda luce giallo oro illumina lo spazio tutt’intorno.
È un’esperienza quasi surreale, varcare la soglia di quella masseria, sembra di entrare a far parte di un altro mondo. Fatto di un caos disarmonico e sconcertante. Un miscuglio pazzescamente improbabile di suoni, e odori, e sensazioni.
Al centro della grande sala, lì dove converge e si focalizza l’attenzione di ognuno, lì dov’è il centro nevralgico della festa, ci sono i danzatori. E, proprio al centro del cerchio dei danzatori, c’è Lei.
Nessuno sa esattamente chi sia.
Ad ogni festa, sagra, o ricorrenza, ovunque una cicera tintinni, si batta una tammorra . Ovunque vi siano castagnelle da suonare, Lei c’è.
Arriva da sola, sempre. Appare tra i danzatori come un soffio di vento d’estate.
Una foresta di lunghi capelli rossi né annuncia l’arrivo, e subito attorno a Lei si apre uno spazio riverente.
Non è bellissima, forse nemmeno carina. Ma è selvaggia.
Dal momento stesso in cui fa la sua comparsa, al momento in cui se ne va, quando tutto è finito, lei Danza.
Danza senza posa, senza ritegno, senza fatica.
Sembra quasi che sia più naturale per lei ballare, piuttosto che camminare.
I capelli di fuoco frustano l’aria senza riguardi.
Non parla mai con nessuno, ma sorride a tutti. I suoi occhi, neri come il fondo d’un pozzo, risucchiano chiunque incroci il suo sguardo.
Ogni uomo che si arrischi a danzare con lei sembra cadere preda di una frenesia inspiegabile. Un’estasi depravante, che si arresta solo quando il cuore ed i polmoni stanno per cedere.
Nessuno riesce a tenerle testa.
Neanche quando i musici attaccano con una frenetica Giulianese Lei si ferma. E nessuno, uomo o donna, sembra capace di sopraffarla. Tutti alla fine devono ritirarsi, sconfitti.
Una sorta di timore superstizioso la circonda.
Lo spirito della Tammorra, la chiamano.
Si dice che la Danza stessa abbia deciso di assumere sembianze di donna, per manifestarsi tra gli uomini.
Ormai sono ben pochi i coraggiosi che si arrischiano a intraprendere un ballo con lei.
Tutti le si tengono alla larga, però a Lei non importa. A Lei basta ballare, il resto non conta.
Ma questa sera, a guardare le danze, c’è anche Lui.
Si chiama Davide, e ha lo sguardo di uno zingaro impudente.
Gli occhi blu di Davide incrociano con quelli neri di Lei.
C’è un invito e una sfida in quei vividi pezzi di carbone, e le sfide sono la passione di Davide.
Si lanciano in una Tammorra frenetica e scatenata. Occhi negli occhi, fiato nel fiato. Tutta la stanza gira, tutto si fa indistinto. Tranne la musica. Tranne il ritmo che entra nella testa, e percorre tutto il corpo. Si fa il vuoto attorno a loro. Tutti si fermano a guardarli, ammirati.
E loro danzano.
Un ballo, poi due, tre, quattro. Senza mai fermarsi.
Alla fine è quasi l’alba, e loro danzano ancora, inebriati di vita.
La musica si interrompe. I musici sono stanchi, esausti. E il sole sta sorgendo, lasciato libero dalle nuvole e dalla pioggia.
Davide e la Ragazza si fermano in mezzo alla stanza, sudati, ansanti, ma felici.
- Come ti chiami? - Chiede Davide.
Lei gli sorride selvatica.
- Viviana -, risponde con una voce bassa e roca.
Lui sta per dirle qualcos’altro ma un amico lo chiama per nome.
Davide si gira per rispondere e quando si volta di nuovo. Lei è scomparsa.

   
 
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