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Autore: Tury    20/11/2013    2 recensioni
Ci distruggiamo con le nostre stesse mani e accusiamo il fato ingiusto della nostra rovina. Senza pensare che, forse, se quelle sfide sono capitate proprio a noi è perché intimamente, nell’angolo più nascosto di noi stessi, c’è quella fiamma che può portarci a vincere.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salgo piano le scale. So che tu sei lì, ad attendermi, anche se non conosci il mio volto. Assaporo ogni passo verso di te, cercando di caricarmi di quella forza e di quel coraggio che non sempre scelgono questo corpo come loro dimora. Ma adesso dovranno ascoltare le mie richieste, dovranno accettare il mio invito e soggiornare in questo involucro di carne. Perché ho bisogno di essi per poter compiere il passo più importante. Sono ormai giunta alla fine di questa salita. Sei già lì, in posizione. Pronta a spiccare il volo. Nemmeno ti sei accorta della mia presenza, troppo concentrata a meravigliarti di come tutto sembri così piccolo eppure così spaventoso da quassù. Le persone non sono altro che semplici puntini da questa torre che sembra sfidare il cielo con la sua altezza. Mi siedo sul parapetto. Ti vedo sobbalzare, non ti aspettavi che qualcuno ti avrebbe seguito. Rimaniamo in silenzio, io ad ammirare l’infinità del cielo, tu a chiederti il motivo della mia presenza. Anime estranee eppure così legate. Scendi dal parapetto e ti siedi, tenendo ancora gli occhi bassi, aspettando forse una mia parola, un motivo per cui valga la pena non fare quel salto. Ma la verità è che io non sono nessuno per poter fare le tue scelte. Ma qualcosa per te posso farla, perché questa vita mi ha cucito addosso l’abito del cantastorie.


Lo sai, la nostra mente ha un modo strano di relazionarsi alla vita.

Vedo che mi guardi, fissando i tuoi occhi apparentemente vuoti ma profondamente malinconici nei miei. Resto un po’ a guardarti, per poi continuare.

Parlo delle sfide che ogni giorno ci vengono proposte. Ognuno di noi, dal momento in cui nasce, ha la consapevolezza che la sua esistenza non sarà altro che un continuo susseguirsi di prove e sfide. Alcune le supereremo facilmente, per altre dovremo soffrire un po’ di più. Alcune non le incontreremo mai sul nostro percorso, forse perché hanno scelto un’altra vittima al posto nostro. È una realtà triste e, sotto alcuni aspetti, spaventosa. Ma, appunto, è solo una realtà.
 
Mi fermo ad assaporare la brezza leggera sulla mia pelle e vorrei provassi anche tu questa sensazione, ma la tua mente è prigioniera di troppi pensieri perché tu possa gioire di questi semplici ma preziosi doni. A quanto pare, il mio compito sarà più arduo del previsto.
 
Purtroppo, quando ci capita di incorrere in una sfida apparentemente troppo grande per noi, rischiamo di far diventare quel singolo aspetto della nostra vita la nostra unica realtà. Dimentichiamo chi siamo, il nostro nome, le nostre fattezze. Ma soprattutto, ci dimentichiamo dei nostri affetti. Dedichiamo così tanta attenzione alla nostra autocommiserazione da non accorgerci della vita che scivola via. Ci distruggiamo con le nostre stesse mani e accusiamo il fato ingiusto della nostra rovina. Senza pensare che, forse, se quelle sfide sono capitate proprio a noi è perché intimamente, nell’angolo più nascosto di noi stessi, c’è quella fiamma che può portarci a vincere. Senza pensare che la forza di combattere è già dentro di noi. E così ci chiudiamo in un mondo tutto nostro, costruendo la prigione della nostra anima, decidendo consapevolmente di risiedervi per poi gettarne via la chiave. Divenendo prigionieri di noi stessi e delle nostre paure. Anche ora che ti sto parlando, qui, su questa torre così alta che se alzi il braccio puoi sfiorare il cielo, tu sei lì, immersa nei tuoi pensieri, così distante da me eppure così vicina. Con i tuoi occhi incollati al suolo, rivolti a chi si è ammassato qui sotto per assistere all’ennesimo spettacolo di una vita che si infrange. Di un coraggio che si spegne senza aver guardato negli occhi la propria rivale. Io non posso sapere cosa ti abbia spinto qui sopra, quale sia il dolore che adesso alberga nel tuo corpo, irrigidendoti i muscoli, rendendo tristi i tuoi occhi e uccidendo il tuo cuore. Io non posso saperlo ma posso immaginarlo, perché ognuno di noi, prima o poi, è messo davanti a questa scelta che tu adesso stai vivendo. Io non posso conoscere il tuo dolore ma posso comprenderlo, perché tutte le anime portano cicatrici nascoste. Per questo, quando ci capita di assistere al pianto di un uomo, bisognerebbe aver rispetto di quel dolore, perché, intimamente, è anche il nostro. Ma la cosa più importante è ricordarsi, sempre, che ogni realtà non è mai unica e sola. Tutto ciò che viviamo, tutto ciò che decidiamo di essere, tutto ciò che crediamo di essere, sono aspetti labili della nostra esistenza. Non esiste un’unica realtà, come non esiste un’unica verità. Ed è proprio per questo che noi possiamo affrontare qualsiasi sfida, perché ciò che potrebbe apparire un muro invalicabile, visto da un’altra ottica, potrebbe risultare solo un piccolo recinto da scavalcare. Guarda, il sole tramonta, andando ad unirsi alla distesa azzurra, concludendo il suo ciclo giornaliero. Guarda i suoi colori, così vivi, così forti. I colori della fine. Ma, dimmi, l’alba non è forse accompagnata dagli stessi colori? Come puoi vedere, l’inizio e la fine non sono altro che la stessa faccia di una stessa medaglia. Sta a te, adesso, decidere se considerare questo un tramonto o un’alba, se ricominciare dalla fine o finire con un inizio. E lascia che i tuoi occhi ammirino la grandezza del cielo, senza ancorarli alla fermezza della terra. Perché noi siamo fatti della stessa essenza degli angeli. Perché le nostre scapole non sono altro che le basi delle nostre ali.
  
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