Film > Arancia Meccanica
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Autore: xingchan    21/11/2013    2 recensioni
“L'uomo deve poter scegliere tra bene e male, anche se sceglie il male. Se gli viene tolta questa scelta egli non è più un uomo, ma un'arancia meccanica.”
[Stanley Kubrick]
Attenzione: ho apportato delle modifiche significative al personaggio di Esther, a partire dal 2° capitolo. Nel prossimo aggiornamento (il 4°) vi fornirò le dovute spiegazioni.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Avvertenze:
Quella che vi apprestate a leggere non è propriamente una ff basata esclusivamente sulla pellicola diretta da Stanley Kubrick,
ma racchiude elementi sia del film che della stesura finale del libro di Anthony Burgess.

 


 
Libertà di scelta


1



 
Ed eccomi lì, O fratellini rari. Erano le zero nove zero zero, quasi cupa, e s'era io, cioè Alex, e quel poldo perbene di Fred con le sue solite palandre all'estremo grido, e si sprolava amichevolmente su quella noiosa trucca che era la sua campagna elettorale davanti a del gustoso cià con mommo e sacar, come piaceva a me.

Peccato che non ci fosse qualche droguccia mescalina, peccato davvero.

Mentre però me lo glutavo con immenso piacere, stetti a snicchiare le mottate mezze buone mezze assurde che fuoriuscivano dal suo truglio piccolo e leggermente sbavoso, specie in questi ultimi tempi.

Aveva fatto tutta una trucchetta cinebrivido, apponendo sui muri della cara vecchia Londra un manifesto tamagno con la sua intera biffa con tutti i zughi di fuori che pareva quasi un malcico che aveva adescato la sua prima mammola in un giorno di dolce e fresca primavera, e sopra il suo planetario vi erano delle scritte tutte rigide e bianche insieme ad un simbolo tipo partito.

“Allora, Alex.” disse il bigio Frederick “Domani si comincia!” e mi sorrise tutto carino e simpatico sfregandosi le granfie benbene.

“Sì, lo so.” rispose il vostro fedelissimo tutto ben disposto e tutto un sorriso.

“Mio caro Alex. È merito anche tuo se tutto andrà per il verso giusto.”

Allora io mi feci tutto sospettoso, come se potesse tirar fuori una lisca tipo la mia da un momento all’altro e infilarmela nel planetario attraverso i fari, sapete, non so come dire, una sua versione di ultraviolenza. Ghignai a causa di un cocente nervosismo di dentro prima di dire:

“Che intende per merito mio, sir? Non ho fatto grandi cose, ho soltanto prestato la mia biffa, sir.”

“Intendo dire che la tua brutta esperienza sarà uno slancio a mio vantaggio senza precedenti. Ormai la notizia della tua guarigione dalla Cura Ludovico grazie al mio provvidenziale intervento è arrivata fin dove orecchio umano riesca ad udire, e la tua conferenza, Alex, è stata seguita da milioni di persone. È principalmente questo che ci renderà i vincitori di queste elezioni, caro amico.” Poi finì sfoggiando un’espressione talmente riprovevole e orrenda da far invidia alle maschere di Halloween*. Sì quella festa, perché mi ricordo che era la preferita di Bamba anche se Bamba non conta, ora meno di prima, e anche la mia.

Mi aveva usato, O fratelli. Fino a quel momento il mio planetario non aveva raggiunto tali considerazioni, ma adesso mi sentivo tutto un frappè. Avrebbe fatto di me una trucca così insignificante per lui ma così importante per i suoi interessi. E chissà, un giorno mi avrebbe anche gettato via come un straccio vecchio e consumato, non più adatto per i suoi progettucci di potere. Così decisi che non mi andava di sgroppare per questo poldo qua che mottava continuamente di trucche legali e dei suoi certi bigi dall’aspetto guasto.

In quel momento, nel planetario del vostro Affezionatissimo cominciò a farsi strada una nuova emozione cinebrivido. Ero, non so in che modo spiegarlo, tutto uno sguazzare in un mare in tempesta e un contorcersi allo stesso tempo come un pesce privo di acqua.

Avevo zeccato che si stavano servendo del vostro malcico cinebrivido per i loro loschi scopi politici, un piccolopoco come voleva fare quell’altro Alex come me della cui zigna ho fatto un dolce vaevieni. Voleva usare la mia storia tragica e sfortunata per ottenere maggior potere governativo. Stavo ancora sprolando con il mio nuovo carissimo soma importante con la tipica disinvoltura a voi cara, quando ad un certo punto snicchiai dal suo truglio schifoso che “noi eravamo tutti strumenti al cospetto degli eventi” e blablabla.

Ora, carissimi, lo zio Alex non si lascia mai comandare da nessuno, lo sapete bene. Ero solo io a dover comandare, miei unici amici. Né da Georgieboy, né da Pete o della sua Georgina, né da Billyboy, né da Bamba, né dai miei nuovi soma Toro e Len e Rick. Non ho mai avuto la necessità di avere un planetario diverso dal mio come comandante. Proprio mai. Nemmeno quando ero sotto i malefici effetti della Cura Ludovico. Che lo Zio non voglia che io mi rituffi in quelle schifose condizioni.

Ora più che mai ero diventato un altro malcico, più forte e più sviccio e meno bamba di prima. Perché molto probabilmente ero o sembravo molto bamba in precedenza se questo martino mi trattava da bamba.
Smisi di glutare il mio cià lasciandolo a metà, cosa che non è mai accaduta nella vita del vostro Umile Narratore, sbattendo la tazza sul tavolo, bum. Ero agitato, O fratelli, molto molto. Volevo uscire da quel giro il più presto possibile, così mi affidai all’ispirazione giacché il pensare è per gli stupidi**.

“Rifletti bene, fratellino, rifletti bene. O mi esoneri dalla tua fetida e puzzolente campagna elettorale o spedirò il tuo viscido budellame fuori da questo mondo marcio già di suo, lezzoso buggarone.”

Dovevo avergli fatto una spaventosa impressione, carissimi, come ai vecchi tempi, perché i fari del bigio si oscurarono come se avessero subìto un eclissi di sole con un misto fra odio e paura cambiando totalmente il modo di locchiarmi.

“Forse hai capito male, ragazzo mio…”

“No, compagno sir, ho capito perfettamente.” diss’io senza giri di mottate nauseanti.

M’imburianai davvero molto infine, tanto da prendergli quel suo planetario e sbatterlo sulla scrivania con entrambe le granfie. Egli scricciò che più non riusciva, e più lo faceva più mi veniva voglia di esercitare su di lui la mia beneamata ultraviolenza a lungo trattenuta.

Lo festai perbenino, un po’ come facevano i satelliti dello zoo sulle mie povere e fragili macerie e lui continuava a scricciare e a fare tipo uuuoooooooooo ch’era una musica. Mi sentii improvvisamente più sviccio del solito, anche senza l’aiuto del Syntemesc e altra sguana, e quando finii di offrirgli la mia dose di festoni c'era un'insopportabile sniffa ferrosa di salsa, cari miei, come se ce ne fosse sempre stata, e una quantità grandissima di salsa attorno alle macerie, ma soprattutto sulla sua biffa. Non potete immaginare quale tamagna soddisfazione riecheggiò fra il mio budellame, e parte di questa era dovuta al fatto che stavolta era ancora mezzo cosciente e non avrebbe sbaraccato in fretta come la babusca con i gatti.

Gufai un piccolopoco per la vendetta conseguita prima di precipitarmi sguizzo davanti alla finestra tentando di scavalcarla.

Oh no, carissimi. Il vostro soma non aveva intenzione di suicidarsi, no affatto. La finestra dava sul giardino, ad un metro e mezzo da terra, una via di fuga molto succulenta per un malcico in forma come lo era il vostro zio Alex.
Non ci poteva rimaner molto tempo finché si accorgessero di quello che avvenne lì dentro, così optai per la finestrella.

Continuai comunque a tacchettare per due isolati, facendo sgroppare il planetario come un bigio che rimugina sulla propria giovinezza finita.

Non ero ancora guarito del tutto, cari fratellini miei. O meglio, ero guarito dalla cura Ludovico, sì certo, ma vi era una sostanziale differenza fra ciò che fui prima e ciò che ero adesso. Mi sembrava che quel congelamento del mio libero arbitrio sia stato dissipato soltanto in parte, mentre la porzione ancora a me sconosciuta sia stata modificata in modo da risultare utile a qualcuno.

Fino ad ora non me ne resi pienamente conto. Però, ora che sapevo di esser stato manipolato per fini propagandistici mi dava una sgradevole sensazione.

Ma adesso non sapevo dove andare e non avevo nemmeno molta bella maria nelle mie gaioffe.

I primi posti che il mio planetario escluse a priori erano il Korova Milkbar e la mia nuova tana. Nel primo c'era il rischio di essere riconosciuti dalle quaglie e anche da qualche babusca a dir la verità e dai malcichi come lo era il vostro zietto Alex. Inutile spiegare per casa.

Dai miei soma o dai miei vecchi poi, non se ne sprolava neppure. Non mi era permesso neanche di tornare da pappi e mammi, O fratelli, non dal mio orgoglio irrimediabilmente ferito.

Non ero imburianato con loro, almeno non come quando uscii da quello zoo lercio e pieno così di rozzi e pervertiti d'ogni sorta, non così. È che i loro fari falsamente compassionevoli non mi erano di gran conforto; ecco perché decisi di affittare una migna stanzetta nella via più borghese di Londra, un posto adatto a me neanche un piccolopoco.

Ci stavo soltanto perché Frederick mi mottava sempre tipo di “dar l'impressione di essere un bravo ragazzo”. Anche se di “ragazzo” di me rimaneva soltanto la ciangotta e l'aspetto, ormai. Ero maturato, oh sì fratellini. Non ero più neanche solito farmi quelle scorpacciate di ultraviolenza che la mia nuova e scintillante ganga ed io eravamo leciti a fare ogni maledetta cupa, che fosse inverno od estate. Non mi andava per la maggior parte delle volte, sapete, preferendo stare al Duke of New York per molto tempo.

Al vostro Umile cantastorie era permesso fare questo ed altro. Era il vostro malcico Alex che spesso rifiutava, anche se quel puzzolentone di Deltoid non mi era nemmeno più in mezzo alle berte. Comunque, potevo fare quel che più mi piaceva senza che nessuno mi dicesse nulla e senza che nessun rozzo mi arrestasse e senza che nessuno provasse a pasticciarmi dentro il planetario per farmi rigare dritto.

Niente, O fratelli. Mi sentivo bene e giovane e libero tipo come un fringuello appena uscito da tanti, troppi nidi lerciosi nonostante si sia abituato e pronto per volare. Anche se dovevo comunque stare attento a non farmi beccare; per non ritornare alla Prista insomma.

Ma un reato come quello di cui fui il meraviglioso artefice, no, quello non l'avrei scampato. Quello era un pezzo grosso, ma molto molto grosso. Chissà cosa avrebbe fatto ora di me; speravo soltanto che non mi facesse licenziare dall’Archivio Nazionale Grammodisc.

Pistonai ancora per minuti od ore, non sapevo con certezza, finché non snicchiai ad un certo punto ciangotte che pareva di due tamagni ubriachi tanto erano insulse e vomitevoli, ed allora, fratelli, mi precipitai nella prima fessura adatta alla mia stazza che trovai, ovvero un portoncino socchiuso di un edificio simile a quello di pi ed emme.
Entrai zitto zitto, chiudendolo piano per nascondermi dalle luci serali esterne quando snicchiai una ciangotta tipo dolce ed allo stesso tempo incerta.

“Chi sei tu?”

Mi voltai e, O fratelli, quale festosa campana mi risuonò negli snicchi locchiando la devotchka che aveva parlato! Da cinebrivido era la mammola lì presente e mi locchiava con un paio di fari scuri e terrorizzati. Aveva la pelle chiara come la bianca luna ed i capelli nerissimi come un corvaccio solitario. Mi sentii come se fossi appena stato mandato in orbita da una slurpata tamagna di mommo o come se stessi sbaraccando da questa mia seigiorni volontariamente o come il cuore mi facesse bum bum bum come a prendere a festonate il petto. Era paralizzata dalla vista del vostro soma carino, ma più che badare al mio aspetto, puntò i suoi fari neri sulle mie palandre ora dipinte di rosso ed io indirizzai i miei nella sua medesima direzione, finché non me ne resi conto.

Per la prima volta mi preoccupai sul serio di quello che una persona avrebbe pensato di me.

La salsa mi macchiava le palandre di qua e di là, spruzzata dalle mie stesse granfie, ma non feci nulla per nasconderle. Ed anche se ci avessi provato, non ci sarei tanto riuscito.
 
 
 
 
 
 
 


 
NDA
È la prima volta che mi cimento con lo stile narrativo tipico di “Arancia Meccanica” perciò vogliate scusarmi se lo utilizzo impropriamente. xD
Di tutti i film di Kubrick, questo è quello che mi ha colpita di più, oltre a “2001: Odissea Nello Spazio” e “Full Metal Jacket”. Non tanto per le scene forti che offre, ma per il modo, a volte accelerato a volte rallentato, di narrazione, nonché per la straordinaria quantità di musica classica tradizionale (cosa alquanto rara nei film) e l’assoluta ed indiscussa faccenda sul libero arbitrio.
Ho letto il libro in pochissimo tempo (l’ho finito appena ieri… perché è una di quelle opere da divorare, inutile discuterne) trovandolo all’altezza del film e viceversa.
Alex è un antieroe (questa parola non basterebbe per lui xD), una sorta di Mr. Hyde a se stante. È tutto il male che è dentro di noi e che normalmente caratterizza l’essere umano: non a caso “l’uomo è un lupo per il suo simile”.
La cura Ludovico rende Alex una persona “civile”, che non riuscirebbe mai a commettere crudeltà verso nessuno, nemmeno nei confronti dei suoi assalitori (i suoi ex drughi, il barbone, il ragazzo alla conferenza). Ma lo priva anche della libera scelta e questo fa di lui un essere inferiore ad un uomo. L’espressione giusta sarebbe un essere innocuo da fuori, ma questa innocenza è da attribuire a diversi fattori che sono stati macchinati dall’esterno. Un’arancia ad orologeria.
Inoltre, la sua guarigione da’ al Ministro degli Interni una fama di “salvatore del giovane sottoposto ad una manipolazione mentale” così da potergli assicurare il potere che vuole.
Da questa precisa consapevolezza prende corpo la mia ff: ho reso Alex meno “stupido” e meno marionetta di un Governo che non ha nulla di migliore dei criminali veri e propri. Insomma, qui è completamente padrone di se stesso, sia per quanto riguarda il suo normale atteggiamento (qui leggermente maturato) sia per la naturale distinzione fra bene e male (ecco perché ho scelto questo titolo per l’intera ff: perché Alex farà cose buone e non così come sceglie al momento o a seconda delle circostanze, sempre seguendo l'istinto. Era ovvio che uscisse OOC comunque, fratellini e sorelline xD). Spero di riuscire a rendere l’idea di quello che ho in mente.
Chi mi conosce e ha già letto le mie ff sa bene che non sono quasi mai soddisfatta di ciò che scrivo, ma sta a voi dirlo.
Non mi sono prodigata a fornirvi un vocabolario Nadsat: in primis perché non serve se si ricorre all’intuito, e poi chi si appresta a leggere ff ispirate a questo film/libro si presuppone che lo conosca almeno un po’.
Non ho la più pallida idea di quando aggiornerò (non è facilissimo esprimersi in Nadsat; per me è ancora più difficoltoso per il fatto che non scrivo praticamente mai in prima persona), perciò, se vi è piaciuta questa prima parte, armatevi di pazienza. xD Se qualcosa non vi è chiara chiedete pure.
*Omaggio al film “Halloween – The Beginning” in cui Malcolm McDowell è uno dei protagonisti.
**Citazione dello stesso protagonista.
   
 
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