Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Misplaced    21/11/2013    1 recensioni
Cammino.
Cammino con le cuffie nelle orecchie e la musica a volume massimo, per cercare di coprire il terribile frastuono che fanno i miei pensieri.
Cammino con la schiena incurvata sotto il peso della mia insicurezza ma do la colpa allo zaino pieno di libri.
Cammino con le mani in tasca nella speranza di ripararle un po da questo vento gelido che mi viene contro e mi sferza il viso.
Cammino con la testa chinata osservando le mie scarpe consumate che strisciano sull'asfalto.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cammino.
Cammino con le cuffie nelle orecchie e la musica a volume massimo, per cercare di coprire il terribile frastuono che fanno i miei pensieri.
Cammino con la schiena incurvata sotto il peso della mia insicurezza ma do la colpa allo zaino pieno di libri.
Cammino con le mani in tasca nella speranza di ripararle un po da questo vento gelido che mi viene contro e mi sferza il viso.
Cammino con la testa chinata osservando le mie scarpe consumate che strisciano sull'asfalto.
Spengo l'mp3 e tolgo le cuffie stizzita con un gesto secco della mano e non so se sono più infastidita dal fatto che la mia testa oggi, come sempre, non vuole stare zitta o perché ho dovuto tirare fuori la mano che si era appena scaldata.
Sento il rumore dei miei passi strascicati, di quelle una o due macchine che mi passano affianco liberando nell'aria una grande quantità di fumo e un cane abbaiare in lontananza.
Sono tutti a casa, insieme e felici, al caldo.
Mentre io cammino.
Una folata di vento mi fa cadere i capelli, che avevo appena finito di sistemare dietro le orecchie, davanti agli occhi. 
Ricaccio fuori la mano e li sistemo alla bene e meglio: tanto so che fra altri due passi il vento me li scompiglierà ancora.
Un'altra raffica, ancora più potente, mi spettina per l'ennesima volta e fa finire una foglia sulla mia faccia arrossata.
La prendo in mano delicatamente come se fosse il mio tesoro più prezioso e avessi paura di romperlo.
La guardo.
La guardo affascinata.
Non credo di aver mai visto niente di più bello.
Sembra la tela di un pittore che ha riscoperto cosa vuol dire essere bambini.
É come se i colori stessero tentando di rincorrersi tra di loro per poi abbracciarsi e non lasciarsi più.
Sorrido appena e scuoto la testa con convinzione a quel pensiero assurdo come se questo servisse a togliermelo dalla mente.
Tonalità di giallo, arancio e verde tentano di soffocare il rosso che cerca di venire fuori a fatica; ma ci è riuscito. Con un risultato strabiliante.
Per quanto piccolo possa essere rispetto agli altri tre è il più splendente e magnifico.
É come se stesse cercando di fermare l'avanzata del giallo a sinistra e intanto combatte il verde e l'arancio sul versante opposto.
Mi accorgo solo adesso che le punte sono rovinate dai buchi e dal tipico marroncino che caratterizza tutte le foglie cadute.
Mi assale una tristezza tremenda sapendo che presto morirà.
Anche se il rosso fosse così potente da sconfiggere i suoi rivali non avrà mai la forza di fermare l'avanzata del suo nemico più grande.
Anche lui conoscerà cosa vuol dire morire arrendendosi. 
Conoscerà il rumore della sua dignità che va in briciole, uguale a quello della tela che ha tentato in tutti i modi di difendere.
Le lancio un'ultima occhiata, piena di orgoglio e pietà e la lascio andare, libera di poter cercare la sua tomba.
E mentre la guardo volare via mi rendo conto che attorno a me ce ne sono miliardi che stanno combattendo la medesima lotta.
Tiro dritto per raggiungere il calduccio anche io solo che questa volta la mia testa è per aria per vedere quello spettacolo creato apposta per me.
Girano, fluttuano e mi sfrecciano attorno: come se stessero danzando tra loro al ritmo di una musica che nessuno potrà mai copiare e io sono il direttore d'orchestra. 
Avanzo con occhi sempre più meravigliati.
Assorbo tutte queste belle sensazioni nella speranza di poterle tirarle fuori quando ne avrò bisogno.
La sinfonia è quasi finita, il vento ha fretta di chiudere: magari deve andare in pausa pranzo oppure non gli piace la mia musica.
Con una potente ventata fa staccare quelle foglie che, troppo timide, si erano rifiutate di ballare, ma ormai tutto si è trasformato in una marcia.
Niente più armonia, niente passi di tango o valzer.
Solo una camminata ferrea.
Quelli che si sono gettati si sono divertiti mentre le altre che erano troppo insicure sono rimaste ferme ai loro posti, magari aspettando qualcuno che le invitasse ad un ballo.
E tutto è finito.
Ma il vento soffia ancora prepotente e i miei capelli, come contagiati dallo spettacolo di poco prima, iniziano a seguire il suo impeto di furia.
Rinuncio a tenerli a bada e li lascio divertire.
Gli occhi iniziano a lacrimare per il troppo freddo e le labbra ad arrossarsi per averle continuamente morse.
Ormai vedo appannato, eppure mi accorgo di lei.
Come si potrebbe non notarla?
É l'unica della sua grande famiglia a non essersene ancora andata. 
Lei è lì, che combatte contro il mostro che la vuole strappare da casa sua e resiste.
Il tempo peggiora.
Sono la sola e unica spettatrice di questo atroce duello.
Ho freddo, le mani sono intorpidite nonostante siano rimaste per tutto questo tempo nella giacca, ma non me ne voglio andare. 
Per qualche strano motivo sono stata resa partecipe di quello scontro e non voglio andarmene; non voglio aggiungere un altro nome alla lista delle persone che ho già deluso.
La lotta è iniziata.
Il vento soffia, piega i rami sperando che questo basterà. Ma lei resiste.
Si piega anche lei quasi a dargli la parvenza di essersi arresa e invece si rialza trionfante.
Quasi quasi riesco a sentirla mentre si beffa di lui: " Ehi, hai visto? Sono ancora qui. É questo il meglio che sai fare? Io non mollo, io non me ne vado. Combatterò finché ne avrò forza e quando non ne avrò più ne troverò altra. Io non cado, rimarrò qui fino a quando lo vorrò." 
Lei ha vinto. 
Per questa volta ha vinto.
So che tanto perderà anche lei, prima o poi, ma una piccola parte di me spera con tutto il cuore che possa resistere.
Il vento si ritira e lascia spazio alla pioggia.
Scende giù velocemente, così forte che presto sono bagnata fradicia, ma non mi interessa.
Cammino.
Cammino senza cuffie perché oggi la mia mente ha smesso di pensare.
Cammino a schiena dritta perché oggi mi sento libera da tutto, anche se il libro di anatomia si fa sentire.
Cammino con le mani intirizzite rivolte verso l'alto per prendere le gocce di pioggia.
Cammino con i capelli zuppi appiccicati alla fronte.
Cammino a testa alta, sorridendo.
























 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Misplaced