Capitolo 1.
Era l’estate del 2000.
C’era un’afa tremenda. Le serrande delle case di campagna erano praticamente chiuse, non si intravedeva niente di cosa potesse succedere al loro interno. Era pomeriggio e il silenzio ormai riempiva da ore le stradine della piccola città di campagna di Rosewood. L’afa impediva agli anziani e i genitori di uscire, ma ai bambini che abitavano li non importava questo.
 
Si sentivano delle piccole risate, dei passi veloci, c’erano bambini che nonostante i raggi del sole bruciasse la loro pelle scherzavano come se nulla fosse. Ma infondo a dei bambini di soli 6 anni, che importava? Il mondo era bello proprio per questo. Il mondo era vario e loro cercavano di divertirsi nei migliori dei modi.
Li non c’erano giochi, oggetti tecnologici come nelle grandi città e quindi si limitavano a rincorrersi tra le migliaia spighe di grano che rendeva quel paesaggio spettacolare.
 
-Okkei, okkei. Hai vinto -urlava la bambina- che si fermava, non aveva più fiato.
-Perché avevi dubbi?- con un sorrisetto malizioso.
-Andiamo, ti ho voluto far vincere io- rideva.
-Dai andiamo che altrimenti mamma ci urla-.
 
La vita di questi due bambini non era facile.
Famiglie complicate, eppure c’era qualcosa che li legava moltissimo. Come un legame indissolubile. Che cosa li attraeva?
 
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“SBAM! Errore di sistema.
Chiusura automatica del software. Non premere nessun tasto.”
 
Ecco un altro lavoro andato in frantumi. Merda proprio quando mi stavano venendo delle idee per il mio nuovo libro ti rompi? Ho la sfiga che mi perseguita.
 
Ci avevo messo ben cinque mesi. Cinque mesi prima di premere il tasto di accensione del mio computer, aprire una pagina di word e iniziare a scrivere. Avevo creduto per un momento di potercela fare, ma avevo cantato gloria troppo presto.
Già la mia vita da scrittrice stava prendendo una brutta piega, a causa del mio datore di lavoro che mi opprimeva troppo, stavo commettendo degli errori madornali e mancava solo una goccia per far traboccare il vaso e farmi licenziare.  Ma il punto era un altro.
Dov’era finita tutta la mia fantasia? Tutta la voglia di stare ore ed ore a scrivere sul pc fino a non sentirmi più le mani? Non sapevo darmi delle risposte. Come aprivo una pagina di word, scrivevo 3-4 righe e poi “PUFF” la mia mente era vuota tanto da sentire l’eco all’interno.
Urlavo contro me stessa ogni volta, come stavo facendo anche adesso.
Mandai al diavolo tutto e mi feci una tazza di camomilla per tranquillizzarmi. Sorseggiavo lentamente e ripensavo al grande successo che ebbe il mio primo libro.
 

“ Sorry, I can’t change.
Esaurito in tutte le librerie. Sold-out in tutta la Gran Bretagna.
Più di 500.000 copie vendute. Un successo.”

 
Interviste, video, il mio nome su tutti i giornali.
Bello ricordare quel momento… fu semplicemente indimenticabile. Ma guardandomi adesso, iniziai a credere che quel periodo non tornasse più.
 
Rose Scarlett di una volta non esisteva più.
 
Era una solita mattinata di dicembre, io ormai avevo poggiato sul tavolino il mio pc. Avevo una coperta di lana addosso perché qualsiasi piccolo movimento che facevo sentivo che degli spifferi di vento penetravano nei miei jeans facendomi venire la pelle d’oca, ero una persona freddolosa. Avevo nella mie mani una tazza fumante di camomilla che mi riscaldava le mie mani bianche screpolate. Avvicinavo spesso il mio naso rosso alla tazza per far penetrare il bellissimo odore nelle mie narici e gustarmelo ancora di più. Il silenzio rimbombava nella stanza, ma chiudendo gli occhi potevo sentire le frenate delle moto e delle auto che riempiva le strade della piccola città di Holmes Chapel. Improvvisamente, ecco il veloce tintinnio delle gocce di pioggia cadere sulla finestra…le nuvole scure, copriva tutto il cielo non lasciando neanche un briciolo di spazio per qualche raggio di sole. Pensando alle “nuvole scure” la mie labbra si inarcarono verso l’alto per sorridere. Mi venne in mente di quanto fossi stupida, o almeno di quanto l’intelligenza dei bambini fosse cosi limitata.
-Mamma guarda le nuvole sono scure, sono arrabbiate.-  ripetevo
-Quindi comportati bene altrimenti il sole non si farà più vedere.-  diceva sorridendo.
 
Infondo mia madre lo faceva solo per farmi rimanere col gusto o per meglio dire con le piccole illusioni di fanciulla.
Purtroppo per quanto sorridere potevo, i miei occhi all’improvviso si fecero lucidi a tal punto da dover piangere. Mia madre ormai era andata in un posto migliore senza dover più soffrire da qualche anno  e per quante volte io abbia letto la frase

“Si dice che il tempo guarisca ogni ferita”

il dolore anche nella parte più remota, più buia del tuo cuore rimarrà sempre come una ferita indelebile.
 
Sentii il mio cellulare vibrare.
 
Grace.
-Rose che ne dici ti un giro?-
 
-Il tempo di una doccia e vengo. Al solito posto?-
 
-Si ci vediamo fra una mezz’ora.-
 
Avevo bisogno di svagarmi ed accettai volentieri l’uscita, infondo che poteva mai succedere?

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Ehi belle ragazzuole (?) ahahha okkei la smetto lol. Ecco la mia nuova storia (ho anche un'altra in corso) ma questa mi ispira. Spero che leggerete e voglio sapere le vostre opinioni :3
A presto xx
p.s scrivete una recensione di minimo 10 parole altrimenti non compare :)
 
Rose xx