Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Amor31    21/11/2013    3 recensioni
Levi non riesce a chiudere occhio.
Troppi pensieri si fanno strada nella sua mente, costringendolo a rimanere sveglio.
Anche oggi potrebbe essere il suo ultimo giorno.
Dovrà essere il più bello della sua vita.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Petra, Ral
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Amaro come il caffè

Una notte insonne.
Non che le precedenti fossero state più liete, certo.
Il Caporale Levi si rigirò per l’ennesima volta tra le lenzuola, pensando al da farsi. L’operazione che la sua squadra e il resto delle truppe avrebbero dovuto affrontare non sarebbe stata affatto semplice; anzi, c’era la possibilità di buttare al vento l’ultima possibilità di avere la meglio su quei maledetti Titani.
Portando entrambe le braccia sotto la testa, l’uomo fissò il soffitto in legno della sua stanza, gettando subito dopo un’occhiata alla finestra che si apriva alla sua sinistra.
Fuori era ancora buio. Poteva a malapena vedere le cime degli alberi oscillare, mosse da un lieve vento che non aveva cessato di soffiare per tutta la notte, facendo sbattere di tanto in tanto l’anta malandata di una finestra al piano di sotto.
“Eppure avevo detto a Jaeger di inchiodarla una volta per tutte”, pensò, sentendo il rumore ripetersi ancora. “Se non riesce a portare a termine un compito idiota come questo, abbiamo davvero molte speranze di vittoria…”.
Sbuffò, infastidito. Il crepitio delle travi di legno scandiva ogni singolo secondo di quella lunga notte priva di sogni – o forse sarebbe stato più corretto chiamarli incubi? – e Levi si chiese quanto tempo ancora avrebbe dovuto attendere prima di vedere il sole nascere e fare capolino oltre i vetri della finestra.
-Basta, non ce la faccio più-, sbottò all’improvviso, scansando repentinamente le lenzuola e saltando in piedi. Si vestì in fretta, curandosi di risultare comunque impeccabile nonostante a quell’ora della notte non circolasse nessuno nei corridoi di quell’antico castello oltre le Mura, calzò i soliti stivali e si diresse alla porta con passo leggero, senza provocare il minimo rumore.
Uscito dalla propria stanza, il Caporale raggiunse con calma il pianterreno, deciso a prendere una boccata d’aria e a valutare le condizioni meteorologiche di quell’inizio di giornata. Si aprì uno spiraglio nel portone che dava sul retro e si lasciò avvolgere dal fresco vento mattutino, chiudendo solo per un attimo gli occhi e provando a liberare la testa dai tanti pensieri che vi vorticavano all’interno.
Inspirando a pieni polmoni ed espirando come a volersi disfare di tutto ciò che gli opprimeva l’animo, Levi volse lo sguardo al cielo, oltre le fronde degli alberi lì intorno, e fissò un punto lontano verso est, esattamente dove un timido bagliore rosato lottava contro il pressante blu della notte.
Vagamente rassicurato, l’uomo tornò nel castello, prestando attenzione a richiudere l’entrata esattamente come aveva fatto Auruo la sera prima; attraversò spedito il corridoio e fece il proprio ingresso nella sala ormai adibita a cucina, curioso di verificare se Eren avesse sistemato per bene le stoviglie come gli era stato ordinato.
-Uhm-, mormorò insospettito, passando un dito sulla superficie del tavolo posto al centro della stanza. -È fin troppo pulito per essere opera sua. Quel ragazzo è completamente privo del senso della disciplina… Sarò costretto ad inasprire i miei metodi-.
-No, Caporale. Le assicuro che Jaeger è un bravo soldato-.
Levi sobbalzò leggermente al sentirsi chiamato. Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere chi fosse stato a parlare.
-Ral, come mai in piedi a quest’ora? Avresti dovuto dormire ancora un po’: non mi servono uomini stanchi sul campo di battaglia. Torna a letto e riposa-.
-Ma Caporale, è quasi giorno! E poi non riuscivo più a chiudere occhio; Auruo russa così forte che sono riuscita a sentirlo perfino dalla mia stanza!-, protestò vivacemente Petra, rimasta sulla soglia della porta.
-Siete molto legati, voi due-, notò Levi, continuando a darle le spalle. -È un bene che vi abbia nelle mie file-.
-Come…?-.
-Ma-, la interruppe prontamente l’uomo, -ti pregherei di non immischiarti nella storia di Jaeger. E, soprattutto, di lasciarlo completamente solo: deve imparare a contare esclusivamente sulle proprie forze. Si trova qui per essere sottoposto ad un addestramento come si deve e dunque ti proibisco di aiutarlo. Mi sono spiegato?-.
Si voltò verso la ragazza ed incontrò il suo sguardo. La giovane, ammutolita da un paio di minuti, sembrava voler dire qualcosa che però non osava esprimere.
-Caporale, non mi sono mai intromessa negli incarichi che ha affidato a Eren-.
-No? E questo, allora?-, chiese Levi, indicando il tavolo. -Credi che non sappia distinguere un lavoro pessimo da uno ottimo come questo?-.
Petra si sentì arrossire e puntò gli occhi sul pavimento, tutto ad un tratto diventato incredibilmente interessante; il Caporale rimase a fissarla, senza aggiungere altro.
-Ora torna a dormire, Ral. È un ordine-.
-Le ho già detto che…-.
-Mi serve gente sveglia per sterminare i Titani lì fuori. E i tuoi occhi stanno davvero per chiudersi, lo vedo da qui-.
-E lei, invece? Non ha bisogno di riposare?-.
-Non credevo che fossi tanto impertinente, Ral. O forse stai cercando un modo per farti cacciare dal Corpo di Ricognizione?-.
-Cosa? No!-.
-Bene. Allora obbedisci agli ordini senza discutere. Io me ne starò qui per tutto il tempo necessario: devo rivedere la strategia proposta da Erwin. Ci sono alcuni passaggi che non mi convincono affatto…-.
Levi scostò una sedia e prese posto al tavolo, incrociando le braccia al petto. Dietro il profilo indifferente che si ostinava a mostrare, Petra colse un gran tumulto interiore, provocato da chissà quali e quante preoccupazioni, se si escludevano quelle relative all’organizzazione del successivo attacco contro i Titani.
Afferrando il coraggio con entrambe le mani, la ragazza attraversò la sala ed iniziò a trafficare alle spalle del Caporale, prendendo da due ripostigli diversi un bollitore ed una confezione dall’aroma inconfondibile.
-Che cosa stai facendo?-, le chiese l’uomo, voltandosi appena per sbirciare i movimenti della giovane.
-Preparo la colazione. Prende anche lei del caffè?-, rispose Petra, abbozzando un sorriso con la speranza di non essere rimproverata dal proprio capitano.
-Sei davvero testarda, eh?-, sospirò Levi, con insolita aria rassegnata. -Auruo sarebbe fiero di te-.
-Signore, davvero non capisco come mai stia pensando così tanto a lui-.
-Perché anche Bossard è ostinato. Ma, differentemente da te, è una persona diffidente e questo lo rende il compagno di squadra ideale per una missione come quella che stiamo per affrontare. Mi fido ciecamente di lui-.
-Ma dimostrare di avere un minimo di empatia non ha mai fatto del male a nessuno-, affermò con convinzione Petra. -Questo accanimento contro Eren non può portare alcun profitto-.
-Sei tu ad essere troppo buona, Ral. Il cinismo è tutto ciò di cui si ha bisogno, se si vuole trovare un posto in questo mondo. Dimostrarsi gentili e generosi ci rende deboli agli occhi degli altri; ecco perché ti invito a non farti tanti scrupoli. Sii spietata e vivrai. Ricordalo-.
La ragazza zittì di nuovo, spostando gli occhi da Levi al bollitore che aveva lasciato sul fuoco. Al sentire il fischio prolungato emesso dall’oggetto, si affrettò a spegnere la fiamma e a spostare il caffè sul tavolo, poggiando il bollitore su un panno ancora umido che la sera prima lei e Eren avevano usato per asciugare le stoviglie dopo cena. Un secondo dopo ripescò da una mensola una modesta zuccheriera e due piccole tazze corredate di cucchiaini; sistemato il tutto con cura sotto lo sguardo attento di Levi, versò con innata eleganza il liquido scuro. L’aroma riempì di lì a poco l’intera sala, solleticando le narici dei due militari.
-Caporale, vuole dello zucchero?-, chiese Petra, aggiungendo due abbondanti cucchiaini di dolcificante al suo caffè e sedendo accanto all’uomo.
-No, grazie-, le rispose secco Levi, soffiando appena sul bordo della propria tazzina. -Lo zucchero è un bene prezioso, Ral. Non dovresti sprecarlo per del semplice caffè-, disse con tono indurito, mandando giù la bevanda con un solo sorso.
-Ma senza è troppo amaro-, obiettò la ragazza, fissando il fondo sporco della tazzina. -Come può piacerle?-.
-È  una questione d'abitudine-, spiegò l'altro. -Prima inizierai ad evitare lo zucchero, prima ti abituerai al suo gusto forte-.
Abbandonò la tazza sul tavolo e si alzò, pronto ad uscire dalla stanza, ma Petra lo bloccò involontariamente, dicendo tra sé e sé: -Immagino che riesca a tollerare quel sapore perché anche lei è amaro. Proprio come una tazzina di caffè-.
Levi si voltò di scatto, sentendosi colpito in pieno petto.
-Che cosa vuoi dire, Ral?-, domandò con estrema freddezza.
-Era solo un’associazione mentale, la mia-, cercò di cambiare discorso la ragazza. -Non significa nulla…-.
-Sbagliato-, la fermò prontamente l’uomo, avvicinandosi e battendo entrambe le mani sul tavolo, facendo sobbalzare perfino la tazzina che Petra ancora stringeva tra le dita. -Spiegati. Le parole non vengono mai scelte a caso-.
-Caporale…-.
-Parla-.
La giovane non sapeva dove guardare. Alzando gli occhi davanti a sé avrebbe inevitabilmente incrociato lo sguardo di Levi e quella era l’ultima cosa che desiderava in quel momento; preferì allora concentrarsi ancora una volta sul fondo della tazzina, lì dove gli ultimi residui del caffè si disponevano in modo tanto bizzarro da assumere qualsiasi forma.
-È una constatazione-, iniziò a dire, cercando di scegliere con attenzione i vocaboli adoperati per esprimere il concetto. -Lei è un mistero, Caporale. È praticamente impossibile decifrare i pensieri che le attraversano la testa, è impossibile capire quando è sinceramente soddisfatto o semplicemente ironico. Sembra essere costantemente indifferente nei confronti di tutto e tutti, nascondendosi dietro una maschera di cinismo che non sempre le si addice; tratta con disprezzo chi dimostra umanità eppure, paradossalmente, lei combatte ogni singolo giorno affinché questa torni a trionfare. Rifiuta qualsiasi manifestazione di sensibilità e si dimostra tanto duro perfino nelle abitudini alimentari… Ecco perché amaro. Non riuscire a concepire nemmeno l’idea di zucchero per addolcire questa asprezza significa preferire affogare nella sofferenza anche nella vita vera; ma provi per un attimo ad immaginare un mondo in cui siano veramente assenti dei momenti di gioia. Cosa resterebbe? Nel dolore non c’è speranza, non c’è futuro. E allora le chiedo: perché, per un solo istante, non si lascia andare a qualcosa di bello? Anche un semplice sorriso basterebbe per iniziare nel modo giusto. Avanti, lo faccia-.
Nel pronunciare quelle ultime frasi, Petra alzò gli occhi, fissandoli in quelli assorti dell’uomo di fronte a lei.
-Pensi davvero tutto questo, Ral?-, le domandò in un soffio.
-Ogni singola parola-, affermò la ragazza, chiedendosi da dove avesse tirato fuori quell’improvvisa sicurezza di sé.
-Credi che ci sia qualcosa di sbagliato nel mio modo d’essere?-.
-Signore, non ho mai detto niente del genere-.
-Sei convinta che debba lasciarmi andare?-.
-Sì…-.
-Ral, hai la minima idea del numero dei morti che ho visto da quando sono venuto al mondo?-.
Petra rimase in silenzio, ma continuò a reggere lo sguardo di Levi, che riprese: -Sai cosa voglia dire avere la responsabilità di mandare a morire gente innocente solo per cercare di dare una speranza all’umanità confinata all’interno delle Mura? Riesci ad immaginare quale peso mi porti dentro, sapendo che quella che sta sorgendo potrebbe essere l’ultima alba non tanto per me, quanto per le persone che ho nel cuore? Ecco, Ral, rifletti su questo e cerca di darti delle risposte. Se non fossi amaro come tu dici, a quest’ora starei marcendo dentro una fossa, a voler essere fortunato-.
-Caporale, io non…-.
-Ti disturba non vedermi sorridere? Lo farei, se ci fosse qualcosa per cui valesse la pena. Ma purtroppo conosci anche tu la situazione in cui ci troviamo; appena gli altri si saranno alzati, scorteremo Jaeger alle Mura e lì ci uniremo alle truppe del Comandante Erwin, per andare dritti contro i Titani. Non sono riuscito a dormire, perché il pensiero continuava e continua ad andare sempre a questa sera: ci saremo ancora tutti? Chi di noi si sacrificherà per dare un’altra possibilità agli altri? E io? Avrò ancora una volta l’onere di tornare in città portando con me solo dei resti da riconsegnare a parenti e amici oppure mi ritroverò tra le fauci di una di quelle bestie immonde, felice però di non dover più assistere a tanta disumanità?-.
Levi guardò intensamente Petra e si accorse delle imminenti lacrime che presto le avrebbero solcato le guance. Si sentì vagamente in colpa per essere arrivato a tanto, ma non fece trasparire nulla di ciò che stava provando.
-Questo non è vivere, Caporale. Lei si sta tormentando inutilmente. Quando ha deciso di rilevare questa squadra era ben consapevole dei rischi verso cui noi tutti saremmo andati incontro; la prego, non si strazi così tanto l’animo. Ora la vedo-.
La ragazza sorrise, mentre le lacrime iniziavano ad imperlarle le ciglia. E Levi, sorpreso, le domandò: -Cos’è che vedi?-.
-La scintilla che le ha illuminato lo sguardo, signore. È riuscito ad aprire il suo cuore, dimostrando la sensibilità che volevo tanto conoscere. Ed è proprio come l’avevo immaginata-.
Petra non smise di sorridere, divertita dall’espressione stupita del Caporale. Dal canto suo, l’uomo era rimasto senza parole al sentire quella breve affermazione della ragazza.
-Bene, Ral, mi fa piacere che tu sia soddisfatta. Ma adesso sono io a doverti insegnare una cosa-.
Il viso della giovane si contrasse, turbato, lasciando il posto ad uno sguardo seriamente preoccupato.
-Mi dica, Caporale-.
-Passerò immediatamente alla pratica, visto che la teoria con te non funziona-, la avvisò l’uomo, il volto di nuovo impassibile come una manciata di minuti prima.
-Signore…-.
Non finì mai di formulare quella frase.
Levi le si gettò contro con uno scatto, catturando le sue labbra ed impedendole di aggiungere altro che potesse interrompere quel momento. Non aspettò di ricevere il consenso della ragazza per lottare brevemente con la sua lingua; anzi, per quanto shockata dall’improvviso gesto del Caporale, Petra fu immensamente felice di quel contatto su cui per tanto tempo aveva solo fantasticato.
-Lezione numero uno-, disse sulle sue labbra. -Il caffè non è mai troppo amaro. Devi solo imparare ad apprezzare il suo gusto acre. Quando ci riuscirai, lo zucchero per te diventerà insopportabile quanto un veleno. È tutto chiaro o hai bisogno di un ripasso?-.
Petra rise di cuore, arrischiandosi a gettargli le braccia al collo e traendolo verso di sé ancora una volta. Le loro bocche si incontrarono ripetutamente, in attesa di quel sole che ancora si nascondeva dietro le montagne.
Sì, per uno di loro quello sarebbe stato davvero l’ultimo giorno.
Ma per entrambi fu comunque il più bello dell’intera vita.
   
 
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