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Autore: FairLady    22/11/2013    1 recensioni
Una persona può cambiare totalmente per un'altra? Può annullarsi per un'altra?
Questa è la storia di Mark e Marta, gentilmente concessomi da Ohra_W, e del percorso che, in qualche anno, li porterà a capire cosa realmente vogliono e di cosa hanno veramente bisogno.
Dal primo capitolo:
"E, a un tratto, quella donna si era trasformata nella sua ossessione personale. Era possibile che fossero stati sufficienti cinque minuti, in cui, per altro, non era successo assolutamente nulla di anche solo lontanamente rilevante, per farlo impazzire? "
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Owen, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Era il classico giorno piovoso di Londra. Nonostante la primavera inoltrata, quella città meravigliosa indossava sempre il suo vestito umido e un po’ misterioso, come un velo trasparente e sottile che la teneva avvolta e le donava un’aurea dolce e malinconica.
Marta, ventiquattrenne italiana, diplomata da qualche anno, l’aveva scelta per un master nei servizi turistici, per imparare una lingua che aveva sentito sua sin da quando era poco più che una bambina e, sì, anche per cercare quella fortuna che, dove era nata, aveva sempre temuto di non trovare.
Aveva vissuto gli inizi in quella nuova città un po’ alla giornata. Qualche lavoro saltuario in bar o ristoranti; un paio di mesi in uno studio dentistico come assistente alla poltrona; quasi un anno in un’agenzia di promozione turistica come guida italiana e poi, grazie ad una conoscenza, era riuscita ad ottenere un posto nel front office di uno degli alberghi di lusso più importanti della città, e vi lavorava ormai da un paio d’anni.
Dopo aver cambiato casa almeno un paio di volte – o forse erano tre –, aveva trovato la sua dimensione insieme a due ragazze, una spagnola e l’altra irlandese, sue coetanee, con le quali condivideva da quasi tre anni un appartamento a South Kensington.
Credeva di aver trovato finalmente la sua dimensione. Non aveva un ragazzo, a differenza delle sue coinquiline, dalle quali spesso – specie nel week end – si trovava messa alla porta per qualche ora di privacy, ma si sentiva completa così. Non sentiva il bisogno di legarsi a qualcuno, né di avere un compagno accanto che la vincolasse o la obbligasse a scendere a compromessi su qualcosa. Non che fosse un’acqua cheta dal maglione a collo alto, no; e gli uomini le piacevano parecchio. Preferiva semplicemente evitare le relazioni. Forse, centrava qualcosa il fatto che le uniche due storie che aveva tentato di portare avanti – una in Italia e una a Londra – erano finite con il farla sentire uno schifo. Da quelle esperienze aveva capito che quegli esseri non erano altro che un fascio di nervi guidati dall’ormone e che, per qualche ora di sesso, erano disposti a qualunque cosa. Anche tradire la persona amata. Per cui, aveva fatto pace con se stessa e si era convinta a tenere lontano gli uomini, per un ragionevole lasso di tempo che poteva andare da qualche anno a per sempre. Viveva la sua vita serenamente, ed era fermamente convinta di essere felice così. Finché un giorno, il classico giorno piovoso di Londra, tutto cambiò.
 
London
May, 7th 2006
 
«Lo so, lo so, sono davvero una cosa vergognosa, scusami Gaz, sto arrivando!»
Il piccolo Mark Owen, che ormai tanto piccolo non era più, corse trafelato attraverso la hall, brandendo ancora in mano il cellulare. Non si capacitava del fatto che, di nuovo, si era addormentato e che, di nuovo, sarebbe arrivato in ritardo alla prove. Quella era sempre stata una prerogativa di Rob, non sua. Ma, ovviamente, il fottuto Re del Pop, non sarebbe stato lì con loro, per cui, mentre si avvicinava al bancone della reception, pensò che forse stava solo cercando di creare la stessa atmosfera di dieci anni prima per evitare di sentire troppo la mancanza del suo amico.

O, forse, era solo che avrebbe dovuto smettere di portarsi in camera delle donne. Forse.

Per un millesimo di secondo, il suo pensiero andò a Emma, e al fatto che l’aveva lasciata a casa, in attesa di loro figlio, mentre lui se ne stava in un lussuoso hotel della city e occupava il tempo che non passava a cantare, a sollazzarsi con belle donne, come era abituato a fare parecchi anni prima… in quegli anni in cui, sì, essere un membro dei Take That, giovane e single, era davvero uno spasso! Qualcuno avrebbe dovuto ricordare a Mark che il tempo era passato, che lui era cresciuto e che avrebbe dovuto mettere la testa a posto; ma come era possibile, se da quando la band si era sciolta a metà degli anni Novanta, e all’apice del successo, non aveva fatto altro che sperare e sognare che quella gloria tornasse?

Tutti quei pensieri, però, furono spazzati via solo pochi istanti dopo, quando il biondino, giunto dinnanzi al front office dell’albergo, incrociò un paio di occhi castani con i propri. Di solito, quelli scuri, erano occhi poco profondi, poco espressivi – o così era sempre stato abituato a credere. Quelli che aveva di fronte in quel momento erano davvero tante cose, ma di certo non inespressivi. E di sicuro non superficiali. Per un attimo Mark perse il respiro. Sapeva che avrebbe dovuto chiedere un taxi o che, comunque, avrebbe dovuto spiccicare qualche parola che avesse un senso affiancata ad altre, ma si sentì smarrito in quello sguardo, come se si fosse buttato in mare da uno scoglio altissimo e non riuscisse più a riemergere. L’unica cosa che era riuscito a fare era stata cogliere – in che modo, non se lo sapeva spiegare nemmeno lui – il nome della proprietaria di quegli occhi, dal cartellino che aveva appuntato sul bavero della giacca blu. Marta.

Dal canto suo, Marta, non appena percepì su di sé lo sguardo limpido e rassicurante dell’uomo di fronte a lei, sentì il cuore iniziare a batterle furioso nel petto e le mani sudare in modo preoccupante. Il suo cervello avrebbe dovuto lavorare il doppio del normale per riuscire a partorire una qualunque frase di senso compiuto. Si sporse impercettibilmente sul bancone, poggiandovi i gomiti e cercando – probabilmente, senza trovarla – un’aria almeno apparentemente professionale, ma un profumo buono, di uomo, di pulito, le invase le sinapsi rischiando di mandarla in tilt. Era incredibilmente bello, con quelle guance leggermente arrossate dalla concitazione e il viso appena sbarbato. Scosse lievemente la testa, nel tentativo di non far trasparire quanto la sua presenza la turbasse, e si forzò a parlare.
«Come posso aiutarla, signore?» riuscì a chiedergli, ma anche lui sembrava in qualche modo… perso. Non volle certo peccare di presunzione credendo che fosse lei la causa del suo momentaneo smarrimento, anche se in una piccola parte del suo ego di donna sperava proprio fosse così. Raddrizzò le spalle, aumentando così la presa sulla propria coscienza e si trovò a ripetere a quell’uomo la stessa domanda.
«Come posso aiutarla, signore?»

Finalmente, Mark si riebbe da se stesso e le sorrise come solo lui era in grado di fare. Se poco prima Marta era riuscita a darsi un contegno, con quell’ultimo, apparentemente innocuo, gesto, poteva tranquillamente mandare a farsi benedire ogni tentativo di sembrare una professionista. Il suo sguardo era incatenato alle rughette d’espressione che increspavano quei meravigliosi, piccoli, occhi azzurri, e accecato da quel volto luminoso che, senza rendersene conto, aveva illuminato anche lo spazio intorno a loro.
«Per favore, PER FAVORE, – disse, con una lieve apprensione nella voce – ho bisogno di un taxi per Wembley quanto prima, sono in un tremendo ritardo»

Quella sua fretta, quella sua costernazione, le fecero una grande tenerezza. Per un attimo, si sentì sopraffatta dalle emozioni che quella vicinanza le faceva provare, e ne ebbe paura, mentre lui continuava a sorriderle in quel modo così dolce e genuino. Le mani le pizzicavano dalla voglia di accarezzare quelle labbra rosse. Riuscì a concentrarsi quel tanto che bastò per assicurargli che avrebbe fatto il possibile, ma, quando prese la cornetta del telefono, l’imbarazzo la pervase. Le dita tremavano mentre completava il numero sulla tastiera, e la voce non era da meno mentre comunicava con la società dei taxi alla ricerca di una macchina super disponibile e super veloce disposta a portare quell’uomo bellissimo ovunque volesse.

Peccato – pensò – che lo avrebbe portato lontano da lei.

Erano passati solo dieci minuti da quell’incontro. Mark viaggiava già sul taxi super disponibile e super veloce diretto a Wembley, dove le prove per il concerto di quella sera erano iniziate senza di lui. Avrebbe dovuto fare qualcosa a riguardo. Fare il bravo, almeno al lavoro. Ma più cercava di concentrarsi su quello che avrebbe dovuto fare per evitare che Gaz s’inviperisse, più quegli occhi incredibilmente profondi ed espressivi torturavano i suoi pensieri. E non solo gli occhi. Anche le labbra, che di sicuro erano le più belle che avesse visto da un bel po’ di tempo a quella parte.

Chissà come sarebbero state morbide al contatto con le sue…

E, a un tratto, quella donna si era trasformata nella sua ossessione personale. Era possibile che fossero stati sufficienti cinque minuti, in cui, per altro, non era successo assolutamente nulla di anche solo lontanamente rilevante, per farlo impazzire?

Quando giunse allo stadio, senza troppi drammi da parte dei suoi compagni, si mise al lavoro – buttandoci dentro anima e corpo –, ma il pensiero di quella ragazza dall’aria dolcissima continuava a farlo smaniare. L’unico pensiero che lo aiutò ad arrivare in fondo alla giornata era che, quella sera, se fosse stato fortunato, l’avrebbe rivista. Non sapeva come – e, a essere onesto, nemmeno perché, dato che aveva una compagna ed era già colpevole di fin troppe scappatelle -, ma avrebbe voluto far capire a Marta che il solo pensarla gli faceva ribollire il sangue nelle vene. Che il solo immaginare di baciare le sue labbra, lo faceva impazzire di desiderio.

Nei giorni seguenti, Mark aveva soggiornato ancora nella stanza 520 di quell’albergo. Lui e Marta erano riusciti ad incrociarsi solo due o tre volte. Lei si era limitata a qualche sorriso da lontano, ad un cenno con la testa, cercando di nascondere con i colleghi il desiderio di vederlo, la trepidazione dell’attesa, nella convinzione che sarebbe arrivato da un momento all’altro… e il sollievo quando, infine, lo vedeva spuntare con quel suo sorriso disarmante stampato in volto che voleva credere destinato a lei – neanche fosse una ragazzina di dodici anni.
Lui si limitava a lasciare in strada le fan, appollaiate sotto l’albergo nella speranza di essere portate in camera. Non sapeva perché, ma non voleva che lei vedesse quel lato di lui. Passava di fronte alla reception diretto agli ascensori e, quando si accorgeva della presenza di Marta, si avvicinava, avanzando le richieste più disparate. Aveva già perso due chiavi magnetiche e un pass-par-tout. Senza contare la collezione di dépliant abbandonata sulla poltrona della sua camera e la pigna di asciugamani intonsi che aveva richiesto, nella vaga speranza di vederla arrivare in camera per portarglieli. Ma non era mai lei.

Poi era partito per proseguire il tour. Non si erano mossi di un centimetro da quella prima mattina in cui niente era successo, eppure tutto era cambiato. Ma Mark sapeva che, prima o poi, sarebbe giunta la loro occasione. Sorrise mentre, nel tour bus, scorreva con lo sguardo le settimane di Maggio sul calendario. Avrebbe dovuto aspettare altre due settimane e sarebbero tornati a Londra per ulteriori quattro show. Avrebbe dovuto aspettare altre due settimane e l’avrebbe rivista.
Aveva un presentimento, sentiva che quelle quattro serate avrebbero cambiato molte cose. Di certo, però, non avrebbe potuto immaginare che gli avrebbero cambiato l’intera vita. 
 
So good to be near you,
so dark when you walk from my side




 

Angolo dell'Autrice

Buonsalve a tutti!
Mi ritrovo qui a pubblicare una longfic nel fandom dei Take That. Non ci posso credere! Avevo ormai dato per dispersa la mia ispirazione al riguardo, ma, complice la mia amica Ohra_W, sono riuscita a buttare giù questa sottospecie di prologo.
Vorrei spiegare due cosine, giusto per dovere di cronaca. Il personaggio di Marta appartiene alla sopracitata Ohra_W che me l'ha gentilmente concesso per elaborare questa coppia che compare all'interno della sua longfic "Look Forward, Don't Stare". Erano una coppia-meteora che ha avuto una breve comparsata, non approfondita, ma siccome mi è piaciuta tanto le ho chiesto se avrei potuto utilizzarla e raccontare la loro storia! ♥ E poi, vabbé, io adoro Mark da almeno due decenni, diciamo che gioco in casa! *_*
Niente, smetto di parlare perché rischio di scrivere note più lunghe del capitolo! :p
Spero che fin qui vi sia piaciuta.
A presto
Fair ♥


 
 
 
   
 
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