"Caro Shion
È ormai passato un anno dall'ultima volta in cui ho visto i tuoi occhi, in cui le mie labbra hanno baciato le tue, in quell'ultimo, triste, bacio d'addio. Addio. Una brutta parola. Eppure quante volte la mia bocca si è contratta nel pronunciarla. Quante volte le mie labbra hanno sentito quel sospiro scivolare fuori dal mio corpo per andarsi poi a formare in una parola così malinconica: addio... Tante volte, tante, mio caro Shion, tu non immagini quante.
Eppure nessuna, nessuna! Shion, mi ha fatto male come quella in cui pronunciai la terribile parola per te. Nessuna, Shion, mi ha fatto soffrire tanto, nessuna mai mi ha lacerato tanto il cuore e l'animo come quando, davanti alle rovine del muro crollato che separava le nostre due realtà, io ti ho baciato, dandoti un bacio che avrei voluto non finisse mai, perché sapevo, che dopo che si fosse sciolto io me ne sarei andato e non ti avrei mai più rivisto. E non era quello che volevo, e non lo è neanche adesso, e non lo sarà mai, non lo sarà mai! Come potrebbe essere ciò che voglio, come? Io ti amo Shion, io ti amo, ti amo davvero, ti amo, vorrei avertelo detto quel giorno, e vorrei adesso essere li per potertelo sussurrare nell'orecchio dolcemente e poi baciarti ancora e ancora e ancora. Ti amo, Shion, per questo me ne sono andato, anche se non era quello che volevo. Spero che tu comprenda che io l'ho fatto solo perché ti amo, e perché sei l'unica persona al mondo di cui mi importi veramente. Me ne sono andato perché volevo che tu potessi avere una vita felice, potessi ricostruirti quella vita che io ti avevo impedito di avere. Come potresti essere felice con me? Come? Cosa sono io? Niente, uno scarto, un attore fallito che per anni è stato costretto a vivere come un topo. Tu invece, devi avere la possibilità di ricostruirti quella vita che 5 anni fa, entrando da quella finestra, io ti ho distrutto. Saresti potuto diventare un grande uomo, uno scienziato, un medico, se solo tu avessi avuto più cervello quella notte, e mi avessi consegnato alla polizia. E invece non lo hai fatto, hai preferito distruggere il tuo futuro e tenermi con te, e di questo ti sarò sempre debitore.
Per questo me ne sono andato, Shion, perché non volevo nuovamente rovinare il tuo futuro, perché rimanere sarebbe stato un po' come entrare una seconda volta da quella finestra, toglierti la possibilità di essere felice, di ricreare la tua città, di realizzare i tuoi sogni. Me ne sono andato per renderti felice, anche se la cosa mi distrugge.
Adesso sono qua, Shion, in un paese che non so neanche come si chiama, dove vedo che piano piano tutti ricominciano a vivere, mentre io continuo a vagare solo senza riuscire a togliermi il tuo sorriso sincero dalla mente. Adesso sono qua, fermo in un bar qualunque, come ne ho visti milioni, a scriverti l'ennesima lettera che tanto non ti spedirò mai, perché in realtà spero e temo allo stesso tempo che tu ti sia dimenticato di me. A cosa servirebbe mandarti una lettera? A cosa? A niente. Se te la inviassi, e tu la ricevessi, le cose non cambierebbero. Non tornerei comunque da te, non tornerei, anche se ti amo da impazzire e la tua lontananza è come un pugnale avvelenato che penetra piano piano nella carne e mi fa morire come Amleto (1).
Chissà dove sei, adesso, Shion. Cosa stai facendo, con chi sei. Ti sarai dimenticato di me? Avrai trovato qualcuno da amare, con cui mettere su famiglia, vivere, litigare, ballare senza musica, come io facevo con te? Avrai trovato qualcuno con cui passare il resto dei tuoi giorni, costruire una casetta, invecchiare, come io avrei tanto desiderato fare con te? O forse ancora pensi a me, non riesci a toglierti i miei occhi dalla testa, i giorni nei quali litigavamo, e poi improvvisamente mi alzavo, ti prendevo tra le mie braccia e ballavamo senza una musica che suonasse, quando mi guardavi mentre dormivo, quando ti prendevo in giro, quando cucinavi per entrambi aspettando il mio ritorno da lavoro? Ci pensi mai a queste cose, come faccio io in ogni singolo momento della mia vita? Chissà...
Mi manchi, Shion, mi manchi da impazzire, ogni momento che passo lontano da te sento come se il cuore mi scoppiasse, vorrei piangere, sbraitare, urlare che ti amo, tanto forte che il mio grido arrivasse fino a te.
E invece sto qua, fermo, con una tazza di caffè ormai freddo davanti, a scriverti questa lettera che tanto non ti spedirò mai, perché in realtà ho paura di scoprire che cosa hai deciso di fare della tua vita, e del nostro futuro, ho paura di scoprire se lo hai accantonato in un angolo, o ancora lo vedi brillare.
Con sincero affetto.
Per sempre tuo,
Nezumi"
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Come poteva andare avanti così? Come poteva continuare a vagare senza meta per colmare quel vuoto terribile che aveva nel cuore? Posò la penna, appoggiò la testa sulle braccia stese sul tavolo e cominciò a piangere. Piangeva silenziosamente, nessuno nel bar si accorgeva del suo pianto. Era solo, Nezumi, solo. Non aveva nessuno. Le lacrime bagnavano la lettera. Alzò la testa, la prese e se la mise in tasca, come faceva sempre. Poi si alzò, pagò il conto del caffè che non aveva bevuto e uscì dal bar, ricominciando a vagare senza meta, sommerso dai ricordi e dalle lacrime che ancora gli bagnavano gli occhi.
Grazie di aver letto! ^^
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