Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: fallwitharry    22/11/2013    0 recensioni
Finché c'è stato lui, a dir la verità, ho vissuto. Poi? Non lo saprei dire nemmeno io cosa, mi sono persa, sono caduta fino in fondo, e non è vero che è quando si tocca il fondo che si inizia a risalire, perché io non risalirò mai più. Potrei pensare di correre da lui, andare a riprendermelo, riaffondare il viso fra i suoi capelli profumati e immaginare una vita con lui. Ma non posso.
Che rumore fa una persona che crolla, Louis?
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                                                      



                                                           LOSER GAME



Passo le dita un’altra volta sulla ringhiera che circonda il laghetto del parco davanti all’università, sospirando e cercando di trattenere le nuvolette di vapore acqueo che si succedono come macchie di fumo ogni volta che respiro.
E’ nevicato stanotte, e fa un freddo che congela anche il sangue nelle vene. Ogni anno ci venivo con Louis quando nevicava ed era quasi Natale, mi dava il suo regalo e io gli davo il mio, ci baciavamo sotto i fiocchi di neve  e ridevamo, mi rannicchiavo fra le sue braccia finché non faceva così freddo da correre fino a casa, facendoci largo, mano per mano, fra la gente che girava fra i negozi in cerca dei regali dell’ultimo minuto.
E’ iniziato tutto dieci anni fa, eravamo ragazzini che avevano appena trovato il coraggio di uscire insieme, dopo aver passato tutta una vita a guardarsi dalla finestra e percorrere la strada da casa a scuola insieme, anche se non ci eravamo mai scambiati una parola.
Siamo vicini di casa.
E dieci anni sono passati e ogni dodici mesi eravamo ancora insieme e più uniti di prima, finché il tempo ha iniziato a cambiare le cose.
Negli ultimi tempi non trovo più il calore di una volta fra le braccia di Louis, sono troppo scheletriche e si vedono quasi i lembi delle ossa sporgere, sopra i lividi e i buchi degli aghi, ha sempre quel paio di occhiaie viola che sembrano trucco, messe sulla pelle pallida e innaturale, regge l’anima coi denti, ed è un miracolo se resta in piedi per qualche ora di seguito, ma non farebbe comunque a meno della sua polvere, e mi ha reso chiaro che non sarò io a cambiare le cose, così mi sono arresa. Ho smesso di andare in farmacia a comprare creme per alleviargli il dolore, ho smesso di urlargli contro schiaffeggiandolo ogni volta che lo vedo più di là che di qua, ho smesso di portarlo a fare le terapie per smettere, perché i medici me l’hanno detto chiaro e tondo, che è un caso senza speranza, mi hanno consigliato di aspettare, cosa non me l’hanno detto, ma l’ho capito da sola, così l’ho abbandonato pur restandogli accanto fino alla fine, perché una fine ci sarà e io, lui, o nessun altro cambierà le cose.
Ora è tutto un po’ più triste e spento.
E’ il primo anno che passo questo giorno da sola, perché lui ‘’non ce la fa’’, sue testuali parole, che ha detto a sua madre di dirmi.
Chiuso nella sua stanza, la mente buia, oscurata di pensieri vuoti che non capisce nemmeno lui, circondato dalle sue fedeli siringhe, la testa china sullo stipite del letto e le braccia ciondoloni sul pavimento. Per Natale vorrei solo rivederlo com’era una volta.
Vorrei vederlo sorridere, con gli occhi lucidi dalla gioia e socchiusi, vorrei rivedere il colore vero della sua pelle, vederlo lucido, sentirgli fare discorsi logici e non parole buttate a caso mentre si addormenta o cade a terra perché non si tiene in piedi. Ma è un sogno irrealizzabile, e mi terranno compagnia solo le foto e i ricordi. Anche quelli per lui ormai sono sbiaditi. Ogni volta che torno a casa e busso alla porta del suo appartamento, un piano sopra al mio, mi divora la paura di non ritrovarlo, di sua madre che mi dice che non c’è più, e tante volte mi sono ridotta a passare interi pomeriggi con lui, disteso sul divano, con la testa appoggiata sulle mie gambe, che dormiva. Aspetterò solo il momento in cui sarà abbastanza lucido da spiegarmi il perché di tutto questo, perché si è trascinato in questo inferno di cui faccio parte anch’io.
Elimino per un attimo tutti i pensieri, e continuo a camminare imboccando il sentiero per uscire dal parco. Questo posto ha troppi ricordi da sopportare. Credo che tornerò casa, controllerò lo stato di Lou, e forse dormirò un po’.
Da qualche tempo a questa parte odio il Natale, davvero, e cerco di starne lontana il più possibile.
Mi squilla il telefono. Uno di questi giorni dovrò seriamente togliere la vibrazione, a momenti ho rischiato l’infarto. E’ mia madre. La voce ovattata e bassa che sento dall’altra parte del telefono non è la sua solit voce.

-Aria? Siamo in ospedale, quello all’incrocio di Fulham Road e Warwick Road- rifletto un attimo su a chi può riferirsi quel ‘noi’, senza dare molta importanza a ‘ospedale’ –E’ per Louis.- l’ultima parola mi gela il sangue. So cosa può essergli successo e so che devo iniziare a correre. 

Riattacco cacciando il cellulare in tasca, e cominciando a fare zig zag tra il fiume di gente che è solito intralciare i marciapiedi in questo periodo dell’anno, inciampo e cado una volta, arrossisco per la figura ma nessuno fa particolarmente caso a me, così mi rialzo in fretta, fino all’edificio.
Inutile dire che continuo, con passo veloce, per le scale larghe e fitte, di marmo giallastro, che mi sa tanto di ospedale per finti ricchi. Mi fermo alla porta del terzo piano perché c’è mia madre che mi aspetta.
Le braccia incrociate al petto, gli occhi rossi di chi ha pianto e i capelli disordinati raccolti in una coda, ha sempre preso Louis come un secondo figlio, e gli ha voluto forse più bene di quanto ne ha dato a me. Mi accompagna dentro, a passo lento, quasi come se volesse dirmi qualcosa prima di farmelo vedere, e l’aria che sa di medicinali mi riempie le narici, disgustandomi.
Quando mia madre mi scoppia a piangere fra le braccia non ci capisco più nulla, e corro fino alla porta dove vedo i genitori di Lou e Lottie.
C’è un vetro che mi separa da lui.
Come una bambina, che avvicina il viso al finestrino della macchina per vedere quello che c’è fuori, poso le mani sul vetro schiacciandoci il naso contro per vedere dall’altra parte se c’è Louis, e come sta.

Dentro la stanza c’è solo un corpo vuoto. Le braccia lungo il corpo, immobile, la macchina che segna il battito cardiaco ferma, attraversata da una linea retta che non accenna a muoversi. Un tonfo al cuore, la mente vuota di qualsiasi pensiero che non sia ‘Lui non c’è più’. E così se ne è andato, Louis. Senza salutarmi. Mi ha fregato anche stavolta, ha fatto lo stronzo fino all’ultimo. In quel momento non so come, le gambe cedettero, lasciandomi in ginocchio, con la testa contro il muro, e i pugni stretti a terra. No, non sono morta quel giorno. Quel giorno però è rimasto nei miei incubi.
Mi ha tolto una parte di me che penso non riavrò mai più, un po’ come Louis.
L’ho salutato al funerale, l’ho salutato con un cenno della mano sul selciato della chiesa, perché non sono voluta entrare. E ora non so cosa farò, se me ne andrò da questa città e cercherò di ricominciare a vivere, o se resterò ancorata a un passato da cui non riesco a liberarmi. I giorni seguenti al funerale non ho fatto che vomitare, anche se non ho mangiato nulla. Come se il mio corpo si fosse, in qualche modo, rifiutato di continuare. Anche mia madre non è stata bene. Ogni giorno, con le braccia avvolte intorno alla tazza, a vuotare anche l’anima, in quel bagno. Come la colmerò la tua mancanza io, Louis? Come? Come farò a spiegare a tutti gli altri quale segreto mi porto addosso?
Ma soprattutto Louis, come potrò rispondere a un figlio non ancora nato, quando mi chiederà dov’è suo padre?
 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: fallwitharry