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Autore: Deb    22/11/2013    5 recensioni
Rabbrividisco ripensando a quattro giorni fa. È stato tutto improvviso, un minuto prima chiacchieravamo e quello dopo sono sopra di lei con il coltello tra le mani, insanguinato. [...]
Sono giorni che sono rannicchiato in giro per la casa, ho smesso di cucinare il pane, anche se di tanto in tanto disegno qualcosa. Ho imbrattato anche parte del muro, disegnandola. Voglio sentirla vicina, anche se non posso stare con lei. Non più, dopo quello che le ho fatto.
«Ehy, ragazzo innamorato, vedi di darti una ripulita e vai da lei!»
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Sae la zozza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Feelings After-war ~ Katniss/Peeta'
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Prima o poi

Sono giorni che non la vedo, anche se è costantemente nei miei pensieri. Oggi è il terzo giorno che sono rintanato nella mia casa al Villaggio dei Vincitori. Non guardo nemmeno fuori dalla finestra per paura di vederla. Se la vedessi, sicuramente, avrei un altro episodio e cercherei di ucciderla, come l'ultima volta, quando l'ho ferita.
Rabbrividisco ripensando a quattro giorni fa. È stato tutto improvviso, un minuto prima chiacchieravamo e quello dopo sono sopra di lei con il coltello tra le mani, insanguinato.
Nel momento in cui mi sono accorto di quello che stavo facendo, sono scappato e ora ho paura a tornare indietro. Non posso assolutamente rischiare di farle del male, non lo sopporto. Io vorrei soltanto proteggerla, ma come posso farlo dal momento in cui il suo più grande pericolo sono io?
Stringo le mani in mezzo ai capelli, tirandoli. Facendomi del male riesco a sopportare meglio il dolore che provo, il senso di colpa continuo.
Sono giorni che sono rannicchiato in giro per la casa, ho smesso di cucinare il pane, anche se di tanto in tanto disegno qualcosa. Ho imbrattato anche parte del muro, disegnandola. Voglio sentirla vicina, anche se non posso stare con lei. Non più, dopo quello che le ho fatto.
Come potrà mai perdonarmi? Se tornassi da lei – perché lo vorrei fare con tutto me stesso – sicuramente scapperebbe alla mia vista, avrebbe paura di me.
Scatto nel sentire la porta aprirsi. Potrebbe essere Katniss?
«Ehy, ragazzo innamorato, vedi di darti una ripulita e vai da lei!»
«Non posso!» Ribatto con autorità, cercando di spaventarlo, ma ovviamente non funziona. Non con Haymitch, che invece si avvicina e mi posa una mano sulla testa.
«Mi farete diventare matto voi due pazzoidi», sussurra, portandosi poi alla bocca il bicchiere di liquore che probabilmente si è portato da casa. «Su!» Mi prende sotto braccio e mi issa in piedi.
«Non torno da lei, potrei... non ci torno», bisbiglio, osservando il muro al mio fianco pur di non guardare il mio mentore. Mi vergogno di me stesso.
Haymitch sospira, appoggiando la mano sulla mia guancia, facendomi voltare verso di lui «da quant'è che non ti sbarbi, dannato? E puzzi. Mi sembri la tua ragazza. Anche se lei non ha decisamente bisogno di sbarbarsi».
Sgrano gli occhi, osservandolo. Katniss è messa come me? Perché?
«Io...»
«Senti…» mi tira la barba che ha cominciato a crescere senza alcun ritegno, libera, perché non mi interesso di tenerla a bada, «sbarbati! Se la tardona ti baciasse si pungerebbe!»
Rido, davvero di gusto e non mi succede da parecchio tempo.
«Non mi bacerebbe mai, Haymitch. E poi non vado da lei. Non dopo averla ferita così», faccio una pausa, scostandomi, «come sta, comunque?»
Vorrei sentir dire che sta bene, ma so che non è così, me l'ha fatto capire. Sicuramente è turbata per ciò che è successo.
Mi rendo conto che Haymitch ha deciso di non rispondermi, così mi volto a guardarlo. Capisco a che gioco sta giocando e non ho voglia di parteciparvi.
«Ho capito. Ora puoi andare, non vado da lei».
«Peeta, devi», afferma prima di uscire dalla porta come lo avevo invitato a fare.
Rimango nuovamente da solo con i miei pensieri. Se ascoltassi Haymitch dovrei andare da Katniss, ma come potrei soltanto trovare il coraggio per farlo? Insomma, chi può garantirmi la sua incolumità?
Mi avvicino alla finestra e scosto di poco le tende. Vedo Ranuncolo scorrazzare per il cortile, ma di Katniss nemmeno l'ombra. Sospiro e mi volto. Non ha senso chiedersi cosa stia facendo o provando. Non posso saperlo se nessuno si degna di dirlo o se io non mi metto in testa di tornare da lei. Almeno per chiederle scusa.
Dovrei farlo, in fondo le ho fatto del male, devo scusarmi.
Lentamente mi dirigo nel bagno. Effettivamente non emano un odore gradevole, se Katniss decidesse di entrare qui, cosa che non credo farebbe mai, sicuramente rimarrebbe disgustata dal mio stato.
Mi spoglio e lo specchio riflette la mia immagine. Sono in uno stato pietoso. Non solo per le cicatrici che cospargono il mio corpo, ma ho gli occhi gonfi, le occhiaie e gli occhi spenti. I riccioli dei capelli sono completamente attorcigliati tra di loro e sono sporchi per la poca igiene personale e per il sudore dei giorni scorsi. La barba cresce incolta sul volto, mi ricorda quella disordinata di Haymitch, anche se io non ho bisogno della bottiglia di alcool, ho già l'altro me che mi fa perdere il senno.
Mi butto sotto il getto dell'acqua calda, mi insapono con frenesia la faccia, come per scacciare la paura di vederla. Mi lavo il corpo, ma affondo le unghie del mio polso quando un ricordo non voluto, non vero, affiora nella mia mente.
Scivolo e mi siedo sul fondo doccia, l'acqua continua a bagnarmi, ma non ho la forza di alzarmi e chiuderla. Vorrei soltanto correre ed ucciderla.
Non sono in condizioni di vederla, non ancora. Deve morire. Deve essere giustiziata per tutte le cose che ha fatto.
Riesco a trovare la forza per alzarmi, il sapone scivola via dai miei capelli e perdo minuti per cercare di districare i nodi che si sono formati. Cerco di non pensare a nulla, di chiudere il cervello. Cerco di pensare a Delly, a quando giocavamo insieme da bambini, quando disegnavamo ed era tutto più semplice con l’ingenuità bambinesca.
Chiudo l'acqua e dopo aver indossato l'asciugamano in vita, mi piazzo davanti allo specchio. Non mi piace guardarmi, soprattutto in questi giorni. Sono un mostro, un ibrido creato da Capitol City per uccidere la ragazza che amo. Prendo il rasoio tra le mani e lo osservo per qualche istante.
Non mi è rimasto nessuno, non sarebbe poi così male se morissi, almeno sarei sicuro che Katniss sia al sicuro che io non possa ucciderla.
Ascolto nella mia mente il suo pianto. Piangerebbe davvero per me? Lei non esterna mai i suoi sentimenti, forse si farebbe forza. O più probabilmente si sentirebbe in colpa.
Il rasoio elimina la mia barba incolta, movimento dopo movimento. Non ho il coraggio di togliermi la vita; so che ne soffrirebbe e non voglio ferirla anche psicologicamente.
Mi sciacquo il viso con l'acqua, sentendo le guance lisce. Ricordo ancora quando Katniss mi abbia fatto capire come la barba non le piacesse.
«È la prima volta che ti vedo la barba», sembrava quasi che mi studiasse e mi imbarazzai nel sentirmi tanto osservato.
«Tutti gli uomini hanno la barba, è normale, Katniss».
«Oh, sì, lo so. È che...» Si bloccò mordendosi il labbro inferiore.
«Cosa?»
«Non ti cresceva negli... ehm...» si fermò nuovamente, non sapendo se potesse rimembrare quel periodo. Effettivamente non mi piaceva ricordare perché non riuscivo mai a capire se i miei ricordi fossero errati o meno.
«Hunger Games?» L'aiutai.
«Sì. Eri completamente glabro in viso».
Feci spallucce, «credo abbiano fatto qualcosa per rallentare la crescita».
«Stai meglio senza, anche se ancora è davvero talmente corta che non si nota neppure», affermò, senza rendersi effettivamente conto che mi aveva appena dato un motivo per farmi la barba giornalmente.
Sento il cuore velocizzare i battiti; sono pronto. Dovrei soltanto vestirmi e percorrere quei pochi metri che mi dividono da lei.
Non posso presentarmi a mani vuote, però. Non dopo il male che le ho fatto.

Sospiro, bussando alla porta. Spero che ad aprirmi non venga lei, anche se più probabilmente, se è sola in casa, non si presenterà proprio.
Mi accingo a prendere la chiave di riserva quando la porta si apre, «oh, entra. Grazie a Dio sei qui!»
Inarco un sopracciglio, fiondandomi in cucina per appoggiare ciò che ho in mano.
«Che succede?» Chiedo con voce tremante. Non vorrei mai che si sentisse male per colpa mia.
«Non vuole uscire dal bagno. Ho chiesto a Haymitch di chiamarti, sono contenta che sei davvero venuto, alla fine».
Non ascolto una parola di quello che dice, dopo aver saputo che Katniss si è rintanata in bagno, corro lì. Busso con forza alla porta, inchiavata dall'interno. Se Haymitch mi avesse detto le sue reali condizioni, probabilmente mi sarei fiondato qui, evitando tutti i pensieri che mi hanno offuscato la mente.
Quando non ricevo risposta tento di buttare giù la porta, senza risultato.
«Katniss, apri la porta!» Urlo, continuando a sbattere la mano contro il legno. «Katniss, apri questa dannata porta se non vuoi che...» Mi blocco.
Non posso minacciarla o continuare ad essere così irruento. Ha paura di me. È normale che ce l’abbia, dopo che ho tentato di ucciderla.
Cerco di calmarmi, chiudo gli occhi, e la mano non sbatte più, «Katniss, scusami per l'altro giorno. Non volevo, non so cosa mi sia preso. Io... mi apri, per favore? Voglio solo assicurarmi che tu stia bene. Ti prego».
Ho la voce calma, ma sento il cuore a mille. Non sono sicuro di riuscire a controllarmi, forse sarebbe meglio se non aprisse, ma schiudo gli occhi non sentendo più il legno contro le mie dita.
«Stai bene?» Mi domanda, anticipandomi. Ha i capelli sporchi e gli occhi rossi. Il mio sguardo vaga alla ricerca della ferita, trovandola all'altezza del avanbraccio. Mi sporgo avanti e l'accarezzo, senza pensarci. Si irrigidisce per un secondo.
«Mi dispiace, davvero, io...»
«Chi se ne frega? Non è nulla. Tu stai bene?» Incalza, senza distogliere i suoi occhi dai miei. Era davvero preoccupata per me?
«Sì».
Katniss sospira, coprendosi il viso con una mano. Non emana nemmeno lei un buon odore, non che mi dia fastidio, il mio pus nell'arena era decisamente peggio.
«Hai mangiato?» Le chiedo, stringendole una mano.
Lei la guarda per un attimo, poi scuote la testa. Sono rimasto chiuso in casa per tre giorni. Si è buttata giù così?
«Da quant'è che non mangi?» Non che io mi sia nutrito. Ho spizzicato qualcosa di tanto in tanto, ma sono giorni che non faccio un pasto decente.
«Peeta, è colpa mia?» Chiede all'improvviso, ignorando la mia domanda.
Sgrano gli occhi non capendo di cosa stia parlando. Le accarezzo i capelli, ma si ritrae velocemente. Mi irrigidisco un attimo, pensando per un secondo che voglia colpirmi. Devo cercare di rimanere calmo e vigile, non posso avere un episodio proprio adesso.
«Lo so che è colpa mia, quello che ti hanno fatto, intendo...» Fa un passo indietro, tornando dentro il bagno, ma mi porto velocemente avanti cosicché lei non si possa richiudere dentro.
«Non pensarci, Katniss. Ti fai solo del male inutilmente», dico con fermezza, stringendomi nelle spalle, «eravamo in guerra, la colpa è soltanto di Snow, non tua».
Sento la sua mano sul mio petto, non capisco cosa voglia fare e non posso non sentirmi agitato.
«Non voglio che scappi, Peeta. Non voglio che stai male per me, non lo merito. Tu non fai nulla di male».
«Nulla di male?» Alzo la voce, «stavo quasi per ucciderti e dici che non ho fatto nulla di male? Sei seria?»
Katniss sobbalza, probabilmente le ho messo paura, ma non posso preoccuparmene. Non può dire certe cose. Non a me che vivo costantemente nel terrore di poterla uccidere. La sua vita è troppo importante, non potrei sopportare di risvegliarmi dal mio attacco e scoprire che non c'è più.
Mi guarda sconvolta, «io... voglio dire... non è colpa tua, Peeta».
«Forse, ma comunque sono io che ti ho ferito, l'altro giorno. Credevi davvero che sarei potuto rimanere a guardarti? Dopo quello che ho fatto?»
Katniss stringe le braccia con le mani, incurvando la schiena, come se volesse farsi più piccola di quel che è.
Non stiamo andando da nessuna parte con questo discorso. È assolutamente inutile. Mi volta e mi allontano, potrebbe chiudersi di nuovo dentro il bagno, ma non lo fa. Aspetta che le dica qualcosa.
«Vieni a mangiare», la mia intonazione è dura e ferma, quasi come se fosse un ordine e lei cammina verso di me, con lo sguardo basso.
Mi chiedo cosa le stia passando per la testa, vorrei che riuscisse ad esprimersi, a farmi sapere cosa prova, ma non posso forzarla e so che non è mai stato il suo forte. Lei agisce.
Fa capire ciò che prova con le sue azioni.
«Sapevo che saresti riuscito a farla scendere!» Esclama Sae, vedendoci entrare in cucina. Anche Haymitch è presente, anche se non so quando sia arrivato. Non l'ho sentito.
Mi guarda e sorride divertito, «bravo, ti sei sbarbato».
Katniss prende posto a tavola e sento che il suo stomaco gorgoglia. Sorrido involontariamente.
«Ti avevo detto di mangiare qualcosa! Fortuna Peeta che prepara sempre torte!» Sae la Zozza prende un coltello, rimproverandola.
«Ma c'è odore di formaggio, non può essere una torta!»
«È la torta al formaggio», le spiego mentre Sae ne taglia un pezzo, sotto lo sguardo incuriosito di Katniss. Ha la forma di un fungo, dei pezzi di formaggio hanno incrostato la superficie, sciogliendosi durante la cottura. La torta, oltre ad avere pezzi di formaggio interi al suo interno, ne ha anche grattugiato in mezzo all'impasto di uova, lievito e latte. «La preparava mio padre in panetteria, non l'avevo mai fatta da solo, spero non faccia troppo schifo».
«Sarà sicuramente ottima, l'odore è delizioso», mi risponde addentandone un pezzo. La vedo sgranare gli occhi, ingurgitandola con voracità. Se ci fosse stata Effie l'avrebbe sicuramente sgridata per il suo modo di mangiare, ma a me non può che far piacere.
«È squisita!» Esclama «Il formaggio ti si scioglie in bocca e...»
«Sì, dolcezza, sappiamo che ti piace il formaggio», la blocca Haymitch cominciando solo in quel momento a mangiare. «Mi spiace per te, ragazzo, mi sa che ti toccherà farne una al giorno».
Sorrido, «se serve».
In poco tempo, la torta viene spazzata via dalla fame di Katniss che la continua a mangiare con gusto fino a quando non l'ha finita. Mi sembra quasi che quello che è successo quattro giorni fa sia ormai lontano anni luce, ma non è così.
La ferita che le ho inflitto è viva sulla sua pelle, e non posso rischiare di farle ancora del male, il problema è che non ne posso avere la garanzia.
Vorrei poter affermare che va tutto bene, ma non posso farlo.
«Deliziosa, Peeta. Davvero», Sae si pulisce le mani. «Ora devo scappare. Peeta la lascio nelle tue mani, falle fare una doccia, te ne prego! Credo dia retta soltanto a te, a quanto pare».
«Fatela insieme e prendi due piccioni con una fava, Peeta. Le fai fare la doccia e te la fai».
«Haymitch!» Esclamo, arrossendo insieme a Katniss che, velocemente, si alza e corre al piano superiore.
«Dimentico sempre quanto sia pudica», svuota il bicchiere davanti a sé, «posso lasciarti solo con lei o devo farvi continuamente da balia?»
Sospiro, «dovrei tornare a casa anche io».
«Cosicché lei si chiuda nuovamente in bagno finché non arrivi? Non hai capito che quella tardona è completamente ed interamente dipendente da te? Se non ci sei tu si annulla».
Mi sento felice per quelle parole, vorranno pur dire qualcosa. Sono le azioni che parlano per Katniss e bisogna essere pronti a captarle. A quanto pare, se non ci sono io, lei viene presa dallo sconforto. Dall'altra parte, invece, penso che non sia giusto che stia così. Ho paura che stia male e questi pensieri si ripercuoto negativamente su di lei. Il problema è che finché avrò gli episodi non potrò mai essere certo di poter stare con lei.
«E se l'attaccassi nuovamente?»
«Ti sei fermato. Non c'ero io, ma ti sei fermato lo stesso, non la ucciderai. Non ce la faresti».
Lo fisso un attimo, rigirandomi la forchetta tra le mani, «ne sei certo? Io non lo sono».
«Lei ne è certissima. Ti dà retta e ti vuole vicino, non si sentirebbe al sicuro se non si fidasse completamente di te, ma è troppo stupida ed imbranata per riuscire a fartelo capire», si alza in piedi, strisciando rumorosamente la sedia sul pavimento, «dovrai avere una santa pazienza, ragazzo, ma prima o poi sono sicuro che riuscirai a fartela».
Lo accompagno alla porta, senza rispondere alla sua battuta. In fondo, poi, non posso nascondere di provare attrazione verso di lei. L'amo e so di amarla il più del tempo, con annessi e connessi.
«Prima o poi, Peeta, prima o poi», afferma prima di cominciare ad avviarsi a casa sua.
Chiudo la porta alle mie spalle, rimanendo completamente solo. Sento l'acqua al piano di sopra scorrere, così mi metto a sparecchiare e lavare i piatti. Devo tenermi occupato.
Potrei cominciare a preparare un'altra torta al formaggio, visto che le è piaciuta tanto. Ci vuole tempo, parecchio.
Pulisco bene il tavolo della cucina e, dopo averlo asciugato, lo riempio di farina, la modello, affinché non formi un cerchio con i bordi abbastanza alti. Ricordo che mio padre mi disse che in questo modo si dispone la farina a fontana. All'interno univa sempre gli altri ingredienti, le uova sbattute, il lievito, il latte e il formaggio grattugiato. Dopo aver impastato tutto, stando bene attento a non toccare la farina, mio padre faceva lievitare per qualche ora, poi aggiungeva i tocchi di formaggio all'interno dell'impasto e metteva a cuocere in forno per quasi un'ora. Sono contento di ricordarmi questa ricetta, che mi ha fatto vedere quando ancora ero bambino. Mi è tornata utile, non solo perché Katniss l'ha gradita, ma perché mi sembra quasi di sentirlo aiutarmi, sbraitandomi dietro cosa devo o non devo fare.
Non mi accorgo nemmeno che Katniss mi osserva dall'uscio della porta della cucina, fino a che non copro l'impasto con un canovaccio ed alzo lo sguardo, incontrando il suo.
«Non ti ho sentita arrivare», le dico.
Lei fa spallucce, «eri concentrato, avevi la stessa espressione quando disegnavi sul libro».
«Studi le mie espressioni?» La prendo in giro avvicinandomi.
«No!» Si affretta a dire, «ma mi piaceva guardarti disegnare, facevamo qualcosa di normale. Era... rilassante».
Le sorrido, non le voglio ammettere di ricordarmi il momento, ma con lei che cerca di uccidermi, utilizzando il libro come esca. So che è un ricordo falso, c'è quel luccichio strano ed i contorni sono tremolanti, ma non il suo viso malvagio.
«Potremmo riprenderlo in mano, se vuoi», così almeno potrei ricominciare ad avere ricordi reali, magari mi avrebbe aiutato a scacciare quello falso dalla mente per poter far riaffiorare quello vero.
«Sì, mi piacerebbe», risponde, arrossendo un po', cercando di nascondersi tra i capelli con la scusa di preparare la treccia.
Torno indietro e aziono il timer, tra due ore la torta dovrebbe essere lievitata abbastanza.
«Ne prepari un'altra?»
Annuisco, «posso insegnarti a prepararla», le sorrido divertito, sicuramente avrei potuto ridere parecchio osservandola cucinare.
Lei inarca un sopracciglio, «io caccio, tu cucini», indica prima lei e poi me.
Mi sembra quasi una sorta di confessione, come se da adesso in poi vivremo così. Mi chiedo se sia per davvero, se posso sperare in un futuro del genere, con lei.
Forse prima o poi, riprendendo le parole di Haymitch, non avrò più episodi, allora sarà tutto più semplice, senza il terrore di farle del male. Ma so anche che ci sono altre variabili in gioco, come Gale che potrebbe tornare da un momento all'altro. C'è stato un periodo nel quale lo incolpava per ciò che era successo, ma successivamente hanno ripreso a parlare telefonicamente e non posso non sentirmi un po' geloso. Con lui, lei può parlare di tutto. Ci si confida, come non ha mai fatto con me. Era ed è tornato il suo punto di riferimento. Io sono soltanto una persona che lei vuole aggiustare perché si incolpa per come mi hanno ridotto. Katniss vuole stare con me in questo momento soltanto per alleviare il suo senso di colpa.
«Peeta...» Mi chiama, la treccia cade sulla spalla destra, ha il viso scoperto arrossato, forse per il calore dell'acqua della doccia, e non posso fare a meno di immaginarla, dandomi mentalmente dello stupido. Non è il momento di avere certi pensieri.
«Peeta, mi prometti che non te ne andrai più? Qualsiasi cosa succeda».
Deglutisco, facendo finta di dover controllare la lievitazione.
«Peeta, promettimelo», ritorno a guardarla, ha gli occhi lucidi, ma un'espressione decisa. Le labbra sono incurvate verso il basso, attende una risposta che io non so darle.
«No», affermo in un sussurro, «non posso farlo se non so di riuscire a mantenere fede alla promessa».
Katniss si avvicina, senza distogliere lo sguardo dal mio, mi stringe i lembi della maglia, «devi».
La guardo confuso, «non devo, invece. Non posso rimanere con te se ho paura di farti male».
«Vai in un'altra stanza, è una casa grande», è troppo determinata. È da tanto che non la vedo così, almeno credo.
«Perché sei così cocciuta su questo punto? Non posso farlo».
«Perché... perché... se non ci sei... se non ti vedo... io, io ho paura di perderti come nell'arena... se non sei con me, non posso... proteggerti. Non voglio… non voglio che ci separino un’altra volta».
Credo si sia forzata molto a dirmi quelle cose, lo denota il fatto che più volte si sia fermata per prendere fiato o cercare di dare un filo logico alle sue parole.
Il suo viso la tradisce, facendo comprendere quanto sia imbarazzata nel dover esternare così ciò che prova.
Le accarezzo i capelli, prendendo poi una sua mano nella la mia. La porto alle labbra e le bacio i polpastrelli e le dita.
Sarei capace di stare ore a baciarla così e, senza rendersene conto, riesce a sorprendermi. Katniss è così ingenua sotto certi punti di vista. Probabilmente non riuscirà mai a capire l'effetto che ha su di me, persino quando ero completamente depistato, quando il mio unico scopo era quello di ucciderla. Anche in quel momento, la desideravo. Anche se la volevo morta non potevo non notare quanto attratto fossi da lei. Quella è sempre stata la mia costante. Il desiderio di lei.
«Se te lo prometto saresti più tranquilla?»
La vedo annuire.
«D'accordo, allora. Te lo prometto. Saprai sempre dove sono, a patto che io possa sapere dove sei tu».
Si rilassa e sospira, «sì».
Alla fine, voglio soltanto la sua felicità e se lei vuole che io stia continuamente con lei, non ho di che lamentarmi perché fondamentalmente è ciò che voglio anche io. Voglio stare con Katniss, sempre e per sempre.
Non metto in dubbio che ci sarà da lavorare, che ci saranno momenti più duri di altri, ma insieme, forse, possiamo farcela, possiamo andare avanti. Cresceremo insieme e impareremo nuovamente a proteggerci a vicenda, come abbiamo già fatto in passato e come faremo in futuro.
Le accarezzo una guancia e mi avvicino al suo viso.
«Tra quanto è pronta la torta al formaggio?» Domanda, scostandosi un po' e osservando il canovaccio con estrema e falsa curiosità. Non è proprio capace a recitare.
«La mangeremo stasera, ci vuole parecchio a prepararla», avrei voluto quantomeno baciarla, ma mi sa che prima di quel passo dovrò renderla docile con il suo nuovo cibo preferito.
Prima o poi, mi ripeto nella mente come un mantra, prima o poi.

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Leggendo un commento su facebook ad un'immagine - ma guarda un po'? - Everlark ho pensato alla torta al formaggio e poi mi son detta, "uhm, Peeta è bravo a fare le torte... Katniss ama le focacce al formaggio... Deb ama la torta al fomaggio... Peeta saprà fare una torta al formaggio, no?!"
Così è nata questa fic :3 Ed _eco è stata la mia musa *0* Davvero, ogni volta pensavo a lei. Questo le piacerà (qualcuno dice la barbetta?), questo non le piacerà (il ricordo di KitKat che dice che le piace Peeta senza barba), ect... e niente, e poi ha seguito la storia in direttissima. xD Ogni tanto le passavo i pezzi. *Figlia mia, ti amoh!* E amo Haymitch che è la mia bocca della verità con la quale posso insultare KitKat che però, ci tengo a precisare, le voglio bene. xD più o meno :’D
Uhm, c’è un cambio di tempo verbale nella fic. È voluto. Anche nei libri, quando Katniss ricorda i periodi vengono scritti al passato remoto.
Katniss sembra forse un po' soft, forse. Ma è un po' voluto, la vediamo con gli occhi del ragazzo super innamorato, per Peeta lei è perfetta u.u Ma anche perché la nostra eroina è presa dallo sconforto, dagli incubi, dalla perdita delle persone a lei care e non vuole perdere anche Peeta, sarebbe un fallimento, inoltre sa che lui la può capire ed accettare per tutto quello che è hanno passato. Vuole Peeta perché è l'unica che può capirla davvero, nemmeno Haymitch può farlo fino in fondo perché lui anche partecipando gli Hunger Games e perdendo le persone a lui care, non riesce comunque a donarle il calore necessario, non era con Katniss durante la seconda arena, ma Peeta sì. Okay, comunque, tutto ciò per dire che ho voluto che si notasse lo sconforto di Katniss ed il volere necessariamente Peeta vicino proprio perché la fa stare bene anche solo con la presenza. Sicuramente quella tardona non ha capito ancora nulla, ma è cotta a puntino del nostro Peeta e delle torte al formaggio e, Dio, voglio anche io una torta al formaggio da mangiare T_T Ho fame!
La fine vuole richiamare molto il fatto che, in fondo, Peeta è pur sempre un ragazzo, ha i suoi stimoli ed i suoi istinti u.u KitKat, voleva soltanto un bacetto T_T Dannata tardona!
Spero vi sia piaciuta! :3
Bacioni
Deb
   
 
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