Morte. Di solito si parte dalla nascita, io voglio partire o meglio voglio finire, mettere un punto,morire.
E' notte, la città è spenta, sono su un tetto di un palazzo, le lacrime scendono e il respiro è irregolare, faccio un altro passo avanti e mi ritrovo sul bordo del tetto.
Un salto, un passo in più e tutto finirà, il dolore, le lacrime, l'odio, la solitudine, l'anoressia, la bulimia e l'autolesionismo.
Chiudo gli occhi e faccio un passo avanti, ma non accade, non cado giù, non muoio e non finisce tutto, sento una mano che mi stringe il polso e non mi permette di andare giù. Mi volto e trovo un ragazzo riccio che mi fissa e mi tiene saldamente il polso, il suo sguardo è serio, preoccupato, nonostante non mi conosca nemmeno.
Non capisco per quale motivo mi trattenga, non so chi sia, non sa chi sono io e quello che mi trascino dentro e dietro, l'odio mi monta dentro e gli urlo addosso:
-"Lasciami! Voglio morire lasciami andare!" cerco di liberarmi dalla sua presa ma è molto più forte di me non fa un minimo sforzo, mi afferra anche l'altro polso, mi tira verso di se e mi avvolge in un'abbraccio, dicendomi: -"Sfogati, urla, piangi, prendimi a pugni! Ma ti prego reagisci!" gli urlo nella maglietta tutto l'odio e la rabbia, lo odio perchè mi ha fermata, inizio a prenderlo a pugni, lui mi blocca e poi mi stringe ancora di più, smetto di colpirlo ma continuo a piangere, lui mi accarezza la testa e cerca di calmarmi.
Dopo un pò mi allontana da lui e mi dice:
-"Andiamo, ti accompagno a casa", scuoto la testa e gli rispondo:
-"Vado da sola" lui mi guarda contrariato e dice:
-"E' inutile, ti accompagno a casa e non c'è da discutere" mi prende per mano e ci incamminiamo verso casa mia.
Impieghiamo più o meno dieci minuti, sale fino davanti alla porta di casa e poi mi saluta: -"Cerca di stare bene" fa una pausa e poi aggiunge "Ci rivedremo" prima che scenda le scale la frase che si trova nella mia mente esce dalle mie labbra:
-"Perchè? Perchè mi hai fermata?" torna indietro, avvicina il suo volto, prende il mio tra le mani e incastona i suoi occhi verdi nei miei e poi mi risponde:
-"Avevi bisogno di aiuto e io ti ho aiutata" ovviamente non la penso come lui e gli dico: -"No, tu mi hai condannata." accenna un sorriso e dice:
-"Allora ti prometto che questo con me sarà l'inferno più piacevole che tu abbia mai conosciuto" poi si allontana ed esce dal palazzo.
La notte non riesco a dormire, le sue parole mi risuonano nella mente e mi fanno uno strano effetto, passo la maggior parte del tempo a pensare e a piangere.
E' mattina presto, ho gli occhi gonfi dal pianto e sono distrutta più del solito.
Mi vesto e decido di uscire, l'aria mi sbatte sul viso, cammino per la strada,guardo la felicità delle persone e non riesco a capire come facciano a essere felici di vivere questa merda chiamata 'vita', camminando non mi sono resa conto di essere arrivata un pò fuori città, non c'è gente qui, passo su un ponte e all'improvviso mi fermo e mi siedo sul bordo, sarebbe un altro salto, stavolta però non c'è nessuno che può fermarmi.