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Autore: Shirokuro    23/11/2013    1 recensioni
{ isshushipping | one-shot di 2430 parole circa | au!londra shakesperiana | possibile ooc }
Un dolce fischiettare arrivò alle orecchie dell'attore, che mentalmente ripassava le battute della tragedia. Sorrise un poco, allietato dalla meravigliosa canzone dei piccoli uccellini che gli altri chiamavano usignoli, semplicemente. Distolse lo sguardo dal foglio su cui aveva annotato alcune battute della terza scena, per volgerlo alla volta dei pennuti che incominciavano ad intonare altre melodie improvvisate; per un attimo, preso da tanta bellezza che era la natura, pensò di unirsi a quel cantico, ma vi rinunciò ricordandosi del suo compito primario.
Il suo ruolo era quello di Romeo, nel dramma dell'ononimo Montecchi e della sua dama Capuleti, non poteva permettersi sbagli. Soprattutto ora che ad affiancarlo sarebbe stato un nuovo giovine attore che era di un'arroganza innaudita. Alcide - questa era il suo nome - era un diciottene dall'aria vigile ed attenta, ma era superbo e ad N questo non andava molto giù: avesse l'ego del castano, si sarebbe permesso di definirsi mille volte più esperto e d'espressività e movenze mille volte più abili. Ma non lo possedeva e se ne stette in silenzio - non che avesse voglia d'urlar, certo.
Genere: Generale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: N, Touko, Touya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Direi che questa icon rispecchia l'anima della storia ahahahah <3 Ci sono. Tre giorni passati su questa one-shot. Ma questa fan fiction ha una storia, eh. Nasce tre mesi fa come FerrisWheelShipping per Natale, AU a Firenza, 1520 circa, Rinascimento. Anita è costretta a travestirsi da uomo per poter fare il pittore e portare del pane a casa la Domeica, quando Gropius - signore straniero per cui lavora - le permette d'uscire dal castello. La madre muore, N la scopre, i due s'innamorano e tante tante cose. Ma succede qualcosa; le terze della mia scuola (tranne la 3C) vanno a vedere Romeo e Giuletta al Gran Teatro, sì, quel musical che stanno facendo or ora qui a Roma. Noi ci lamentiamo - non tanto per le quattro ore di buco, figuriamoci XD -, sul terzo piano ci siamo solo noi di 2C e le prime. Due giorni dopo, i professori, accolgono le nostre lamentele e ci fanno andare a vederlo, il dodici di Dicembre essendo l'unica data disponibile per le scuole. Le varie prof ci vogliono pronti e in particolare quella d'inglese, ne approfitta per spiegarci qualcosina in più sulla storia inglese tanto eravamo giusto ad Elisabetta I. E lì viene l'idea, tutto in testa TUTTO. 
AU, Londra un anno dopo la morte di Shakespeare. N è un'attore unitosi ad una compagna nomade che faceva il giro per l'Europa, solo successivamente si stanziariono - si fa per dire - nelle regioni britanniche. Grande occasione al Globe, il tedesco (sì  <3) è pronto e preparato. Improvviso cambio, a fare la sua Giuletta sarà Alcide basta spoiler. Lotta è Anita, se l'ho messa tra i personaggi un motivo c'è, ma non la FerrisWheel (massimo CheckMate lol). Non posso negare di amare questa shot e di andarne fiera. Aaaaah, mi sto divulgando?  Semplicemente, buona lettura.




Un dolce fischiettare arrivò alle orecchie dell'attore, che mentalmente ripassava le battute della tragedia. Sorrise un poco, allietato dalla meravigliosa canzone dei piccoli uccellini che gli altri chiamavano usignoli, semplicemente. Distolse lo sguardo dal foglio su cui aveva annotato alcune battute della terza scena, per volgerlo alla volta dei pennuti che incominciavano ad intonare altre melodie improvvisate; per un attimo, preso da tanta bellezza che era la natura, pensò di unirsi a quel cantico, ma vi rinunciò ricordandosi del suo compito primario.
Il suo ruolo era quello di Romeo, nel dramma dell'ononimo Montecchi e della sua dama Capuleti, non poteva permettersi sbagli. Soprattutto ora che ad affiancarlo sarebbe stato un nuovo giovine attore che era di un'arroganza inaudita. Alcide - questo era il suo nome - era un diciottene dall'aria vigile ed attenta, ma era superbo e ad N questo non andava molto giù: avesse l'ego del castano, si sarebbe permesso di definirsi mille volte più esperto e d'espressività e movenze mille volte più abili. Ma non lo possedeva e se ne stette in silenzio - non che avesse voglia d'urlar, certo.
A volte si chiedeva perché gli inglesi ritenessero che una donna attrice era irrispettosa e perché la sua compagna teatrale non le ammetteva, benché non vi fosse un solo britannico. Komor Céren - il direttore della troupe nomade - gli rispose «Immagina se la mia donna recitasse su un palco: me ne vergognerei!» Peccato che questo alimentò solamente la sua curiosità nei confronti di quella stravagante preferenza. E Lotta era una donna di tutto rispetto, lui mai se ne sarebbe vergognato per così poco - ma dopottutto, un ragazzo che ha abbandonato addirittura il padre per il suo sentimento che ne poteva sapere che voleva dire amare o essere gelosi.
Comunque grazie a questa piccola nota, i ruoli femminili erano sempre ceduti a ragazzi troppo giovani - non che il verde fosse da meno, coi suoi vent'anni - e il Destino volle ogni volta che succedesse qualcosa e il suo compagno venisse sostituito. Sospirò pesantemente. Questa volta non avevano tempo a volerlo in quantità, solo due settimane e si sarebbero esibiti al Globe di Londra: un sogno che s'avverava. Ma come fare in modo che andasse bene, quando nelle vesti femminili di Giulietta c'era l'esile corpo d'un ragazzo dall'esperienza incerta, forse inesistente o poco evidente.
«Natural». A richiamarlo era il giovincello, che per puro dispetto usava il nome di battesimo che era noto non andare a genio al maggiore. Mascherando la stizza, si girò col capo verso Alcide, che mostrava d'esser italiano in tutto e per tutto: ruote meno scorrette in quel treno non ce ne erano. In faccia aveva la chiara espressione di chi si sentiva completato, con un piccolo gesto lui si sentiva sempre così, il dannato. In questo era migliore di N, decisamente.
«Cosa vuoi,» iniziò con aria quiete ma preoccupata «caro Bianco?» L'interrogato - se siamo sicuri che fosse lui quello sotto domanda - si avvicinò deciso, solo quando l'altro s'alzò dalla sedia in legno dimostrò una nota di insicurezza. Questo era l'unico modo per mettere in difficoltà lo spavaldo: mostrarsi pari o superiore. N non ci era arrivato immediatamente, ma in quei pochi giorni funzionava così. 
«Volevo chiederti una perplessità su alcune scene,» disse con sguardo spaventato - ma questa volta lo era davvero - «i baci: come li si recitano». Poi cercò di non mostrare agitazione.
«Si vede che sei un principiante» ribattè l'altro, dimostrandosi incredibilmente felice di tale notizia. Non aveva mai recitato con un bacio, quante commedie, romanze o - toh - tragedie aveva recitato? Perlomeno, quali? “Romeo e Giuletta” non faceva parte di queste. Sicuramente. Osservandolo dall'alto verso il basso s'avvicinò pericolosamente al viso niveo dell'italiano, ad un soffio dal viso. Quasi sfiorando le labbra. «Questa è la distanza massima, mia dolce Capuleti, non ti puoi avvicinare oltre e lo stesso vale per me», esalò prima di tornare posizione eretta.
Godè nel vedere l'espressione arrossata di Alcide, ch'evidentemente temeva il peggio - ovviamente, dipendeva cosa significava il peggio. Ridacchiando, tornò a sedere abbastanza violentemente tanto la cosa lo rendesse fiero. «Orsù mio caro, indosserai una maschera a nasconderti agli occhi altrui».
«Che vorresti dire, Natural?» Chiese, ritrovando la fierezza perduta anche se per poco. Lui non aveva bisogno di maschere, almeno non le avrebbe volute se recitasse in un ruolo maschile. Al pensiero maledisse l'Inghilterra e i canoni dell'Europa. Intantò portò il pugno davanti al viso, chiuso e tremante. Questo calmò la risatella divertita di sottofondo.
«Nulla, Bianco. Puoi andare se hai finito: ho una scena complicata da ripetere» disse mostrando il foglio con le battute della quinta scena del primo atto. La nemesi rabbrividì e poi se ne andò sbattendo la porta, donando al verde un pomeriggio tranquillo.

«Preparate le musiche che l'Iddio Santo farà partir le danze» urlò esasperato l'ucraino d'eccelsa cultura, mentre osservava i due attori litigare come pazzi. Avevano già rotto un bicchiere - ed era fabbricato in legno, la cosa inquietava i direttori e la povera cugina di lei -, strappato un costume che nessuno si chiese come fosse arrivato sul palco benché nemmeno un'anima viva l'avesse condotto là e N riuscì a sciogliersi i lunghi capelli tinti col succo di lime1. Forse tale spettacolo non aveva prezzo.
La lite era scoppiata durante la terza scena del quinto atto: Alcide aveva fatto una battuta poco raffinata su come Giulietta fosse altrettanto poco raffinata nel suo modo di reagire alla morte d'un poveretto. Ovviamente N, amante delle opere letterarie di Shakespeare e difensore dei sentimenti umani e d'ogni essere vivente, non potè che dissentire a quelle accuse e come se non tirando il proprio nastro per i capelli?
La cosa era degenerata in poco tempo, giusto quello di reagire al colpo nemmeno troppo forte. Erano entrambi l'un l'opposto dell'altro, non andavano d'accordo nemmeno durante quei momenti che sarebbero dovuti essere dediti alla coesione e l'andar d'accordo, almeno per loro due. Invece per trovare quell'equilibrio ci volevano le lacrime - seppur di rabbia - del più giovane. 
Il tedesco s'immoblizzò per qualche secondo, prima d'aggrottar la fronte e gridare come un possennato «Se ci tieni tanto a criticare, non farlo davanti a me!» Infuriato, Alcide, gli diede del montato e poi tirò nuovamente il nastro ad Harmonia; non era poi così strano, no? Se ne andarono in direzioni opposte, uscendo all'esterno. N si sentiva leggermente in colpa, ma non aveva fatto nessun torto a nessuno, al contrario, era stato il castano ad offenderlo - e pesantemente visti i termini usati. Sospirò fermandosi, sentendo una presenza che lo seguiva.
«Certo che non andate d'accordo» ridacchiò divertita Lotta, sistemando la veste spiegazzata. N la fissò leggermente spaesato, non poteva esser ridente quando il suo traguardo era lontano e molto visto quell'ostacolo che si imponeva potente tra di lui e la coppa d'argento sfuso. «Non guardarmi così, Harmonia! Sappi che nemmeno ne gioveremmo se i nostri migliori attori si mettessero a tirar torce nel bel mezzo dello spettacolo che attendi da tanto» spiegò mesta la direttrice.
«Figuriamoci poi se la nostra Giuletta si mettesse a tirar le tende durante la scena del... ehm...» iniziò Belle - che ovviamente non ricordò la parola “balcone”. N annuì, come cenno che avesse afferrato il concetto, sollevando l'umore della bionda. 
«Quello che stiamo cercando di dirti, è che sono certa che andrà tutto bene: siete esperti - in un certo senso -, ma soprattutto affiatati!» Riprese quiete Lotta «Non credi che vada la pena provarci? Alcide è giovane e non ha poi tanti complessi, è solo irascibile e troppo impulsivo» dopodichè congiunse le mani, quasi euforica e mostrando un gran sorriso il quale aveva un che di malizioso «E poi voi avete un carattere quasi complementare! Sono certa che in realtà vi vogliate bene, signori».
Mentre l'ucraina volteggiava per far ritorno dal marito, Belle fece una rapida riverenza per sbrigarsi a raggiungere la cugina. Che ci sperasse, all'attore Alcide pareva uno stolto che non riusciva a mettere i fila due parole senza sembrare uno stupido; eppure non riuscì a dimenticare le parole della donna in un angolino remoto del cervello. In effetti il fiato non mancava a nessuno dei due, ma che fossero affiatati come coetanei ne dubitava. Abbassò lo sguardo leggermente chiedendosi perché l'italiano per lui era così rilevante nei suoi pensieri, per quanto funesti fossero.

Alcide lanciava occhiate incerte ai compagni i quali quel giorno erano rimasti nel pubblico, che venivano ricambiate. Aveva capito perché il verde ci teneva tanto: quel teatro era stracolmo di gente, plebe o signori della borghesia, tutti; non conosceva l'estensione di Londra ma avrebbe osato affermare che ve ne fosse metà! Strinse la lunga veste da scena, mentre si accingeva alla battuta successiva. Stabilizzò la voce e attraverso la maschera candida come la neve, fissò il viso del suo Romeo.
«Sì, pellegrino, ma quelle son labbra ch’essi debbono usar per la preghiera» urlò, in modo da farsi sentire anche a chi era più in fondo. L'espressività lasciava a desiderare, aveva bisogno d'un supporto e l'unica persona accanto a lui allora come allora era solo N. Cercava di rinnegare l'insicurezza, ma rieccola impossibile da scacciare. Il verde invece sembrava controllarsi e attraverso la maschera nera, cercava gli occhi del castano tra le fessure di quella bianca, magari per infondergli un poco di coraggio.
La Giulietta del ballo non riusciva a trarne nemmeno parte minima. Si chiedeva dove fosse finita la sua spavalderia, si chiedeva perché proprio allora. N ripetè lentamente la sua battuta, cercando di far concetrare sulla propria parte Alcide, stringendo il suo polso «E allora, cara santa, che le labbra facciano anch’esse quel che fan le mani: esse sono in preghiera innanzi a te, ascoltale, se non vuoi che la fede volga in disperazione». Adesso la presa emanava quasi calore, ne sentiva la sensazione piacevole sulla pelle e sotto di essa. 
Non voleva perdersi in sguardi futili, finalmente si decise, si era fatto coraggio e non si sarebbe più perso in tentennamenti perché affianco a lui c'era N. Desiderava aiutarlo, questo era il sogno che aveva inseguito per quelle ultime settimane, in quel momento dipendeva tutto da lui: «I santi, pur se accolgono i voti di chi prega, non si muovono». N sorrise malizioso, come da copione, ammirando il volto della sua dama. L'italiano ora comprendeva il significato che doveva avere per l'altro quell'esibizione: era il modo per far vedere a Londra cosa sapeva fare e perché non approfitarsene per fare lo stesso? O per fare in modo che il successo sia assicurato. Non riusciva a credere di pensarlo, ma dopo il sudore che ci aveva messo, N meritava quello spettacolo e lui poteva, anzi doveva dare del suo meglio per il tedesco.
«E allora non ti muovere fin ch’io raccolga dalle labbra tue l’accoglimento della mia preghiera» pronunziò il suo Romeo, candidamente e senza imperfezioni. Mentre lasciava che la mano di Lui gli prendesse delicatemente il mento, sentiva che quel bacio non poteva essere finto; la distanza massima impostagli da N non gli andava più bene, voleva di più dalla nemesi - se così voleva ancora definirlo -, gli rubò un vero bacio. Solo in quell'area dedita ai più poveri avrebbero potuto scorgere che quell'era tutt'altro che finzione, ma non avrebbero potuto dire nulla in contrario. Aveva incastrato l'altro, si trovava in una trappola da una parte inaspettatamente piacevole e dall'altra semplicemente sgradevole.
«Questa me la paghi» gli sussurò prima di gridar la battuta che si susseguiva. Non poteva negare che Alcide era mille volte più in vena di dire quelle parole «Ecco, dalle tue labbra ora le mie purgate son così del lor peccato».

«Oh oh oh! Che recitazione, mio Romeo» esclamò entusiasta Lotta a fine esibizione. Aveva capito tutto eppure non sembrava contrariata. Al contrario, avrebbe voluto gridargli in faccia quanto ne fosse entusiata. «E poi sembrava tutto così reale, soprattutto il primo bacio e quello a seguire!» E lì N capì l'allusione.
«Vi assicuro, signora, che la colpa non è da dare a me» ribattè cautamente, sperando che se la prendesse - seppur in piccola dose - con l'altro. Dopottutto credeva che una dama cresciuta con regole severe non tollerasse tale azione tra due uomini, invece guarda un po': se ne estasiava quasi.
«Harmonia, quel ragazzo è geniale» Rispose volteggiando con l'intento d'andarsene. “Geniale” era l'ultimo modo con il quale l'attore avrebbe definito Alcide. Insomma, si sarebbe potuto definire eretico, dopottutto l'amore non era quello tra un uomo e una donna? Forse non aveva senso, in Germania erano più ligi sulla religione, qui non sapeva come prendessero la situazione. Che strazio però.
Sospirò una volta che la donna era tornata dal marito o dove si era diretta. Lotta era davvero stravagante, chi altri avrebbe preso con quell'esuberanza una simile situazione? Si diresse verso l'esterno, dove sapeva si stava rilassando Alcide. Non sapeva cosa dirgli, anzi, avrebbe preferito stargli lontano, ma sentiva il bisogno di raggiungerlo - il perché non lo sapeva. Nel attimo preciso in cui le loro labbra si erano unite, ricordava una sensazione particolarmente fastidiosa, come un formicolio che non voleva cessare; forse gli aveva promesso per questo una vendetta? O magari era l'idea del bacio di per sè. Non lo sapeva con precisione.
Quando raggiunse il castano, lo trovo seduto a terra che fissava il cielo dove con molta probabilità aveva intravisto qualche uccello. Quando notò il mantello color terra sopra la visuale lasciò cadere all'indietro la testa, sapendo già che avrebbe visto solo N. Era quasi imbarazzato - quasi -, ma non lo dava a vedere.
«Che vuoi?» Chiese sorridendo mentre si metteva a sedere nella direzione del verde, che si sedette tranquillamente davanti a lui. Si fissarono per qualche istante, nessuno degli attori aveva la vaga idea di come iniziare una conversazione in quel frangente - e il tedesco era un gran oratore, essere nervoso era poco. Il castano sorrise beffardo, intuendo l'incertezza dell'altro.
«Come vorresti farmi pagare quello che non t'è nemmeno spiaciuto?» Incalzò il più spavaldo. Il verde pensò rapidamente a cosa dire, ci provò, ma senza risultati; l'unica persona che riusciva a metterlo in difficoltà era lui. Ora che ci pensava, la direttrice aveva ragione: erano come il 6 e il 4, complementari, formavano qualcosa. Quel “qualcosa” non riusciva a definirlo, ma esisteva. Tentennò un po', continuando a guardare l'altro con sguardo curioso.
«Così» disse prima di baciare Alcide, esattamente come lui aveva fatto prima, superando la distanza imposta quel giorno. Bella vendetta, l'unica fattibile. Non esisteva qualcosa di più perfetto della loro unione, ecco cosa intendeva Lotta. Alcide l'aveva capito prima e N aveva intuito dopo.
Nulla di più impossibile da cancellare, indelebile, nessuno di più legato. Si chiedeva comunque, N, come avrebbero potuto amarsi. Ma in quel momento importava solo amarsi tra offese e sfide senza vincitori.


1Non possono essere naturali, così - visto che mamma i capelli a volte se li lavava col limone - ho ipotizzato se li fosse potuti tingere col lime.
   
 
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