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Autore: NanaK    23/11/2013    3 recensioni
Abracadabra.
Quella era diventata la mia parola magica contro il malocchio. Non che ci credessi ovviamente, però mi infondeva coraggio quando ne avevo bisogno.
A volte mi sembrava di star pronunciando il mio nome, Abracadabra, eppure di nomi ne avevo avuti tanti.
Ero stata Caridee, ero stata Cary, per qualcuno ero anche stata “ tesoro ”.
Ora invece, ero Jenna, Jenna Olsen, e avevo una missione da portare a termine.
Genere: Azione, Erotico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Matt, Mello, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Caridee'
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Abracadabra

 

 

Come promesso, sono di nuovo qui. Non so quanti ne saranno felici e, come sempre, li ringrazio.

Questa storia si presenta come il sequel di “ Lezioni di seduzione alla Wammy’s House ”, eppure l’ho impostata in modo che anche chi non ha letto quest’ultima possa capire. Inutile dire comunque che sarebbe meglio leggere la prima storia, per comprendere del tutto ogni sfaccettatura della futura trama. Non vi anticipo assolutamente nulla, accetto ogni tipo di critica e spero che il mio lavoro sia apprezzato. Il prologo seguente non è molto lungo, è un prologo, ma i capitoli lo saranno di certo.

Grazie a tutti e buona lettura.

Hime

 

Abracadabra.

Quella era diventata la mia parola magica contro il malocchio. Non che ci credessi ovviamente, però mi infondeva coraggio quando ne avevo bisogno.

A volte mi sembrava di star pronunciando il mio nome, Abracadabra, eppure di nomi ne avevo avuti tanti.

Ero stata Caridee, ero stata Cary, per qualcuno ero anche stata “ tesoro ”.

Ora invece, ero Jenna, Jenna Olsen, e avevo una missione da portare a termine.

 

 

Prologo

 

Gennaio 2006

 

 

Il rombo dei tuoni era esaltante.

Il balcone era ormai completamente bagnato ed io gli facevo compagnia, come sempre quando i temporali imperversavano. Mi sporgevo volutamente così che l’acqua potesse infradiciarmi i capelli, ormai quasi arrivati alla vita. A volte sollevavo i piedi e, poggiandomi sulla ringhiera mi dondolavo guardando giù e ascoltando le fronde degli alberi sbattute dal vento.

Adoravo i temporali.

< Jenna! Quante volte devo dirti di non stare fuori con questo tempaccio? Morirai per davvero un giorno di questi >. Decisi di rientrare. Paul sapeva essere davvero fastidioso ed io avevo bisogno di una sigaretta. Quando mi vide scosse la testa e andò a prendermi un asciugamano e dei vestiti che fossero asciutti.

< Ce l’hai una sigaretta? >

< Guarda sul mio comodino >. Era circa un anno che fumavo e lo trovavo molto rilassante: da quando ero stata a letto con Paul avevo iniziato a prendere molti dei suoi vizi, tra cui bere almeno una volta a settimana. Con la sigaretta tra le labbra, mi spogliai, afferrando ciò che mi era stato portato.

< Abbiamo novità? >

< Niente. Sai meglio di me con chi abbiamo a che fare >.

Sbuffai < Sono passati due anni. Quel bastardo di Kira continua ad uccidere e noi dobbiamo ancora trovare Lui >.

< Stiamo facendo il possibile, lo sai. Siamo solo noi due, eppure abbiamo ottenuto importanti informazioni: si trova in America, è già un bel passo avanti >.

Gli scostai i capelli neri con la mano e posai un bacio sulle sue labbra. < Lo so, scusa >

< Dormi, è tardi. Domani dobbiamo andare all’aeroporto centrale, chissà che la nostra spia non abbia qualcosa di nuovo da dirci >.
Sospirai e lasciai cadere la cenere sul pavimento. L'avevo conosciuto circa due anni fa, quando ero finita nel mirino di un’organizzazione mafiosa.  Paul mi aveva, come dire, salvata. Era il figlio del capo. Non sapevo perché mi avesse ispirato fiducia o cosa mi avesse spinta a metterlo al corrente dei miei intenti, forse fu una mossa un po’ avventata: in ogni caso volle unirsi a me e da allora eravamo una squadra. Aveva ventitrè anni ed era bello. Di quella bellezza un po’ sinistra ed inquietante, quella bellezza che conoscevo bene.

Mi gettai sul letto matrimoniale e lo guardai, era accanto a me, davanti al pc.

< Paul. Perché decidesti di aiutarmi? >. Mi lanciò un’occhiata interrogativa, poi tornò a fissare lo schermo.

< Fu una scelta istintiva, non so spiegarlo >

< Sei cosciente che chiunque altro al posto tuo non mi avrebbe creduta? Ero una bambina >

< Lo sei ancora > sorrise, il sorriso di quando mi prendeva in giro. Alzai un sopraciglio e gattonai verso di lui, posandogli le mani sulle spalle.

< Il tuo corpo non sembra pensarla allo stesso modo > gli sussurrai in un orecchio.

< Vai a dormire Jenna >. Ridacchiai e tornai al mio posto, senza però interrompere il contatto con la sua schiena.

< Non mi fai compagnia? >. Mi passai la lingua sulle labbra: conoscevo il potere che avevo su di lui e spesso ne approfittavo.

Mi faceva sentire bene e riusciva a non farmi pensare. Era strano il nostro rapporto. Io non lo amavo e lui non amava me, tuttavia non raramente ci era capitato di stringerci e arrenderci ad una voglia tentatrice. In quest’ambito egli era stato una sorta di maestro e “ iniziatore ”. Paul fu il primo ad avermi e non me ne ero mai pentita. Affrontò con coraggio la mia inesperienza ed imbranataggine e non si arrabbiò quando mi sentì urlare un altro nome invece del suo.

Me lo sentii scivolare a fianco e il suono di spegnimento del computer mi fece sorridere.

< Sapevo che non avresti resistito >.

Sbuffò leggermente avvolgendo le braccia intorno alla mia vita.

< E’ colpa mia se adesso hai la mente tanto maliziosa> ammise con un sospiro.

< Da quando sei così puro? >

< Beh sai, quando ti ho conosciuta eri così casta e innocente e dolce che ora mi salgono i sensi di colpa. Soprattutto quando ti sento bestemmiare peggio di uno scaricatore di porto >.

Feci una smorfia < Sei un bugiardo. E’ lampante quanto invece la cosa ti ecciti >.

< Touchè >.

Non pensavo molto al mio passato. Gli ultimi due anni avevano spazzato tutto via e a volte non mi riconoscevo più. Avevo superato troppe prove, e rischiato troppo spesso la vita per rimanere immune al peccato. Paul leccava le mie ferite ed io le sue, ma entrambi nascondevamo fantasmi che non volevamo far tornare in vita. Forse era per questo che ci eravamo tanto affiatati.

Prima, quando la pioggia cadeva, mi piaceva guardarla da dietro ad una finestra.

Adesso mi era indispensabile starci sotto.

< Non facciamo sesso stanotte >.

Mi guardò alzando un sopraciglio, ma non disse nulla, limitandosi ad osservarmi mentre spegnevo la luce e tornavo ad infilarmi nel suo abbraccio. Quando ero ormai ad un passo dallo sprofondare nel sonno, una domanda aleggiò nella mia testa, e sapevo che mi avrebbe tormentata tutta la notte.

 

 

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